ECONOMIA FISCALITA

Ricerca e sviluppo, torniamo sul credito d’imposta

Nel dicembre dello scorso anno abbiamo commentato la risoluzione delle Entrate n. 12272017, emanata per rispondere a una richiesta di consulenza specifica presentata da un’associazione rappresentativa di imprese e parchi tecnologici e scientifici attivi nei diversi settori delle scienze della vita che promuovono lo sviluppo e la tutela delle biotecnologie in tutte le aree di applicazione: il quesito, in particolare, riguardava i contratti sui prototipi, il loro contenuto e i costi di esternalizzazione.

Riprendiamo in maniera più “generale” l’argomento del credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo anche a seguito dell’interesse mostrato dai lettori, e lo facciamo illustrando brevemente la circolare applicativa dell’Agenzia delle Entrate (n. 13/2017), che ha dettagliatamente analizzato e chiarito, arricchendole con esempi di calcolo e un corposo numero di risposte alle domande più frequenti (Faq), tutte le novità introdotte dalla Legge di bilancio 2017 (n. 232/2016).

 

Tutte le novità

Originariamente previsto fino al 2019, il credito è stato esteso di un anno, quindi fino al 2020; l’aliquota per tutte le tipologie di spesa è stata raddoppiata al 50% (superando la precedente differenziazione fra investimenti agevolati al 25 e al 50%); il massimale a cui si può applicare il bonus è stato incrementato a 20 milioni di euro (prima erano 5); il credito è stato esteso anche alle imprese residenti che svolgono attività di ricerca e sviluppo per conto di imprese committenti non residenti; è stato eliminato, nell’ambito del personale addetto alle attività di ricerca e sviluppo, la distinzione tra “personale altamente qualificato” e “personale non altamente qualificato”.

Il prolungamento di un anno, fino al periodo d’imposta 2020, fa sì che i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare possono avvalersene anche per gli investimenti effettuati nel 2020.

Per le spese sostenute nei periodi d’imposta 2014 e 2015 si continuano ad applicare le regole precedenti, quindi aliquota al 25% che arriva al 50% limitatamente alle spese per personale altamente qualificato e per i contratti di ricerca cosiddetti extra-muros, mentre per i periodi d’imposta successivi si applica l’aliquota al 50% a tutti i tipi di investimenti.

Lo stesso dicasi per i massimali: il limite agevolabile è incrementato a 20 milioni di euro, ma il “vecchio” limite di 5 milioni continua ad applicarsi agli investimenti 2014 e 2015.

Resta confermato che il credito è utilizzabile, esclusivamente in compensazione, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi per le attività in ricerca e sviluppo sono stati sostenuti e rimane fissato a 30.000 euro l’importo minimo di investimenti richiesti per poter applicare l’agevolazione.

A partire dal periodo d’imposta 2017 si applica l’estensione anche alle imprese che agiscono sul territorio nazionale in base a contratti di committenza con imprese estere: in questo caso, ai fini dell’applicazione del credito d’imposta, non rileva il corrispettivo convenuto con il committente estero, ma la somma delle singole voci di spesa sostenute per gli investimenti ammissibili, nell’anno in cui sono state sostenute, e non in quelli di completamente della commessa: il commissionario può anche essere una società dello stesso gruppo (ad esempio, si può applicare l’agevolazione nel caso di una capogruppo estera che affida un contratto di ricerca alla controllata italiana). Ciò equivale a dire che sono agevolabili le spese sostenute a partire dal 2017 anche se il contratto con il soggetto commissionario era precedente.

Queste regole valgono solo nel caso in cui il committente sia un’impresa non residente. In caso contrario, quindi se la controparte è un’impresa residente, sarà quest’ultima ad applicare il credito d’imposta a titolo di ricerca extra muros.

Il credito d’imposta è utilizzabile solo in compensazione, con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in cui sono stati sostenuti i costi: l’azienda che si è costituita nel 2017 non applica il criterio della spesa incrementale rispetto al triennio precedente, ma utilizza il credito d’imposta su tutti gli investimenti in ricerca e sviluppo.

Un’impresa può utilizzare il bonus anche per investimenti in ricerca e sviluppo per i quali ha ricevuto le sovvenzioni europee, purché la somma finale resti all’interno delle regole previste per poter applicare il credito d’imposta.

L’ambito di applicazione della norma favorisce i seguenti tipi di spesa:

  • costi per l’assunzione di personale altamente qualificato impiegato nell’attività di ricerca;
  • quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio;
  • spese per contratti di ricerca extra-muros stipulati con università, enti di ricerca e altre imprese, comprese le start-up innovative (art. 25, Dl 179/2012);
  • le spese di acquisizione delle competenze tecniche e privative industriali.

