FISCALITA LAVORO LEGGE

Regime forfetario e partecipazione in società di persone fallita

Il regime forfetario, introdotto dalla legge 190/2014, è rivolto ai contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni in possesso di determinati requisiti. Non possono avvalersi del regime forfetario gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano,

contemporaneamente all’esercizio della propria attività, a società di persone, associazioni o a imprese familiari o che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, “che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni” (art. 1, comma 57, lettera d).

La causa ostativa

Un contribuente, titolare dal 2020 di una partita IVA e di un’attività in regime di contabilità semplificata, dichiara di essere anche in possesso di una quota di partecipazione del 15% come socio accomandatario di una società in accomandita semplice, dichiarata fallita dal Tribunale territorialmente competente nel 2022.

La richiesta di chiarimento, oggetto della risposta all’interpello n. 422 del 12 agosto 2022, è in merito all’interpretazione della causa ostativa prevista dalla citata legge 190 alla lettera d) del comma 57: nello specifico chiede, nel presupposto che nell’anno in corso non superi la soglia di 65.000 euro di ricavi, se può aderire al regime forfettario a partire dal 2023.

Gli effetti del fallimento

Con riferimento alla prima parte della causa ostativa in questione, la circolare 9/E del 2019 ha precisato che:

– costituisce causa ostativa l’esercizio di società di fatto che svolgono un’attività commerciale in quanto equiparate alle società in nome collettivo e il possesso di partecipazioni a titolo di nuda proprietà;

– non costituisce causa ostativa la partecipazione in società semplici, tranne nei casi in cui le stesse producano redditi di lavoro autonomo o, in fatto, d’impresa.

Riguardo al caso presentato, l’Agenzia delle entrate sottolinea che l’apertura del fallimento comporta che il soggetto fallito venga privato dell’amministrazione e della disponibilità dei beni esistenti alla data di apertura della procedura e di quelli che pervengono durante la stessa: infatti, con l’apertura della procedura, subentra la figura del curatore, che è l’organo del fallimento a cui è affidato il compito di gestire la procedura e di amministrare il patrimonio del soggetto fallito per liquidarlo e dare soddisfazione ai creditori ammessi al passivo mediante il pagamento dei loro crediti.

Con la dichiarazione di fallimento l’attività d’impresa cessa e i beni aziendali sono destinati a essere liquidati per soddisfare i creditori: tuttavia, è possibile una continuazione, pur se provvisoria, dell’attività d’impresa quando sia funzionale a una migliore liquidazione del complesso aziendale (art. 104, R.D. 267/1942). Tale continuazione è possibile contestualmente alla dichiarazione di fallimento, se l’interruzione può causare un danno grave, o in una fase successiva, su iniziativa del comitato dei creditori che si sia espresso favorevolmente.

Ma la procedura concorsuale potrebbe anche chiudersi per integrale pagamento dei creditori, nel qual caso il soggetto fallito riassume nel suo patrimonio i beni del residuo attivo e, se decide di cessare l’attività con una ripartizione del residuo attivo, questo sarà oggetto di tassazione in capo ai soci.

Non è precluso l’accesso al regime agevolato

A seguito di quanto sopra esposto, l’Agenzia sostiene che la dichiarazione di fallimento di una società di persone non vale a escludere la possibile percezione di un reddito di partecipazione in capo al socio, essendo possibile, nel corso della procedura, l’esercizio provvisorio dell’impresa o, dopo la chiusura del fallimento per soddisfacimento integrale dei creditori, a seguito di cessazione dell’attività con conseguente ripartizione del residuo attivo.

Nella problematica prospettata, pertanto, si può ritenere esclusa la causa ostativa che preclude al socio l’accesso al regime forfettario.

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