Sanzioni tributarie e applicazione del cumulo giuridico
Tributi – Imposte sui redditi – Accertamento – Cartella di pagamento – Sanzioni tributarie – Cumulo giuridico – Interruzione – Continuazione – Art. 12, D.lgs. n. 472/1997 -Trattamento
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15799 del 6 giugno 2024, interessandosi al complesso di norme che regolano la continuazione nella irrogazione delle sanzioni tributarie, ha condiviso quanto stabilito dagli stessi Ermellini con la pronunzia n.16017/2021, che testualmente recitava: “… In tema di sanzioni tributarie, l’istituto della continuazione – il cui riconoscimento è collegato all’oggettivo perpetrarsi dell’illecito tributario in periodi d’imposta diversi – si arresta in caso di cd. interruzione che si realizza, ex art. 12, comma 6, D.Lgs. n. 472 del 1997, per effetto della contestazione della violazione che fissa il punto di arresto per il riconoscimento del beneficio, senza che rilevi la sua definitività e inoppugnabilità o la sua mancata impugnazione; pertanto, ciò che si pone a monte dell’atto, se della stessa indole, deve essere unito ai fini della determinazione della sanzione, mentre ciò che invece si pone a valle, resta escluso dal cumulo giuridico, salvo riconoscersi, ove plurime siano le violazioni anche da questo lato, una autonoma e rinnovata applicazione del medesimo istituto di favore”.
In sostanza i Giudici di legittimità hanno oggi convalidato il principio dell’interruzione della continuazione della violazione nel caso in cui la violazione stessa sia constatata e sia possibile da quel momento allinearsi ai rilievi. Conseguentemente, tale constatazione rappresenta quindi il punto d’arresto per il riconoscimento della continuazione ai fini del cumulo giuridico e pertanto, tutto ciò che si pone “a monte” deve essere unito ai fini della determinazione della sanzione unica, mentre ciò che si pone “a valle” rimane escluso dal cumulo giuridico.
Il meccanismo del cumulo giuridico è disciplinato dall’art. 12 del D.lgs. 472/1997 e si fa riferimento al trattamento sanzionatorio previsto in caso di concorso formale di violazioni e delle violazioni continuate. Mediante tale meccanismo la sanzione è unica ed è pari alla sanzione relativa alla violazione più grave, aumentata da un quarto (+25%) al doppio (+200%), indipendente dal numero di reati commessi in regime di concorso formale o di continuazione, e viene applicato in relazione al mancato versamento di diversi tributi da parte del contribuente.
Il concorso di violazioni è disciplinato dall’articolo 12, comma 1, D.lgs. 472/1997, secondo cui “… è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione”. Nello stesso articolo, al comma 5, è previsto che se più violazioni della stessa indole sono commesse in più periodi d’imposta, la sanzione base cui riferire l’aumento è quella connessa alla violazione più grave, aumentata dalla metà al triplo (cosiddetta “continuazione”).
L’istituto della continuazione, insieme alla disciplina del concorso formale e del concorso materiale, rappresenta uno degli aspetti più importanti del regime sanzionatorio in ambito tributario, la cui ratio è il ridimensionamento dell’entità delle sanzioni rispetto al sistema previgente, in cui la misura sanzionatoria aveva assunto limiti sproporzionati. In sostanza, il concorso e la continuazione incontrano un limite, che è costituito per l’appunto dalla “constatazione delle violazioni” da parte dell’ufficio, che ne interrompe gli effetti.
Inoltre, la Corte di Cassazione ha anche voluto riaffermare che la distinzione tra ambito penale e tributario in tema in interruzione è legata al fatto che, nel primo, la continuazione è correlata alla sussistenza dell’elemento soggettivo del medesimo disegno criminoso. Diversamente, in ambito tributario l’elemento soggettivo è irrilevante e, di conseguenza, la continuazione deve essere collegata “all’oggettivo perpetrarsi dell’illecito sicché, per determinare l’istante finale terminativo della continuazione, occorre individuare un ulteriore momento, oggettivamente individuabile, rappresentato dalla constatazione dell’infrazione da parte dell’Amministrazione finanziaria”.
