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Quando l’allegato Pec è illeggibile la notifica non è inesistente ma è nulla

Notifica atti giudiziariPec-Mittente – DestinatarioQualificazione del vizio della notificazione –     la Residualità dell’inesistenza della notificazione – Differenze – Mancanza materiale dell’atto – Dovere d’informazione del destinatario – Illeggibilità – Atto nullo – Violazione dell’art. 360, c. 1, n. 3, in relazione all’art. 436, c.p.c

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30083 del 30 ottobre 2023, intervenendo sulle anomalie della notifica degli atti giudiziari e tributari effettuata tramite Pec, ha  affermato il seguente principio di diritto: “… Nelle notificazioni a mezzo Pec, qualora il messaggio regolarmente pervenuto al destinatario indichi chiaramente gli estremi essenziali della notificazione (soggetto notificante, soggetto notificato, oggetto della notifica), qualsiasi anomalia che renda di fatto illeggibili gli allegati (atti notificati e relata di notifica) comporta la nullità, e non la inesistenza, della notificazione”.

Con riferimento alle irregolarità che rendono illeggibili, o parzialmente illeggibili, i file allegati al messaggio Pec di notificazione, la Corte, con la sentenza. n. 25819/2017 aveva già avuto modo di affermare che “… quanto alla pretesa illeggibilità degli allegati del messaggio pec, occorre osservare che la posta elettronica certificata è il sistema che, per espressa previsione di legge (D.P.R. 11 Febbraio 2005, n. 68) consente di inviare e-mail con valore legale equiparato ad una raccomandata con ricevuta di ritorno, presentando rispetto alla posta elettronica ordinaria caratteristiche aggiuntive tali da fornire agli utenti la certezza dell’invio e della consegna (o della mancata consegna) delle e-mail al destinatario. Tale sistema è stato creato proprio al fine di garantire, in caso di contenzioso, l’opponibilità a terzi del messaggio. I gestori certificano quindi con le proprie “ricevute” che il messaggio: a. è stato spedito; b. è stato consegnato; c. non è stato alterato. In ogni avviso inviato dai gestori è apposto anche un riferimento temporale che certifica data ed ora di ognuna delle operazioni descritte. I gestori inviano avvisi anche in caso di errore in una qualsiasi delle fasi del processo (accettazione, invio, consegna) in modo che non possano esserci dubbi sullo stato della spedizione di un messaggio. Di conseguenza, secondo la giurisprudenza, la semplice verifica dell’avvenuta accettazione dal sistema e della successiva consegna, ad una determinata data ed ora, del messaggio di posta elettronica certificato contenente l’allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica. L’eventuale mancata lettura dello stesso da parte del difensore per eventuale malfunzionamento del proprio computer andrebbe imputato a mancanza di diligenza del difensore che nell’adempimento del proprio mandato è tenuto a dotarsi dei necessari strumenti informatici e a controllarne l’efficienza (v. Cass. pen. Sez. 4, Sent., 18-01-2017, n. 2431 e conf. Cass. nn. 21560/2019; 4624/2020).

Comunque, va senz’altro ricordato l’importante traguardo interpretativo sulla materia oggi trattata, avvenuto con due sentenze gemelle, entrambe emesse dalle SS.UU., le nn. 14916 e 14917 del 20 luglio 2016, che ha dissipato ogni dubbio sulla distinzione tra nullità e inesistenza della notifica con le quali il Supremo Consesso ebbe modo di chiarire che il luogo in cui la notificazione viene eseguita non costituisce elemento costitutivo essenziale dell’atto. Ne consegue che i vizi relativi alla individuazione di detto luogo, anche qualora esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, non causano l’inesistenza della notifica ma ricadono sempre nell’ambito della nullità sanabile con efficacia ex tunc per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità, oppure in conseguenza della rinnovazione della notificazione effettuata spontaneamente dalla parte stessa o su ordine del giudice ai sensi dell’art. 291, c.p.c.

E’ invece configurabile l’inesistenza della notifica solo se vi è la totale mancanza materiale dell’atto e se viene posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a qualificare un atto come notificazione. Tali elementi costitutivi essenziali consistono: a) nell’attività di trasmissione, che deve essere eseguita da un soggetto al quale la legge conferisce la possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento in virtù dei quali la stessa debba comunque considerarsi ex lege eseguita, restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, sì da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta.

