CASSAZIONE PRIMA PAGINA

Provvedimento dell’Agenzia entrate: quale giudice è competente per l’impugnazione?

Tributi – Processo tributario –  Contributo – Caro energia – Difetto assoluto di giurisdizione – Competenza – Prelievo straordinario ex art. 37, DL 21/2022 – Settore petrolifero ed energetico – Conseguenze della crisi in Ucraina – Provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate – Vuoto di tutela

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 2903 del 19 ottobre 2023, ha stabilito che gli atti dell’Agenzia delle entrate sono impugnabili davanti al Tar trattandosi di provvedimenti della Pubblica amministrazione, ritenendo quindi di dover dare seguito al principio di diritto secondo il quale “… Rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a. … l’impugnazione proposta dal responsabile di un impianto fotovoltaico contro il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 6 marzo 2020 con cui, in attuazione dell’art. 36, comma 3, d.l. n. 124 del 2019, conv., con modif., dalla l. n. 157 del 2019, sono stati indicati le modalità di presentazione e il contenuto essenziale della comunicazione mediante la quale gli operatori economici che abbiano cumulato la deduzione fiscale ex art. 6, commi 13 ss., l. n. 388 del 2000, e gli incentivi previsti dai decreti ministeriali del 2011 possono, avvalendosi della speciale facoltà introdotta proprio dal citato art. 36, assoggettare alle imposte dirette l’importo dedotto dalle rispettive basi imponibili. Infatti, tale provvedimento si configura come atto tipicamente amministrativo, generale, meramente ricognitivo e attuativo del disposto di legge, non contenente una pretesa tributaria sostanziale e non rientrante nell’elenco riportato nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992» (Sez. UU.  Ordinanza n. 25479 del 21/09/2021, Rv. 662252 -01).

In sostanza, gli Ermellini hanno ritenuto che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, attuativo di una disposizione legislativa che gli demandava di determinare le modalità di presentazione e il contenuto di una comunicazione da inviare a detta agenzia fiscale, si configura come atto tipicamente amministrativo, meramente ricognitivo e attuativo del disposto di legge, che si limita a regolare gli aspetti pratici dell’attuazione del meccanismo previsto per legge e, pertanto, costituisce un atto amministrativo generale, non contenente una pretesa tributaria sostanziale, e rispetto al quale appare evidente l’estraneità alla materia devoluta alla giurisdizione tributaria, secondo i canoni fissati dalla giurisprudenza.

Infatti, nessuna disposizione del D.lgs. 546/1992 attribuisce alle Commissioni tributarie un potere direttamente incisivo degli atti generali, in deroga alla tipica giurisdizione di legittimità costituzionalmente riservata agli organi della giustizia amministrativa.

La Suprema Corte sull’argomento ha fornito altre due pronunzie, la n. 29026 e la n. 29042 sempre dello stesso 19 ottobre 2023, contenenti tutti gli stessi chiari principi sulla questione di fondo in oggetto, che concerne essenzialmente alla domanda: a quale giudice deve adire il contribuente che intende disconoscere la pretesa tributaria vantata nei suoi confronti?

Gli Ermellini hanno rigettato tutte le osservazioni proposte dall’Avvocatura generale dello Stato, che aveva impugnato la decisione del Consiglio di Stato con cui era stata affermata la giurisdizione del giudice amministrativo nell’impugnazione di atti autoritativi a portata generale, negata invece in primo grado dal Tar, che suggeriva come il provvedimento dell’Agenzia non potesse essere sottoposto a revisione giurisdizionale.

Secondo la Cassazione, ciò che conta è che si tratta di un atto autoritativo proveniente da una Pa, il quale, in quanto risultato del potere discrezionale, nella specie dell’Agenzia delle entrate, costituisce il presupposto dell’interesse legittimo da tutelare.

Guardando inoltre all’attuale interpretazione giurisprudenziale, appare evidente che il discrimine tra giudice tributario – così come indicato dal D.lgs. 546/1992 – e giudice ordinario è stato oggetto di alcune pronunce a Sezioni Unite assai recenti, emesse dal Supremo Collegio, che hanno individuano i principi in base al quale il contribuente dovrà valutare a quale giudice proporre la propria azione.

L’ordinanza 7822/2020 della delle Sezioni Unite ebbe già a chiarire che in ordine all’individuazione del giudice competente a trattare l’opposizione alla pretesa tributaria deve tenersi conto dei motivi di contestazione sollevati dal contribuente: se questi riguardano fatti verificatisi fino alla notificazione della cartella, allora dovrà essere adita la Commissione tributaria, mentre se si tratta di circostanze successive alla notificazione della cartella (ad esempio, prescrizione del credito o pagamento estintivo dallo stesso effettuato in tempi successivi), la questione è devoluta al giudice ordinario. La Cassazione è poi tornata sulla questione con altre pronunce e, in particolare, quella a Sezioni Unite del 28/07/2021, n. 21642, e la n. 20693 del 20/07/2021.

