CASSAZIONE SENTENZE

Sanzioni per l’omessa dichiarazione ICI

Tributi – ICI – Omessa presentazione della dichiarazione – Efficacia ultrannuale – Sanzioni – Per tutte le annualità per cui si protrae l’omissione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18230 del 16 settembre 2016, conferma in materia di ICI  un consolidato orientamento secondo il quale l’obbligo dichiarativo non cessa allo scadere del termine fissato dal legislatore con riferimento all’“inizio” del possesso e afferma il principio in base al quale il comportamento omissivo del contribuente, in relazione alla mancata presentazione della dichiarazione ICI, viene sanzionato per tutte le annualità in cui l’omissione si protrae, mentre l’avvenuto adempimento è valido anche per gli anni successivi. I giudici del Palazzaccio precisano però che in tal caso si applica l’istituto della continuazione, trattandosi di violazioni della stessa indole che vengono commesse in periodi d’imposta diversi, e che va applicata la sanzione base aumentata dalla metà al triplo. Viene affermato, inoltre, il principio per cui la rendita catastale risultante in atti al 31/12/1999, ma non recepita in atti impositivi dell’ente locale alla data di entrata in vigore della legge 342/2000, non esclude il pagamento di sanzioni e interessi in relazione all’accertamento della debenza di una somma maggiore a titolo di imposta per immobili, la cui iscrizione in catasto e relativa attribuzione della rendita sia anteriore all’istituzione del tributo, anche se tale rendita non risulti notificata precedentemente all’emissione degli avvisi di accertamento. La controversia giunta dinanzi alla Cassazione riguarda l’impugnazione, da parte di una contribuente, di una serie di avvisi d’accertamento e liquidazione emessi da un comune con il quale l’ente locale richiedeva il pagamento dell’ICI per le annualità dal 1999 al 2003 per omessa presentazione della dichiarazione, nonché per il mancato parziale versamento dell’imposta. La contribuente si difendeva sostenendo di aver correttamente versato l’ICI per gli anni accertati sulla base dei valori storici e del valore venale degli immobili, non essendo mai venuta a conoscenza della diversa rendita catastale attribuita. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva solo parzialmente il ricorso della contribuente, mentre in appello la Commissione Regionale rigettava l’appello principale del contribuente e accoglieva parzialmente l’appello incidentale dell’ufficio comunale. Il Comune, quindi, impugnava la sentenza dei giudici di appello nella parte in cui aveva inesattamente ritenuto che siccome la dichiarazione ICI è una, l’omissione della sua presentazione dovesse essere sanzionata una sola volta. La sentenza degli Ermellini ha trattato la controversia in linea con il proprio orientamento giurisprudenziale, in base al quale l’art. 74 della legge 342/2000 non è applicabile alla fattispecie portata all’attenzione dei giudici di merito, in quanto alla data del primo pagamento ICI l’immobile era regolarmente censito con attribuzione di categoria e rendita; d’altra parte, la rendita catastale era stata elevata dal 1° gennaio 1992, a seguito della revisione generale delle tariffe d’estimo del Nuovo catasto edilizio urbano di cui al Dm 27/9/1991. Tale variazione delle rendite è stata generalizzata e ha interessato tutti gli immobili iscritti in catasto e per la quale, costituendo una mera attuazione del disposto normativo, non era prevista una specifica notifica per ogni singolo contribuente.

Al contrario, invece, l’art. 74 della legge 342 riguarderebbe esclusivamente gli atti attributivi della rendita catastale a fabbricati non iscritti in catasto e gli atti modificativi della medesima rendita risultante in catasto quando non è più adeguata per intervenute variazioni permanenti nel fabbricato, e troverebbe esclusiva applicazione nel caso di legittimo utilizzo da parte del contribuente della c.d. “rendita presunta”.