La presenza di detti requisiti strutturali va ritenuta idonea ai fini della riconoscibilità dell’atto come notificazione, sono cioè sufficienti a integrare la fattispecie legale minima della notificazione, rendendo qualificabile l’attività svolta come atto appartenente al tipo previsto dalla legge.

Di conseguenza viene quindi sottratta dall’inesistenza l’assenza di collegamento tra luogo della notifica e persona del destinatario, che ha costituito per quarant’anni, senza non pochi contrasti, la tradizionale individuazione del discrimine tra le due forme di invalidità della notifica, cioè la distinzione tra inesistenza e nullità: di non poco conto, avuto riguardo all’insanabilità della prima rispetto alla possibilità di sanatoria con efficacia ex tunc della seconda nel caso di costituzione del destinatario della notifica o di sua rinnovazione (v. Cass., SS.UU, n. 3947/1987; Cass. nn. 9147/2007, 3964/2008, 3338/2009 e 13477/2012).

Ciò posto, come confermato in altri arresti giurisprudenziali relativamente alle anomalie che rendono illeggibili o parzialmente illeggibili i file allegati al messaggio di notificazione a mezzo PEC, il destinatario ha il dovere di “… informare il mittente della difficoltà nella presa visione degli allegati trasmessi via pec, onde fornirgli la possibilità di rimediare a tale inconveniente” e, più nello specifico, anche le Sezioni Unite avevano più volte messo in guardia il giudice sulla necessità di considerare residuale la categoria dell’inesistenza della notificazione, che distingue la linea di confine tra l’atto (sia pure nullo) e il non atto ed è “configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell’atto” (v. Cass. S.U. n. 14916/2016). In sostanza, quindi, l’illeggibilità del file allegato alla Pec non rende inesistente la notifica, se per il resto l’invio risulti regolare.

Tornando al caso specifico, ciò che viene in rilievo invece è l’ipotesi della “… totale mancanza materiale dell’atto” perché gli allegati, pur menzionati nel messaggio di posta elettronica certificata, risultano inconsistenti, come desumibile dall’indicazione delle dimensioni pressoché nulle dei relativi documenti informatici. In un simile caso, quando cioè delle anomalie rendono illeggibili del tutto o parzialmente i file allegati al messaggio, il destinatario ha, come conferma la giurisprudenza della Suprema Corte, il dovere di informare il mittente della difficoltà nella presa visione degli allegati trasmessi via Pec, onde fornirgli la possibilità di rimediare a tale inconveniente.

E qui, continuano gli Ermellini, nella logica del discorso appare determinante il fatto che il messaggio Pec “… indicava in modo inequivocabile sia la sua provenienza dall’Avvocatura dello Stato, per conto del Ministero, sia i nomi degli appellati, sia l’oggetto della notificazione, sia, infine, il numero di iscrizione a ruolo del processo presso la Corte d’Appello di Palermo”.  

Ne deriva che la consegna del messaggio, “… seppure gravemente incompleta per la totale illeggibilità degli allegati, era idonea a fare conoscere al destinatario l’esatto oggetto (anche se non il contenuto) della notificazione”.  Ciò, dunque, esclude che si possa parlare di totale mancanza dell’atto da intendersi come atto notificatorio, e, quindi, di sussistenza dell’ipotesi estrema e residuale della inesistenza della notificazione.

