Rimborsi IVA: rateazione, fermo amministrativo e altri casi particolari
L’esecuzione dei rimborsi IVA è l’oggetto della circolare n. 33 del 22/7/2016, che fornisce una serie si chiarimenti in merito agli effetti – in materia di rimborsi IVA, appunto – delle novità introdotte dai decreti legislativi attuativi della legge delega n. 23/2014 (revisione del sistema fiscale). In attuazione di tale delega sono stati emanati, fra gli altri, il D.Lgs. n. 156/2015 (revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario), e il D.Lgs. n. 158/2015 (revisione del sistema sanzionatorio). Nella nuova categoria dell’interpello probatorio rientrano le istanze presentate dalle società che hanno i requisiti per essere considerate non operative o dalle società in perdita sistematica – le cosiddette “società di comodo” (art. 30 legge n. 724/1994).
In assenza di istanza di interpello, ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso, il contribuente può non applicare la disciplina delle società di comodo mediante un’autovalutazione della sussistenza delle “oggettive situazioni” (art. 30, comma 4-bis, legge n. 724/1994). Nell’ambito della revisione del sistema sanzionatorio per violazioni tributarie, è stato modificato l’art. 23 del D.Lgs. n. 472/1997, che ora prevede un’operatività più ampia dei provvedimenti di sospensione e di compensazione dei rimborsi, in presenza di un atto con il quale vengono accertati maggiori tributi.
Con la circolare 33/2016 vengono inoltre fornite ulteriori precisazioni riguardo i contenuti dell’art. 38-bis), DPR n. 633/1972, come sostituito dall’art. 13 del D.Lgs. n. 175/2014.
In particolare, vengono esaminate:
– la possibilità di erogare rimborsi IVA senza presentazione della garanzia in presenza di avvisi di accertamento o rettifica;
– l’applicabilità ai rimborsi IVA dell’istituto del fermo amministrativo;
– l’obbligo di garanzia per i contribuenti con meno di due anni di attività e per i soggetti in liquidazione volontaria;
– la sanzione per omessa prestazione della garanzia nell’IVA di gruppo in caso di franchigia.
Pagamenti rateizzati a seguito di cartelle di pagamento
L’obbligo di presentazione della garanzia, in riferimento alla rateazione di cartelle di pagamento, era già stato abrogato dall’art. 83, comma 23, lett. a), del Dl n. 112/2008, convertito dalla legge n. 133/2008. Secondo l’art. 19, comma 3, del DPR 602/1973, il debitore decade automaticamente dal beneficio della rateazione in caso di mancato pagamento di 5 rate anche non consecutive, e l’importo residuo iscritto a ruolo diventa immediatamente e automaticamente riscuotibile in unica soluzione. Il carico può comunque essere di nuovo rateizzato se, alla presentazione della richiesta, le rate scadute sono integralmente pagate: in questo caso, il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla stessa data. Ne consegue, in linea con quanto disposto dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 24 febbraio 2012 riguardo alla compensazione, ai fini dell’esecuzione dei rimborsi IVA anche le rate non ancora versate di una cartella di pagamento non sono considerate carichi pendenti e non comportano la sospensione totale o parziale del rimborso, fatta eccezione per le ipotesi in cui l’inadempimento del contribuente determini la decadenza dalla rateazione. Inoltre, non si considerano carichi pendenti le rate non ancora versate nel caso in cui il contribuente abbia intrapreso e stia regolarmente rispettando un piano di rateazione relativo a cartelle di pagamento derivanti da iscrizioni a ruolo degli importi dovuti in seguito alla decadenza dal beneficio della rateazione (art. 15-ter, DPR 602). Infine, considerata la particolare situazione economico-finanziaria del contribuente o la intervenuta incertezza della pretesa tributaria, gli atti la cui riscossione è stata oggetto di sospensione amministrativa o giudiziale non comportano la sospensione del rimborso.
Applicabilità ai rimborsi del fermo amministrativo
L’istituto del fermo amministrativo è stato introdotto dal Regio decreto n. 2440/1923, che all’art. 69, comma 6, dispone che “Qualora un’amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo”: il fermo amministrativo, quindi, costituisce un provvedimento di natura cautelare diretto alla tutela delle ragioni di credito delle amministrazioni statali. In proposito, ai fini dell’individuazione dei presupposti sulla sua applicazione, la circolare n. 4/E del 15 febbraio 2010, ha specificato che “L’istituto del fermo amministrativo ha carattere generale ed è utilizzabile quando la pretesa creditoria della pubblica amministrazione non è ancora certa, liquida ed esigibile” e che “La ragione di credito è caratterizzata dalla sussistenza di elementi tali da determinare nell’Amministrazione il convincimento che esiste una ragionevole fondatezza del suo diritto”.
E’ stato inoltre chiarito che “Si tratta di una norma che introduce un generico ‘fermo’ temporaneo dell’esecuzione di un pagamento a carico della Pubblica Amministrazione. Ai sensi della predetta norma, tale misura è richiesta dall’Amministrazione creditrice (fra le Amministrazioni legittimate è espressamente inclusa l’Agenzia delle Entrate) alle altre Amministrazioni eventualmente debitrici nei confronti del medesimo contribuente, le quali sono tenute ad eseguirla in attesa di un successivo provvedimento definitivo di incameramento o di sblocco del pagamento oggetto del provvedimento cautelare”. La “ragione di credito” che sta alla base del fermo amministrativo deve comunque avere una “rappresentazione formale” e, quindi, il debito tributario “deve essere espresso almeno a livello di processo verbale di constatazione”. Nella circolare l’Agenzia evidenzia, inoltre, che lo strumento del fermo amministrativo, gravando sulle disponibilità finanziarie del contribuente derivanti da crediti che egli vanta nei confronti di altre Amministrazioni, può essere utilizzato dopo un’attenta valutazione degli effetti che avrebbe sulla sua attività economica, per il fatto che la sua adozione potrebbe impedire la riscossione di crediti, ad esempio per appalti o forniture, che lo stesso vanta nei confronti di altri comparti della Pa. In merito all’applicabilità ai rimborsi IVA del citato art. 69, RD n. 2440/1923, la Corte di Cassazione ha puntualizzato che il provvedimento di sospensione del pagamento ivi previsto “ha portata generale in quanto mira a garantire la certezza dei rapporti patrimoniali con lo Stato, mediante la concorrente estinzione delle poste reciproche (attive e passive). Ne consegue l’applicabilità della norma ai rimborsi dell’IVA”.