Con la più recente ordinanza delle Sezioni Unite, la n. 30666/2022, veniva affermato anche che “… Com’è noto, la questione concernente l’individuazione del discrimine Corte di Cassazione tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria, in caso d’impugnazione di atti di riscossione coattiva, è stata risolta da queste Sezioni Unite, in epoca successiva alla proposizione del ricorso, nel senso che alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione su fatti incidenti sulla pretesa tributaria (ivi compresi i fatti costitutivi, modificativi ed impeditivi in senso sostanziale) che si assumano verificati fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, in caso di notificazione omessa, inesistente o nulla degli atti prodromici, mentre resta devoluta alla giurisdizione ordinaria la cognizione sulle questioni di legittimità formale dell’atto esecutivo in quanto tale (a prescindere dall’esistenza o dalla validità della notifica degli atti ad esso prodromici), nonché su fatti incidenti in senso sostanziale sulla pretesa tributaria successivi alla valida notifica della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento o, in caso di omissione, inesistenza o nullità di detta notifica, su quelli successivi all’atto esecutivo che abbia assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione (cfr. Cass., Sez. Un., 14/04/2020, n. 7822)”.

Tornando agli atti posti all’origine del dibattimento odierno, essi riguardano il provvedimento dell’Agenzia n. 221978 del 17 giugno 2022 e, conseguentemente, la circolare 22/E del 23 giugno 2022 e la risoluzione 29/E del 20 giugno 2022, con le quali si dava attuazione al prelievo straordinario previsto dall’art. 37, Dl 21/2022. Ai sensi del comma 5 del predetto art. 37, è affidato infatti a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, sentita l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, di definire gli adempimenti, anche dichiarativi, e le modalità di versamento del contributo straordinario posto a carico delle imprese del settore petrolifero/energetico, “contro il caro bollette” conseguente alla crisi in Ucraina. 

Come evidenziato dalle Sezioni Unite, che confermano sul punto la sentenza del Consiglio di Stato, si tratta di un atto amministrativo generale e, come tale, impugnabile dinanzi al giudice amministrativo in base all’art. 7, cod. proc. amm. commi 1 e 4, che attribuisce a tale giurisdizione le controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio del potere amministrativo proveniente da una P.a.

Le Sezioni Unite sono giunte a tale conclusione richiamando, peraltro, anche la giurisprudenza, in particolare l’ordinanza n. 25479/2021, nella quale era stato affermato che “… Come già statuito da Cass. Sez. U n. 21545 del 2017, cui si ritiene dare continuità, da ciò deriva, in primo luogo, che la mancanza, nella specie, di un atto impositivo individualizzato (in senso lato, cioè ricompreso nell’elenco di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, soggetto ad interpretazione estensiva) esclude in radice la giurisdizione del giudice tributario, sia perché, ai sensi dell’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, l’impugnazione diretta ed esclusiva di un atto amministrativo generale va esperita non davanti a detto giudice, ma «nella diversa sede competente» («Le commissioni tributarie, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente»), sia perché non è proponibile al giudice tributario una domanda di accertamento negativo della debenza di un tributo (domanda peraltro non proposta, visto il tenore del ricorso introduttivo), data la natura essenzialmente impugnatoria dell’azione davanti a tale giudice (ex Pagina 5 di 5 per multis, Cass. n. 9181 del 2003, n. 22015 del 2006; Cass., Sezioni Unite n. 24011 del 2007; Cass. n. 3918 del 2008). Risolvendosi, in definitiva, la controversia nella pretesa a mantenere, mediante l’impugnazione del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, il cumulo dei diversi sistemi incentivanti, va, di contro, affermata, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art.133, comma 1, lett. o del d.lgs. n. 104 del 2010 come, peraltro, già statuito da queste Sezioni Unite, con riguardo a controversia avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno conseguente alla mancata ammissione ai benefici della tariffa incentivante l’attivazione di un impianto fotovoltaico (Cass. Sez U. n.28057 del 2.10.2018 richiamata, di recente, da Cass. Sez. Un. n. 29825 del 30.12.2020, sempre in tema di esclusione dai benefici). ” La Corte ha, quindi, precisato che : ”… per effetto della dichiarazione d’illegittimità costituzionale dell’art. 57, primo comma, lett. a), del d.P.R. n. 602 del 1973, tutte le controversie relative a fatti estintivi della pretesa tributaria che si collocano a valle della notifica della cartella di pagamento sono devolute alla cognizione del giudice ordinario, ha affermato che nel caso in cui la cartella sia stata notificata e la pretesa tributaria sia divenuta definitiva, della prescrizione maturata successivamente è competente a giudicare il giudice ordinario, quale giudice dell’esecuzione, e quindi, ove la pretesa tributaria sia stata fatta valere in sede fallimentare , il giudice delegato nella fase di verificazione del passivo ed il tribunale fallimentare in quella di opposizione allo stato passivo o d’insinuazione tardiva ”.