La formale conoscenza dell’atto da parte dell’autore delle violazioni, pertanto, segna un limite oggettivo che spezza l’unitarietà della sanzione per tutti gli anni accertati. Di conseguenza, è irricevibile la richiesta del soggetto che ha commesso violazioni di uguale tenore anche dopo la conoscenza della constatazione delle violazioni precedenti, di richiedere per il futuro l’applicazione di un istituto a lui favorevole. Tale principio si traduce nel fatto che tutte le sanzioni relative alle violazioni poste a monte del momento della constatazione da parte dell’ufficio concorreranno ai fini di una sanzione unitaria, mentre tutto ciò che è a valle sarà escluso dal cumulo e dalla continuazione, “salvo riconoscere, ove plurime siano le violazioni anche da questo lato, una autonoma e rinnovata applicazione del medesimo istituto”.
Del resto, in caso di più omissioni relative al versamento in acconto di imposte cui hanno fatto seguito una serie di omessi versamenti a saldo, l’Agenzia delle entrate non può irrogare tante sanzioni quante sono le omissioni, ma obbligatoriamente dovrà applicare la sanzione pecuniaria unica derivante dall’applicazione dell’istituto del cumulo giuridico, ai sensi e per gli effetti dell’art. 12, D.lgs. 472/1997.
Infatti, occorre premettere che l’art. 12 del D.lgs. 472/1997 (come sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. e, D.lgs. 203/1998, successivamente modificato dall’art. 2, comma 1, lett. a, D.lgs. 99/2000), ove è definito il concorso di violazione e continuazione nel sistema amministrativo e tributario, prevede, in linea generale, l’applicazione di una sanzione unica e ridotta (cumulo giuridico) in luogo di quella derivante dalla somma delle sanzioni relative ai singoli illeciti (cumulo materiale).
Con il termine cumulo giuridico si fa riferimento al trattamento sanzionatorio previsto in caso di concorso formale di violazioni e delle violazioni continuate. Mediante il meccanismo del cumulo giuridico la sanzione è unica ed è pari alla sanzione relativa alla violazione più grave aumentata da un quarto al doppio, indipendente dal numero di reati commessi in regime di concorso formale o di continuazione. Tale meccanismo si discosta dal trattamento sanzionatorio previsto in caso di concorso materiale di reati, in base al quale vengono applicate tante pene quanti sono i reati commessi.
L’articolo 12 del D.lgs. 471/1997 prevede quanto segue: “ … è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione”. In particolare, il comma 3 dell’art. 12 dispone che, se le violazioni rilevano su più tributi, “… si considera quale sanzione base cui riferire l’aumento, quella più grave aumentata di un quinto”; il successivo comma 5 prevede un ulteriore aumento dalla metà al triplo per le violazioni che rilevano su più annualità. Il comma 1 del citato articolo 12 disciplina il concorso formale e materiale di violazioni, mentre il parametro per determinare la sanzione unica è l’individuazione della “violazione più grave”, che coincide con quella che comporta l’applicazione della sanzione più grave irrogata.
Il secondo comma dell’articolo 12 disciplina la continuazione o progressione dell’illecito tributario. Particolare attenzione deve essere prestata all’interruzione della continuazione, che avviene al momento della constatazione della violazione commessa dal contribuente. In pratica, il comma 6 prevede che il concorso e la continuazione sono interrotti, come innanzi segnalato, dalla constatazione della violazione, che avviene con la notifica del Pvc, dell’avviso di accertamento, della cartella di pagamento o dell’atto di liquidazione delle sanzioni. L’aspetto rilevante è che l’interruzione opera per il futuro: di fatto, quindi, le violazioni pregresse devono essere unificate per la determinazione del cumulo giuridico.
