DIRITTO EUROPA FISCALITA IVA

Rimborso IVA a un’azienda di un altro Stato: la scadenza per le informazioni aggiuntive

La Corte di giustizia UE, con la sentenza 2 maggio 2019 (causa C-133/18) ha esaminato un aspetto particolare delle istanze di rimborso da parte dello Stato nel quale sono stati acquistati beni e servizi per i quali il rimborso dell’imposta è richiesto dall’acquirente di altro Stato.

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’IVA, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro.

La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra una società con sede in Germania e il Ministro per l’azione ed i conti pubblici francese a seguito del suo rigetto della richiesta di rimborso della società dell’IVA assolta dalla stessa nell’esercizio 2014.

Il Diritto francese

In base al Codice generale delle imposte, il servizio delle imposte può chiedere per via elettronica, entro un mese dal giorno in cui la richiesta di informazioni è pervenuta al destinatario (art. 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9, recepito nella normativa francese), informazioni aggiuntive, al richiedente o alle autorità competenti dello Stato dell’Unione in cui è stabilito, nei casi in cui ritiene di non disporre di tutte le informazioni necessarie per decidere in merito alla domanda di rimborso presentata dal richiedente. In tale contesto il servizio delle imposte può chiedere l’originale della fattura o del documento d’importazione, se dubita della validità o dell’esattezza di un particolare credito, richiesta che può riguardare tutte le operazioni indipendentemente dal loro importo.

Il procedimento

Nel 2015 la società con sede in Germania presentava domanda di rimborso del credito IVA relativo al periodo 1º gennaio-31 dicembre 2014. L’Amministrazione finanziaria francese chiedeva a mezzo posta elettronica informazioni aggiuntive e in assenza di risposta entro il termine di un mese  impartito, respingeva la domanda di rimborso.

La società ricorreva avverso tale decisione dinanzi al Tribunale amministrativo di Montreuil (Francia), producendo i documenti e le informazioni già indicati dall’Amministrazione finanziaria nella propria richiesta d’informazioni aggiuntive.

Secondo l’Amministrazione finanziaria il ricorso era inammissibile a causa del mancato rispetto del termine di risposta di un mese, che implica la decadenza dalla domanda di rimborso.

A parere della società tedesca, invece, l’impossibilità di regolarizzare la propria posizione nell’ambito del ricorso ex art. 23 della direttiva 2008/9 si porrebbe in contrasto con il principio di neutralità dell’IVA e con il principio di proporzionalità.

Il giudice del rinvio faceva presente che la direttiva 2008/9 non precisa né le conseguenze riguardo al diritto al rimborso derivanti dal mancato rispetto del termine fissato dal citato art. 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9, né se il contribuente disponga della possibilità di regolarizzare la propria richiesta di rimborso presentando al giudice nazionale gli elementi idonei a provare la sussistenza del diritto al rimborso.

Alla luce di tali premesse il Tribunale amministrativo di Montreuil decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la questione pregiudiziale sopra indicata. In particolare, se le previsioni dell’art. 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 debbano essere interpretate nel senso che sanciscono una norma di decadenza, per cui il soggetto di uno Stato che chiede il rimborso IVA in un altro Stato non può regolarizzare la propria domanda di rimborso presso il giudice tributario del Paese in cui non ha rispettato la scadenza per la risposta a una richiesta di informazioni oppure, al contrario, nel senso che il soggetto stesso sia legittimato, nell’ambito del proprio diritto di ricorso (art. 23 della medesima direttiva) e alla luce dei principi di neutralità e di proporzionalità dell’IVA, a regolarizzare la domanda di rimborso dinanzi al giudice tributario.

La sentenza 2 maggio 2019

La Corte ha precisato che il diritto al rimborso, come il diritto a detrazione, costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione che garantisce, di conseguenza, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano soggette all’IVA.

Il diritto alla detrazione, e conseguentemente al rimborso, costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni.

Per quanto riguarda il diritto al rimborso IVA rileva, da un lato, che l’art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/9 indica una serie di obblighi che il soggetto passivo deve rispettare; dall’altro, l’art. 20 offre allo Stato al quale il rimborso è richiesto, di chiedere informazioni aggiuntive che devono essere fornite entro il termine di un mese dalla data di ricezione della richiesta.

Quest’ultima disposizione non permette di risolvere la questione se il termine previsto costituisca o meno un termine di decadenza, ma “la natura non imperativa di detto termine può essere desunta dal contesto in cui tale disposizione si colloca nell’ambito della direttiva 2008/9”.

Il termine non è decadenziale

La Corte ha già affermato, infatti, che tale termine rappresenta una precisazione che indica con grande chiarezza che la domanda di rimborso non può più esser validamente introdotta una volta scaduto il termine stabilito e che, conseguentemente, esso costituisce un termine di decadenza, il cui mancato rispetto implica il venir meno del diritto al rimborso dell’IVA ( in tal senso, sentenza 21 giugno 2012, C-294/11, EU).

Di contro, per quanto concerne il termine di presentazione della richiesta di rimborso, nell’art. 7 dell’ottava direttiva 79/1072 figurava già il termine “al più tardi”, poi ripreso dall’art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/9: ma a differenza dell’art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/9, l’art. 20, paragrafo 2, della stessa non contiene il termine “al più tardi”. Come rilevato dall’Avvocato generale al paragrafo 36 delle proprie conclusioni, l’assenza di tale termine tende ad indicare, nel contesto della direttiva 2008/9, che il legislatore dell’Unione non ha inteso introdurre un termine di decadenza all’art. 20, paragrafo 2, della direttiva in questione. E anche dagli articoli da 21 a 26 si può dedurre che il termine di un mese previsto all’art. 20, paragrafo 2, non rappresenta un termine di decadenza.

La Corte di giustizia ritiene, quindi, che il termine di un mese previsto dalla direttiva 2008/9 ai fini dell’inoltro delle informazioni aggiuntive deve essere interpretato nel senso che il termine di un mese non costituisce un termine di decadenza che implica, in caso di tardiva o di omessa risposta, il venire meno della possibilità di regolarizzare la propria domanda di rimborso producendo, direttamente al giudice nazionale, le informazioni aggiuntive atte a provare la sussistenza del diritto al rimborso dell’IVA.

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