Prova della notifica anche con il timbro delle Poste
Imposte indirette – IVA – Diniego di rimborso – Processo tributario – Spedizione dell’atto di appello a mezzo posta – Prova della data di consegna all’ufficio postale – Sufficienza – Ragioni
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 232 dell’8 gennaio 2019, seguendo la vigente linea interpretativa sulle notifiche degli atti tributari a mezzo posta ha ricordato che il timbro postale vale come prova di notifica.
La prova del perfezionamento della notifica dell’appello tributario è quindi validamente fornita dal notificante mediante la produzione di un documento rilasciato dall’ufficio postale recante il timbro delle poste, senza l’ulteriore incombenza di depositare l’avviso di ricevimento
Nell’ambito del processo tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto di appello è da ritenere “validamente fornita” dal notificante attraverso la produzione dell’elenco delle raccomandate recante il timbro delle poste.
La veridicità dell’apposizione della data mediante il timbro, infatti, è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico e si riferisce all’attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni di ricezione.
Ricordiamo come al riguardo la giurisprudenza della stessa Suprema Corte si fosse precedentemente espressa in maniera univoca con diverse sentenze, tra le quali ricordiamo, ad esempio, la n. 17335/2015, nella quale veniva sancito che “… qualora la scrittura privata non autenticata formi un corpo unico col foglio sul quale è impresso il timbro postale, la data risultante da quest’ultimo è data certa della scrittura, perché la timbratura eseguita in un pubblico ufficio equivale ad attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita: mentre grava sulla parte che contesti la certezza della data l’onere di provare, pur senza necessità di querela di falso, che la redazione del contenuto della scrittura è avvenuta in un momento diverso». Il timbro postale, quindi, consente di stabilire con certezza quando sia stato spedito questo atto con prova legale, senza necessità di depositare la successiva ricevuta di ritorno”.
In detto contesto non assume nemmeno rilevanza l’eventuale mancanza di sottoscrizione da parte dell’agente, mancanza che non fa venir meno la qualificazione di atto pubblico del timbro, in considerazione della possibilità di identificarne la provenienza e non essendo, la stessa, richiesta ad substantiam dalla legge.
Nel caso esaminato la Suprema Corte ha cassato la decisione con cui la CTR aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria contro la sentenza tributaria di primo grado, confermando quanto segue: “… Va ribadito che: nel processo tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto di appello è validamente fornita dal notificante mediante la produzione dell’elenco delle raccomandate recante il timbro delle poste, poiché la veridicità dell’apposizione della data mediante lo stesso è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, riferendosi all’attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni di ricezione, senza che assuma rilevanza la mancanza di sottoscrizione, che non fa venir meno la qualificazione di atto pubblico del detto timbro, stante la possibilità d’identificarne la provenienza e non essendo la stessa richiesta dalla legge ad substantiam (Cass. n. 14163 del 2018). – «Nel giudizio tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto d’appello per il notificante nel termine di cui all’art. 327 c.p.c., è validamente fornita dall’elenco di trasmissione delle raccomandate recante il timbro datario delle poste, non potendosi attribuire all’apposizione di quest’ultimo su detta distinta cumulativa altro significato se non quello di attestarne la consegna all’ufficio postale» (Cass. n. 22878 del 2017). La sentenza impugnata è del tutto difforme dai principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, tenendo conto che l’Agenzia delle entrate appellante aveva depositato le distinte riportanti l’elenco delle raccomandate consegnate per la notifica il 29 ottobre 2015 e il 5 novembre 2015, come attestato da timbro dell’ufficio postale, tra le quali risultano quelle relative all’atto di appello destinato al legale rappresentante e al difensore della società contribuente. L’appello risulta tempestivo, essendo stata la sentenza della commissione tributaria provinciale depositata il 14/07/2015. Il ricorso incidentale va dunque accolto”.
CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 8 gennaio 2019, n. 232
Sul ricorso 21720-2017 proposto da: N. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato BASILIO FERRARI;
– ricorrente –
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1412/1/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CALABRIA, depositata il 23/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO.
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016, osserva quanto segue:
La Commissione tributaria della Calabria, con sentenza in data 23 maggio 2017, ha dichiarato inammissibile — con compensazione delle spese processuali – l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione di primo grado che aveva annullato il diniego di rimborso IVA opposto alla N. s.r.l. per l’anno 2003, poiché non era stata depositata, entro il termine di legge, la ricevuta di spedizione dell’atto di appello presso la segreteria della commissione tributaria, non potendo tale deposito essere surrogato né dalla costituzione in giudizio dell’appellato, né dalla produzione dell’avviso di ricevimento dell’atto o dalla copia fotostatica dell’elenco dei plichi raccomandati consegnati all’ufficio postale.
Avverso la suddetta sentenza la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, con un motivo, limitatamente alla disposta compensazione delle spese del giudizio.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, affidato ad un motivo.
Occorre esaminare con priorità, per ragioni di ordine logico, il ricorso incidentale, con il quale si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 53 d.lgs. n. 546/1992.
Il ricorso è fondato.
Va ribadito che:
– «Nel processo tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto di appello è validamente fornita dal notificante mediante la produzione dell’elenco delle raccomandate recante il timbro delle poste, poiché la veridicità dell’apposizione della data mediante lo stesso è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, riferendosi all’attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni di ricezione, senza che assuma rilevanza la mancanza di sottoscrizione, che non fa venir meno la qualificazione di atto pubblico del detto timbro, stante la possibilità d’identificarne la provenienza e non essendo la stessa richiesta dalla legge ad substantiam (Cass. n. 14163 del 2018).
– «Nel giudizio tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto d’appello per il notificante nel termine di cui all’art. 327 c.p.c., è validamente fornita dall’elenco di trasmissione delle raccomandate recante il timbro datario delle poste, non potendosi attribuire all’apposizione di quest’ultimo su detta distinta cumulativa altro significato se non quello di attestarne la consegna all’ufficio postale» (Cass. n. 22878 del 2017).
La sentenza impugnata è del tutto difforme dai principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, tenendo conto che l’Agenzia delle entrate appellante aveva depositato le distinte riportanti l’elenco delle raccomandate consegnate per la notifica il 29 ottobre 2015 e il 5 novembre 2015, come attestato da timbro dell’ufficio postale, tra le quali risultano quelle relative all’atto di appello destinato al legale rappresentante e al difensore della società contribuente.
L’appello risulta tempestivo, essendo stata la sentenza della commissione tributaria provinciale depositata il 14/07/2015.
Il ricorso incidentale va dunque accolto.
Resta assorbito l’esame del ricorso principale, concernente il capo della sentenza impugnata relativo al regolamento delle spese del giudizio di impugnazione.
In conclusione, in accoglimento del ricorso incidentale, assorbito il ricorso principale, la sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Calabria in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 24 ottobre 2018.