Sull’argomento la Suprema Corte ha fornito in precedenza alcune importanti indicazioni, come nel caso della citata pronunzia n. 16017/2021, nella quale è possibile riscontrare che “… viene in rilievo l’istituto regolato dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5 (“Quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi…”) e ciò ancorché la sentenza non individui la fonte normativa dell’istituto applicato e il ricorso citi la diversa previsione del citato D.Lgs. n. 472, art. 12, comma 2 (che, invece, riguarda l’ipotesi di chi “anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo”), relativo all’ipotesi della progressione negli illeciti, nonché le condizioni di applicabilità, in tale ambito, dell’interruzione di cui al successivo comma 6. 2.2. La continuazione, in quanto tale (come, del resto, il cumulo giuridico previsto dai primi due commi per il concorso formale e materiale e per la progressione), integra un meccanismo di favor per il contribuente mirato ad evitare che la reiterazione dell’illecito porti ad una sanzione complessiva eccessivamente onerosa. Il beneficio, peraltro, si arresta ove si verifichi la cd. interruzione che si realizza, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 6, per effetto della constatazione della violazione (“Il concorso e la continuazione sono interrotti dalla constatazione della violazione”).Si tratta, invero, di disciplina propria dell’illecito tributario ed estranea all’ambito penale, per il quale, invece, non ha rilievo se l’illecito sia stato o meno contestato ovvero, anche, se la pregressa contestazione si sia già tradotta in una decisione sfavorevole per l’imputato. Come già osservato da questa Corte (v. Cass. n. 11612 del 16/06/2020 in motivazione), del resto, “questa differenza si fonda sulla circostanza che, mentre in sede penale la continuazione è correlata alla sussistenza dell’elemento soggettivo del medesimo disegno criminoso, in ambito tributario detto elemento non emerge, essendo essa collegata, piuttosto, all’oggettivo perpetrarsi dell’illecito” sicché, per determinare l’istante finale terminativo della continuazione, “occorre individuare un ulteriore momento, oggettivamente individuabile, rappresentato dalla constatazione dell’infrazione” da parte dell’Amministrazione finanziaria. 2.4. Ne deriva che la constatazione dell’illecito costituisce il punto di arresto per il riconoscimento della continuazione: tutto ciò che si pone a monte di tale atto (se della stessa indole) deve essere unito ai fini della determinazione della sanzione; ciò che, invece, è a valle resta escluso dal cumulo giuridico, salvo riconoscere, ove plurime siano le violazioni anche da questo lato, una autonoma e rinnovata applicazione del medesimo istituto (v. Cass. n. 11612/2020 cit.).”
Tanto premesso e tornando alla vicenda odierna, una società contribuente riceveva plurimi avvisi di accertamento del reddito prodotto dall’ente, scaturenti dalla ripetuta omessa dichiarazione dei redditi. Rivoltasi alla giustizia tributaria, la società vedeva l’accoglimento dei ricorsi che ridimensionavano, nel complesso, parte della pretesa fiscale: ciò determinava il ricorso per cassazione da parte dell’Agenzia delle entrate, imperniato su unico motivo di ricorso, essenzialmente sui limiti di applicabilità del cumulo giuridico connesso alle sanzioni irrogabili, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La Corte di Cassazione ha ritenuto valide le asserzioni dell’Avvocatura erariale, in quanto di recente affermato che “…In tema di sanzioni tributarie, l’istituto della continuazione – il cui riconoscimento è collegato all’oggettivo perpetrarsi dell’illecito tributario in periodi d’imposta diversi – si arresta in caso di cd. interruzione che si realizza, ex art.12, comma 6, d.lgs. n. 472 del 1997, per effetto della contestazione della violazione che fissa il punto di arresto per il riconoscimento del beneficio, senza che rilevi la sua definitività e inoppugnabilità o la sua mancata impugnazione; pertanto, ciò che si pone a monte dell’atto, se della stessa indole, deve essere unito ai fini della determinazione della sanzione, mentre ciò che invece si pone a valle, resta escluso dal cumulo giuridico, salvo riconoscersi, ove plurime siano le violazioni anche da questo lato, una autonoma e rinnovata applicazione del medesimo istituto di favore” (Cass. n. 16017 del 2021).Nella vicenda in esame, trattandosi di più violazioni della stessa indole reiterate in diversi anni d’imposta, ossia l’omessa dichiarazione della dichiarazione fiscale annuale, viene in rilievo l’istituto regolato dall’art. 12, comma 5, d.lgs. n. 472 del 1997 («Quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi …»). La continuazione, in quanto tale (come, del resto, il cumulo giuridico previsto dai primi due commi per il concorso formale e materiale e per la progressione), integra un meccanismo di favor per il contribuente mirato ad evitare che la reiterazione dell’illecito porti ad una sanzione complessiva eccessivamente onerosa. Il beneficio, peraltro, si arresta ove si verifichi la cd. interruzione che si realizza, ai sensi dell’art. 12, comma 6, d.lgs. n. 472 del 1997, per effetto della constatazione della