CASSAZIONE

Per l’accertamento sintetico non rileva la classificazione dell’imbarcazione

Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico – Redditometro – Art. 38, DPR n. 600/1973 –  Art. 22, DL n. 78/2010 – DM 24/12/2012 – Applicazione– Esclusione – Elementi indice di capacità contributiva – Onere di prova contraria a carico del contribuente – Inutilizzabilità in sede contenziosa, ex art. 32 del DPR n. 600/1973

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30981 del 2 novembre 2021 si è occupata del redditometro c.d. 2.0, approvato con Decreto del Ministro dell’Economia il 24 dicembre 2012, soffermandosi sulla metodologia di accertamento attraverso la quale l’Amministrazione finanziaria determina il reddito complessivo del contribuente, per affermare che nell’accertamento sintetico ciò che conta è la determinazione dell’indice di capacità contributiva e, come nel caso di specie, se il contribuente è in possesso di una imbarcazione non conta a quale tipologia essa appartiene, essendo indifferente la specifica distinzione tipologica prevista dal Codice della navigazione, poiché l’importanza ai fini della legittimità della pretesa risiede nel fatto che comunque l’imbarcazione rappresenta l’indice della capacità contributiva.

La tipologia dell’imbarcazione assumerà valore solo ai fini del quantum accertato.  

Ricorda peraltro l’Agenzia, nella pubblicazione effettuata in collaborazione con la Confindustria/Ucina dedicata agli aspetti fiscali della nautica in occasione del 53° Salone Nautico Internazionale di Genova dell’ottobre 2013, che tra le macro categorie di spese individuate dalla Tabella A allegata al Decreto attuativo presente nell’art. 22 del DL 78/2010, convertito dalla L. 122/2010, vi è quella relativa ai trasporti e in particolare alle spese connesse al mantenimento delle unità da diporto delle quali il contribuente risulta avere la disponibilità nel corso dell’anno, sia che le abbia detenute in proprietà, sia in forza di un contratto di leasing o di noleggio.

Per le finalità dell’accertamento sintetico, quindi, le imbarcazioni rilevano innanzitutto per le spese connesse al loro mantenimento ad uso privato ma anche come manifestazione di capacità di spesa in caso di noleggio o locazione da parte di una persona fisica. Alle spese così determinate vengono aggiunti i costi puntualmente individuabili relativi alle assicurazioni obbligatorie RC e le altre assicurazioni (incendio e furto, ecc.) riferite alle unità da diporto e riconducibili al contribuente.

Rammentiamo che sul piano sistematico gli indici di capacità contributiva sono il reddito, il patrimonio, il consumo e che, a questi, si aggiungono la spesa complessiva, gli incrementi patrimoniali e gli incrementi di valore del patrimonio non legati a un’attività del soggetto passivo. In presenza di questi indici la prestazione tributaria trova la sua giustificazione nella mera possibilità economica (effettiva e reale, e non presunta o fittizia) di concorrere all’interesse collettivo, in ragione dell’esistenza di una ricchezza superiore alle esigenze dell’economia individuale.

Ricordiamo che il precedente “redditometro 2.0” nell’edizione 2013, cioè quello operativo dalle dichiarazioni 2010, individuava il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva, ossia la spesa sostenuta dal contribuente per l’acquisizione di servizi e di beni e per il relativo mantenimento, contenuto sulla base del quale può essere fondata la determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche.

La volontà del Legislatore non aveva l’intento di rappresentare uno strumento automatico di accertamento del reddito, ma uno strumento di orientamento per il medesimo contribuente (funzione di “compliance”), nonché di potenziamento dell’analisi di rischio evasione cui far seguire eventualmente, in base alla classe di rischio effettivamente registrata, azioni mirate di accertamento.

Gli elementi indicativi di capacità contributiva che il Fisco intendeva misurare con quel nuovo redditometro erano ricondotti a più di 100 voci di spesa, rappresentative di tutti gli aspetti della vita quotidiana del contribuente e del suo nucleo familiare e che contribuiscono congiuntamente alla stima del reddito effettivo.  Queste voci sono state aggregate in 7 categorie, una delle quali (Mezzi di Trasporto) ricomprendeva anche Natanti e Imbarcazioni alla stregua di Automobili, Minicar, Caravan, Moto, Aeromobili, Mezzi di trasporto in leasing e noleggio.

