Professionista che rientra in Italia, tassazione agevolata e prosecuzione dell’attività
Il regime speciale per lavoratori impatriati – introdotto dal D.lgs. 147/2015 – è stato oggetto di modifiche normative, introdotte dal Dl 34/2019 (decreto crescita) che si applicano, con decorrenza dal 30 aprile 2019, ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia e risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del citato D.lgs. 147/2015.
Quali requisiti
Per fruire dell’agevolazione fiscale, che consiste in una tassazione ridotta per cinque anni a decorrere dal periodo d’imposta in cui si trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi, nel rispetto di determinati requisiti stabiliti dalla legge, è necessario che il lavoratore:
a) trasferisca la residenza nel territorio dello Stato (ai sensi dell’articolo 2 del TUIR);
b) non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno due anni;
c) svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Sono destinatari del beneficio in esame, inoltre, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra Ue con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale.
In questo caso i criteri da rispettare sono, alternativamente, i seguenti:
a) essere in possesso di un titolo di laurea e aver svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più,
ovvero
b) aver svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
L’agevolazione spetta ai contribuenti per un quinquennio, a decorrere dal periodo d’imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.
I chiarimenti precedenti
Con le circolari 17/E del 2017 e 33/E del 2020 sono stati forniti chiarimenti riguardo al regime speciale e rispetto ai dubbi interpretativi dei contribuenti sono state pubblicate numerose risposte a istanze d’interpello.
Nel principio di diritto n. 6/2023 – “Rientro in Italia dopo la sospensione del rapporto associativo” – l’Agenzia delle entrate evidenzia come l’obiettivo del regime agevolativo sia quello di attrarre nel nostro Paese soggetti che vengano a svolgere un’attività lavorativa a causa della minore tassazione del reddito prodotto dal periodo d’imposta di trasferimento della residenza fiscale in Italia e per alcuni dei periodi d’imposta successivi.
La continuità con l’attività precedente
In tale contesto, nei documenti di prassi finora pubblicati, è stata ritenuta non in linea con i motivi che hanno ispirato la normativa in oggetto la posizione lavorativa di un lavoratore che rientra in Italia e si pone “in continuità” con quella precedente al trasferimento all’estero.
Questo principio trova applicazione anche nei casi in cui il rientro in Italia, per accordi presi con un’associazione professionale da parte di un professionista, “avviene in esecuzione di rapporti contrattuali instaurati con una associazione professionale, in base ai quali il professionista, decorso il periodo di trasferimento, riprende a svolgere l’attività professionale presso la medesima struttura associativa”.
In tale ipotesi l’attività professionale svolta dal professionista al rientro in Italia si traduce, infatti, nella prosecuzione dell’attività professionale svolta prima del trasferimento all’estero, il che fa venir meno il requisito richiesto (“vis attrattiva”) per beneficiare del regime speciale previsto dal citato articolo 16 del D.lgs. 147/2015.
In sostanza, per accedere ai benefici fiscali previsti, il lavoratore non deve svolgere in Italia la stessa attività precedente al trasferimento all’estero e presso la stessa struttura.