Tanto premesso, la vicenda odierna riguarda il ricorso promosso dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avverso una sentenza emessa dalla Corte di Appello, con la quale quest’ultima aveva dichiarato improcedibile il gravame proposto dalla stessa amministrazione contro la decisione del Tribunale di accoglimento delle domande formulate da cinque impiegati amministrativi avente a oggetto il diritto alla loro assunzione a tempo indeterminato a seguito dell’utile collocazione nella graduatoria di prima fascia, con il riconoscimento dei relativi diritti economici. Il ricorso in appello, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, era stato notificato dall’Avvocatura dello Stato a mezzo Pec al difensore dei cinque appellati. Costituendosi nel giudizio di secondo grado, tre di questi eccepivano pregiudizialmente l’inesistenza della notificazione dell’atto in quanto i file allegati al messaggio Pec erano vuoti. L’eccezione veniva accolta dai giudici della Corte di Appello che, non entrando nel merito delle censure formulate dall’amministrazione statale e dopo aver accertato che i file allegati al messaggio Pec erano vuoti, ritenevano inesistente e quindi non sanabile la notificazione dell’atto d’appello, “per la totale mancanza materiale dell’atto da notificare”. Da qui il ricorso per Cassazione da parte del Ministero articolato in cinque motivi, in cui essenzialmente lamentava che la Corte territoriale di non aveva considerato il dovere del destinatario della notificazione di segnalare al notificante eventuali anomalie nell’invio degli atti mediante posta elettronica certificata e di avere trattato come inesistenza un’ipotesi “di mera irregolarità o, al più, di nullità della notificazione”.   Conclusioni, queste, disattese dalla Suprema Corte, secondo la quale la consegna del messaggio, seppure gravemente incompleta per la totale illeggibilità degli allegati, era idonea a fare conoscere al destinatario l’esatto oggetto, anche se non il contenuto, della notificazione e affermando anche che: “… La Corte d’Appello, così come la difesa dei controricorrenti, ha sottolineato che il mittente avrebbe potuto facilmente accorgersi dell’anomalia, proprio perché il sistema indicava le dimensioni inverosimili degli allegati (1 bytes), il che escluderebbe quella incolpevolezza del notificante che, secondo la giurisprudenza di legittimità, sembrerebbe un presupposto implicito del dovere di collaborazione del destinatario. Ma non è il tema della colpevolezza o meno a governare l’accaduto, in quanto ciò che conta è se la notifica sia da considerare nulla, e quindi rinnovabile, o inesistente, e pertanto tale da rendere improcedibile il giudizio di appello. 2.5. In proposito assume decisiva rilevanza il fatto che il messaggio PEC trasmesso al difensore degli appellati (e riportato per esteso nel ricorso per cassazione) indicava in modo inequivocabile sia la sua provenienza dall’Avvocatura dello Stato, per conto del Ministero, sia i nomi degli appellati, sia l’oggetto della notificazione («ricorso in appello per la riforma della sentenza n. 245/2017 del Tribunale del Lavoro di Palermo»), sia, infine, il numero di iscrizione a ruolo del processo presso la Corte d’Appello di Palermo («n. 467/2017 R.G.L.»). Ne deriva che la consegna del messaggio, seppure gravemente incompleta per la totale illeggibilità degli allegati, era idonea a fare conoscere al destinatario l’esatto oggetto (anche se non il contenuto) della notificazione. Ciò esclude che si possa parlare di «totale mancanza dell’atto», da intendersi come atto notificatorio, e, quindi, la sussistenza dell’ipotesi estrema e residuale della inesistenza della notificazione. Del resto, le S.U. hanno ritenuto – nel caso assimilabile dell’atto notificato solo nelle pagine dispari, con conseguente impossibilità per il destinatario di comprenderne il contenuto – che, a fronte di un originale ritualmente depositato e completo, il vizio è della notificazione, e non dell’atto notificato, integrando una nullità come tale «sanabile con efficacia ex tunc mediante la nuova notifica di una copia integrale del ricorso, su iniziativa dello stesso ricorrente o entro un termine fissato dalla Corte di Cassazione (qui, Corte d’Appello, n.d.r.) ovvero per effetto della costituzione dell’intimato (qui, appellati, n.d.r.), salva la possibile concessione a quest’ultimo di un termine per integrare le sue difese» (Cass. S.U. n. 18121/2016). Principio che, una volta adattato al caso della notifica a mezzo Pec contenente un allegato inconsistente e dunque tale da impedire la comprensione alla controparte, porta inevitabilmente alle medesime conclusioni. 2.6. Esclusa l’inesistenza della notificazione, la mera nullità della stessa avrebbe dunque imposto al giudice d’appello di fissare un termine perentorio per la rinnovazione che «impedisce ogni decadenza», perlomeno nei confronti degli appellati contumaci, secondo la regola generale contenuta nell’art. 291 c.p.c., che – a differenza della rimessione in termini (art. 153, comma 2, c.p.c.) – prescinde da qualsiasi valutazione sulla incolpevolezza del notificante (per quanto riguarda l’applicabilità dell’art. 291 c.p.c. anche al rito di lavoro e, in particolare, all’appello proposto secondo il rito di lavoro, v., per tutte, Cass, n. 8125/2013).  2.7. Ma anche con riguardo agli appellati costituiti, rimane la valutazione essenziale che l’appello non avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile, dovendo, a tutto concedere, la Corte d’Appello dare le opportune disposizioni (ad es., rinvio in favore degli appellati che si assumessero lesi anche nei termini a difesa) per la prosecuzione del processo nel rispetto del principio del contraddittorio.  2.8. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla medesima Corte d’Appello di Palermo, perché proceda alla trattazione del processo – è infatti evidente che con la regolare riassunzione in sede di rinvio ogni vizio verso gli appellati già costituiti in secondo grado sarà sanato – e decida anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. La Corte territoriale dovrà attenersi al seguente principio di diritto: «Nelle notificazioni a mezzo Pec, qualora il messaggio regolarmente pervenuto al destinatario indichi chiaramente gli estremi essenziali della notificazione (soggetto notificante, soggetto notificato, oggetto della notifica), qualsiasi anomalia che renda di fatto illeggibili gli allegati (atti notificati e relata di notifica) comporta la nullità, e non la inesistenza, della notificazione”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 30 ottobre 2023, n. 30083

