ECONOMIA FISCALITA

Separazione e vendita della casa, che fine fanno le agevolazioni?

“Quando finisce un amore”, cantava Riccardo Cocciante in una sua canzone…la fine di una storia sentimentale, legittimata dal vincolo del matrimonio, comporta sempre una serie di dolorose conseguenze affettive, sociali e spesso anche pratiche e fiscali,

perché è assai frequente che il tetto coniugale è l’appartamento acquistato insieme, a prezzo di più o meno pesanti sacrifici, anche con i benefici riconosciuti dal nostro sistema tributario a quella che è l’abitazione principale.

Le agevolazioni per la prima casa sono regolamentate dalla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al DPR 131/1986 (TUR): in linea di massima, se nel quinquennio si vende l’immobile acquistato con i benefici in questione e non se ne acquista uno nuovo entro l’anno, da destinare ad abitazione principale, scatta la decadenza dall’agevolazione fruita.

Proprio questo tema è l’oggetto del quesito presentato da un contribuente che nel novembre 2014, insieme alla consorte, ha acquistato un immobile a Milano beneficiando delle agevolazioni previste e spettanti per la prima casa. Nel mese di ottobre del 2018 i due coniugi si separano consensualmente, con accordo di separazione firmato davanti all’Ufficiale di stato civile del Comune.

Un mese dopo l’abitazione è stata venduta a terzi con atto del 27 novembre 2018, continua l’istante, che dichiara di non essere nelle condizioni di poter acquistare un nuovo appartamento entro un anno dalla vendita, motivo per cui chiede se la cessione dell’immobile, concordata consensualmente con la ex moglie ma senza l’omologazione di tale accordo da parte di un Giudice, determini la decadenza dalle agevolazioni godute per l’acquisto nel 2014.

Le norme a sostegno della soluzione di parte

L’istante ha studiato bene la problematica, considerato che a sostegno della tesi prospettata richiama una precisa serie di norme:
– la legge 74/1987, che all’art. 19 prevede un regime impositivo particolare relativo ai trasferimenti patrimoniali tra coniugi a seguito di separazione o divorzio;

– la pronuncia della Corte di Cassazione del 21 marzo 2019, n. 7966;
– la risoluzione n. 80 del 9 settembre 2019.
Con questo documento di prassi l’Agenzia delle entrate fa proprie le precisazioni fornite dagli Ermellini con la citata sentenza 7966 ed esclude dalla decadenza dalle agevolazioni prima casa nei casi di cessione a terzi dell’immobile agevolato, “ma per la sola casistica di patti di divisione dei beni, con trasferimento a terzi, siglati alla presenza di un giudice”. Nondimeno, il contribuente fa presente che nella circolare n. 19 del 2014, il Ministero dell’Interno ha asserito che “Parimenti a quanto previsto per le convenzioni di negoziazione di cui all’art. 6, anche l’accordo concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio”.
Per questo motivo, in base a tali argomentazioni, sostiene la persistenza dell’agevolazione fiscale anche in caso di cessione a terzi della casa coniugale, concordata tra i due ex sposi senza aver fatto ricorso a un giudice, “laddove la ripartizione del ricavato avvenga secondo le quote di relativo possesso”.

Le norme nella replica delle Entrate

L’Amministrazione finanziaria replica ricordando che l’art. 19 della citata legge 74/1987 prevede che “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.

Prosegue citando la circolare 18/E del 2013, dove si afferma che questa norma inserisce nella platea dell’agevolazione tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti che i coniugi concretizzano al fine di regolare i rapporti giuridici ed economici relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili. Il concetto è ribadito nell’ordinanza n. 22023 del 2017, con la quale la Suprema Corte ha sancito che le agevolazioni in questioni mirano a favorire “gli atti e le convenzioni che i coniugi, nel momento della crisi matrimoniale, pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali”.

E si arriva alla risoluzione richiamata dall’istante, la n. 80 del 2019, nella quale l’Agenzia si allinea ai contenuti della sentenza 7966 del 2019, nella quale la Cassazione ha ritenuto che, in linea con la ratio del citato art. 19, la cessione a terzi di un immobile oggetto di agevolazione prima casa in base alle condizioni contenute in un accordo di separazione omologato dal giudice, finalizzato alla risoluzione della crisi coniugale, non causa la decadenza dal beneficio.

La separazione in modalità semplificata

Un altro riferimento normativo è rappresentato dal decreto legge 132/2014, che ha introdotto nuove norme e nuovi istituti mirati a ridurre il contenzioso civile: in particolare l’art. 12, che tratta della separazione consensuale tramite accordo innanzi al Sindaco come ufficiale di stato civile, si attaglia al caso in esame.

I due ex coniugi, infatti, hanno concluso un accordo di separazione davanti all’ufficiale di stato civile del Comune di Milano, regolato, appunto, dall’art. 12 del decreto 132, in base al quale i coniugi possono concludere innanzi al sindaco, quale ufficiale dello stato civile (art. 1, DPR 396/2000) del Comune di residenza di uno dei due o del Comune presso cui è iscritto o trascritto l’atto di matrimonio, con l’assistenza facoltativa di un avvocato, un accordo di separazione personale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e anche di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, che possono essere concordate tra loro. Tali previsioni non si applicano in presenza di figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave (arti. 3, comma 3, legge 104/1992) o non autosufficienti economicamente.

Si tratta, in pratica, di una modalità semplificata di separazione, senza obbligo di presenza dei difensori, e che è soggetta a precise limitazioni, una delle quali stabilisce non può contenere patti di trasferimento patrimoniale: eventuali accordi riguardanti trasferimenti patrimoniali non possono essere considerarti parte integrante della procedura di separazione consensuale.

Le agevolazioni si perdono

Per le ragioni sopra esposte nella Risposta n. 80 del 27 febbraio 2020 si legge che, “quindi, non può trovare applicazione la disposizione agevolativa di cui all’art. 19, la cui ratio, si ribadisce, è quella di favorire gli atti e le convenzioni che i coniugi, nel momento della crisi matrimoniale, pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione o divorzio”.

E non si può neanche richiamare, sostiene l’Agenzia, la risoluzione n. 80 del 2019, visto che si riferisce alla diversa situazione in cui la separazione si realizza nell’ambito della negoziazione assistita, regolata dall’art. 6 del citato decreto legge.
Il contribuente, dunque, che si è separato consensualmente dinnanzi all’ufficiale di stato civile e ha poi venduto l’appartamento a terzi d’accordo con l’ex coniuge, perde le agevolazioni spettanti e fruite al momento dell’acquisto.

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