Residenza fiscale all’estero, impatrio e benefici fiscali
Un cittadino italiano chiede chiarimenti in relazione all’applicabilità al suo caso personale del regime speciale per i lavoratori impatriati, disciplinato dall’art. 16 del D.lgs. 147/2015, che al fine di incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni prevede la concessione di incentivi fiscali sotto forma di imponibilità del reddito conseguito in Italia nella misura del 50% in favore di persone che trasferiscano la residenza nel territorio dello Stato.
L’agevolazione si applica dal periodo d’imposta in cui il soggetto trasferisce la residenza in Italia ai sensi dell’art. 2 del DPR 917/1986 (TUIR) e per i quattro periodi di imposta successivi, in presenza dei requisiti e delle condizioni previste, alternativamente, dal comma 1 o dal comma 2 del citato art. 16, D.lgs. 147/2015.
Il caso personale
I fatti in concreto sono scanditi dalle seguenti date:
– il 23 agosto 2015 ha trasferito la propria residenza in Svizzera e, contestualmente, ha fatto richiesta di iscrizione all’Anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero (AIRE);
– il 2 settembre 2015 ha iniziato una collaborazione con una società a Zurigo e il rapporto di lavoro è durato fino al 30 settembre 2017;
– causa la cessazione del rapporto di lavoro, il signore ha di nuovo trasferito la propria residenza in Italia e dal 3 ottobre 2017 ha iniziato un nuovo rapporto professionale con una società italiana.
A oggi è residente in Italia ma, per l’anno 2017 risulta fiscalmente residente in Svizzera, in base all’art. 2, comma 2, del TUIR e chiede di sapere se risulta in possesso dei requisiti previsti per accedere ai benefici previsti dalla normativa a favore dei lavoratori impatriati.
Personalmente ritiene di esserlo, in quanto cittadino dell’Unione europea in possesso di un titolo di laurea, che ha svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente fuori dall’Italia per almeno ventiquattro mesi.
Il Parere delle Entrate
Nella risoluzione 51/E del 6 luglio 2018, con al quale risponde all’istanza di interpello, l’Agenzia delle Entrate evidenzia che il comma 2 dell’art. 16 prevede che sono destinatari del beneficio fiscale in questione i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extraeuropeo con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, che:
- a) sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa all’estero negli ultimi 24 mesi o più,
oppure
- b) hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
Inoltre, per l’accesso al regime speciale per i lavoratori impatriati, la norma presuppone che il soggetto non sia stato residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio.
Al riguardo, si fa presente nel documento di prassi, l’art. 16 del decreto 147 non stabilisce esplicitamente, per i soggetti indicati al comma 2, un periodo minimo di residenza estera, come è invece previsto per quelli indicati al comma 1 del medesimo articolo, ovvero la permanenza all’estero per i cinque periodi di imposta precedenti al trasferimento in Italia.
Considerato, tuttavia, che il citato comma 2 prevede un periodo minimo di lavoro all’estero di due anni, l’Agenzia ritiene che per tali soggetti la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisca il periodo minimo sufficiente a osservare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, quindi, l’accesso al regime agevolato.
Viene poi ricordato che in base all’art. 2 del TUIR sono residenti in Italia le persone fisiche che, per almeno 183 giorni – o 184 in caso di anno bisestile – sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Le due condizioni appena esposte sono alternative fra loro, per cui l’esistenza anche di una sola di queste è sufficiente a far ritenere che un cittadino sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
Quali condizioni per l’agevolazione
Per fruire del beneficio fiscale previsto dal citato art. 16, comma 2, il cittadino, per i due periodi di imposta precedenti a quello in cui si rende applicabile l’agevolazione, non deve essere stato iscritto nelle liste anagrafiche della popolazione residente e non deve avere avuto nel territorio dello Stato il centro principale dei propri affari e interessi, né la dimora abituale.
Nel caso illustrato, sulla base di quanto dichiarato dall’interpellante in merito all’attività svolta all’estero per un periodo superiore a 24 mesi, al possesso del titolo di laurea e al fatto che negli anni 2016 e 2017 non sia stato fiscalmente residente in Italia ai sensi dell’art. 2 del TUIR, lo stesso “risulta integrare i requisiti richiesti dal comma 2 dell’art. 16 del D.lgs. n. 147 del 2015”.
In presenza di tali condizioni, dunque, può chiedere al proprio datore di lavoro l’applicazione del regime speciale previsto dall’art. 16 del D.lgs. 147/2015 per i lavoratori impatriati, secondo quanto specificato nella circolare 17/E del 2017, a partire dal 2018 e per i quattro periodi d’imposta successivi.