sul ricorso iscritto al n. 27781/2018 R.G. proposto da

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ex lege

– ricorrente –

 contro (Omissis) e (Omissis) rappresentati e difesi dall’Avv. e domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione

– controricorrenti –

(omissis) (omissis) (omissis)

 – intimati –

avverso la sentenza n. 209/2018 della Corte d’Appello di Palermo, depositata il 20/3/2018;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/9/2023 dal Consigliere Andrea Zuliani.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Palermo ha dichiarato improcedibile l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca contro la sentenza con cui il Tribunale della medesima città, in funzione di giudice del lavoro, aveva accolto le domande di cinque impiegati amministrativi (personale volto all’accertamento del loro diritto all’assunzione a tempo indeterminato a seguito dell’utile collocazione nella graduatoria di prima fascia, con il riconoscimento dei relativi diritti economici.  

La Corte territoriale non ha affrontato il merito della controversia, ritenendo fondata l’eccezione pregiudiziale di inesistenza della notificazione dell’atto d’appello sollevata da tre degli appellati (gli altri due essendo rimasti contumaci in appello).

Contro tale decisione in rito, il Ministero ha proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi.

(omissis) (omissis) (omissis)e si sono difesi con controricorso, mentre gli altri lavoratori sono rimasti intimati.  I controricorrenti hanno altresì depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i primi due motivi di ricorso il Ministero denuncia:

1.1. «violazione e falsa applicazione del d. P. R. 11.2.2015 n. 68, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.»;

1.2. «violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».

1.3. Il ricorrente contesta alla Corte territoriale di non avere considerato il dovere del destinatario della notificazione di segnalare al notificante eventuali anomalie nell’invio degli atti mediante posta elettronica certificata (PEC) e di avere trattato come inesistenza un’ipotesi «di mera irregolarità o, al più, di nullità della notificazione».

2. Tali motivi sono parzialmente fondati, nei termini di seguito esposti.

2.1. È opportuno premettere una precisa descrizione della fattispecie, per quanto di interesse ai fini della decisione.

Il ricorso in appello venne depositato in cancelleria e, quindi, integrato con il decreto di fissazione dell’udienza, come previsto dal rito del lavoro.

L’Avvocatura dello Stato provvide a trasmettere a mezzo PEC al difensore comune dei cinque ricorrenti in primo grado un messaggio contenente la menzione degli atti notificati («appello depositato», «decreto fissazione udienza», «relata») e apparentemente allegati al messaggio.

Tuttavia, dalla indicata dimensione degli atti (1 bytes), la Corte d’Appello ha ritenuto provata l’allegazione dei difensori dei lavoratori (costituitisi in appello per tre soltanto di loro, stando a quanto afferma la sentenza impugnata) che si trattasse di file del tutto vuoti. Sulla base di tale accertamento di fatto, il giudice ha ritenuto inesistente, e quindi non sanabile, la notificazione dell’atto d’appello, «per la totale mancanza materiale dell’atto da notificare».

2.2. La qualificazione del vizio della notificazione come inesistenza è stata decisiva per la dichiarazione della improcedibilità dell’appello, perché sono state di conseguenza rifiutate sia l’ipotesi della sanatoria della nullità per effetto della costituzione degli appellati (con riguardo a quelli di loro che si erano costituiti), sia l’ipotesi di concedere all’appellante un termine per rinnovare la notificazione, eventualmente previa rimessione in termini, che era stata infatti richiesta, sia pure in via subordinata.

Anche nel rito del lavoro, infatti, è stato da tempo superato l’orientamento che consentiva al giudice di concedere, ai sensi dell’art. 421, comma 1, c.p.c., un termine per procedere alla notificazione non effettuata del ricorso tempestivamente depositato in cancelleria. La concessione del termine è ora consentita solo in caso di notificazione nulla, non anche nel caso di notificazione omessa o inesistente (v. Cass. S.U. n. 20604/2008 e molte altre successive conformi).