Inoltre, la Suprema Corte ha ritenuto fondata la censura formulata dal Comune, evidenziando come già in passato la Corte si sia pronunciata in un caso di omessa denuncia ripetutasi in più anni, sia in tema di Tarsu, avendo modo di ritenere che “Questa Corte ha già avuto, in passato, occasione di pronunciarsi in un caso di omessa denuncia ripetutasi in più anni, in tema di Tarsu, avendo modo di ritenere ‘(…) l’illogicità dell’argomentazione secondo la quale l’omissione dell’obbligo di denuncia dell’anno iniziale della Tarsu escluderebbe l’illegittimità delle omissioni relative agli anni successivi. Infatti, essa applica ai comportamenti omissivi uno schema di connessione che può riguardare soltanto i comportamenti attivi (Cass. 19379/2003), ovvero in tema di omessa denuncia d’immobile a fini ICI’. (…) Anche se va disattesa, in proposito, l’affermazione dei ricorrenti secondo la quale la sanzione per omessa denuncia di immobile a fini ICI riguarderebbe soltanto il primo anno d’imposta, perché il dato normativo contrasta con tale ipotesi (…) (Cass. n.11168/2005). Infatti, anche se l’art. 10 comma 4 del d.lgs. n. 504/92 prevede che ‘la dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi, sempreché non si verifichino modificazioni dei dati o elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta’, (cd. dichiarazione ad efficacia ultrannuale), è evidente che ciò non possa che valere in caso di adempimento dell’obbligo ed alle condizioni normativamente stabilite, mentre il comportamento omissivo deve essere necessariamente sanzionato per tutte le annualità per cui si protrae, in quanto ai sensi dell’art. 10 comma 1. ‘A ciascuno degli anni solari corrisponde un’autonoma obbligazione’ che rimane inadempiuta non solo per il versamento dell’imposta, ma anche per l’adempimento dichiarativo; infatti, secondo la ratio legis, solo se l’obbligo di presentare la dichiarazione è assolto, in relazione all’anno in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio, il contribuente potrà ritenersi adempiente anche per gli anni successivi. È, infatti, insegnamento di questa Corte quello secondo cui ‘In tema di imposta comunale sugli immobili, l’obbligo, posto dall’art. 10, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, di denunciare il possesso ovvero di dichiarare le variazioni degli immobili dichiarati incidenti sulla determinazione dell’imposta, non cessa allo scadere dei termine fissato dal legislatore con riferimento all’inizio del possesso (e per gli immobili posseduti al primo gennaio 1993, con la scadenza del “termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’ anno 1992”), ma permane finché la dichiarazione (o la denuncia di variazione) non sia presentata, e l’inosservanza determina, per ciascun anno di imposta, un’autonoma violazione punibile al sensi del comma 1 dell’art. 14 dello stesso decreto (Cass. n. 932/2009, 8849/2010)’. Tuttavia, in tema di violazioni della stessa indole, che vengono commesse in periodi d’imposta diversi, è orientamento costante di questa Corte che si debba applicare la sanzione base aumentata dalla metà al triplo, secondo l’istituto della continuazione, previsto dall’art. 12 comma 5 del d.lgs. n. 472/97 (Cass. n. 26077/2015): nel caso di specie, pertanto, la CTR, in applicazione del suddetto principio, dovrà provvedere al cumulo giuridico”.

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CORTE DI CASSAZIONE Sentenza n. 18230 del16 settembre 2016

Svolgimento del processo

La controversia concerne l’impugnazione, da parte della contribuente, di una serie di avvisi d’accertamento e liquidazione emessi dal comune di Lignano Sabbiadoro, con il quale l’ente locale, richiedeva il pagamento dell’imposta lei per le annualità 1999, 2000, 2001, 2002 e 2003 relativamente ad immobili di proprietà dell’associazione contribuente, per omessa presentazione della dichiarazione ICI, nonché per il mancato parziale versamento dell’imposta. La contribuente si difendeva sostenendo di aver correttamente versato l’ICI per gli anni accertati sulla base dei valori storICI e del valore venale degli immobili, non essendo mai venuta a conoscenza della diversa rendita catastale attribuita.

