CASSAZIONE

Regime fiscale Pex: conta l’attività effettivamente svolta da almeno tre anni

IRES – Contenzioso – PEX – Regime agevolativo – Plusvalenze esenti – Impresa in start up – Cessioni di partecipazioni – Attività effettivamente esercitata – Articolo 87 del TUIR – Requisito della commerciabilità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 38066 del 2 dicembre 2021 è intervenuta per chiarire alcuni punti rilevanti sull’esercizio dell’impresa commerciale da parte della partecipata, al fine di determinare i criteri applicativi della disciplina participation exemption (Pex) di una impresa in start up, stabilendo che per ogni impresa commerciale richiedente l’agevolazione devono essere verificate non solo le indicazioni contenute nell’oggetto sociale, ma appurata anche l’attività effettivamente esercitata negli ultimi tre anni.

In altre parole, e proprio in relazione a tali questioni, la Corte di Cassazione stabilisce che ai fini dell’applicazione del regime Pex non rileva il solo contenuto dell’oggetto sociale della società partecipata, ma occorre considerarne l’attività effettivamente svolta. In proposito, in presenza di società in fase di start up bisogna anche riscontrare se la stessa, dopo lo svolgimento delle operazioni preliminari, abbia realmente avviato l’attività commerciale. Il beneficio dell’esenzione da imposta delle plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni è concesso purché la società partecipata svolga effettivamente e in concreto attività commerciale.

In definitiva, la Suprema Corte fissa l’attenzione su due soli punti, entrambi necessari, che sinteticamente possiamo così definire: l’attività effettivamente svolta dall’impresa e, in caso di pregressa fase di start up, la verifica dell’effettivo avvio delle attività commerciali. Perché, ossia, si possa considerare sussistente il requisito della commercialità è necessario che l’impresa sia dotata di una struttura – frutto di un’attività di organizzazione e predisposizione delle risorse necessarie – idonea all’avvio del processo produttivo in tempi ragionevoli in relazione all’oggetto dell’attività.

Al riguardo può risultare quindi utile proporre le indicazioni già affermate nella sentenza n. 12138/2019, nella quale gli Ermellini affermano che “… Non risulta integrato il requisito dell’esercizio triennale di attività commerciale nel caso in cui la conferitaria abbia esercitato l’attività commerciale solo per tre mesi, mentre la conferente non ha mai svolto tale attività, in quanto semplice proprietaria di immobili affittati a terzi, quindi nella posizione di ‘income passive’, quale beneficiaria del pagamento dei canoni di affitto di azienda. All’operazione di conferimento si applica l’art. 176, comma 4, TUIR e, di conseguenza, nell’ipotesi in cui la conferitaria abbia esercitato attività commerciale per un periodo inferiore a tre anni, il requisito del triennio dev’essere considerato anche in capo alla conferente”.

Quindi, è possibile schematizzare che se un’azienda è da poco costituita e ha terminato la fase di start up avviando l’esercizio dell’impresa commerciale, potrà conteggiare nel triennio anche il periodo di avviamento. Mentre, invece, quando un’impresa è ancora in fase di start up, anche se istituita da molti anni, ma non ha ancora effettivamente avviato le attività commerciali, non soddisferà il requisito richiesto. Come anche precisato dall’Amministrazione finanziaria con circolare n. 7/E del 2013, il presupposto della commercialità può considerarsi sussistente già nella fase di start up sempreché la società partecipata, dopo aver ultimato le fasi preparatorie ed essersi così dotata di un apparato organizzativo autonomo, inizi successivamente a svolgere l’attività per la quale è costituita. Difatti, anche se il periodo di start up di per sé non è idoneo a configurare l’esercizio di attività commerciale, assume una connotazione commerciale ai fini della participation exemption laddove venga seguito dallo svolgimento dell’attività d’impresa.

Ricordiamo in proposito che proprio la cosiddetta “riforma Tremonti” del 2003 introdusse, con il D.lgs. 344/2003, una previsione importante per le imprese relativamente al trattamento fiscale delle plusvalenze e delle minusvalenze da partecipazioni cosiddette “strategiche”: si tratta della cosiddetta participation exemption, ossia del regime delle plusvalenze esenti di cui all’art. 87 del DPR 917/1986, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). L’istituto della Pex è quindi disciplinato dall’art. 87 del TUIR (poi illustrato dalla circolare 36/E 2004) e stabilisce un’esenzione delle partecipazioni cedute nella misura del 95% per le società di capitali.