2.3. Ciò posto, le Sezioni Unite di questa Corte hanno più volte messo in guardia il giudice sulla necessità di considerare «residuale» la categoria dell’inesistenza della notificazione, che distingue la linea di confine tra l’atto (sia pure nullo) e il non atto ed è «configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell’atto» (Cass. S.U. n. 14916/2016 ed altre conformi).

Nel caso di specie, il procedimento di trasmissione degli atti risulta perfettamente conforme al diritto. Il mittente e il destinatario sono i soggetti abilitati, rispettivamente, ad effettuare e a ricevere la notificazione e la consegna è avvenuta correttamente, come certificato dal gestore del servizio e, del resto, pacifico tra le parti. Viene invece in rilievo l’ipotesi della «totale mancanza materiale dell’atto», perché gli allegati, pur menzionati nel messaggio di posta elettronica certificata, risultano inconsistenti, come desumibile dall’indicazione delle dimensioni pressoché nulle dei relativi documenti informatici.

2.4. Con riferimento alle anomalie che rendono illeggibili, o parzialmente illeggibili, i file allegati al messaggio di notificazione a mezzo PEC, questa Corte ha già avuto modo di affermare che il destinatario ha il dovere di «informare il mittente della difficoltà nella presa visione degli allegati trasmessi via pec, onde fornirgli la possibilità di rimediare a tale inconveniente» (Cass. n. 25819/2017; conf. Cass. nn. 21560/2019; 4624/2020). La Corte d’Appello, così come la difesa dei controricorrenti, ha sottolineato che il mittente avrebbe potuto facilmente accorgersi dell’anomalia, proprio perché il sistema indicava le dimensioni inverosimili degli allegati («1 bytes»), il che escluderebbe quella incolpevolezza del notificante che, secondo la giurisprudenza di legittimità, sembrerebbe un presupposto implicito del dovere di collaborazione del destinatario. Ma non è il tema della colpevolezza o meno a governare l’accaduto, in quanto ciò che conta è se la notifica sia da considerare nulla, e quindi rinnovabile, o inesistente, e pertanto tale da rendere improcedibile il giudizio di appello.

2.5. In proposito assume decisiva rilevanza il fatto che il messaggio PEC trasmesso al difensore degli appellati (e riportato per esteso nel ricorso per cassazione) indicava in modo inequivocabile sia la sua provenienza dall’Avvocatura dello Stato, per conto del Ministero, sia i nomi degli appellati, sia l’oggetto della notificazione («ricorso in appello per la riforma della sentenza n. 245/2017 del Tribunale del Lavoro di Palermo»), sia, infine, il numero di iscrizione a ruolo del processo presso la Corte d’Appello di Palermo («n. 467/2017 R.G.L.»). Ne deriva che la consegna del messaggio, seppure gravemente incompleta per la totale illeggibilità degli allegati, era idonea a fare conoscere al destinatario l’esatto oggetto (anche se non il contenuto) della notificazione.

Ciò esclude che si possa parlare di «totale mancanza dell’atto», da intendersi come atto notificatorio, e, quindi, la sussistenza dell’ipotesi estrema e residuale della inesistenza della notificazione. Del resto, le S.U. hanno ritenuto – nel caso assimilabile dell’atto notificato solo nelle pagine dispari, con conseguente impossibilità per il destinatario di comprenderne il contenuto – che, a fronte di un originale ritualmente depositato e completo, il vizio è della notificazione, e non dell’atto notificato, integrando una nullità come tale «sanabile con efficacia ex tunc mediante la nuova notifica di una copia integrale del ricorso, su iniziativa dello stesso ricorrente o entro un termine fissato dalla Corte di Cassazione (qui, Corte d’Appello, n.d.r.) ovvero per effetto della costituzione dell’intimato (qui, appellati, n.d.r.), salva la possibile concessione a quest’ultimo di un termine per integrare le sue difese» (Cass. S.U. n. 18121/2016).

Principio che, una volta adattato al caso della notifica a mezzo Pec contenente un allegato inconsistente e dunque tale da impedire la comprensione alla controparte, porta inevitabilmente alle medesime conclusioni. 2.6. Esclusa l’inesistenza della notificazione, la mera nullità della stessa avrebbe dunque imposto al giudice d’appello di fissare un termine perentorio per la rinnovazione che «impedisce ogni decadenza», perlomeno nei confronti degli appellati contumaci, secondo la regola generale contenuta nell’art. 291 c.p.c., che – a differenza della rimessione in termini (art. 153, comma 2, c.p.c.) – prescinde da qualsiasi valutazione sulla incolpevolezza del notificante (per quanto riguarda l’applicabilità dell’art. 291 c.p.c. anche al rito di lavoro e, in particolare, all’appello proposto secondo il rito di lavoro, v., per tutte, Cass, n. 8125/2013).

