FOCUS

RICERCA & SVILUPPO: IL COMPENSO DELL’AMMINISTRATORE

Con il decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, noto come “decreto Destinazione Italia”), sostituito della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015), è stato introdotto un incentivo a favore di tutte le imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo.

Più di recente, il legislatore (legge 11 dicembre 2016, n. 232 – legge di bilancio 2017), è nuovamente intervenuto sulla materia apportando significative modifiche volte a potenziare lo strumento agevolativo.

Giova rammentare che le attività di ricerca e sviluppo possono essere svolte anche in ambiti diversi da quelli scientifico e tecnologico (come quello storico o sociologico, ad esempio) atteso che, nel loro complesso, le attività in esame sono volte all’acquisizione di nuove conoscenze, all’accrescimento di quelle esistenti e all’utilizzo di tali conoscenze per nuove applicazioni.

In linea con la “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione” (Comunicazione 2 della Commissione Europea COM 2014/C/198), lo strumento adottato è stato quello dell’agevolazione prevalentemente rivolta a ricerca di base, ricerca industriale, sperimentazione e prototipazione dell’innovazione.

Il quadro normativo che in questo arco temporale si è andato delineando presenta però qualche profilo di dubbio tanto da aver richiesto diversi interventi chiarificatori dell’Amministrazione Finanziaria (Circolari n. 5/E del 16 marzo 2016 e nr 13/E del 27 aprile 2017; 10/E del 16 maggio 2018; Risoluzioni n. 55/E del 19 luglio 2016; n. 66/E del 3 agosto 2016; n. 80/E del 23 settembre 2016; n. 119/E del 22 dicembre 2016; n. 12/E del 25 gennaio 2017; n. 19/E del 14 febbraio 2017; n. 21/E del 20 febbraio 2017 ; n. 32/E del 10 marzo 2017 ; 121/E e 122/E, rispettivamente, del 9 e 10 ottobre 2017).

In quelle sedi è stato tra l’altro ricordato che i soggetti interessati possono presentare, ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, un’istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente all’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione delle stesse.

Nei casi, invece, in cui i dubbi in merito all’ambito oggettivo di applicazione dell’agevolazione riguardino esclusivamente la riconducibilità delle attività, per le quali si intende fruire del beneficio, tra quelle eleggibili al credito di imposta, il contribuente può acquisire in modo autonomo il parere tecnico del Ministero dello Sviluppo Economico limitandosi a conservarlo, senza presentare un’istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate (la richiesta di parere va inviata all’indirizzo dgpicpmi.dg@pec.mise.gov.it della Direzione Generale per la politica industriale, la competitività e le PMI del MiSE).

Entrando nell’aspetto della normativa che ci interessa e riguardante l’ammissibilità dell’accesso alla disciplina agevolativa dei compensi erogati agli Amministratori, dobbiamo puntualizzare che tra le modificazioni legislative di rilievo (cit legge di bilancio 2017) emerge l’eliminazione, nell’ambito del personale addetto alle attività di ricerca e sviluppo, la distinzione tra “personale altamente qualificato” e “personale non altamente qualificato”: è stata infatti disposta l’abrogazione della norma che prevedeva l’applicazione dell’aliquota agevolativa differenziata, rispettivamente, nella misura del 50 per cento del 25 delle spese relative.

Alla luce di tali modifiche, pertanto, la misura dell’aliquota del credito di imposta non è più parametrata in funzione della tipologia di spese ammissibili, ma è fissata unitariamente al 50 per cento per tutti i costi ammissibili.

Resta comunque ferma l’esclusione del costo del personale con mansioni amministrative, contabili e commerciali

Come chiarito dall’AF, con riferimento all’attività di ricerca svolta dall’Amministratore della società beneficiaria, invece, sono senz’altro ammessi i costi sostenuti in relazione ad un eventuale contratto di lavoro dipendente stipulato con l’Amministratore che svolge attività di ricerca e sviluppo, laddove tale rapporto sia validamente costituibile ai sensi della vigente disciplina sul lavoro.

In base alle medesime considerazioni, sono state ritenuti agevolabili anche i compensi corrisposti all’Amministratore, non dipendente dell’impresa, che svolge attività di ricerca e sviluppo.

Naturalmente l’attività svolta deve essere adeguatamente comprovata e il compenso è agevolabile solo per la parte che remunera l’attività di ricerca effettivamente svolta dall’Amministratore.

Non risultano, al contrario, agevolabili i compensi erogati all’Amministratore semplicemente preposto alla gestione dell’attività di ricerca e sviluppo.

Ai fini della valorizzazione della categoria di spese in esame deve essere preso in considerazione il costo effettivamente sostenuto dall’impresa, intendendo per tale l’importo costituito dalla retribuzione lorda prima delle imposte e dai contributi obbligatori, quali gli oneri previdenziali e i contributi assistenziali obbligatori per legge, in rapporto all’effettivo impiego dei lavoratori nelle attività di ricerca e sviluppo.