violazione («Il concorso e la continuazione sono interrotti dalla constatazione della violazione»). Si tratta, invero, di disciplina propria dell’illecito tributario ed estranea all’ambito penale, per il quale, invece, non ha rilievo se l’illecito sia stato o meno contestato ovvero, anche, se la pregressa contestazione si sia già tradotta in una decisione sfavorevole per l’imputato. Come già osservato da questa Corte (v. Cass. n. 11612 del 16/06/2020 in motivazione), del resto, «questa differenza si fonda sulla circostanza che, mentre in sede penale la continuazione è correlata alla sussistenza dell’elemento soggettivo del medesimo disegno criminoso, in ambito tributario detto elemento non emerge, essendo essa collegata, piuttosto, all’oggettivo perpetrarsi dell’illecito» sicché, per determinare l’istante finale terminativo della continuazione, «occorre individuare un ulteriore momento, oggettivamente individuabile, rappresentato dalla constatazione dell’infrazione» da parte dell’Amministrazione finanziaria. Ne deriva che la constatazione dell’illecito costituisce il punto di arresto per il riconoscimento della continuazione: tutto ciò che si pone a monte di tale atto (se della stessa indole) deve essere unito ai fini della determinazione della sanzione; ciò che, invece, è a valle resta escluso dal cumulo giuridico, salvo riconoscere, ove plurime siano le violazioni anche da questo lato, una autonoma e rinnovata applicazione del medesimo istituto (v. Cass. n. 11612/2020 cit.). È, inoltre, privo di rilievo che la precedente constatazione (anche quando si sia tradotta direttamente in un avviso) sia divenuta definitiva e inoppugnabile o non sia stata oggetto di impugnazione. Nella vicenda in giudizio, la CTR ha ritenuto applicabile la continuazione anche con riguardo alla contestazione di violazione della stessa indole nei confronti dell’ente e dei due soci per tutte le annualità dal 2005 al 2010, sebbene la sanzione irrogata per l’anno 2005 dovesse essere cumulata, secondo il regime della continuazione, rispetto a quelle irrogate per gli anni successivi fino al 2008, ma non anche per quelle del 2009 e del 2010, rispetto alle quali si era verificato l’evento interruttivo rappresentato dalla notifica degli atti impositivi inerenti l’annualità 2005. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Friuli Venezia Giulia, che provvederà alla rideterminazione delle sanzioni con applicazione della continuazione con riguardo alle annualità 2005, 2006, 2007 e 2008, nonché, con separata determinazione, per le annualità 2009 e 2010”.
Corte di Cassazione – Ordinanza 6 giugno 2024, n. 15799
sul ricorso iscritto al n.2159/2016 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che lo rappresenta e difende
– ricorrente-
contro RADIO R. SNC DI R. M. E C., R. M., G. G., tutti elettivamente domiciliati in ROMA VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato TRICERRI LAURA (TRCLRA58M47H501F) rappresentati e difesi dall’avvocato DISO CORRADO (DSICRD48S15D862D)
– controricorrente-
nonché contro R. M., RADIO R. DI R. M. C SNC
– intimati-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del FRIULI VENEZIA GIULIA n.231/2015 depositata i l 17/06/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/04/2024 dal Consigliere SALVATORE LEUZZI.
Fatti di causa
Con riferimento agli anni di imposta 2005-2010 venivano notificati alla società di persone plurimi avvisi di accertamento del reddito prodotto dall’ente nelle annualità di riferimento, pur a fronte della reiterata, omessa dichiarazione reddituale. Con correlati atti impositivi veniva accertato il reddito di partecipazione imputabile ai soci M. R. e G. G.. I molteplici atti venivano impugnati separatamente.
La CTP di Trieste, riuniti i ricorsi, li accoglieva, in parte ridimensionando, nel complesso, la pretesa fiscale; applicava, inoltre, all’insieme degli atti accertativi il cumulo giuridico finalizzato alla quantificazione delle sanzioni. L’appello erariale veniva rigettato.
Il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle entrate, imperniato unicamente sui limiti di applicabilità del cumulo giuridico connesso alle sanzioni irrogabili, è affidato ad un solo motivo.
Resistono con controricorso la società di persone e i due soci.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso si adduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 6, D.Lgs. n. 472 del 1997, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la CTR affermato l’applicabilità del meccanismo del cumulo giuridico al complesso delle contestate violazioni, ancorché, in ragione della notifica degli atti impositivi relativi al 2005, già in data 12 febbraio 2010, venisse in apice un evento interruttivo, suscettibile di escludere l’operatività del cumulo in parola.
Il ricorso è fondato e va accolto.
Nel caso che occupa gli avvisi di accertamento afferenti all’annualità 2005 venivano notificati il 12 febbraio 2010. A fronte di tale dato incontroverso, veniva in evidenza la prerogativa per i contribuenti di non reiterare oltre il comportamento già stigmatizzato, curandosi per converso di depositare, nei termini previsti, le dichiarazioni reddituali relative – rispettivamente – al 2009 e al 2010.