Preso atto di quanto sopra precisato, le Entrate evidenziano che in riferimento ai rimborsi IVA il legislatore tributario ha disciplinato alcuni strumenti di tutela cautelare, come la sospensione art. 23 del D.Lgs. n. 472/1997 o la sospensione art. 38-bis9, comma 8 nei casi di fattispecie penalmente rilevanti: ne consegue – si legge nella circolare 33 in commento – che “il fermo amministrativo, quale istituto di carattere generale nell’ambito della contabilità pubblica, può trovare applicazione esclusivamente in via residuale, e con i limiti sopra delineati, in tutte quelle ipotesi nelle quali non siano utilizzabili gli specifici strumenti di tutela del credito erariale disciplinati dalla normativa tributaria”.
IVA di gruppo e garanzia in caso di franchigia
Nella circolare n. 35/E del 2015 è stato chiarito che la franchigia che esonera dall’obbligo di prestazione di garanzia i rimborsi di importo non superiore al 10% dei versamenti complessivi eseguiti nei due anni precedenti la data della richiesta e registrati nel conto fiscale (art. 21, Dm n. 567/1993) si applica anche nell’ambito della liquidazione IVA di gruppo (art. 73, DPR 633) per determinare l’importo oggetto della garanzia o dell’assunzione diretta dell’obbligazione. Quindi, nelle ipotesi in cui nell’ambito della liquidazione IVA di gruppo la compensazione debba essere assistita da garanzia, questa può riferirsi all’importo eccedente la franchigia, se spettante.
La prestazione della garanzia entro il termine di presentazione della relativa dichiarazione annuale IVA permette il perfezionamento delle compensazioni IVA infragruppo: in caso di tardiva prestazione della garanzia le compensazioni effettuate nel gruppo producono comunque i propri effetti, ma solo dalla data in cui l’obbligo è stato adempiuto. Perciò, in caso di tardività nella prestazione della garanzia superiore a 90 giorni, “si applica la sanzione per omesso versamento commisurata all’eccedenza di credito indebitamente compensata per effetto della tardiva prestazione della garanzia e fino alla prestazione della stessa”. In caso di tardiva prestazione della garanzia superiore ai 90 giorni, l’Agenzia evidenzia, inoltre, che resta fermo il recupero degli interessi relativi all’imposta oggetto di compensazione, calcolati a decorrere dal termine ordinario di presentazione della dichiarazione IVA fino alla data di prestazione della garanzia. In assenza della prestazione della garanzia la compensazione effettuata non si perfeziona, con la conseguenza di rendere dovuto il versamento dell’imposta indebitamente compensata. Pertanto, a meno che il contribuente provveda a prestare la garanzia nelle forme previste, viene emanato apposito atto di recupero dell’imposta indebitamente compensata con l’applicazione dei relativi interessi a decorrere dal termine previsto per la presentazione della dichiarazione IVA e della sanzione del 30% per l’omesso versamento conseguente al mancato perfezionamento della compensazione. La sanzione, anche in questo caso, è commisurata all’eccedenza di credito indebitamente compensata per effetto della mancata prestazione della garanzia che ha impedito il perfezionamento della compensazione.
Rimborsi senza garanzia e avvisi di accertamento e rettifica
Una novità significativa per l’esecuzione dei rimborsi IVA (art. 38-bis, DPR 633/1972), al fine di semplificarne e accelerarne l’erogazione, è stata l’eliminazione dell’obbligo generalizzato di prestazione della garanzia, “che ricorre, limitatamente ai rimborsi superiori a 15.000 euro, solo quando si verificano situazioni di rischio”. Al riguardo l’Agenzia ricorda che il citato art. 38-bis) dispone che i rimborsi di ammontare superiore a 15.000 euro sono eseguiti dietro prestazione della garanzia quando richiesti da soggetti passivi ai quali, nei due anni antecedenti la richiesta di rimborso, sono stati notificati avvisi di accertamento o di rettifica dai quali risulti, per ogni anno, una differenza tra gli importi accertati e quelli dell’imposta dovuta o del credito dichiarato superiore:
1) al 10% degli importi dichiarati, se questi non superano 150.000 euro;
2) al 5% degli importi dichiarati, se questi superano 150.000 ma non 1.500.000 euro;
3) all’1% degli importi dichiarati, o comunque a 150.000 euro, se gli importi dichiarati superano 1.500.000 euro.
Gli atti da considerare sono sia gli avvisi di accertamento e rettifica ai fini IVA, sia quelli relativi agli altri tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate. La circolare n. 35/E del 2015 ha inoltre precisato che quando la pretesa erariale sia rideterminata per effetto di accertamento con adesione, conciliazione giudiziale o reclamo/mediazione, anche dopo l’istanza di rimborso, il raffronto tra l’imposta dichiarata e quella accertata andrà eseguito in riferimento agli importi rideterminati e non a quelli originariamente accertati.