Le Sezioni Unite hanno infine esaminato anche la natura delle circolari, sottolineando che quando queste sono atti che integrano un provvedimento direttoriale possono essere impugnate anch’esse dinanzi al Tar. Quindi i provvedimenti emessi dal fisco, anche se sono atti meramente attuativi di una norma, sono considerati come atti autoritativi della Pubblica amministrazione, implicando che tali atti possono essere contestati davanti solo davanti al Tribunale amministrativo regionale: dunque, il giudice competente per l’impugnazione è quello del Tar, come del resto la regola impone per tutti gli atti della P.a.

Tanto premesso, e tornando alla vicenda odierna, la questione nasce da tre specifici ricorsi al Tar contro alcuni provvedimenti delle Entrate in attuazione del contributo previsto dall’art. 37 del Dl 21/2022 quale prelievo straordinario, posto a carico delle imprese del settore petrolifero/energetico collegate al settore petrolifero ed energetico, contro il caro bollette conseguente alla crisi in Ucraina.  Questi provvedimenti erano stati inizialmente giudicati inammissibili dal Tar, tuttavia, successivamente il Consiglio di Stato aveva accolto gli appelli.

Avverso la decisione hanno proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, il Ministero dell’economia e delle finanze, la Presidenza del Consiglio del Ministri e ARERA, deducendo due motivi nei quali, essenzialmente, i ricorrenti denunciano il difetto assoluto di giurisdizione in ordine ai provvedimenti agenziali impugnati per violazione degli artt. 7, comma 1, cod. proc. amm., 7, comma 5, 19, commi 1-3, D.lgs. 546/1992, 111, ottavo comma, Cost., 362, cod. proc. civ., 110, cod. proc. amm.

Resiste con controricorso la società contribuente.

