Per l’applicazione del regime di margine è necessario provare la buona fede
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5978 del 12 marzo 2018, in merito alle condizioni di applicabilità del regime del margine IVA ha stabilito che in caso di contestazioni da parte del Fisco, il cessionario deve sempre attestare la propria buona e fede e massima diligenza nell’operare.
Il cosiddetto ‘regime del margine’ è un regime speciale dell’IVA previsto dal D.L. 41/1995 e relativo al commercio di quei beni che, una volta fuoriusciti dal circuito del commercio, vi vengono reimmessi in quanto “usati”. La specialità, rispetto al regime ordinario, si concretizza sotto diversi profili. In primo luogo, il sistema di calcolo dell’imposta non è quello ‘imposta da imposta’ ma è quello ‘base da base’; inoltre, di conseguenza, il calcolo della base imponibile su cui applicare l’IVA deriva dalla differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto del bene (il margine). Per il calcolo di questo “margine” il Legislatore, a seconda dei beni commercializzati, ha previsto tre diversi tipi di metodo – analitico, forfettario, globale – ai quali corrispondono differenti obblighi contabili a carico del contribuente. In caso di compravendita di veicoli usati, in presenza di contestazione da parte del Fisco, il contribuente deve provare la buona fede e la massima diligenza nell’aver espletato tutte le verifiche rispetto al corretto assolvimento del tributo in precedenza, cioè serve la verifica se l’IVA sia stata assolta a monte.
Con la pronunzia del 31/1/2018, che aveva medesimo ambito d’interesse, gli Ermellini, citando i principi recentemente sanciti in merito dalle S.U. hanno ricordato che “ … In tema di IVA, il regime del margine – previsto dall’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con modif. in I. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato – costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi. Pertanto, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se I’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta è stata detratta. Nell’ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole» (Cass. SU. n. 21105/2017)”.
Tanto premesso, e tornando al caso in esame, il Fisco notificava tre avvisi di accertamento a una società impegnata nel settore della compravendita di vetture usate. L’ufficio nei fatti negava alla società contribuente l’irregolare applicazione del regime del margine per l’IVA e, nello specifico, rilevava il mancato accertamento del corretto versamento del tributo comunitario da parte dei precedenti proprietari dei beni. L’ente impugnava i provvedimenti e le doglianze erano accolte sia in primo sia in secondo grado. L’Amministrazione finanziaria proponeva allora ricorso in Cassazione per sostenere la legittimità della pretesa fiscale in merito all’IVA non versata.
I Supremi Giudici, nel riconoscere le motivazioni addotte dalla difesa Erariale, ricordano che “ … il motivo è fondato e va accolto alla stregua del principio, affermato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 21105 del 2017, recependo l’orientamento espresso dalla Corte di giustizia nella sentenza 18 maggio 2017, causa C-624/15, Litdana, in base al quale «in tema di IVA, il regime del margine — previsto dall’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con modif. in 1. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato — costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi. Pertanto, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta è stata detratta. Nell’ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole»;
— che in palese contrasto con detto principio si pone l’affermazione della CTR secondo cui ad essere onerata di un obbligo di diligenza nell’accertamento delle qualità soggettive del primo cedente fosse solo il primo cessionario e non quelli a valle nella catena di cessioni, peraltro in un’ipotesi, come quella in esame, di estrema facilità di detto accertamento, risultando dai libretti di circolazione delle autovetture oggetto di compravendita la prima intestazione delle stesse a società di autonoleggio, legittimata ad esercitare il diritto di detrazione dell’IVA dall’acquisto delle auto, in quanto costituenti oggetto dell’attività propria delle predette società.”
Corte di Cassazione Ordinanza 12 marzo 2018, n. 5978
sul ricorso iscritto al n. 27136-2016 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro S.S.A. s.a.s. di Z. L. & C., in liquidazione, in persona del liquidatore L. Z.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1987/02/2015 della Commissione tributaria regionale dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 13/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/02/2018 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.
RILEVATO
— che l’Agenzia delle entrate, sulla scorta delle risultanze di un p.v.c. della G.d.F., emetteva tre avvisi di accertamento nei confronti della società contribuente alla quale contestava l’irregolare applicazione del regime del margine con riferimento all’acquisto di autovetture usate negli anni di imposta dal 2000 al 2002;
l’impugnazione proposta dalla predetta società veniva accolta dalla Commissione tributaria provinciale e l’appello proposto dall’ufficio finanziario veniva rigettato dalla CTR con la sentenza in epigrafe indicata, in cui i giudici di appello sostenevano che la società contribuente, avendo acquistato le autovetture da un operatore italiano, a differenza di quest’ultimo, non era tenuta ad accertare se il cedente straniero avesse correttamente applicato le disposizioni in materia di IVA;
— che avverso tale statuizione ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di un unico motivo, cui non replica l’intimata società;
— che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art.380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
— che il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata;
CONSIDERATO
— che con il motivo di ricorso la difesa erariale deduce la «violazione e falsa applicazione degli artt. 36-40 D.L. 23 febbraio 1995 n. 41, anche in combinato disposto con gli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c.», sostenendo che aveva errato la CTR nell’escludere che nella compravendita di autovetture usate la società contribuente fosse gravata, al pari del primo acquirente, di un onere di diligenza nell’accertamento dei presupposti del corretto regime IVA da applicare;
— che il motivo è fondato e va accolto alla stregua del principio, affermato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 21105 del 2017, recependo l’orientamento espresso dalla Corte di giustizia nella sentenza 18 maggio 2017, causa C-624/15, Litdana, in base al quale «in tema di IVA, il regime del margine — previsto dall’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con modif. in 1. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato — costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi.
Pertanto, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta è stata detratta.
Nell’ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole»;
— che in palese contrasto con detto principio si pone l’affermazione della CTR secondo cui ad essere onerata di un obbligo di diligenza nell’accertamento delle qualità soggettive del primo cedente fosse solo il primo cessionario e non quelli a valle nella catena di cessioni, peraltro in un’ipotesi, come quella in esame, di estrema facilità di detto accertamento, risultando dai libretti di circolazione delle autovetture oggetto di compravendita la prima intestazione delle stesse a società di autonoleggio, legittimata ad esercitare il diritto di detrazione dell’IVA dall’acquisto delle auto, in quanto costituenti oggetto dell’attività propria delle predette società;
— che raccoglimento del motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, per l’esame di eventuali questioni rimaste assorbite e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla competente CTR, in diversa composizione;
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 20/02/2018