La ctp accoglieva solo parzialmente il ricorso della contribuente, mentre la CTR rigettava l’appello principale dell’associazione, ed accoglieva parzialmente l’appello incidentale dell’ufficio.

Avverso la sentenza della CTR, il comune di Lignano Sabbiadoro ha proposto ricorso davanti a questa Corte di Cassazione sulla base di un unico motivo (corredato da memoria), mentre la contribuente ha resistito con controricorso e ricorso incidentale, sulla base di tre motivi.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso, il Comune ricorrente ha denunciato il vizio di violazione di legge, in particolare degli artt. 10 comma 1 e 14 comma 1 del d.lgs. n. 504/92, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto, i giudici d’appello avrebbero erroneamente ritenuto che siccome la dichiarazione ICI è una, l’omissione della sua presentazione debba essere sanzionata una sola volta.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha già avuto, in passato, occasione di pronunciarsi in un caso di omessa denuncia ripetutasi in più anni, in tema di Tarsu, avendo modo di ritenere “ (…) l’illogicità dell’argomentazione secondo la quale l’omissione dell’obbligo di denuncia dell’anno iniziale della Tarsu escluderebbe l’illegittimità delle omissioni relative agli anni successivi. Infatti, essa applica ai comportamenti omissivi uno schema di connessione che può riguardare soltanto i comportamenti attivi” (Cass. 19379/2003), ovvero in tema di omessa denuncia d’immobile a fini ICI “ (…) Anche se va disattesa, in proposito, l’affermazione dei ricorrenti secondo la quale la sanzione per omessa denuncia di immobile a fini ICI riguarderebbe soltanto il primo anno d’imposta, perché II dato normativo contrasta con tale ipotesi (…)” (Cass. n.11168/2005). Infatti, anche se l’art. 10 comma 4 del d.lgs. n. 504/92 prevede che “la dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi, sempreché non si verifichino modificazioni dei dati o elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta”, (cd. dichiarazione ad efficacia ultrannuale), è evidente che ciò non possa che valere in caso di adempimento dell’obbligo ed alle condizioni normativamente stabilite, mentre il comportamento omissivo deve essere necessariamente sanzionato per tutte le annualità per cui si protrae, in quanto ai sensi dell’art. 10 comma 1 “A ciascuno degli anni solari, corrisponde un’autonoma obbligazione” che rimane inadempiuta non solo per il versamento dell’imposta, ma anche per l’adempimento dichiarativo; infatti, secondo la ratio legis solo se l’obbligo di presentare la dichiarazione è assolto, in relazione all’anno in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio, il contribuente potrà ritenersi adempiente anche per gli anni successivi. È, infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui, “In tema di imposta comunale sugli immobili, l’obbligo, posto dall’art. 10, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, di denunciare il possesso ovvero di dichiarare le variazioni degli immobili dichiarati incidenti sulla determinazione dell’imposta, non cessa allo scadere dei termine fissato dal legislatore con riferimento all’ “inizio” del possesso (e per gli immobili posseduti al primo gennaio 1993, con la scadenza del “termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’ anno 1992”), ma permane finché la dichiarazione (o la denuncia di variazione) non sia presentata, e l’inosservanza determina, per ciascun anno di imposta, un’autonoma violazione punibile al sensi del comma 1 dell’art. 14 dello stesso decreto (Cass. n. 932/2009, 8849/2010). Tuttavia, in tema di violazioni della stessa indole, che vengono commesse in periodi d’imposta diversi, è orientamento costante di questa Corte che si debba applicare la sanzione base aumentata dalla metà al triplo, secondo l’istituto della continuazione, previsto dall’art. 12 comma 5 del d.lgs. n. 472/97 (Cass. n. 26077/2015): nel caso di specie, pertanto, la CTR, in applicazione del suddetto principio, dovrà provvedere al cumulo giuridico.