La Suprema Corte a SS.UU. ha respinto quanto osservato dalla difesa dei denuncianti, confermando le motivazioni dei giudici del Consiglio di Stato  e  statuendo che “… I provvedimenti impugnati nel giudizio amministrativo a quo sono, pacificamente, attuativi dell’art. 37, decreto-legge 21/22, istitutivo di uno speciale contributo solidaristico, volto a fronteggiare, nell’interesse dell’utenza, i forti rincari dei prezzi dei prodotti energetici conseguenti agli eventi bellici in Ucraina, imposto alle imprese del settore. Come ricordato nelle premesse narrative, si tratta di un provvedimento direttoriale, di una circolare interpretativa e di una risoluzione, che complessivamente si fondano sull’attribuzione funzionale attuativa di cui al comma 5 della citata disposizione legislativa, il quale appunto prevede che «Il contributo è liquidato e versato per un importo pari al 40 per cento, a titolo di acconto, entro il 30 giugno 2022 e per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre 2022, con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, sentita l’Autorità’ di regolazione per energia, reti e ambiente, sono definiti gli adempimenti, anche dichiarativi, e le modalità di versamento del contributo. Con il medesimo provvedimento possono essere individuati dati aggiuntivi da indicare nelle fatture di cessione e di acquisto dei prodotti di cui al comma 1 e sono definite le modalità per lo scambio delle informazioni, anche in forma massiva, con la Guardia di finanza». 5. Sostiene l’agenzia fiscale ricorrente che, anzitutto e dirimentemente, il provvedimento direttoriale deve considerarsi esente da qualsivoglia sindacato giurisdizionale. Tale tesi non è condivisibile. Trattasi invero di un atto amministrativo generale, come tale impugnabile avanti al GA, in virtù della previsione di cui all’art. 7, commi 1 e 4, cod. proc. amm., che rispettivamente prevedono che «Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico» e che «Sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma». 6. Non ha rilievo la natura discrezionale ovvero vincolata (meramente attuativa della norma primaria) dell’atto in contesto, non essendo un presupposto necessario a fondare la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (in tal senso, tra le molte, cfr. Cons. stato, 2916/2023, 8434/2022), ma essendo invece sufficiente a tal fine che si tratti di un atto autoritativo proveniente da una PA. 7. Peraltro, come correttamente si è rilevato nella sentenza impugnata, ad indirizzare verso la natura – pur latamente – discrezionale del provvedimento de quo porta la medesima norma primaria istitutiva della relativa potestà amministrativa, laddove prevede l’acquisizione obbligatoria del parere dell’Autorità regolatrice del settore energia (ARERA), la cui non vincolatività è un chiaro “indizio” della facoltà di scelta ponderale di interessi demandata al direttore dell’Agenzia delle entrate. Né il richiamo alle disposizioni del d.lgs. 300/1999 (artt. 56, comma 1, lett. b) e 62) assume contrastante rilevanza, posto che l’attribuzione della gestione e della riscossione dei tributi pacificamente consente all’agenzia fiscale l’esercizio di potestà amministrative pubbliche che, come detto, sostanziando i provvedimenti agenziali, ne fondano la competenza di sindacato giurisdizionale secondo le richiamate previsioni del cod. proc. amm. E ben diversa è l’ontologia dei provvedimenti impositivi “individuali”, quale attuazione -questa sì- vincolata delle singole leggi di imposta, ma di competenza giurisdizionale del giudice tributario ex artt. 2-19, d.lgs 546/1992. 8. Quindi sulla base del petitum “sostanziale” (criterio discretivo consolidato in materia di giurisdizione; cfr., tra le molte, Sez. U- , Ordinanza n. 25210 del 10/11/2020, Rv. 659294 – 01, Sez. U – , Ordinanza n. 20350 del 31/07/2018, Rv. 650270 – 01) dell’azione impugnatoria proposta, come sopra configurato, è senz’altro da condividere l’affermazione della giurisdizione amministrativa sancita dalla sentenza impugnata. Poiché l’esercizio del potere discrezionale dell’Agenzia delle entrate, pur attuativo della voluntas legis (peraltro secondo il principio costituzionale di legalità dell’azione amministrativa), costituisce il presupposto generale dell’azione impositrice concreta, la situazione soggettiva che ne deriva non può essere che qualificata come interesse legittimo, giacché altrimenti se ne creerebbe un’assenza di giustiziabilità costituzionalmente non consentita (v. ultra). In altri, più semplici e stringenti termini, la sussistenza di un interesse legittimo, che costituisce la situazione giuridica soggettiva tutelanda, deriva dalla stessa ontologia dei provvedimenti impugnati e quindi sussiste in re ipsa. 9. Come detto, l’agenzia fiscale ricorrente sostiene peraltro, più radicalmente, che, comunque, in ordine ai provvedimenti impugnati non sussista la competenza giurisdizionale di alcun plesso giudiziario. In particolare afferma che l’impugnativa proposta sia qualificabile come diretta impugnazione di disposizioni legislative per vizio di legittimità costituzionale ovvero, alternativamente, come azione di accertamento negativo dell’obbligazione contributiva de qua. Quanto al primo profilo, si deve osservare che dagli atti emerge che l’incostituzionalità dell’art. 37, decreto-legge 21/22 non è affatto l’unica ragione di impugnazione dei provvedimenti amministrativi in questione e va tuttavia affermato che il vizio di legittimità costituzionale è pur sempre un vizio di legittimità dell’atto amministrativo impugnato; per tale motivo che sussiste in ogni caso la rilevanza della questione di legittimità costituzionale proposta, non deprivandola del necessario carattere di “incidentalità” (si tratta di un orientamento consolidato della giurisprudenza costituzionale: cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 4 del 2000, n. 138 del 2017, n. 16 del 2017, n. 103 del 2022). Quanto al secondo profilo, va rilevato che l’azione proposta coincide con una forma di tutela preventiva avverso i regolamenti/gli atti amministrativi generali rispetto agli atti impositivi/riscossivi “individuali” che è del tutto legittimata, come già osservato, dall’art. 7, commi 1-4, cod. proc. amm., e, per converso, dall’art. 7, comma 5, d.lgs 546/1992, il quale appunto prevede che «Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente». Trattasi invero di un’azione di annullamento esercitabile “in prevenzione” ed alternativamente alla disapplicazione da parte del giudice tributario, secondo uno schema che risulta ben chiaro in tali disposizioni legislative processuali. 10. In tal senso appare altresì corretto il riferimento della sentenza impugnata al “vuoto di tutela” conseguente alla prospettazione agenziale, per chiaro contrasto con gli artt. 24, 113, Cost. e con la risalente giurisprudenza costituzionale sul principio del solve et repete, che il giudice delle leggi ha appunto dichiarato in contrasto con la Carta costituzionale. 11. Per stretta connessione contenutistica, le considerazioni che precedono devono considerarsi valevoli anche per gli ulteriori provvedimenti agenziali impugnati e in particolare per la circolare n. 22/E del 23 giugno 2022. A tale atto si deve infatti ascrivere contenuto integrativo del provvedimento direttoriale ed in quanto tale allo stesso è associabile sul piano della sussistenza dell’affermata giurisdizione amministrativa. 12. Tirando le fila delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene di dover dare seguito al principio di diritto secondo il quale «Rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a. … l’impugnazione proposta dal responsabile di un impianto fotovoltaico contro il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 6 marzo 2020 con cui, in attuazione dell’art. 36, comma 3, d.l. n. 124 del 2019, conv., con modif., dalla l. n. 157 del 2019, sono stati indicati le modalità di presentazione e il contenuto essenziale della comunicazione mediante la quale gli operatori economici che abbiano cumulato la deduzione fiscale ex art. 6, commi 13 ss., l. n. 388 del 2000, e gli incentivi previsti dai decreti ministeriali del 2011 possono, avvalendosi della speciale facoltà introdotta proprio dal citato art. 36, assoggettare alle imposte dirette l’importo dedotto dalle rispettive basi imponibili. Infatti, tale provvedimento si configura come atto tipicamente amministrativo, generale, meramente ricognitivo e attuativo del disposto di legge, non contenente una pretesa tributaria sostanziale e non rientrante nell’elenco riportato nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992» (Sez. UU. – Ordinanza n. 25479 del 21/09/2021, Rv. 662252 -01). Tale arresto è stato infatti pronunciato in una controversia che presenta evidenti analogie con quella in esame, trattandosi anche in quel caso di un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate attuativo di una disposizione legislativa che gli demandava di determinare le «modalità di presentazione ed il contenuto» di una comunicazione da inviare a detta agenzia fiscale. Nulla di più e nulla di diverso. Orbene, nella citata pronuncia queste SU hanno chiarito che tale provvedimento direttoriale «si configura come atto, tipicamente amministrativo, meramente ricognitivo e attuativo del disposto di legge», che «si limita a regolare gli aspetti pratici dell’attuazione del meccanismo previsto per legge» e concludendo che «Si tratta, quindi, di atto amministrativo generale, non contenente una pretesa tributaria sostanziale, rispetto al quale… appare evidente l’estraneità alla materia devoluta alla giurisdizione tributaria, secondo i canoni fissati dalla giurisprudenza consolidata di queste Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez.Un.n.7664 del 18 aprile 2016 con ulteriori richiami) dalla quale è dato evincere che nessuna disposizione del d.lgs. 31 dicembre 1992 n.546 attribuisce alle Commissioni tributarie un potere direttamente incisivo degli atti generali, in deroga alla tipica giurisdizione di legittimità costituzionalmente riservata agli organi della giustizia amministrativa». 13. In conclusione il ricorso va rigettato”.