La normativa, come ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, non contiene alcuna disposizione specifica riguardo alla cumulabilità con altre misure agevolative e quindi, in assenza di una specifica previsione, il bonus deve ritenersi fruibile anche in presenza di altri incentivi.

 

I committenti non residenti

Abbiamo visto come la legge di bilancio 2017 ha stabilito che il credito di imposta spetta anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o ubicate in altri Paesi membri dell’Ue. Prima di tale estensione, le spese sostenute da imprese commissionarie residenti (o da stabili organizzazioni di soggetti non residenti) per l’esecuzione di contratti di ricerca stipulati con committenti non residenti e privi di stabile organizzazione in Italia, erano completamente ininfluenti ai fini dell’agevolazione. La modifica della precedente impostazione amplia l’ambito soggettivo di applicazione della norma includendo nell’agevolazione anche la ricerca svolta da imprese che operano sul territorio nazionale in base a contratti di committenza con imprese estere. In pratica, il soggetto commissionario residente che esegue attività di ricerca e sviluppo per conto di committenti non residenti, ai fini del credito viene equiparato al soggetto residente che effettua investimenti in attività di ricerca e sviluppo.

La modifica, applicabile dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, nella generalità dei casi decorre dal 2017. Nella circolare 12/2017 viene precisato che l’applicazione della novità riguarda, oltre le spese per attività di ricerca e sviluppo sostenute dal soggetto commissionario residente per contratti stipulati dal 2017, anche quelle sempre sostenute dallo stesso periodo di imposta, riguardanti contratti stipulati in precedenza e ancora in corso di esecuzione.

Viene inoltre evidenziato che la nuova disposizione si applica anche nell’ipotesi in cui il contratto sia stipulato con una parte correlata – ad esempio, tra la società capo gruppo estera e la società controllata italiana dedita alle attività di ricerca e sviluppo – e anche (ovviamente) nel caso in cui le spese agevolabili siano sostenute da una stabile organizzazione in Italia in esecuzione degli accordi esistenti con la casa madre estera. In quest’ultimo caso, ai fini dei successivi controlli, la stabile organizzazione dovrà preparare una relazione descrittiva delle attività svolte per ciascun progetto di ricerca, corredata da un prospetto di raccordo tra le spese, la loro imputazione contabile e la relativa ripartizione per singolo centro di costo.

Riguardo alla qualifica del soggetto committente non residente, il riferimento testuale alle “imprese” residenti o localizzate in Stati membri dell’UE, in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) o in Paesi e territori “collaborativi” non deve essere inteso in senso restrittivo, per cui l’attribuzione del credito d’imposta al soggetto commissionario residente può spettare anche se la controparte contrattuale è, ad esempio, una università o un altro ente o organismo di ricerca non residente, compresi gli organismi comunitari.

 

Due modalità di calcolo

A seguito delle modifiche introdotte dalla legge 232/2016, l’aliquota del credito di imposta è pari al 50% di tutte le spese sostenute in eccedenza rispetto alla media degli stessi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015. Considerata la decorrenza delle modifiche, esistono due modalità di calcolo del credito di imposta. La prima prevede, per i primi due periodi di imposta di vigenza dell’incentivo (successivi a quelli in corso al 31/12/2014 e al 31/12/2015), la determinazione dell’agevolazione in funzione della diversa aliquota del credito di imposta disposta – 25% e 50% – per tipologie di spese ammissibili: il credito così determinato spetta a ciascun beneficiario fino all’importo massimo annuale di 5 milioni di euro. La seconda modalità di calcolo è regolata dalle modifiche intervenute e prevede, per i restanti periodi di imposta di vigenza dell’incentivo (dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31/12/2016 e fino a quello in corso al 31/12/2020), la determinazione dell’agevolazione con l’applicazione dell’aliquota unica del 50% a tutte le tipologie di spese: in questi casi il credito così determinato spetta a ciascun beneficiario fino all’importo massimo annuale di 20 milioni di euro. Per quanto riguarda i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, la prima modalità di calcolo si applica agli investimenti effettuati nei periodi di imposta 2015 e 2016, mentre la seconda va applicata agli investimenti che saranno effettuati nei periodi di imposta 2017, 2018, 2019 e 2020; analogamente, per i soggetti con periodo di imposta non coincidente con l’anno solare si applica la prima modalità di calcolo agli investimenti effettuati negli esercizi 2015-2016 e 2016-2017, mentre la seconda agli investimenti che saranno effettuati a decorrere dall’esercizio 2017-2018 e fino all’esercizio 2021.

 

 

 

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