Con i tre motivi di controricorso incidentale, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, il controricorrente denuncia il vizio di violazione di legge e precisamente degli artt. 12 R.D. n. 652/1939, artt. 5, 10, 11, 14 del d.lgs. n. 504/92, art. 74 della legge n. 342 del 2000, artt. 24, 32, 57, 58 del d.lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., e il vizio di motivazione insufficiente, sul medesimo profilo, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., in quanto, i giudici d’appello non avrebbero tenuto in adeguata considerazione le censure relative al mancato rispetto della normativa sulla conoscenza legale delle intervenute modificazioni delle rendite catastali, e avrebbero ammesso la produzione documentale del comune, sull’adempimento dell’obbligo pubblicitario, in violazione degli articoli di cui alla rubrica, di cui al d.lgs. n. 546/92 (In particolare l’art. 32), oltre che avrebbero applicato sanzioni e interessi in violazione dell’art. 74 comma 2 della legge n. 342 del 2000. L’articolato motivo di censura è infondato.

È, infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui “In tema di contenzioso tributario, il giudice d’appello può fondare la propria decisione sui documenti tardivamente prodotti in primo grado, purché acquisiti al fascicolo processuale in quanto tempestivamente e ritualmente prodotti in sede di gravame entro il termine perentorio di cui all’art. 32, comma 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di venti giorni liberi prima dell’udienza, applicabile in secondo grado stante il richiamo, operato dall’art. 61 del citato decreto, alle norme relative al giudizio dì primo grado (Cass. 3661/15, ord. n. 22776/15), Nel caso di specie, pertanto, i giudici d’appello hanno correttamente posto a base della loro decisione, la produzione documentale tardivamente prodotta in primo grado dal comune, ai sensi dell’art. 58 comma 2 del d.lgs. n. 546/92, e da tale documentazione si evince il corretto adempimento pubblicitario, da parte del medesimo comune, in tema di pubblicazione della rendita catastale concernente la contribuente, con l’affissione presso l’Albo all’uopo previsto. In ogni caso, non risulta documentato, che l’associazione abbia sollevato tale specifica eccezione nei precedenti gradi di merito.

D’altra parte, le rendite risultano, nel caso di specie, “messe in atti” entro il 31.12.1999, ma alla data di entrata in vigore della legge n. 342 del 2000 non risultavano ancora recepite in atti impositivi dell’ente locale, quindi, la disciplina fa applicazione del 3° comma dell’art. 74, dove la notifica dell’atto impositivo vale anche come notifica della rendita, mentre non è prevista alcuna esenzione da sanzioni e interessi. È, infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui “In tema di ICI, non può escludersi il pagamento di sanzioni e interessi in relazione all’accertamento della debenza di una somma maggiore a titolo di imposta per immobili la cui iscrizione in catasto e relativa attribuzione della rendita sia anteriore al/’istituzione del tributo, anche ove tale rendita non risulti notificata precedentemente all’emissione degli avvisi di accertamento e rettifica, poiché in tal caso è inapplicabile l’art. 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342, il quale esclude, in linea generale, sanzioni ed interessi per gli atti attributivi o modificativi di rendita adottati entro il 31 dicembre 1999, e non ancora definitivi a quella data, in quanto il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nell’introdurre l’ICI, ha fissato per i contribuenti, negli art. 5 e 10, l’obbligo di dichiarare gli immobili e di pagare l’imposta calcolandone correttamente l’importo, previo accertamento dei presupposti, e quindi dell’iscrizione in catasto e dell’ammontare dell’eventuale rendita per ciascun cespite, senza alcuna correlazione con un corrispondente obbligo del Comune di procedere alla notifica dei dati catastali (Cass. n. 24677/11).

Va, conseguentemente accolto il ricorso principale e rigettato l’incidentale, e la sentenza va, pertanto, cassata e rinviata nuovamente alla sezione regionale del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, affinché, determini, in virtù della continuazione, il cumulo giuridico delle sanzioni concernenti la plurima omissione della dichiarazione ICI.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale e rigetta l’incidentale.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale per il Friuli Venezia Giulia.

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