La PEX prevede che le plusvalenze realizzate nel relativo regime non rientrino tra i ricavi soggetti a tassazione IRES o, per meglio dire, concorrano in percentuale minima al reddito imponibile dell’impresa. Il regime in questione si applica ai soggetti di cui all’art. 73 del TUIR, in particolare alle società di capitali, alle società cooperative, alle società di mutua assicurazione, in nome collettivo e in accomandita semplice (comprese le società di fatto che abbiano per oggetto l’esercizio di attività commerciali), alle società di armamento, agli enti pubblici e privati diversi dalle società, relativamente all’attività di impresa commerciale da essi esercitata, inclusi i consorzi e le associazioni non riconosciute. Sono quindi escluse le società semplici, gli enti ad esse equiparati, gli investitori istituzionali e le persone fisiche. In pratica, le plusvalenze generate in regime Pex concorrono alla formazione del reddito imponibile del soggetto IRES solo nella misura del 5%, con un taglio dell’imponibile fiscale sulla plusvalenza di ben il 95%.

Va specificato che norme specifiche hanno modificato l’art. 109 del TUIR per neutralizzare il pericolo del cosiddetto dividend washing, che permetteva un sostanziale arbitraggio fiscale sui dividendi collegato alla possibilità di impiego delle minusvalenze. Le minusvalenze generate da azioni in regime Pex non rilevano ai fini IRES anche nel caso di chiusura della società partecipata, cioè quando le sue quote sono eliminate dall’attivo del bilancio della partecipante con la cancellazione della società dal registro delle imprese (si veda anche art. 101 del TUIR).

Infatti, il citato art. 87 disciplina l’istituto delle plusvalenze esenti, prevedendo la parziale irrilevanza fiscale di quelle relative alle cessioni di partecipazioni che presentano determinati requisiti, indipendentemente dalla presenza di uno specifico rapporto di controllo o di collegamento della partecipata. La ratio dell’istituto è quella di evitare la duplicazione della tassazione del reddito societario in capo alla società e in capo al partecipante, laddove le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni societarie emergono, in sostanza, al momento della produzione degli utili. La norma, evidentemente, si prefigge di favorire la diffusione delle aziende commerciali funzionanti, dove nello stesso art. 87 è previsto, ai fini della qualificazione della partecipazione come parzialmente esente, che l’impresa commerciale sia svolta per un periodo almeno triennale antecedente la cessione.

Tanto premesso e rivolgendo l’attenzione al dibattimento odierno, la vertenza nasce con la presentazione di un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate recuperava la plusvalenza conseguita dalla società contribuente a seguito della cessione di quote societarie detenute in una Srl, ritenendo inapplicabile il regime fiscale Pex. La contribuente si rivolgeva alla giustizia tributaria, che in entrambi i giudizi accoglieva l’impugnazione promossa dalla parte ricorrente. L’Agenzia proponeva quindi appello in Cassazione, sulla base di un unico motivo in cui sosteneva che la CTR aveva errato nel riconoscere il requisito della commerciabilità, ai fini fiscali, sulla base dell’elemento formale dell’oggetto sociale senza tener conto se, al momento della cessione delle partecipazioni sociali, la società partecipata aveva effettivamente iniziato a operare o, come sostenuto dall’ufficio, la stessa non aveva ancora ultimato la fase preparatoria ed era, quindi, in fase di start up.