Corte di Cassazione – Sentenza a Sezioni Unite 19 ottobre 2023, n. 29023

sul ricorso 12491-2023 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

-ricorrenti –

contro I. ENERGIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso lo studio dell’avvocato FABIO CINTIOLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE LO PINTO;

-controricorrente –

avverso la sentenza n. 3216/2023 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 29/03/2023.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2023 dal Consigliere ENRICO MANZON;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale STANISLAO DE MATTEIS, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Mattia Cherubini, Roberta Guizzi e Barbara Tidore per l’Avvocatura Generale dello Stato e Fabio Cintioli.

FATTI DI CAUSA

1. I. Energia spa ricorreva avanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio (di seguito TAR) contro i provvedimenti emanati dall’Agenzia delle entrate in attuazione del contributo previsto dall’art. 37 del decreto-legge 21/2022 quale prelievo straordinario, posto a carico delle imprese del settore petrolifero/energetico, «contro il caro bollette» conseguente alla guerra in Ucraina.

Si trattava in particolare del provvedimento del direttore dell’agenzia fiscale prot. n. 221978 del 17 giugno 2022, della circolare n. 22/E del 23 giugno 2022 e della risoluzione n. 29/E del 20 giugno 2022 dell’agenzia medesima.

2. Il TAR adito dichiarava inammissibile il ricorso, affermando il difetto assoluto di giurisdizione in ordine ai provvedimenti impugnati nonché il difetto di interesse ad agire della ricorrente.

3. Con la sentenza impugnata il Consiglio di Stato (di seguito CdS), accogliendo l’appello della società contribuente, annullava la sentenza gravata e rinviava la causa avanti al giudice di primo grado.

4. Osservava il CdS in particolare:

– che l’art. 7, comma 1, cod. proc. amm., prevede in linea generale la giurisdizione amministrativa sulle «controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi … concernenti l’esercizio … del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti … posti in essere da pubbliche amministrazioni»;

– che la controversia de qua doveva farsi rientrare in tale previsione normativa, posto che i provvedimenti impugnati erano stati emessi sulla base dell’art. 37, comma 5, decreto-legge 21/22 nell’esercizio di una potestà amministrativa, secondo la prescrizione di cui all’art.23,Cost.; -che trattandosi di “atti generali” si doveva escluderne la giurisdizione impugnatoria diretta del giudice tributario speciale, al quale spettava soltanto un potere di disapplicazione ex art. 7, comma 5, d.lgs 546/1992 ed in via di cognizione incidentale in una lite avente ad oggetto un atto rientrante nelle previsioni di cui all’art. 19, stesso decreto;

