FISCALITA IVA

Regime forfetario, emissione di fatture senza IVA né ritenuta d’acconto

Un contribuente, ritenendo erroneamente di avere i requisiti per beneficiare del regime forfetario destinato agli operatori economici di ridotte dimensioni, ha emesso quattro fatture, pagate dalla società committente, senza addebitare l’IVA e senza esporre la ritenuta d’acconto.

Dopo essersi accorto dell’errore ha emesso e trasmesso alla società alcune note di variazione in diminuzione elettroniche a storno delle fatture e anche le nuove fatture elettroniche, in sostituzione delle precedenti, tutte rifiutate dalla committente.

Chiede quindi delucidazioni sulla possibilità di compensare, nella prossima dichiarazione dei redditi, il proprio credito per ritenute d’acconto non versate dal sostituto d’imposta.

Come rettificare l’errore per l’IVA

L’Agenzia delle entrate ricorda che possono accedere al regime forfetario (art. 1, commi da 54 a 89, legge 190/2014) sia i contribuenti che iniziano una nuova attività di impresa, arte o professione e presumono di conseguire ricavi o compensi non superiori a 65.000 euro, sia coloro che già sono in attività e nell’anno precedente all’applicazione di tale regime hanno conseguito ricavi o compensi entro la soglia indicata.

Chi applica il regime forfetario fruisce di una serie di semplificazioni contabili, tra le quali la possibilità di non esercitare la rivalsa ai fini IVA e di non essere soggetti alla ritenuta d’acconto. L’errore commesso dal contribuente può essere rettificato in uno dei seguenti modi:

a) emettendo – art. 26, comma 1, DPR 633/1972 – e trasmettendo al committente note di variazione in aumento, a integrazione delle fatture originarie, addebitando a titolo di rivalsa l’IVA da versare ed esponendo la ritenuta d’acconto;

b) emettendo – art. 26, comma 2, DPR 633 – e trasmettendo al committente note di variazione in diminuzione a storno delle fatture originarie ed emettendo nuove fatture, sostitutive delle precedenti, addebitando a titolo di rivalsa l’IVA da versare ed esponendo la ritenuta d’acconto.

Da quanto esposto nell’istanza sembra sia stata correttamente adottata la seconda soluzione, per cui il rifiuto della società non trova giustificazioni nella normativa tributaria.

La ritenuta d’acconto

Rispetto alla ritenuta d’acconto, l’art. 64, primo comma, del DPR 600/1973 impone l’onere del versamento a carico del sostituto d’imposta. Al riguardo le sezioni unite della Corte di cassazione, con sentenza n. 10378 del 2019, hanno chiarito che nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme per le quali ha però operato le ritenute d’acconto, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, poiché la responsabilità solidale (prevista dall’art. 35, DPR 602/1973) “è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute”.

Si deve quindi ritenere – sostiene l’Agenzia nella risposta n. 499/2019 – che in presenza di omesso versamento della ritenuta da parte del sostituto d’imposta, la responsabilità solidale del sostituito vada esclusa se è documentato che quest’ultimo l’ha effettivamente subita; come chiarito nella risoluzione 68/E del 2009, infatti, anche in assenza della certificazione rilasciata dal sostituto, il sostituito può defalcare dall’IRPEF le ritenute subite sui redditi di lavoro autonomo o d’impresa, a condizione che sia in grado di documentarne l’effettivo assoggettamento a ritenuta.

Questo sarebbe stato il percorso, se la committente avesse accettato la fattura sostitutiva, operando quindi la ritenuta senza poi pagarla al fisco: sarebbe stata tenuta a risponderne in quanto responsabile e il contribuente avrebbe avuto il diritto di detrarre in dichiarazione l’importo pari alle ritenute. Nel caso in questione, tuttavia, la società committente ha regolarmente pagato una fattura che non prevedeva la ritenuta e quindi non l’ha trattenuta, visto che ha rifiutato sia le note di variazione in diminuzione emesse a storno delle fatture originarie, sia le nuove fatture su cui è stata esposta la ritenuta d’acconto: ne consegue che l’istante, non avendo subito le ritenute d’acconto, non può vantare alcun credito ai fini IRPEF da indicare in dichiarazione.

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