I Supremi Giudici hanno riconosciuto valide le ragioni presentate dall’Avvocatura erariale e hanno di conseguenza stabilito che “… L’art. 87 comma 1 Tuir prevede che “non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti nella misura del 95% le plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell’articolo 86, commi 1, 2 e 3 relativamente ad azioni o quote di partecipazioni in società ed enti indicati nell’articolo 5, escluse le società semplici e gli enti alle stesse equiparate, e nell’articolo 73, comprese quelle non rappresentate da titoli, con i seguenti requisiti: d) esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’articolo 55. Senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività dell’impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell’esercizio di impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la società partecipata svolge attività agricola>>.  Deve, poi, tenersi conto che la natura commerciale dell’attività deve avere durata triennale (art. 87 Tuir, comma 2, «i requisiti di cui al comma 1, lett. c) e d) devono sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso>>).  L’ art. 55 Tuir, a sua volta stabilisce: << sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’articolo 2195 del codice civile, e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’articolo 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma di impresa… sono inoltre considerati redditi di impresa: … c) i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 32…>>. Lo scopo dell’istituto è quella di favorire la circolazione, sotto forma di partecipazioni, di complessi patrimoniali che abbiano natura di vere e proprie aziende funzionali all’esercizio di attività di impresa e di disincentivare la costituzione di società – contenitore, da utilizzare per trasferire singoli cespiti immobiliari plusvalenti, sfruttando l’esenzione prevista per le plusvalenze relative alle partecipazioni. In consonanza con tali finalità, l’esercizio dell’impresa commerciale deve essere verificato, non solo in base alle indicazioni dell’oggetto sociale, ma anche con riferimento all’attività effettivamente esercitata, o potenzialmente esercitabile, idonea a soddisfare la domanda di mercato in tempi tecnici ragionevolmente previsti in base allo specifico settore economico di appartenenza (vedi sul punto i criteri interpretativi indicati nella circolare n.7/E del 29/3/2013 richiamati da Cass. Sez. III Penale 41686/2014 che ha affermato la natura dell’impresa commerciale non può essere desunta da una certificazione camerale, dovendosi affrontare il problema della commercialità attraverso un criterio sostanziale, finalizzato ad accertare l’esistenza di una struttura operativa idonea, anche potenzialmente, alla produzione e/o commercializzazione di beni o di servizi). Tale nozione di commerciabilità, presupposto per usufruire del regime agevolativo della c.d. participation exemption, ha trovato conferma anche nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass 12138/2019, richiamata da Cass. 26532/2020) «pertanto, la ratio del legislatore è quella di concedere il beneficio dell’esenzione da imposta delle plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni purché la società partecipata svolga effettivamente ed in concreto attività commerciale, seppure nella nozione allargata di cui all’art. 55 Tuir, ma comunque, non una attività limitata alla gestione dei beni immobili, costituenti in misura prevalente il valore del patrimonio, concessi in locazione o in affitto di azienda», ed ancora con riferimento al rapporto tra attività commerciali e atti preparatori “ perché si possa considerare sussistente il requisito della commercialità è necessario che l’impresa sia dotata di una struttura – frutto di una attività di organizzazione e predisposizione delle risorse necessarie – idonea all’avvio del processo produttivo in tempi ragionevoli in relazione all’oggetto dell’attività d’impresa; come precisato nella circolare n.7/E del 29 marzo 2013 dalla stessa Amministrazione Finanziaria, occorre distinguere la fase di start up in senso proprio, quale insieme di attività meramente preparatorie all’esercizio dell’attività d’impresa, dall’attività commerciale;

secondo l’Amministrazione possono considerarsi atti tipici della fase di start up, a titolo esemplificativo, “tutte le attività dirette a costituire, definire e rendere operativa la struttura aziendale, comprese quelle relative agli studi preparatori, all’ottenimento di permessi, licenze e autorizzazioni, alle ricerche di mercato, all’addestramento iniziale del personale, all’acquisizione delle risorse finanziarie e tecniche necessarie ad avviare l’attività dell’impresa”; tale fase, che assume una diversa durata, complessità ed onerosità in relazione al settore economico di appartenenza ed al tipo di attività svolta, costituisce un fattore essenziale dell’attività commerciale ed, ancorché non idonea autonomamente a configurare l’esercizio di attività commerciale, è suscettibile di assumere una connotazione commerciale, ai fini pex, nell’ipotesi in cui venga seguita dallo svolgimento dell’attività d’impresa; in altri termini, secondo l’interpretazione contenuta nella circolare, il requisito della commercialità può considerarsi sussistente già nella fase di start up sempreché la società partecipata, dopo aver ultimato le fasi preparatorie ed essersi così dotata di un apparato organizzativo autonomo, inizi successivamente a svolgere l’attività per la quale è stata costituita» (cfr.Cass.32582/2019). Nella fattispecie il giudice di secondo grado hanno malgovernato i principi sopra enunciati in quanto , a fronte dell’avviso di accertamento, il cui estratto è stato riprodotto nel ricorso, che forniva specifici elementi, tratti dal bilancio e dalla nota integrativa, dai quali si evinceva che l’attività imprenditoriale non era ancora iniziata al momento della cessione delle quote, hanno ritenuto irrilevante la condizione dell’impresa in start up riconoscendo la natura commerciale, ai fini dell’applicazione del regime fiscale pex, il mero riscontro dell’oggetto sociale . Il ricorso va, quindi, accolto con cassazione della sentenza e rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione che si atterrà ai principi sopra esposti e provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 2 dicembre 2021, n. 38066