 2.7. Ma anche con riguardo agli appellati costituiti, rimane la valutazione essenziale che l’appello non avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile, dovendo, a tutto concedere, la Corte d’Appello dare le opportune disposizioni (ad es., rinvio in favore degli appellati che si assumessero lesi anche nei termini a difesa) per la prosecuzione del processo nel rispetto del principio del contraddittorio.

 2.8. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla medesima Corte d’Appello di Palermo, perché proceda alla trattazione del processo – è infatti evidente che con la regolare riassunzione in sede di rinvio ogni vizio verso gli appellati già costituiti in secondo grado sarà sanato – e decida anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. La Corte territoriale dovrà attenersi al seguente principio di diritto: «Nelle notificazioni a mezzo PEC, qualora il messaggio regolarmente pervenuto al destinatario indichi chiaramente gli estremi essenziali della notificazione (soggetto notificante, soggetto notificato, oggetto della notifica), qualsiasi anomalia che renda di fatto illeggibili gli allegati (atti notificati e relata di notifica) comporta la nullità, e non la inesistenza, della notificazione».

3. È appena il caso di aggiungere che non sono d’ostacolo all’accoglimento dei primi due motivi di ricorso le eccezioni preliminari in rito sollevate nel controricorso. Quanto alla prima («inammissibilità ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c.»), essa non coglie l’oggetto e il significato dell’impugnazione, che non è volta a contestare il consolidato orientamento secondo cui non si può dare luogo alla rinnovazione della notificazione inesistente, ma contesta il presupposto dell’inesistenza, sostenendo (con buon fondamento, per come si è visto) che la notificazione era soltanto nulla. Anche la seconda eccezione («inammissibilità ed improcedibilità – violazione degli artt. 358 c.p.c., 387 c.p.c. e 324 c.p.c.; violazione dell’art. 360 c.p.c. carenza di interesse») ha il vizio di dare per acquisito il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per la (definitiva) improcedibilità dell’appello, mentre è proprio quest’ultima a essere contestata con il ricorso per cassazione.

Infine, la terza eccezione («inammissibilità del ricorso; violazione dell’art. 360 e 360-bis c.p.c.») non considera che quello richiesto dal ricorrente non è un riesame di fatti sostanziali, il cui accertamento è riservato al giudice del merito, ma un riesame di fatti processuali, debitamente veicolati dai motivi di ricorso e come tali da verificare anche in sede di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012).

4. Il terzo motivo di ricorso denuncia «violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo del raggiungimento dello scopo, dell’art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».

4.1. Premesso che è a questo punto irrilevante l’assunto del Ministero secondo cui tutti gli appellati si sarebbero costituiti in secondo grado (assunto che desume solo dal deposito di una memoria in corso di causa asseritamente depositata «per conto di tutti gli appellati»), il motivo può essere assorbito, in quanto anche una costituzione in ipotesi finalizzata a far rilevare un difetto notificatorio non potrebbe mai considerarsi in sé sanante, dovendosi – nel caso di nullità della notificazione – concedere i debiti termini a difesa, sicché quanto detto sui primi due motivi già esaurisce in ogni caso il tema processuale.

5. Anche il quarto motivo, che denuncia «omessa pronuncia sull’istanza di rimessione in termini e di assegnazione di termine per la rinotificazione in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., con riguardo all’art. 112 c.p.c.», può essere assorbito, in quanto la necessità di attivazione dei meccanismi di sanatoria che consegue all’accoglimento dei primi due motivi rende superfluo ragionare su una remissione in termini.

6. Infine, il quinto motivo di ricorso denuncia «violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, in relazione all’art. 436 c.p.c.».

6.1. Il motivo, che lamenta il mancato accoglimento dell’eccezione di tardività della produzione documentale con cui gli appellati costituiti hanno provato l’anomalia della trasmissione a mezzo PEC, deve intendersi parimenti assorbito, per mancanza di interesse alla decisione della parte ricorrente, una volta accolti i primi due motivi di ricorso, nei termini sopra esposti.

P.Q.M.

La Corte: accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Palermo, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2023

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