In base alla ratio sottesa alla misura è stato ritenuto che, ai fini della determinazione del credito di imposta, rilevino tutte le componenti del costo del lavoro, compresa la quota di trattamento di fine rapporto maturata dai lavoratori dipendenti, i premi di produzione ed in genere tutti i costi – che l’impresa sostiene per l’impiego del personale destinato alle attività di ricerca e sviluppo eleggibili – di competenza del periodo di imposta in relazione al quale si intende accedere al beneficio (ovvero nei periodi di imposta di riferimento per il calcolo della media storica) che possiedono i requisiti per essere considerati fiscalmente deducibili ai sensi dell’articolo 109 del TUIR.

Per quanto riguarda i costi relativi al personale in rapporto di collaborazione, nei termini sopra indicati, è stato precisato che i compensi corrisposti vanno assunti al netto dell’IVA e al lordo dei contributi previdenziali aggiuntivi professionali riaddebitati in fattura nonché delle ritenute di acconto.

In materia di adempimenti documentali che le imprese beneficiarie sono tenute a rispettare, ai fini dei successivi controlli, è richiesta la predisposizione di “apposita documentazione contabile” che deve essere certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39.

In via orientativa e non esaustiva, la documentazione a supporto da conservare in relazione alla tipologia “spese relative al “personale”, è costituita dai fogli di presenza nominativi, riportanti per ciascun giorno le ore impiegate nell’attività di ricerca e sviluppo, firmati dal legale rappresentante dell’impresa beneficiaria o dal responsabile dell’attività di ricerca e sviluppo, controfirmato dal soggetto che certifica la documentazione contabile.

Deve essere sottolineato che la sostituzione dei “fogli di presenza nominativi” con un documento riepilogativo (ad esempio, con cadenza mensile) è stata consentita solo per il periodo di imposta in corso alla data di pubblicazione del decreto attuativo (DM 27 maggio 2015 in Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio successivo) al fine di non penalizzare le imprese che hanno svolto attività di ricerca nel 2015 senza conoscere le esatte modalità di rendicontazione previste dalla disciplina agevolativa.

In merito alla certificazione, nel rilevare che le menzionate disposizioni non stabiliscono un contenuto minimo né uno schema predefinito per la predisposizione della stessa, è stato precisato che il suddetto documento può essere redatto in forma libera, ma deve contenere, in ogni caso, l’attestazione della regolarità formale della documentazione contabile e dell’effettività dei costi sostenuti.

Si ricorda che per l’attività di certificazione contabile dette imprese hanno diritto a beneficiare di un credito di imposta di importo pari alle spese sostenute e documentate, entro il limite massimo di euro 5.000 per ciascun periodo di imposta per il quale si intende fruire dell’agevolazione.

Sulla durata della conservazione della documentazione idonea a dimostrare, in sede di controllo, l’ammissibilità e l’effettività dei costi sulla base dei quali è determinato il credito d’imposta, è stato richiamato l’obbligo per il periodo previsto dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, con riferimento alla dichiarazione relativa al periodo di imposta nel corso del quale si conclude l’utilizzo del credito, atteso che il credito di imposta in esame può essere utilizzato in compensazione senza alcun limite temporale.

Ciò posto, in merito alla previsione normativa secondo cui “tale certificazione deve essere allegata al bilancio, il documento di prassi ha chiarito che, ai fini dei successivi controlli, la documentazione contabile certificata deve essere conservata ed esibita unitamente al bilancio e che la medesima documentazione va certificata entro la data di approvazione del bilancio ovvero, per i soggetti che non sono tenuti all’approvazione del bilancio, entro il termine di 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio in cui sono stati effettuati gli investimenti ammissibili.

Al riguardo è stato precisato che la previsione normativa di “allegazione al bilancio” deve essere intesa nel senso che i soggetti tenuti alla redazione del bilancio non devono materialmente allegare al bilancio d’esercizio, depositato presso il registro imprese della Camera di Commercio, la documentazione contabile oggetto di certificazione, in quanto è sufficiente che, una volta predisposta, sia conservata e resa disponibile, insieme al bilancio, al momento del controllo.

Quanto all’eventuale mancato rispetto del termine entro cui deve essere certificata la documentazione contabile, è stato sottolineato che tale inosservanza non inficia il diritto al credito di imposta e costituisce una violazione meramente formale, non sanzionabile.

Parimenti, non inficia il diritto al credito di imposta la mancata “allegazione” al bilancio, nei termini dianzi intesi, della certificazione contabile.

Tale omissione costituisce, tuttavia, una violazione di natura formale ai sensi dell’articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 19 dicembre 1997, n. 471, alla quale si rende applicabile la sanzione da 250 euro a 2.000 euro, prevista dal comma 1 dell’articolo 8 citato, con possibilità di avvalersi, ai fini sanzionatori, del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472

 

 

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay