CASSAZIONE

Redditometro: come si calcola la franchigia

Tributi – IRPEF – Redditometro  – Contenzioso tributario – Procedimento –  Prova documentale contraria ammessa per il contribuente – Art. 38, sesto c., d.P.R. 29 n. 600/1973 – Vizio di omessa pronuncia

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10662 del 22 aprile 2021, occupandosi di redditometro ha determinato che la cd. franchigia pari al 25% (ridotta al 20% dai redditi del 2009) va calcolata prendendo a base il reddito sinteticamente accertabile e in diminuzione sullo stesso, e non già in aumento sul reddito dichiarato. Inoltre, la Corte ha riconosciuto valide le ragioni della parte contribuente, che le aveva esposte in un separato ricorso lamentando l’omesso esame di fatti che, qualora fossero stati debitamente valutati dalla CTR, avrebbero determinato un esito diverso del giudizio, rendendo congruo il reddito dichiarato per il 2007.

Ricordiamo che con il metodo sintetico il reddito del contribuente viene stabilito, prescindendo dall’individuazione della fonte produttiva, sulla base della valenza induttiva di elementi e circostanze di fatto certi, che segnalano l’esistenza di redditi occultati. Tale metodologia di determinazione del reddito si fonda sul presupposto logico secondo cui il sostenimento di una spesa, sia essa dovuta all’utilizzo o al mantenimento di beni o servizi ovvero a investimenti patrimoniali, costituisce indice presuntivo, fino a prova contraria, dell’esistenza di un reddito idoneo a consentire la medesima.

L’accertamento sintetico, disciplinato dai commi 4 e seguenti dell’articolo 38 del DPR n. 600/1973, può assumere due forme: accertamento sintetico “puro” e redditometro (c.d. tassazione in base a indici di capacità contributiva).  Il redditometro ha la particolarità di fondarsi sulla sussistenza di elementi e circostanze di fatto certi, che fanno presumere una capacità di spesa correlata a esborsi di denaro ed a spese di gestione da confrontare con il reddito imponibile dichiarato. Quando esiste uno scostamento significativo (superiore al quarto rispetto al reddito dichiarato in almeno due anni), è possibile utilizzare lo strumento di accertamento in questione.

In tal modo la determinazione sintetica del reddito non individua precise fonti di guadagno, ma mira a rettificare il reddito complessivo sulla base di una capacità di spesa manifestata dal soggetto attraverso la disponibilità di beni e/o servizi che costituiscono indicatori di capacità contributiva. I beni/servizi si considerano nella disponibilità della persona fisica che, a qualsiasi titolo o anche di fatto, utilizza o fa utilizzare i beni o riceve o fa ricevere i servizi ovvero sopporta in tutto o in parte i relativi costi.

Uno dei maggiori vulnus nelle disposizioni in materia di accertamento sintetico del reddito consisteva nella formulazione del giusto calcolo della franchigia del 25%, fino ai redditi del 2008, e del 20% a partire dal 2009: è stato infatti complicato capire se lo scostamento del 25% o del 20% si calcolava prendendo come base di riferimento l’importo sintetico o il reddito dichiarato.

Al riguardo esistevano programmi che applicavano la norma secondo le corrette indicazioni del 1993, con il 25% a titolo di franchigia sul reddito sinteticamente attribuibile e perciò, se il reddito sintetico è 200.000 euro, lo scostamento del 25% è pari a 50.000 euro, che costituisce la franchigia; la soglia di reddito al di sotto della quale può essere applicato il redditometro è quindi pari a 150.000 euro. A partire dai redditi del 2009, la franchigia è stata ridotta da un quarto a un quinto, ma occorre sempre calcolarlo prendendo a base il reddito sinteticamente accertabile insomma, la differenza del 20% si calcola prendendo a base il reddito sinteticamente accertabile e non il reddito dichiarato.

In base alle disposizioni in materia di accertamento sintetico del reddito, nel testo applicabile al caso in esame (anni 2006 e 2007) l’ufficio poteva, in base a elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discostava per almeno un quarto da quello dichiarato. A tal fine, con decreto del Ministro delle finanze, sono stabilite le modalità in base alle quali l’ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione a elementi indicativi di capacità contributiva, individuati con lo stesso decreto, quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi d’imposta. Il contribuente ha facoltà di dimostrare che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta e l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione.

Tanto premesso e tornando al caso in dibattimento, l’Agenzia delle entrate, non avendo sortito esito l’esperito accertamento con adesione, notificava al contribuente due avvisi di accertamento rispettivamente agli anni 2006 e 2007, con i quali rettificava con metodo sintetico ai fini IRPEF e relative addizionali i redditi dichiarati in dette annualità. Avverso detta sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi alla Commissione tributaria regionale, che con sentenza n. 165/4/13 accoglieva parzialmente l’appello del contribuente rideterminando il reddito imponibile per l’anno 2006, accertato. L’avviso di accertamento relativo all’anno 2007 era a sua volta oggetto di separato ricorso dinanzi alla CTP di Cosenza, che ugualmente respingeva l’impugnazione proposta dal contribuente. Quest’ultimo impugnava, quindi, la sentenza sfavorevole con appello dinanzi alla CTR della Calabria, che con sentenza n. 1092/3/14 confermava la decisione appellata.

Entrambe le pronunce rese dalla CTR erano state oggetto di separati ricorsi per cassazione da parte del contribuente, ciascuno affidato a due motivi, in cui essenzialmente veniva eccepita sia l’errata determinazione della franchigia, sia l’illegittimo utilizzo dei dati concernenti un investimento effettuato l’anno successivo a quelli oggetto di accertamento e, infine l’assenza del presupposto per l’applicazione dell’accertamento sintetico, in considerazione di taluni disinvestimenti idonei ad abbattere il reddito complessivo accertabile con metodo sintetico, non considerati dall’ufficio.

La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso del contribuente riformando la decisione dei giudici tributari affermando, tra l’altro, che: “… Dal contenuto della sentenza della CTR n. 165/4/13, ivi compresa la parte riferita alla narrazione dello svolgimento del processo, non è dato evincere in alcun modo che la CTR abbia esaminato i disinvestimenti per complessivi euro 28.552,00 riguardanti l’anno 2007, di cui euro 4710,00 provenienti da rimborso assicurativo ed euro 23.842,00 derivante da successione ereditaria in favore del coniuge dell’accertato, sig.ra L. M., che lo stesso Ufficio, come dedotto dal contribuente, in sede di accertamento con adesione, aveva mostrato, come da relativo verbale, pure allegato al ricorso per cassazione e del quale il ricorrente ha indicato tempo e luogo della relativa produzione nel giudizio di merito, di poter considerare a titolo di disponibilità idonea a giustificare le spese sostenute nel periodo esaminato dal 2005 al 2008, senza che poi di detta circostanza si fosse tenuto conto nell’avviso di accertamento poi notificato al contribuente.  La sentenza impugnata è dunque incorsa nel vizio denunciato per omesso esame di detti fatti che, qualora fossero stati debitamente valutati dalla CTR, avrebbero determinato un esito diverso del giudizio, rendendo congruo il reddito dichiarato per il 2007, ciò travolgendo pertanto la legittimità dell’accertamento sintetico per l’anno precedente, in difetto della durata almeno biennale dello scostamento nel limite di almeno un quarto tra reddito complessivo netto accertabile e reddito dichiarato, secondo il disposto del quarto comma dell’art. 38 del d.P.R. n. 600/1973 nella formulazione applicabile ratione temporis.  L’accoglimento del secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio n. RG 6637/2014 comporta l’assorbimento del primo, in relazione al quale, tuttavia, avuto riguardo al nuovo accertamento di fatto che il giudice di rinvio sarà tenuto a svolgere, va precisato che – come correttamente evidenziato dal ricorrente – la c.d. “franchigia” per l’annualità in contestazione pari al 25% (poi ridotta, dai redditi del 2009, al 20%), va calcolata prendendo a base il reddito sinteticamente accertabile (dunque in diminuzione sullo stesso) e non già (in aumento) sul reddito dichiarato.  Giova anche in proposito ribadire che «[i]n tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dall’art. 38, sesto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella versione vigente “ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta» (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 26 novembre 2014, n. 25104).   Quanto al giudizio n. RG 1162/2015, possono essere esaminati congiuntamente il primo e secondo motivo di ricorso, quest’ultimo limitatamente al vizio inerente la dedotta omessa pronuncia, che appaiono tra loro strettamente connessi.  Essi sono fondati.   Anche a voler escludere un contrasto insanabile tra dispositivo della sentenza, che conferma la sentenza impugnata e motivazione della stessa, oltre che intrinsecamente in seno alla stessa motivazione, che dopo l’esordio che testualmente recita: «L’appello merita accoglimento», afferma poi la legittimità dell’accertamento, la sentenza impugnata, ricorrendo a mere formule di stile, in quella che avrebbe dovuto essere la concisa esposizione del fatto processuale con l’indicazione della succinta esposizione dei motivi addotti dal contribuente a sostegno dell’impugnazione proposta dapprima avverso l’avviso di accertamento, del contenuto della sentenza di primo grado e quindi dei motivi di appello avverso detta ad esso sfavorevole, la totale omissione di detti elementi rende impossibile l’esatta individuazione del thema decidendum e, conseguentemente, il controllo sul se il giudice tributario di appello abbia pronunciato in conformità al principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e sia pervenuto alla decisione di confermare la sentenza resa dal giudice di prime cure effettivamente attraverso un esame critico dei motivi di appello che l’abbia condotto a ritenere infondato il gravame stesso, piuttosto che non a seguito di mera adesione acritica alla decisione della CTP (cfr., oltre a Cass. sez. 5, 12 marzo 2002, n. 3547 indicata dal ricorrente, più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 26 giugno 2017, n. 15884 e Cass. sez. 5, 5 ottobre 2018, n. 24452). L’accoglimento del primo e del secondo motivo, quest’ultimo in relazione al primo profilo del vizio di omessa pronuncia, comporta l’assorbimento del secondo motivo in relazione all’ulteriore profilo della dedotta violazione di legge.  Ciascuna delle sentenze impugnate va per l’effetto cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Calabria in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese dei giudizi di legittimità qui riuniti”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 22 aprile 2021, n. 10662

sul ricorso 6637-2014 proposto da:

P. D., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO DI TORRE ARGENTINA N. 11, presso lo studio dell’avvocato LORENZO LITTA, rappresentato e difeso dagli avvocati PIERLUIGI RONCAGLIA, ANGELO VOZZA, FRANCESCO ROSSI; LARA CASALE;

– ricorrente –

contro AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

sul ricorso 1162-2015 proposto da: P. D., elettivamente domiciliato in ROMA, L.GO DI TORRE ARGENTINA N. 11, presso lo studio dell’avvocato LORENZO LITTA, rappresentato e difeso dagli avvocati FRANCESCO ROSSI, ANGELO VOZZA, PIERLUIGI RONCAGLIA;

– ricorrente –

contro AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso le sentenze n. 165/2013 e 1092/2014 della COMM.TRIB.REG. della CALABRIA, depositate il 23/07/2013 e il 20/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/10/2020 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

Rilevato che

L’Agenzia delle Entrate — Direzione provinciale di Cosenza — non avendo sortito esito l’esperito accertamento con adesione, notificò al sig. D. P. due avvisi di accertamento rispettivamente per gli anni 2006 e 2007, con i quali rettificò con metodo sintetico ai fini IRPEF e relative addizionali i redditi dichiarati in dette annualità.

Al primo avviso di accertamento fece seguito l’emissione della relativa cartella di pagamento. Entrambi gli atti furono oggetto d’impugnazione da parte del contribuente.

La Commissione tributaria provinciale (CTP) di Cosenza, riuniti i ricorsi, li respinse.

Avverso detta sentenza propose appello il contribuente dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Calabria, che, con sentenza n. 165/4/13, depositata il 23 luglio 2013, non notificata, accolse parzialmente l’appello del contribuente rideterminando il reddito imponibile per l’anno 2006, accertato dall’Ufficio in euro 116.770,75, in euro 103.348,75. L’avviso di accertamento relativo all’anno 2007 fu a sua volta oggetto di separato ricorso dinanzi alla CTP di Cosenza, che ugualmente respinse l’impugnazione proposta dal contribuente. Quest’ultimo impugnò, quindi, la sentenza a sé sfavorevole, con appello dinanzi alla CTR della Calabria, che, con sentenza n. 1092/3/14, depositata il 20 maggio 2014, non notificata, confermò la sentenza appellata.

Entrambe le pronunce rese dalla CTR sono state oggetto di separati ricorsi per cassazione da parte del contribuente, ciascuno affidato a due motivi.

Nella causa recante il n. RG 6637/2014, riferita alla sentenza resa sull’accertamento per l’anno 2006, l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso, mentre nel giudizio relativo all’impugnazione della sentenza riferita all’accertamento per l’anno 2007, l’Amministrazione finanziaria ha dichiarato di costituirsi al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Considerato che

1. Preliminarmente va disposta la riunione dei giudizi, per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.

2. Nel primo giudizio, relativo al ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza della CTR della Calabria n. 165/4/13, con il primo motivo, articolato secondo un duplice ordine di censure, il contribuente lamenta violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 38, quarto e quinto comma, del d.P.R. n. 600/1973, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. In particolare il contribuente, in relazione al primo profilo, lamenta che la sentenza impugnata avrebbe omesso di pronunciare sulle seguenti contestazioni, riproposte dal contribuente come motivi di appello avverso la sentenza di primo grado a lui sfavorevole:

 a) errata determinazione della “franchigia” del 25%, atteso che il reddito su cui calcolare la “franchigia” non può che essere quello sinteticamente attribuibile in base ai beni ed ai servizi rilevanti per il redditometro;

b) illegittimo utilizzo dei dati concernenti un investimento effettuato nel 2008, che non aveva formato oggetto di accertamento;

c) mancata considerazione, quanto all’anno 2007, di taluni disinvestimenti, indicati in euro 23.842,00 relativamente alla successione ereditaria in favore del coniuge L. M. e in euro 4710,00 a titolo di rimborso assicurativo percepito, che lo stesso Ufficio, nel corso del procedimento di accertamento con adesione, /, il aveva mostrato di ritenere idonei ad abbattere il reddito complessivo accertabile con metodo sintetico, di modo che, se di tali elementi fattuali si fosse tenuto conto, avrebbe dovuto essere esclusa la mancanza di congruità del reddito dichiarato dal contribuente per l’anno 2007, venendo quindi meno il presupposto previsto dal succitato art. 38, quarto comma, del citato d.P.R. n. 600/1973, per il quale l’accertamento redditometrico è legittimo quando il reddito dichiarato non risulta congruo in relazione agli elementi indicativi di capacità contributiva individuati alla stregua della normativa secondaria (d.m. 10 settembre 1992, d.m. 21 settembre 1999 e successivi provvedimenti direttoriali) per due o più periodi d’imposta. Tale ultimo rilievo, secondo il ricorrente, comporta altresì che la pronuncia impugnata sia incorsa in ogni caso nella dedotta violazione dell’art. 38, quarto e quinto comma del d.P.R. n. 600/1973, che, nel disciplinare l’accertamento con metodo sintetico, ne consente, appunto, l’applicazione soltanto quando il reddito dichiarato non risulta congruo per due o più periodi d’imposta.

3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., relativo all’entità dei sopra descritti disinvestimenti afferenti all’anno 2007 che, ove debitamente esaminati, avrebbero determinato un esito diverso della controversia, non sussistendo per detta annualità lo scostamento di almeno un quarto tra il reddito complessivo netto accertabile e quello dichiarato, ciò travolgendo la stessa legittimità dell’accertamento sintetico anche in relazione al precedente anno d’imposta.

4. Relativamente al ricorso introduttivo del giudizio relativo all’accertamento riferito all’anno 2007, il contribuente con il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 4, cod. proc. civ.

Lamenta al riguardo il ricorrente che la sentenza della CTR n. 1092/3/14, risulta totalmente carente nell’esposizione dello svolgimento del processo, che, sebbene concisa, come richiesto dal citato art. 36 del d. Igs. n. 546/1992, deve porre in condizione di poter individuare il thema decidendum, in relazione a quelle che sono state le richieste delle parti e, con specifico riguardo alla sentenza resa in grado di appello – avuto riguardo al rinvio operato dall’art. 61 del suddetto decreto alle norme disciplinanti il primo grado di giudizio, in quanto non incompatibili con le norme della sezione relativa al giudizio di appello – alle critiche formulate avverso la sentenza di primo grado, al fine di poter verificare se la condivisione della pronuncia resa dal giudice di prime cure da parte della CTR sia stata frutto di esame e valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame.

5. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia dell’avviso di accertamento per illegittima applicazione del metodo sintetico, in mancanza del presupposto previsto dalla legge, nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 38, quarto e quinto comma del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., laddove richiede che lo scostamento tra reddito accertabile e reddito dichiarato nella misura di almeno un quarto debba sussistere per due o più periodi d’imposta.