– che la questione di giurisdizione doveva comunque considerarsi pregiudiziale a quella relativa all’interesse ad agire della ricorrente (denegato dal TAR), in base al disposto dell’art. 386, cod. proc. civ.;

– che erano errate le considerazioni dei primi giudici negatorie della natura di atti amministrativi dei provvedimenti impugnati, non avendo rilievo la sussistenza/insussistenza di discrezionalità dell’Autorità emittente, che comunque almeno in astratto andava affermata, anche in considerazione della previsione di un parere obbligatorio dell’ authority del settore (ARERA) ed appunto costituiva l’oggetto dei motivi di censura proposti dalla ricorrente, anche sotto il profilo della costituzionalità della normativa primaria basante i provvedimenti stessi;

– che diversamente opinando ed affermando, come il TAR, la totale assenza di giurisdizione, si concretizzerebbe un “vuoto di tutela” in contrasto con gli artt. 24, 113, Cost. ovvero l’imposizione di una condotta alla società contribuente di “pagamento/ripetizione” (di indebito), che nella materia tributaria è stato risalentemente espunto dall’ordinamento per vizio di costituzionalità (C. Cost., sentenza n. 21/1961).

5. Avverso la decisione hanno proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, il Ministero dell’economia e delle finanze, la Presidenza del Consiglio del Ministri, ARERA, deducendo due motivi.

Resiste con controricorso la società contribuente.

Le ricorrenti e la controricorrente hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo e con il secondo motivo le ricorrenti denunciano il difetto assoluto di giurisdizione in ordine ai provvedimenti agenziali impugnati per violazione degli artt. 7, comma 1, cod. proc. amm., 7, comma 5, 19, commi 1-3, d.lgs 546/1992, 111, ottavo comma, Cost., 362, cod. proc. civ., 110, cod. proc. amm.

2. Deducono in particolare:

– che i provvedimenti impugnati ed in particolare quello direttoriale, quali “meramente attuativi” del dettato normativo (art. 37, comma 5, decreto-legge 21/22), non costituiscono esercizio di potestà amministrativa discrezionale e non ingenerano alcuna situazione giuridica soggettiva qualificabile come “interesse legittimo”, quindi tutelabile avanti al GA ex art. 7, comma 1, cod. proc. amm. ovvero avanti al GT secondo il diverso modulo processuale di cui all’art. 7, comma 5, d.lgs 546/1992;

– che peraltro la normativa istitutiva delle agenzie fiscali (artt. 56, comma 1, lett. b), 62, comma 2, d.lgs. 300/1999) precludeva la stessa possibilità di esercizio di un potere con natura regolamentare da parte delle medesime, essendo esso riservato al MEF, dovendo le agenzie fiscali limitarsi alla gestione e riscossione dei tributi;

– che l’art. 37, comma 5, decreto-legge 21/22, appunto prevedeva l’attribuzione all’Agenzia delle entrate di una competenza attuativa dello speciale contributo per il “caro energia” che rifletteva detta previsione della fonte normativa istitutiva, essendo an e quantum del contributo direttamente fissati dai precedenti commi di tale disposizione legislativa, residuando all’agenzia fiscale soltanto le modalità dichiarative, solutorie ed informative, senza alcun potere autoritativo integrativo delle norme primarie; -che dunque esclusa la competenza giurisdizionale dell’AGA doveva altresì escludersi qualsiasi altra giurisdizione, concretando l’azione impugnatoria proposta un’aggressione giudiziale diretta alle norme primarie istitutive del contributo de quo ovvero un’anticipazione di tutela rispetto agli atti di accertamento/riscossione emittendi, quindi nella sostanza un’azione di “accertamento negativo” dell’obbligazione contributiva in chiaro contrasto con i limiti c.d. “verticali” della giurisdizione tributaria speciale dati dall’art. 19, d.lgs 546/1992;

– che nessun “vuoto di tutela” era configurabile nel caso di specie ed a conseguenza di una declinatoria di giurisdizione in ordine al medesimo, residuando quelle previste dal d.lgs 546/1992, in relazione all’attuazione del contributo in questione da parte dell’Agenzia delle entrate, trovandosi la società contribuente, allo stato, in una posizione di “interesse di mero fatto” non giudizialmente tutelabile;

– che in ogni caso la circolare impugnata non si poteva ritenere un atto giustiziabile avanti all’AGA, per il totale difetto di effetto costitutivo di un interesse legittimo, trattandosi di attività interpretativa interna, non vincolante per i contribuenti.

3. Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono infondate.

4. I provvedimenti impugnati nel giudizio amministrativo a quo sono, pacificamente, attuativi dell’art. 37, decreto-legge 21/22, istitutivo di uno speciale contributo solidaristico, volto a fronteggiare, nell’interesse dell’utenza, i forti rincari dei prezzi dei prodotti energetici conseguenti agli eventi bellici in Ucraina, imposto alle imprese del settore.