sul ricorso 4851-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. 06363391001), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro C. M. DI SAN FELICE SUL PANARO, SOC. COOP. A RESPONSABILITÀ LIMITATA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA SACCHETTI 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMILIANO LEONETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2480/12/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 26/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.

RILEVATO CHE

1. La C. M. di S. F. sul P. s.c. a r.l. impugnava l’avviso di accertamento, notificato in data 23/12/2013, con il quale l’Agenzia delle Entrate recuperava la plusvalenza, ai fini Ires per l’anno di imposta 2008, pari al 95%, conseguita dalla società derivante dalla cessione delle quote societarie detenute nella società Immobiliare La Vecchia Cantina di Formigine srl (già Centurius srl) ritenendo inapplicabile il regime fiscale Participation Exemption (PEX).

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Modena accoglieva il ricorso.

3. Sull’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna rigettava l’appello osservando che la nozione di start up non ha fondamento giuridico ma solo economico sicchè la «commercialità» si acquista con la costituzione e non in un momento successivo essendo irrilevante la circostanza che la compagine sociale non disponga di dipendenti perché al momento della cessione delle quote era ancora in atto l’attività prodromica a quella di impresa.

4. Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di un unico motivo.

La contribuente si è costituita depositando controricorso.

5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

CONSIDERATO CHE

1. Con l’unico motivo l’Agenzia denuncia la violazione dell’art 87 comma 1° lett. d) e 2 del dPR 917/86, in relazione all’art 360 , comma 1 nr 3 cpc, si sostiene che la CTR ha errato nel riconoscere il requisito della commerciabilità, ai fini fiscali, sulla base dell’elemento formale dell’oggetto sociale senza tener conto se, al momento della cessione delle partecipazioni sociali, la società partecipata aveva effettivamente iniziato ad operare o, come sostenuto dall’Ufficio, la stessa non aveva ancora ultimato la fase preparatoria ed era, quindi, in fase di “ start up”.

2. Il motivo è fondato.

2.1 L’art. 87 comma 1 Tuir prevede che “non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti nella misura del 95% le plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell’articolo 86, commi 1, 2 e 3 relativamente ad azioni o quote di partecipazioni in società ed enti indicati nell’articolo 5, escluse le società semplici e gli enti alle stesse equiparate, e nell’articolo 73, comprese quelle non rappresentate da titoli, con i seguenti requisiti: d) esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’articolo 55. Senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività dell’impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell’esercizio di impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la società partecipata svolge attività agricola>>.

2.2 Deve, poi, tenersi conto che la natura commerciale dell’attività deve avere durata triennale (art. 87 Tuir, comma 2, «i requisiti di cui al comma 1, lett. c) e d) devono sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso>>).

2.3 L’art. 55 Tuir, a sua volta stabilisce: <<sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’articolo 2195 del codice civile, e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’articolo 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma di impresa… sono inoltre considerati redditi di impresa: … c) i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 32…>>. Lo scopo dell’istituto è quella di favorire la circolazione, sotto forma di partecipazioni, di complessi patrimoniali che abbiano natura di vere e proprie aziende funzionali all’esercizio di attività di impresa e di disincentivare la costituzione di società – contenitore, da utilizzare per trasferire singoli cespiti immobiliari plusvalenti, sfruttando l’esenzione prevista per le plusvalenze relative alle partecipazioni.