Questa Corte ha di recente affermato che “In tema di sanzioni tributarie, l’istituto della continuazione – il cui riconoscimento è collegato all’oggettivo perpetrarsi dell’illecito tributario in periodi d’imposta diversi – si arresta in caso di cd. interruzione che si realizza, ex art.12, comma 6, d.lgs. n. 472 del 1997, per effetto della contestazione della violazione che fissa il punto di arresto per il riconoscimento del beneficio, senza che rilevi la sua definitività e inoppugnabilità o la sua mancata impugnazione; pertanto, ciò che si pone a monte dell’atto, se della stessa indole, deve essere unito ai fini della determinazione della sanzione, mentre ciò che invece si pone a valle, resta escluso dal cumulo giuridico, salvo riconoscersi, ove plurime siano le violazioni anche da questo lato, una autonoma e rinnovata applicazione del medesimo istituto di favore” (Cass. n. 16017 del 2021). Nella vicenda in esame, trattandosi di più violazioni della stessa indole reiterate in diversi anni d’imposta, ossia l’omessa dichiarazione della dichiarazione fiscale annuale, viene in rilievo l’istituto regolato dall’art. 12, comma 5, d.lgs. n. 472 del 1997 («Quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi …»).
La continuazione, in quanto tale (come, del resto, il cumulo giuridico previsto dai primi due commi per il concorso formale e materiale e per la progressione), integra un meccanismo di favor per il contribuente mirato ad evitare che la reiterazione dell’illecito porti ad una sanzione complessiva eccessivamente onerosa.
Il beneficio, peraltro, si arresta ove si verifichi la cd. interruzione che si realizza, ai sensi dell’art. 12, comma 6, d.lgs. n. 472 del 1997, per effetto della constatazione della violazione («Il concorso e la continuazione sono interrotti dalla constatazione della violazione»).
Si tratta, invero, di disciplina propria dell’illecito tributario ed estranea all’ambito penale, per il quale, invece, non ha rilievo se l’illecito sia stato o meno contestato ovvero, anche, se la pregressa contestazione si sia già tradotta in una decisione sfavorevole per l’imputato.
Come già osservato da questa Corte (v. Cass. n. 11612 del 16/06/2020 in motivazione), del resto, «questa differenza si fonda sulla circostanza che, mentre in sede penale la continuazione è correlata alla sussistenza dell’elemento soggettivo del medesimo disegno criminoso, in ambito tributario detto elemento non emerge, essendo essa collegata, piuttosto, all’oggettivo perpetrarsi dell’illecito» sicché, per determinare l’istante finale terminativo della continuazione, «occorre individuare un ulteriore momento, oggettivamente individuabile, rappresentato dalla constatazione dell’infrazione» da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Ne deriva che la constatazione dell’illecito costituisce il punto di arresto per il riconoscimento della continuazione: tutto ciò che si pone a monte di tale atto (se della stessa indole) deve essere unito ai fini della determinazione della sanzione; ciò che, invece, è a valle resta escluso dal cumulo giuridico, salvo riconoscere, ove plurime siano le violazioni anche da questo lato, una autonoma e rinnovata applicazione del medesimo istituto (v. Cass. n. 11612/2020 cit.).
È, inoltre, privo di rilievo che la precedente constatazione (anche quando si sia tradotta direttamente in un avviso) sia divenuta definitiva e inoppugnabile o non sia stata oggetto di impugnazione.
Nella vicenda in giudizio, la CTR ha ritenuto applicabile la continuazione anche con riguardo alla contestazione di violazione della stessa indole nei confronti dell’ente e dei due soci per tutte le annualità dal 2005 al 2010, sebbene la sanzione irrogata per l’anno 2005 dovesse essere cumulata, secondo il regime della continuazione, rispetto a quelle irrogate per gli anni successivi fino al 2008, ma non anche per quelle del 2009 e del 2010, rispetto alle quali si era verificato l’evento interruttivo rappresentato dalla notifica degli atti impositivi inerenti l’annualità 2005. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Friuli Venezia Giulia, che provvederà alla rideterminazione delle sanzioni con applicazione della continuazione con riguardo alle annualità 2005, 2006, 2007 e 2008, nonché, con separata determinazione, per le annualità 2009 e 2010.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata.
Rinvia la causa anche per le spese alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Friuli Venezia Giulia in diversa composizione. Così deciso in Roma il 30 aprile 2024