ECONOMIA

Reverse charge, le nuove disposizioni

In base al meccanismo dell’inversione contabile dell’IVA (reverse charge) è obbligato all’assolvimento dell’IVA il destinatario della cessione, se è soggetto passivo d’imposta, e non il cedente; il venditore emette fattura senza addebitare l’imposta, indicando la norma che regola l’applicazione del reverse charge, mentre l’acquirente dovrà integrare la fattura indicando l’aliquota e la relativa imposta e annotandola sia nel registro delle fatture emesse o dei corrispettivi sia nel registro degli acquisti. Al fine di evitare e scoraggiare eventuali tentativi di frode, di semplificare la procedura di riscossione dell’imposta e in base alla direttiva IVA comunitaria, con la circolare n. 21/E del 2 maggio 2016 l’Agenzia delle Entrate illustra le nuove disposizioni relative alle operazioni soggette al reverse charge, precisando che il meccanismo si applica per le cessioni di beni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio. A far data dal 2 maggio, dunque, e fino al 31 dicembre 2018 l’inversione contabile dell’IVA è applicabile – innovando la relativa disciplina – anche alle vendite di tablet Pc, laptop e console da gioco e dispositivi a circuito integrato (microprocessori e unità centrali di elaborazione).

Per quanto concerne le violazioni per l’omessa o errata applicazione del reverse charge sono applicabili le sanzioni indicate all’art. 6, commi 9-bis 1 e 9-bis 2 del D.Lgs. n. 471/1997: considerata l’incertezza in materia e il fatto che la nuova disciplina ha effetto per le operazioni effettuate dal 2 maggio 2016, “in ossequio ai principi dello Statuto del contribuente” la circolare 21/E precisa che ai contribuenti non dovranno essere applicate sanzioni per le violazioni eventualmente commesse prima di tale data.

 

Le modifiche al decreto IVA

Il D.Lgs. n. 24/2016 – attuativo delle Direttive 2013/42/UE e 2013/43/UE del Consiglio del 22 luglio 2013 – con l’art. 1, comma 1, ha modificato l’art. 17 del DPR n. 633/1972, che ora fa riferimento al “debitore d’imposta” e individua le operazioni soggette al meccanismo dell’inversione contabile.

In particolare, la novità legislativa, ha:

– riformulato la lett. b), relativo alle cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni. Al riguardo la circolare 21 precisa che si tratta di
un semplice aggiornamento formale, visto che nella previgente formulazione della lett. b) il reverse charge “non aveva trovato applicazione per assenza dell’autorizzazione da parte degli organi dell’Ue”;

– sostituito la lett. c), che ora fa riferimento alle cessioni “di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché alle cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale”.

Sono state inoltre abrogate le lettere d) e d-quinquies) che non avevano trovato applicazione (anche in questo caso) per la mancata autorizzazione dell’Unione, concernenti rispettivamente le cessioni di materiali e prodotti lapidei provenienti da cave e miniere e le cessioni di beni effettuate nei confronti di ipermercati, supermercati e discount alimentari.

 

Con il placet dell’Ue

La nuova disposizione è in linea con l’art. 199-bis della Direttiva IVA (del Consiglio del 28/11/2006, 2006/112/CE), relativa al sistema comune dell’imposta, secondo la quale fino al 31/12/2018 e per un periodo minimo di due anni, gli Stati membri possono stabilire che il soggetto tenuto al pagamento dell’IVA sia “il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate, tra l’altro, le operazioni di cui alla lettera h) di cui alla citata direttiva IVA che fa riferimento a cessioni di console di gioco, tablet PC e laptop”. La disposizione vuol essere una risposta al propagarsi di fenomeni fraudolenti regolamentando direttamente l’applicazione del reverse charge: i singoli Stati membri hanno così la facoltà di adottare il meccanismo impositivo a condizione che lo comunichino al Comitato IVA e forniscano “le informazioni relative all’ambito di applicazione della misura e al tipo e alle caratteristiche della frode, la descrizione delle misure di accompagnamento, inclusi gli obblighi di comunicazione applicabili ai soggetti passivi e qualsiasi misura di controllo”. Ed è alla luce della facoltà concessa dalla normativa comunitaria che è stato esteso l’art. 17, comma 6, lett. c), del DPR 633, che in precedenza si riferiva solo “alle cessioni di personal computer e dei loro componenti e accessori”. La disposizione era entrata in vigore dopo la decisione di esecuzione del Consiglio del 22 novembre 2010 (n. 2010/710/UE), che aveva autorizzato l’Italia ad applicare il reverse charge alle operazioni tra soggetti passivi riguardanti, tra l’altro, “dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale”, ambito, peraltro, in relazione al quale erano stati emanati due documenti di prassi, la circolare n. 59/E del 2010 e la risoluzione n. 36/E del 2011.

