EUROPA FISCALITA

Quale regime fiscale per i neo residenti

In presenza di determinate condizioni, sui redditi prodotti all’estero dalle persone fisiche è previsto un regime opzionale di imposizione sostitutiva (art. 24-bis del TUIR), in base al quale l’opzione si perfeziona con la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui la persona fisica ha trasferito la residenza fiscale in Italia o della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo.

Quanti si avvalgono di tale regime sono tenuti a pagare un’imposta sostitutiva dell’IRPEF calcolata forfetariamente in 100.000 euro per ogni anno d’imposta in cui è valida l’opzione, indipendentemente dal tipo e dalla quantificazione dei redditi prodotti all’estero.

Il caso oggetto di interpello è presentato da un istituto finanziario italiano appartenente a un gruppo internazionale, che opera nel settore finanziario internazionale con diverse entità in tutto il mondo, e che dovrà assumere dei dirigenti del gruppo che svolgeranno la propria attività non solo in Italia ma anche in altri Paesi, in base ai ruoli di vertice ricoperti. Tali ruoli prevedono piani di incentivazione a medio e lungo termine, costituiti in parte da bonus monetari e in parte da bonus in azioni del gruppo, con l’assegnazione al diritto di ricevere questi bonus in un determinato anno e l’effettiva erogazione solo dopo diversi anni, in base alla durata del piano e solo al raggiungimento di determinati risultati, personali e di gruppo. Alcuni di questi manager hanno espresso l’intenzione di avvalersi dei benefici del regime speciale per i neo residenti.

I dubbi espressi vengono chiariti dalla risposta 83/2022.

Gli obblighi come sostituto d’imposta

Alla richiesta della società istante di poter applicare i vantaggi del regime fiscale in questione al proprio dipendente prima che questi presenti la dichiarazione dei redditi nella quale perfeziona l’opzione, l’Agenzia delle entrate dice no: in veste di sostituto d’imposta potrà applicare la ritenuta ex art. 23, DPR 600/1973, esclusivamente sui redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia solo dopo l’esercizio dell’opzione in dichiarazione del dipendente. Può accadere che il soggetto trasferisca la sua residenza fiscale in Italia con l’intenzione di optare per il regime in esame e che già nell’anno di acquisizione della residenza subisca ritenute in Italia per i redditi di fonte estera percepiti: la circolare 17/E del 2017 ha chiarito che l’imposta trattenuta può essere utilizzata in compensazione o richiesta a rimborso nei termini previsti dall’art. 38 del DPR 602/1973.

Rispetto alle corrette modalità di adempimento dei propri obblighi nei confronti dei dipendenti che intendono fruire dei benefici fiscali a partire dal secondo anno di applicazione, per non applicare la ritenuta sui redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero la società istante deve richiedere al dipendente la copia della dichiarazione presentata nella quale ha esercitato l’opzione e, per ogni anno di rinnovo della stessa, la copia del modello F24 con il quale è stata versata l’imposta sostitutiva. E’ previsto, infatti, che l’opzione si intende tacitamente rinnovata di anno in anno, salvo che nei casi di cessazione degli effetti, revoca dell’opzione stessa o decadenza dal regime.

Periodi in Italia, all’estero e in viaggio

Per le loro attività, che interessano più Paesi, i dirigenti dovranno viaggiare spesso e la società chiede come individuare dei criteri per definire la quota di reddito da lavoro dipendente da escludere da ritenute perché relativa all’attività estera: i dubbi riguardano, in particolare, dove deve essere considerato prodotto il reddito nei giorni dei trasferimenti da o per l’Italia. Inoltre, poiché i manager non hanno un orario di lavoro definito, si chiede se per il reddito prodotto all’estero si debba considerare l’intero anno solare o solo i giorni lavorativi.

Per individuare la quota parte prodotta all’estero da assoggettare a imposizione sostitutiva si dovrà fare riferimento al rapporto tra il numero di giorni in cui la prestazione è stata esercitata nel Paese estero e il numero totale dei giorni in cui è stata fornita: riguardo, invece, alle giornate di ferie, festività, riposi settimanali e altri giorni non lavorativi, compresi i giorni di malattia o infortunio, indipendentemente da dove sono trascorse, rilevano ai fini della determinazione della quota di compenso riferibile alle prestazioni svolte in Italia. Rispetto a dove deve essere considerato prodotto il reddito nei giorni dei trasferimenti da o per l’Italia, è sufficiente la presenza fisica in Italia per considerare quel giorno come “lavorativo italiano”. Per i giorni trascorsi all’estero, salvo idonea documentazione attestante l’effettivo svolgimento all’estero dell’attività lavorativa, i redditi conseguiti si devono considerare prodotti in Italia e tassati in maniera ordinaria, restando quindi esclusi dall’imposta sostitutiva indicata dal citato art. 24-bis.

Il diritto all’incentivo e l’effettiva erogazione Con riferimento ai bonus che prevedono un’assegnazione del diritto di riceverli in un certo anno con l’effettiva erogazione dopo diversi anni, in base alla lunghezza del piano e solo al raggiungimento di determinati obiettivi  personali e di gruppo, al fine di individuare il reddito che si considera prodotto all’estero, si deve fare riferimento al rapporto tra il numero di giorni nei quali la prestazione lavorativa è stata esercitata nel Paese estero e il numero totale dei giorni necessari ad acquisire il diritto a ricevere le azioni (circolare n. 17/E del 2017): in questi casi deve essere individuato un criterio che preveda il conteggio su tutti i giorni di calendario e non soltanto sui giorni convenzionalmente lavorativi, utilizzando quindi al denominatore 365 giorni annui.

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