Come ricordato nelle premesse narrative, si tratta di un provvedimento direttoriale, di una circolare interpretativa e di una risoluzione, che complessivamente si fondano sull’attribuzione funzionale attuativa di cui al comma 5 della citata disposizione legislativa, il quale appunto prevede che «Il contributo è liquidato e versato per un importo pari al 40 per cento, a titolo di acconto, entro il 30 giugno 2022 e per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre 2022, con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, sentita l’Autorità’ di regolazione per energia, reti e ambiente, sono definiti gli adempimenti, anche dichiarativi, e le modalità di versamento del contributo. Con il medesimo provvedimento possono essere individuati dati aggiuntivi da indicare nelle fatture di cessione e di acquisto dei prodotti di cui al comma 1 e sono definite le modalità per lo scambio delle informazioni, anche in forma massiva, con la Guardia di finanza».

5. Sostiene l’agenzia fiscale ricorrente che, anzitutto e dirimentemente, il provvedimento direttoriale deve considerarsi esente da qualsivoglia sindacato giurisdizionale.

Tale tesi non è condivisibile.

Trattasi invero di un atto amministrativo generale, come tale impugnabile avanti al GA, in virtù della previsione di cui all’art. 7, commi 1 e 4, cod. proc. amm., che rispettivamente prevedono che «Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico» e che «Sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma».

6. Non ha rilievo la natura discrezionale ovvero vincolata (meramente attuativa della norma primaria) dell’atto in contesto, non essendo un presupposto necessario a fondare la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (in tal senso, tra le molte, cfr. Cons. stato, 2916/2023, 8434/2022), ma essendo invece sufficiente a tal fine che si tratti di un atto autoritativo proveniente da una PA.

7. Peraltro, come correttamente si è rilevato nella sentenza impugnata, ad indirizzare verso la natura – pur latamente – discrezionale del provvedimento de quo porta la medesima norma primaria istitutiva della relativa potestà amministrativa, laddove prevede l’acquisizione obbligatoria del parere dell’Autorità regolatrice del settore energia (ARERA), la cui non vincolatività è un chiaro “indizio” della facoltà di scelta ponderale di interessi demandata al direttore dell’Agenzia delle entrate.

Né il richiamo alle disposizioni del d.lgs. 300/1999 (artt. 56, comma 1, lett. b) e 62) assume contrastante rilevanza, posto che l’attribuzione della gestione e della riscossione dei tributi pacificamente consente all’agenzia fiscale l’esercizio di potestà amministrative pubbliche che, come detto, sostanziando i provvedimenti agenziali, ne fondano la competenza di sindacato giurisdizionale secondo le richiamate previsioni del cod. proc. amm. E ben diversa è l’ontologia dei provvedimenti impositivi “individuali”, quale attuazione -questa sì- vincolata delle singole leggi di imposta, ma di competenza giurisdizionale del giudice tributario ex artt. 2-19, d.lgs 546/1992.

8. Quindi sulla base del petitum “sostanziale” (criterio discretivo consolidato in materia di giurisdizione; cfr., tra le molte, Sez. UU. Ordinanza n. 25210 del 10/11/2020, Rv. 659294-01, Sez. UU. Ordinanza n. 20350 del 31/07/2018, Rv. 650270 – 01) dell’azione impugnatoria proposta, come sopra configurato, è senz’altro da condividere l’affermazione della giurisdizione amministrativa sancita dalla sentenza impugnata.

Poiché l’esercizio del potere discrezionale dell’Agenzia delle entrate, pur attuativo della voluntas legis (peraltro secondo il principio costituzionale di legalità dell’azione amministrativa), costituisce il presupposto generale dell’azione impositrice concreta, la situazione soggettiva che ne deriva non può essere che qualificata come interesse legittimo, giacché altrimenti se ne creerebbe un’assenza di giustiziabilità costituzionalmente non consentita (v. ultra). In altri, più semplici e stringenti termini, la sussistenza di un interesse legittimo, che costituisce la situazione giuridica soggettiva tutelanda, deriva dalla stessa ontologia dei provvedimenti impugnati e quindi sussiste in re ipsa.