Peraltro, anche con la circolare n. 24/E del 31 luglio 2013, l’Agenzia delle entrate rendeva note le indicazioni operative per l’applicazione di questo “nuovo” accertamento sintetico. Il documento di prassi conteneva infatti gli elementi cardine del nuovo strumento di controllo all’evasione, che si basa su più di 100 voci di spesa nelle quali è evidenziato, al punto 3.6.3 titolato “Le spese per trasporti”, il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva relativa alle imbarcazioni, come poi specificato nella cennata tabella A).

Sull’argomento la Cassazione ha, oltre al resto, espresso anche la convinzione che  la presenza di incremento patrimoniale e la disponibilità di determinati beni intesi come indice di ricchezza dispensa l’Amministrazione finanziaria da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su di essi, e resta a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (cfr. Cass. 17534/2019, Cass.27811/2018 e Cass. 17793/2017).

Peraltro, secondo il consolidato orientamento della Cassazione, l’art. 38, comma 6 del DPR 600/1973 chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti o soggetti a ritenute alla fonte) e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere).

In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi, di tipo quantitativo e temporale, la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacita contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi (cfr. Cass. 4167/2018, 20143/2017, 14885/2015, 8995/2014).

Inoltre, appare opportuno sottolineare che con le sentenze n. 5167/2017 e n. 5419/2017 gli Ermellini affrontano invece il frequente caso dell’intervento di terzi soggetti nel sostenimento della spesa del contribuente. Risulta che spesso sono i genitori ad intervenire in tale direzione, acquistando direttamente il bene o provvedendo ai relativi pagamenti rateali, in maniera che il soggetto intestatario dei beni o che formalmente risulta “pagatore” in realtà non possiede le risorse finanziarie che l’accertamento redditometrico permette di ricostruire.

Ciò implica che lo stesso accertamento deve essere ridimensionato: deve prendersi in considerazione quanto asserito in linea difensiva dal contribuente ed eventualmente indagare solo in ordine alla verifica che coloro che sono intervenuti realmente erano in grado, economicamente, di sostenere l’intervento. In altre parole, quando si invoca l’intervento di soggetti terzi, al Fisco resta solo da verificare che realmente il soggetto terzo sia “affidabile”, ossia sia in grado di sostenere l’esborso finanziario e allo stesso tempo abbia risorse legittime e frutto di redditi tassati o di risparmi legittimamente accumulati nel tempo.

Proprio la sentenza n. 5167/2017 si esprimeva in questi termini, in quanto riteneva esauriente la prova difensiva sia perché era stato dimostrato l’intervento del genitore, sia in quanto erano state giustificate anche le risorse che il genitore utilizzava nella circostanza, provenienti da un avvenuto scudo fiscale. A conclusioni analoghe, infine, giungeva la sentenza n. 5419/2017, che appunto richiamava l’attenzione sulla necessità di verificare che i presunti interventi riconducibili ai genitori siano compatibilicon i redditi nella loro disponibilità. In ogni caso va rilevata la possibilità del contribuente, che deduce che la spesa effettuata derivi dalla percezione di ulteriori redditi di cui ha goduto, di provare la disponibilità, l’entità e la durata del possesso: in buona sostanza, il contribuente è sempre nelle condizioni di poter liberamente controbattere.

Gli Ermellini hanno infine ritenuto che per l’accertamento sintetico del reddito è indifferente il tipo d’imbarcazione da diporto, ciò che conta è che l’imbarcazione costituisca un chiaro indice di capacità contributiva.

Tanto premesso e tornando al caso de quo, un contribuente impugnava un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva recuperato a tassazione con metodo sintetico il maggior reddito a fini IRPEF dichiarato sulla base della discrasia tra i modesti redditi complessivi dichiarati e i costanti incrementi patrimoniali effettuati per acquisto di immobili e di una imbarcazione da diporto. Anche nel corso del contraddittorio obbligatorio, relativo alla disponibilità dell’imbarcazione da diporto, l’ufficio aveva ritenuto che la documentazione esibita al fine di dimostrarne la partecipazione al mantenimento da parte di altri soggetti non fosse idonea, e ha quindi proceduto all’emissione del relativo atto impositivo.

Il ricorso è stato rigettato dalla CTP e avverso tale sentenza il contribuente ha proposto appello, accolto parzialmente dalla CTR, la quale aveva dedotto che l’imbarcazione oggetto di accertamento fosse una unità da diporto di metri 9,30 anziché di metri 10,65 e mandava all’ufficio la rideterminazione del reddito sinteticamente accertato.

Avverso tale decisione il contribuente ha proposto ricorso per cassazione lamentando che i giudici tributari regionali avevano non applicato la differenza tra “imbarcazioni di diporto”, che hanno lunghezza superiore a metri dieci, e “natanti”.