2.4 In consonanza con tali finalità, l’esercizio dell’impresa commerciale deve essere verificato, non solo in base alle indicazioni dell’oggetto sociale, ma anche con riferimento all’attività effettivamente esercitata, o potenzialmente esercitabile, idonea a soddisfare la domanda di mercato in tempi tecnici ragionevolmente previsti in base allo specifico settore economico di appartenenza (vedi sul punto i criteri interpretativi indicati nella circolare n.7/E del 29/3/2013 richiamati da Cass. Sez. III Penale 41686/2014 che ha affermato la natura dell’impresa commerciale non può essere desunta da una certificazione camerale, dovendosi affrontare il problema della commercialità attraverso un criterio sostanziale, finalizzato ad accertare l’esistenza di una struttura operativa idonea, anche potenzialmente, alla produzione e/o commercializzazione di beni o di servizi).

2.5 Tale nozione di commerciabilità, presupposto per usufruire del regime agevolativo della c.d. participation exemption, ha trovato conferma anche nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass 12138/2019, richiamata da Cass. 26532/2020) «pertanto, la ratio del legislatore è quella di concedere il beneficio dell’esenzione da imposta delle plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni purchè la società partecipata svolga effettivamente ed in concreto attività commerciale, seppure nella nozione allargata di cui all’art. 55 Tuir, ma comunque, non una attività limitata alla gestione dei beni immobili, costituenti in misura prevalente il valore del patrimonio, concessi in locazione o in affitto di azienda», ed ancora con riferimento al rapporto tra attività commerciali e atti preparatori << perché si possa considerare sussistente il requisito della commercialità è necessario che l’impresa sia dotata di una struttura – frutto di una attività di organizzazione e predisposizione delle risorse necessarie – idonea all’avvio del processo produttivo in tempi ragionevoli in relazione all’oggetto dell’attività d’impresa; come precisato nella circolare n.7/E del 29 marzo 2013 dalla stessa Amministrazione Finanziaria, occorre distinguere la fase di start up in senso proprio, quale insieme di attività meramente preparatorie all’esercizio dell’attività d’impresa, dall’attività commerciale;

secondo l’Amministrazione possono considerarsi atti tipici della fase di start up, a titolo esemplificativo, “tutte le attività dirette a costituire, definire e rendere operativa la struttura aziendale, comprese quelle relative agli studi preparatori, all’ottenimento di permessi, licenze e autorizzazioni, alle ricerche di mercato, all’addestramento iniziale del personale, all’acquisizione delle risorse finanziarie e tecniche necessarie ad avviare l’attività dell’impresa”; tale fase, che assume una diversa durata, complessità ed onerosità in relazione al settore economico di appartenenza ed al tipo di attività svolta, costituisce un fattore essenziale dell’attività commerciale ed, ancorché non idonea autonomamente a configurare l’esercizio di attività commerciale, è suscettibile di assumere una connotazione commerciale, ai fini pex, nell’ipotesi in cui venga seguita dallo svolgimento dell’attività d’impresa; in altri termini, secondo l’interpretazione contenuta nella circolare, il requisito della commercialità può considerarsi sussistente già nella fase di start up sempreché la società partecipata, dopo aver ultimato le fasi preparatorie ed essersi così dotata di un apparato organizzativo autonomo, inizi successivamente a svolgere l’attività per la quale è stata costituita» cfr.(Cass.32582/2019).

2.6 Nella fattispecie il giudice di secondo grado hanno malgovernato i principi sopra enunciati in quanto , a fronte dell’avviso di accertamento, il cui estratto è stato riprodotto nel ricorso, che forniva specifici elementi, tratti dal bilancio e dalla nota integrativa, dai quali si evinceva che l’attività imprenditoriale non era ancora iniziata al momento della cessione delle quote, hanno ritenuto irrilevante la condizione dell’impresa in start up riconoscendo la natura commerciale, ai fini dell’applicazione del regime fiscale pex, il mero riscontro dell’oggetto sociale .

3. Il ricorso va, quindi, accolto con cassazione della sentenza e rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione che si atterrà ai principi sopra esposti e provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente procedimento. Così deciso, in Roma, nella Camera di Consiglio del 19 ottobre 2021.

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