9. Come detto, l’agenzia fiscale ricorrente sostiene peraltro, più radicalmente, che, comunque, in ordine ai provvedimenti impugnati non sussista la competenza giurisdizionale di alcun plesso giudiziario. In particolare afferma che l’impugnativa proposta sia qualificabile come diretta impugnazione di disposizioni legislative per vizio di legittimità costituzionale ovvero, alternativamente, come azione di accertamento negativo dell’obbligazione contributiva de qua. Quanto al primo profilo, si deve osservare che dagli atti emerge che l’incostituzionalità dell’art. 37, decreto-legge 21/22 non è affatto l’unica ragione di impugnazione dei provvedimenti amministrativi in questione e va tuttavia affermato che il vizio di legittimità costituzionale è pur sempre un vizio di legittimità dell’atto amministrativo impugnato; per tale motivo che sussiste in ogni caso la rilevanza della questione di legittimità costituzionale proposta, non deprivandola del necessario carattere di “incidentalità” (si tratta di un orientamento consolidato della giurisprudenza costituzionale: cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 4 del 2000, n. 138 del 2017, n. 16 del 2017, n. 103 del 2022).

Quanto al secondo profilo, va rilevato che l’azione proposta coincide con una forma di tutela preventiva avverso i regolamenti/gli atti amministrativi generali rispetto agli atti impositivi/riscossivi “individuali” che è del tutto legittimata, come già osservato, dall’art. 7, commi 1-4, cod. proc. amm., e, per converso, dall’art. 7, comma 5, d.lgs 546/1992, il quale appunto prevede che «Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente». Trattasi invero di un’azione di annullamento esercitabile “in prevenzione” ed alternativamente alla disapplicazione da parte del giudice tributario, secondo uno schema che risulta ben chiaro in tali disposizioni legislative processuali.

10. In tal senso appare altresì corretto il riferimento della sentenza impugnata al “vuoto di tutela” conseguente alla prospettazione agenziale, per chiaro contrasto con gli artt. 24, 113, Cost. e con la risalente giurisprudenza costituzionale sul principio del solve et repete, che il giudice delle leggi ha appunto dichiarato in contrasto con la Carta costituzionale.

11. Per stretta connessione contenutistica, le considerazioni che precedono devono considerarsi valevoli anche per gli ulteriori provvedimenti agenziali impugnati e in particolare per la circolare n. 22/E del 23 giugno 2022. A tale atto si deve infatti ascrivere contenuto integrativo del provvedimento direttoriale ed in quanto tale allo stesso è associabile sul piano della sussistenza dell’affermata giurisdizione amministrativa.

12. Tirando le fila delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene di dover dare seguito al principio di diritto secondo il quale «Rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a. … l’impugnazione proposta dal responsabile di un impianto fotovoltaico contro il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 6 marzo 2020 con cui, in attuazione dell’art. 36, comma 3, d.l. n. 124 del 2019, conv., con modif., dalla l. n. 157 del 2019, sono stati indicati le modalità di presentazione e il contenuto essenziale della comunicazione mediante la quale gli operatori economici che abbiano cumulato la deduzione fiscale ex art. 6, commi 13 ss., l. n. 388 del 2000, e gli incentivi previsti dai decreti ministeriali del 2011 possono, avvalendosi della speciale facoltà introdotta proprio dal citato art. 36, assoggettare alle imposte dirette l’importo dedotto dalle rispettive basi imponibili. Infatti, tale provvedimento si configura come atto tipicamente amministrativo, generale, meramente ricognitivo e attuativo del disposto di legge, non contenente una pretesa tributaria sostanziale e non rientrante nell’elenco riportato nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992» (Sez. UU. –  Ordinanza n. 25479 del 21/09/2021, Rv. 662252 -01).

Tale arresto è stato infatti pronunciato in una controversia che presenta evidenti analogie con quella in esame, trattandosi anche in quel caso di un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate attuativo di una disposizione legislativa che gli demandava di determinare le «modalità di presentazione ed il contenuto» di una comunicazione da inviare a detta agenzia fiscale.

Nulla di più e nulla di diverso.

Orbene, nella citata pronuncia queste SU hanno chiarito che tale provvedimento direttoriale «si configura come atto, tipicamente amministrativo, meramente ricognitivo e attuativo del disposto di legge», che «si limita a regolare gli aspetti pratici dell’attuazione del meccanismo previsto per legge» e concludendo che «Si tratta, quindi, di atto amministrativo generale, non contenente una pretesa tributaria sostanziale, rispetto al quale … appare evidente l’estraneità alla materia devoluta alla giurisdizione tributaria, secondo i canoni fissati dalla giurisprudenza consolidata di queste Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez.Un.n.7664 del 18 aprile 2016 con ulteriori richiami) dalla quale è dato evincere che nessuna disposizione del d.lgs. 31 dicembre 1992 n.546 attribuisce alle Commissioni tributarie un potere direttamente incisivo degli atti generali, in deroga alla tipica giurisdizione di legittimità costituzionalmente riservata agli organi della giustizia amministrativa».

13. In conclusione il ricorso va rigettato.

Tenuto conto della novità e della relativa complessità ermeneutica dell’oggetto del giudizio le spese correlative possono essere compensate.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; compensa le spese. Cosi deciso in Roma 10 ottobre 2023

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