La Corte di Cassazione ha respinto il motivo e rigettato il ricorso, aggiungendo poi che: “L’assunto secondo il quale la verifica della riconducibilità del possesso dell’imbarcazione all’una o all’altra delle categorie prese in considerazioni dai decreti ministeriali al fine della ricostruzione sintetica del reddito dovrebbe essere effettuata alla stregua delle definizioni e classificazioni contenute dalla legislazione in tema di nautica da diporto e della legislazione di attuazione della direttiva in materia di progettazione, costruzione e immissione in commercio di unità da diporto, è da disattendere in quanto, come già chiarito da questa Corte, “ai fini che la legge tributaria si propone, non rilevano le classificazioni che, ad altri fini (costruzione, iscrizione negli appositi registri, abilitazioni alla navigazione correlata alla sicurezza della navigazione stessa e della vita umana; comando e condotta delle imbarcazioni) ossia ai fini dell’applicazione del codice della navigazione, dei relativi regolamenti di esecuzione e delle altre leggi speciali, sono contenute nella legge 11 febbraio 1971 n. 50, recante norme sulla navigazione da diporto e modificato dalla legge 6 marzo 1976 n. 51, che distingue tra unità, navi, imbarcazioni e natanti da riporto sono utilizzate dal legislatore. Tali classificazioni sono estranee alle norme tributarie, perché, nell’ambito di esse, l’imbarcazione, comunque sia classificata nella disciplina che ne regola la navigazione, rileva in quanto, sulla base di parametri precostituiti esclusivamente propri della legge tributaria, sia indicativa di capacita contributiva, maggiore o minore a seconda di taluni connotati che, nella valutazione legislativa, costituiscono elementi e circostanze di fatto certi, rivelatori di reddito” (Cass. n. 1622 del 1991; Cass. 5419/2017). Le specifiche finalità del cd. redditometro non possono essere condizionate dalle caratteristiche tipologiche della categoria del bene preso in considerazione se non ove queste siano rilevanti ai fini della capacità contributiva. Avuto riguardo all’insegnamento di cui è espressione Cass.13/11/2018, n. 29067 «In tema di accertamento cd. sintetico, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva dalla percezione di ulteriori redditi di cui ha goduto, è onerato della prova contraria sulla loro disponibilità, sull’entità degli stessi e sulla durata del possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere», la sentenza si sottrae alla censura. La CTR ha, infatti, osservato che “riguardo all’imbarcazione oggetto di accertamento, il contribuente ha provato e documentato che trattasi di unità da diporto di metri 9,30 anziché di metri 10,65, e che il R.I.N.A. ha ratificato la classificazione dell’unità in oggetto quale categoria di “natante da diporto”. Pertanto il valore determinato in accertamento deve essere rideterminato in tal senso. Sul punto trova applicazione la Tabella 2.2. DM 10/9/92 (redditometro) per le “imbarcazioni da diporto di stazza lorda non superiore a 50 t, con propulsione a motore di potenza non superiore a 25 HP effettivi: oltre 900 e fini a 1200 cm – coefficiente 5 – fermo restando l’abbattimento operato dall’Ufficio del 40%. La documentazione agli atti non appare idonea a vincere la presunzione dell’ufficio ed a provare che il reddito imputato è giustificato dal possesso di altri redditi (esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o imposta sostitutiva) oppure, che possa essere frutto di disinvestimenti (patrimoniali e/o indennizzi) e, quale ulteriore elemento reddituale, di interventi di terzi (compreso regalie dei familiari) nella partecipazione al mantenimento dei beni nella disponibilità del contribuente, che non hanno concorso alla formazione dell’esiguo reddito dichiarato”. il contribuente formula una inammissibile censura alla motivazione . Integra un vizio deducibile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., in I. n. 134 del 2012, soltanto l’omesso esame di un fatto (non di un documento o di un atto), che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia (cfr. sul punto, Cass.n. 16703 del 25/06/2018), situazione, questa, sicuramente non ricorrente nel caso di specie.  Con il primo motivo di ricorso incidentale l’Ufficio deduce la violazione dell’art. 36 del D.lgs 546/1992, dell’art. 132 att. c.p.c. comma 2 n. 4) dell’art. 118 artt. C.p.c. lamentando il vizio di motivazione apparente della sentenza. La censura è inammissibile. La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830). Con il secondo motivo di ricorso incidentale l’ufficio deduce la violazione dell’art. 32 del DPR 600/73 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. lamenta che il contribuente aveva prodotto solo in appello e quindi tardivamente l’attestazione dell’organismo di certificazione sulle dimensioni dell’imbarcazione. La censura è inammissibile.  Questa Corte ha più volte affermato che in tema di accertamento fiscale, la sanzione della inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica – in deroga ai principi di cui agli artt.24 e 53 Cost. – per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco (Cass. n. 11765 del 26/5/2014; Cass. 8944/2018).  Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate e si è limitata ad affermare la inutilizzabilità della documentazione prodotta dal contribuente sul presupposto che si trattasse di documentazione non prodotta all’atto della risposta al questionario, non considerando, tuttavia, che la prova dell’avvertimento, al fine di farne derivare la inutilizzabilità della documentazione, incombe sull’Ufficio (Cass. n. 25334 del 28/11/2014; n. 28271 del 18/12/2013; n. 27069 del 27/12/2016) e che nella specie non è stata documentata la circostanza ai fini dell’autosufficienza.  Il ricorso principale e il ricorso incidentale devono essere rigettati”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 2 novembre 2021, n. 30981