A seguito della modifica introdotta, quindi, il reverse charge si applica anche alle cessioni territorialmente rilevanti in Italia, effettuate tra soggetti passivi, dei seguenti prodotti: console da gioco, (NC, Nomenclatura Combinata 9504 50 00); tablet PC (NC 8471 30 00); laptop (NC 8471 30 00). In proposito l’Agenzia precisa che per l’individuazione di tali beni non rileva la denominazione commerciale ma la circostanza che siano beni della stessa qualità commerciale, con le stesse caratteristiche tecniche e lo stesso codice di nomenclatura combinata.

 

Gli obblighi di cedente e cessionario

Il reverse charge comporta che il destinatario della cessione territorialmente rilevante, se è un soggetto passivo d’imposta è obbligato ad assolvere l’IVA al posto del cedente; il cessionario è obbligato all’assolvimento dell’imposta mediante reverse charge “anche se non stabilito in Italia o avente stabile organizzazione in Italia”. Come indicato nella risoluzione n. 28/E del 2012, il cessionario – non stabilito o in assenza di stabile organizzazione nel territorio dello Stato – per assolvere l’obbligo dovrà identificarsi ai fini IVA in Italia. Ne deriva che i cedenti dei beni in questione sono tenuti a emettere fattura senza addebito d’imposta, in base alle disposizioni degli artt. 21 e seguenti del D.P.R. n. 633/81972 e indicando la norma che prevede l’applicazione del reverse charge (art. 17, sesto comma, lett. c); il cessionario dovrà indicare in fattura l’aliquota e la relativa imposta e annotarla nel registro delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi entro il mese di ricevimento o anche dopo, comunque entro 15 giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese. La fattura, ai fini della detrazione, è annotata anche nel registro degli acquisti.

 

E’ escluso il commercio al dettaglio

Nella circolare 21/E in commento l’Agenzia scrive: “Si ritiene che l’obbligo del meccanismo dell’inversione contabile alle fattispecie in esame, ai sensi del citato articolo 17, comma 6, lett. c), del DPR n. 633 del 1972, trovi applicazione per le sole cessioni dei beni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio, analogamente a quanto già precisato dalla scrivente con la circolare n. 59/E del 2010 e la Risoluzione n. 36/E del 2011”. L’interpretazione è ritenuta coerente con la concessa agli Stati membri dal citato art. 199-bis della direttiva IVA e con le caratteristiche dell’istituto del reverse charge, ossia l’opportunità di evitare e scoraggiare eventuali tentativi di frode e semplificare la procedura di riscossione dell’IVA. Interpretazione che “giustifica, ad avviso della scrivente,” che per le tipologie di cessioni in esame il meccanismo non si applichi nella fase del commercio al dettaglio, la cui attività è contraddistinta generalmente da un ritmo tale da rendere particolarmente gravosa l’osservanza dell’applicazione del reverse charge in base alla qualità di soggetto passivo del cessionario-cliente. Per le cessioni dei beni in questione che si verificano in tutte le fasi di commercializzazione prima della vendita al dettaglio il destinatario della cessione, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato, “è obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente”.

 

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