6. Relativamente al primo giudizio, conviene esaminare prioritariamente il secondo motivo.

6.1. Esso è fondato.

Dal contenuto della sentenza della CTR n. 165/4/13, ivi compresa la parte riferita alla narrazione dello svolgimento del processo, non è dato evincere in alcun modo che la CTR abbia esaminato i disinvestimenti per complessivi euro 28.552,00 riguardanti l’anno 2007, di cui euro 4710,00 provenienti da rimborso assicurativo ed euro 23.842,00 derivante da successione ereditaria in favore del coniuge dell’accertato, sig.ra L. M., che lo stesso Ufficio, come dedotto dal contribuente, in sede di accertamento con adesione, aveva mostrato, come da relativo verbale, pure allegato al ricorso per cassazione e del quale il ricorrente ha indicato tempo e luogo della relativa produzione nel giudizio di merito, di poter considerare a titolo di disponibilità idonea a giustificare le spese sostenute nel periodo esaminato dal 2005 al 2008, senza che poi di detta circostanza si fosse tenuto conto nell’avviso di accertamento poi notificato al contribuente.

6.2. La sentenza impugnata è dunque incorsa nel vizio denunciato per omesso esame di detti fatti che, qualora fossero stati debitamente valutati dalla CTR, avrebbero determinato un esito diverso del giudizio, rendendo congruo il reddito dichiarato per il 2007, ciò travolgendo pertanto la legittimità dell’accertamento sintetico per l’anno precedente, in difetto della durata almeno biennale dello scostamento nel limite di almeno un quarto tra reddito complessivo netto accertabile e reddito dichiarato, secondo il disposto del quarto comma dell’art. 38 del d.P.R. n. 600/1973 nella formulazione applicabile ratione temporis.

6.3. L’accoglimento del secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio n. RG 6637/2014 comporta l’assorbimento del primo, in relazione al quale, tuttavia, avuto riguardo al nuovo accertamento di fatto che il giudice di rinvio sarà tenuto a svolgere, va precisato che – come correttamente evidenziato dal ricorrente – la c.d. “franchigia” per l’annualità in contestazione pari al 25% (poi ridotta, dai redditi del 2009, al 20%), va calcolata prendendo a base il reddito sinteticamente accertabile (dunque in diminuzione sullo stesso) e non già (in aumento) sul reddito dichiarato.

Giova anche in proposito ribadire che «[i]n tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dall’art. 38, sesto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella versione vigente “ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta» (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 26 novembre 2014, n. 25104).

7. Quanto al giudizio n. RG 1162/2015, possono essere esaminati congiuntamente il primo e secondo motivo di ricorso, quest’ultimo limitatamente al vizio inerente la dedotta omessa pronuncia, che appaiono tra loro strettamente connessi.

7.1. Essi sono fondati.

Anche a voler escludere un contrasto insanabile tra dispositivo della sentenza, che conferma la sentenza impugnata e motivazione della stessa, oltre che intrinsecamente in seno alla stessa motivazione, che dopo l’esordio che testualmente recita: «L’appello merita accoglimento», afferma poi la legittimità dell’accertamento, la sentenza impugnata, ricorrendo a mere formule di stile, in quella che avrebbe dovuto essere la concisa esposizione del fatto processuale con l’indicazione della succinta esposizione dei motivi addotti dal contribuente a sostegno dell’impugnazione proposta dapprima avverso l’avviso di accertamento, del contenuto della sentenza di primo grado e quindi dei motivi di appello avverso detta ad esso sfavorevole, la totale omissione di detti elementi rende impossibile l’esatta individuazione del thema decidendum e, conseguentemente, il controllo sul se il giudice tributario di appello abbia pronunciato in conformità al principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e sia pervenuto alla decisione di confermare la sentenza resa dal giudice di prime cure effettivamente attraverso un esame critico dei motivi di appello che l’abbia condotto a ritenere infondato il gravame stesso, piuttosto che non a seguito di mera adesione acritica alla decisione della CTP (cfr., oltre a Cass. sez. 5, 12 marzo 2002, n. 3547 indicata dal ricorrente, più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 26 giugno 2017, n. 15884 e Cass. sez. 5, 5 ottobre 2018, n. 24452).

8. L’accoglimento del primo e del secondo motivo, quest’ultimo in relazione al primo profilo del vizio di omessa pronuncia, comporta l’assorbimento del secondo motivo in relazione all’ulteriore profilo della dedotta violazione di legge.

9. Ciascuna delle sentenze impugnate va per l’effetto cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Calabria in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese dei giudizi di legittimità qui riuniti.

P.Q.M.

Riunito il giudizio n. 1162/2015 al giudizio n. RG 6637/2014, accoglie i ricorsi introduttivi dei giudizi riuniti nei termini di cui in motivazione. Cassa ciascuna sentenza impugnata in relazione ai motivi rispettivamente accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Calabria in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 ottobre 2020.

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