sul ricorso iscritto al n. 8366/2015 R.G. proposto da A. P. rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Castelli Avolio, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, piazza della Libertà n. 13 per procura speciale in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro Agenzia delle Entrate rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n.12, è domiciliata

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione -tributaria regionale della Liguria n. 847/5/13 depositata il 24.7.2014.

Udita la relazione svolta alla adunanza camerale del 13.5.2021 dal Consigliere Rosaria Maria Castorina.

Osserva

L’Agenzia delle Entrate accertava analiticamente ex art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, nei confronti di A. P. un maggior reddito per l’anno di imposta 2005; l’accertamento dell’ufficio, effettuato previo invio di questionario, si basava sulla discrasia tra i modesti redditi complessivi dichiarati dal contribuente ed i costanti incrementi patrimoniali dallo stesso effettuati per acquisto di immobili e di una imbarcazione da diporto.

In sede di contraddittorio il contribuente chiariva, in parte la propria posizione fiscale; con riferimento alla disponibilità dell’imbarcazione da diporto l’Agenzia riteneva, tuttavia, che la documentazione esibita al fine di dimostrarne la partecipazione al mantenimento da parte di altri soggetti non fosse idonea.

Il contribuente impugnava l’avviso e la CTP di Genova rigettava il ricorso.

Il contribuente impugnava la sentenza e la CTR della Liguria con sentenza n. 847/5/13 depositata il 24.7.2014, in parziale accoglimento dell’appello verificava che l’imbarcazione oggetto di accertamento era una unità da diporto di metri 9,30 anziché di metri 10,65 e mandava all’Ufficio la rideterminazione del reddito sinteticamente accertato.

Avverso la sentenza di appello A. P. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso proponendo ricorso incidentale affidato a due motivi.

Ragioni della decisione

1.Con il primo motivo il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione della legge n.172/2003 in combinato disposto con l’art. 38 comma 4 del DPR 600/1973 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c..

Lamenta che la CTR non aveva colto la differenza tra “imbarcazioni di diporto” che hanno lunghezza superiore a metri dieci e “natanti” che hanno lunghezza inferiore a metri dieci e che non hanno obbligo di iscrizione nei pubblici registri

2. Con il secondo motivo deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.

Lamenta che la CTR non aveva motivato sulla censura relativa alla anomalia delle tabelle del redditometro sul rapporto di lunghezza delle imbarcazioni e i cavalli attribuiti dal legislatore.

Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta.

Esse non sono fondate.

2.1. L’assunto secondo il quale la verifica della riconducibilità del possesso dell’imbarcazione all’una o all’altra delle categorie prese in considerazioni dai decreti ministeriali al fine della ricostruzione sintetica del reddito dovrebbe essere effettuata alla stregua delle definizioni e classificazioni contenute dalla legislazione in tema di nautica da diporto e della legislazione di attuazione della direttiva in materia di progettazione, costruzione e immissione in commercio di unità da diporto, è da disattendere in quanto, come già chiarito da questa Corte, “ai fini che la legge tributaria si propone, non rilevano le classificazioni che, ad altri fini (costruzione, iscrizione negli appositi registri, abilitazioni alla navigazione correlata alla sicurezza della navigazione stessa e della vita umana; comando e condotta delle imbarcazioni) ossia ai fini dell’applicazione del codice della navigazione, dei relativi regolamenti di esecuzione e delle altre leggi speciali, sono contenute nella legge 11 febbraio 1971 n. 50, recante norme sulla navigazione da diporto e modificato dalla legge 6 marzo 1976 n. 51, che distingue tra unità, navi, imbarcazioni e natanti da riporto sono utilizzate dal legislatore. Tali classificazioni sono estranee alle norme tributarie, perché, nell’ambito di esse, l’imbarcazione, comunque sia classificata nella disciplina che ne regola la navigazione, rileva in quanto, sulla base di parametri precostituiti esclusivamente propri della legge tributaria, sia indicativa di capacita contributiva, maggiore o minore a seconda di taluni connotati che, nella valutazione legislativa, costituiscono elementi e circostanze di fatto certi, rivelatori di reddito” (Cass. n. 1622 del 1991; Cass. 5419/2017).

