Ritenute non dovute, il rimborso va richiesto entro 48 mesi
In base all’art. 1 del DPR 602/1973, le imposte sui redditi sono riscosse mediante ritenuta diretta o versamenti diretti, mentre il successivo art. 2 dispone che le imposte sono pagate per ritenuta diretta nei casi indicati dalla legge e secondo le modalità previste dalle norme sulla contabilità
generale dello Stato: quest’ultima è la modalità di riscossione dell’imposta operata dalle Amministrazioni dello Stato che erogano redditi di lavoro dipendente per i percipienti. L’art. 29 del DPR 600/1973 prevede che le amministrazioni dello Stato, all’atto del pagamento, devono effettuare una ritenuta diretta in acconto dell’IRPEF dovuta dai lavoratori.
Questa regola di riscossione, a differenza del versamento diretto, non comporta il versamento materiale all’Erario delle ritenute operate sulle somme erogate, visto che il soggetto tenuto a operare la ritenuta e quello creditore del tributo coincidono: in proposito la Corte di Cassazione ha più volte affermato che la nozione di ritenuta diretta “implica una sorta di compensazione che lo Stato opera fra il credito fiscale e il controcredito del contribuente e, pertanto, riguarda esclusivamente le amministrazioni statali” (tra le altre, sentenza n. 8789 del 2017, ordinanze n. 12869 del 2013 e n. 7110 del 2019).
Il rimborso di ritenute dirette
L’art. 37 del citato DPR 602/1973 prevede che il contribuente assoggettato a ritenuta diretta può ricorrere all’ufficio territoriale delle Entrate nella quale ha il domicilio fiscale, per errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell’obbligazione tributaria entro 48 mesi chiedendo il rimborso; il successivo art. 38 dispone che il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare, entro il termine di decadenza di 48 mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento.
I termini per la richiesta di rimborso
L’istanza di rimborso può essere presentata anche dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta, sempre entro 48 mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata.
Nella risoluzione n. 459/E del 2008, e in senso conforme si sono espressi anche i giudici di legittimità, l’unico criterio che permette di individuare la data da cui far decorrere il termine di decadenza per la presentazione delle istanze di rimborso è rappresentato dall’esistenza o meno dell’obbligo di versamento nel momento in cui lo stesso è effettuato.
Le richieste dei dipendenti
A porre il quesito questa volta è un Ministero. In risposta a una precedente istanza di interpello, l’Agenzia delle entrate ha fornito una precisazione in merito a una certa indennità ed alla sua incidenza percentuale alla formazione del reddito imponibile. A seguito di tale chiarimento e delle richieste inoltrate dai dipendenti e da alcune sigle sindacali, il dicastero ha attivato le procedure necessarie per il rimborso al personale interessato della maggiore IRPEF trattenuta nei periodi d’imposta 2018 e 2019. Il problema si pone nel momento in cui, come fa presente l’istante, il personale chiede gli elementi retributivi, quindi gli importi corrisposti e le ritenute effettuate, necessari per la presentazione di istanze di rimborso delle ritenute subite anche per l’indennità percepita nei precedenti periodi d’imposta 2017 e 2016.
Per queste ragioni chiede se la decorrenza del termine decadenziale di 48 mesi per la formulazione dell’istanza di rimborso decorre da ogni singolo cedolino mensile, nel quale risultano l’indennità e la relativa ritenuta, o possa fare riferimento all’intero periodo di imposta dell’anno 2016.
Il parere delle Entrate
L’Agenzia ritiene che si debba applicare l’art. 37 del DPR 602/1973, considerato che la ritenuta è stata operata direttamente da un’amministrazione dello Stato e non invece da un sostituto d’imposta diverso da un’amministrazione statale, nel qual caso troverebbe applicazione l’art. 38, soluzione prospettata anche nella sentenza della Suprema Corte n. 4574 del 2019. Nella risposta 55/2021 viene inoltre chiarito che anche per la Cassazione l’elemento dirimente ai fini del termine in questione è costituito dal fatto che la ritenuta è dovuta, e non dalla modalità attraverso cui la stessa è operata: la diversa modalità di riscossione, ritenuta diretta o versamento diretto, non può dunque costituire il presupposto per una diversa decorrenza del termine di 48 mesi stabilito dal citato art. 38 del DPR 602, ritenuto perciò estensibile anche alla portata dell’art. 37.