Le specifiche finalità del cd. redditometro non possono essere condizionate dalle caratteristiche tipologiche della categoria del bene preso in considerazione se non ove queste siano rilevanti ai fini della capacità contributiva.

Avuto riguardo all’insegnamento di cui è espressione Cass.13/11/2018, n. 29067 «In tema di accertamento cd. sintetico, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva dalla percezione di ulteriori redditi di cui ha goduto, è onerato della prova contraria sulla loro disponibilità, sull’entità degli stessi e sulla durata del possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere», la sentenza si sottrae alla censura.

La CTR ha, infatti, osservato che “riguardo all’imbarcazione oggetto di accertamento, il contribuente ha provato e documentato che trattasi di unità da diporto di metri 9,30 anziché di metri 10,65, e che il R.I.N.A. ha ratificato la classificazione dell’unità in oggetto quale categoria di “natante da diporto”. Pertanto il valore determinato in accertamento deve essere rideterminato in tal senso. Sul punto trova applicazione la Tabella 2.2. DM 10/9/92 (redditometro) per le “imbarcazioni da diporto di stazza lorda non superiore a 50 t, con propulsione a motore di potenza non superiore a 25 HP effettivi: oltre 900 e fini a 1200 cm – coefficiente 5 – fermo restando l’abbattimento operato dall’Ufficio del 40%. La documentazione agli atti non appare idonea a vincere la presunzione dell’ufficio ed a provare che il reddito imputato è giustificato dal possesso di altri redditi (esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o imposta sostitutiva) oppure, che possa essere frutto di disinvestimenti (patrimoniali e/o indennizzi) e, quale ulteriore elemento reddituale, di interventi di terzi (compreso regalie dei familiari) nella partecipazione al mantenimento dei beni nella disponibilità del contribuente, che non hanno concorso alla formazione dell’esiguo reddito dichiarato”.

2.2.1. il contribuente formula una inammissibile censura alla motivazione . Integra un vizio deducibile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., in I. n. 134 del 2012, soltanto l’omesso esame di un fatto (non di un documento o di un atto), che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia (cfr. sul punto, Cass.n. 16703 del 25/06/2018), situazione, questa, sicuramente non ricorrente nel caso di specie.

3. Con il primo motivo di ricorso incidentale l’Ufficio deduce la violazione dell’art. 36 del D.Igs 546/1992, dell’art. 132 att. c.p.c. comma 2 n. 4) dell’art. 118 artt. C.p.c. lamentando il vizio di motivazione apparente della sentenza.

La censura è inammissibile.

La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

3.1. Con il secondo motivo di ricorso incidentale l’ufficio deduce la violazione dell’art. 32 del DPR 600/73 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. lamenta che il contribuente aveva prodotto solo in appello e quindi tardivamente l’attestazione dell’organismo di certificazione sulle dimensioni dell’imbarcazione.

La censura è inammissibile.

Questa Corte ha più volte affermato che in tema di accertamento fiscale, la sanzione della inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica – in deroga ai principi di cui agli artt.24 e 53 Cost. – per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco (Cass. n. 11765 del 26/5/2014; Cass. 8944/2018).

Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate e si è limitata ad affermare la inutilizzabilità della documentazione prodotta dal contribuente sul presupposto che si trattasse di documentazione non prodotta all’atto della risposta al questionario, non considerando, tuttavia, che la prova dell’avvertimento, al fine di farne derivare la inutilizzabilità della documentazione, incombe sull’Ufficio (Cass. n. 25334 del 28/11/2014; n. 28271 del 18/12/2013; n. 27069 del 27/12/2016) e che nella specie non è stata documentata la circostanza ai fini dell’autosufficienza.

Il ricorso principale e il ricorso incidentale devono essere rigettati.

In considerazione della reciproca soccombenza le spese processuali devono essere compensate.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo principale, unificato pari a quello previsto per il ricorso (a norma del comma 1-bis del citato art. 13), se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Così deciso nella Camera di Consiglio del 13.5.2021

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