CASSAZIONE

Per i commercialisti-sindaci c’è l’incognita del rimborso IRAP

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 21161 depositata il 12 settembre 2017, ha accolto parzialmente il ricorso del contribuente affermando il principio secondo cui, in materia di IRAP, non ha diritto al rimborso di imposta il dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione e svolgendo contemporaneamente anche gli incarichi connessi di Sindaco, eserciti sostanzialmente un’attività unitaria nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente connesse all’esercizio della professione nel suo complesso.

Secondo il giudizio degli Ermellini il professionista – in questo caso un dottore commercialista, appunto – non ha diritto al rimborso IRAP per gli incarichi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico collegate all’esercizio della professione nel suo complesso.

I giudici di legittimità hanno così ritenuto inammissibile il motivo di ricorso con cui il ricorrente aveva censurato la decisione della CTR che aveva riconosciuto la debenza dell’IRAP sulle somme percepite dal commercialista per effetto dell’attività di Sindaco dallo stesso espletata.

La Suprema Corte, richiamando il proprio orientamento espresso nella sentenza n. 3434 del 5 marzo 2012, ritiene infatti che il dottore commercialista svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale sono coinvolte conoscenze tecniche direttamente connesse alla professione, per cui risulta impossibile scorporare le diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l’esistenza dei requisiti impositivi.

I Giudici del Palazzaccio avevano già ricordato in un caso simile, con la recente Ordinanza 3 luglio 2017, n. 16372 che “L’assunto del giudice merito si pone in continuità con i principi regolativi della materia compendiati da Cass. 3/3/2016, n. 4246 e Cass. 2/11/2016, n. 22138 nel senso che il commercialista, che sia anche amministratore, revisore e sindaco di società, non è soggetto a IRAP per il reddito netto di tali attività perché è soggetto a imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata; il che non si verifica nelle specie in quanto per la soggezione a IRAP non è sufficiente che il commercialista normalmente operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra di per sé il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante quale organo di una compagine terza. Già con Cass. 09/05/2007, n. 10594, Cass. 19/07/2011, n. 15803 e Cass. 05/03/2012, n. 3434 si è chiarito – riguardo a fattispecie nella quale si discuteva di redditi realizzati dal libero professionista nell’esercizio di attività sindaco, amministratore di società, consulente tecnico – che non sia soggetto a imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a quell’attività specifica purché risulti possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l’esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati (conf. inter partes Cass. del 23/01/2017, n. 1712)”.

Tornando ora al fatto in esame, ricordiamo che veniva notificata una cartella di pagamento relativa a IRAP per il periodo di imposta 2009 a un contribuente esercente la professione di dottore commercialista, che proponeva ricorso avverso tale atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale competente. Quest’ultima lo rigettava e, successivamente, la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello confermando la decisione di primo grado.

Il professionista impugnava la cartella con ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici rigettavano il ricorso proposto dal contribuente. Il professionista impugnava allora la decisione del giudice di prime cure con ricorso alla Commissione Tributaria Regionale.

I giudici di appello confermavano la sentenza della CTP e avverso la decisione della CTR il contribuente proponeva ricorso per cassazione fondato su quattro motivi.

Gli Ermellini dichiaravano inammissibili il terzo e quarto motivo e accoglievano i primi due.

Sul punto la Suprema Corte, inoltre, evidenziava come il contribuente, nel censurare la decisione della CTR con cui veniva riconosciuto l’assoggettamento a IRAP dei compensi di Sindaco sulla base della riconosciuta esistenza di beni strumentali, non coglieva “… la ratio della decisione che, secondo la CTR, riposa nel fatto che anche per l’espletamento di siffatta attività il contribuente aveva utilizzato conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione e che lo stesso non aveva assolto l’onere di dimostrare che non si avvaleva di un’organizzazione autonoma.”

In particolare, la difesa riteneva che la CTR avesse erroneamente riconosciuto la debenza dell’IRAP sulle somme percepite dal commercialista per effetto dell’attività di Sindaco dallo stesso espletata in ragione della riconosciuta esistenza di beni strumentali.

I giudici del Palazzaccio, nel ritenere inammissibili i motivi riguardanti sia la domanda di annullamento delle sanzioni amministrative e la violazione di legge in merito alla pretesa impositiva riferibile agli incarichi svolti, hanno ribadito l’orientamento della Corte, decretando con motivazione semplificata che “… non ha diritto al rimborso di imposta il dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, allorché non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame, per il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sul contribuente (Cass. n. 3434 del 05/03/2012)”.

Corte di Cassazione – Sezione/Collegio 6 Ordinanza n. 21161 del 12 settembre 2017

IN FATTO E IN DIRITTO

D.C.R.F. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Veneto indicata in epigrafe, che ha respinto l’appello principale proposto dal contribuente e quello incidentale dell’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso contro la cartella di pagamento relativa ad IRAP per l’anno 2009.

L’Agenzia delle Entrate non ha depositato difese scritte.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

I primi due motivi di ricorso, con i quali si prospetta il vizio di omesso esame dei motivi, riproposti in appello, relativi all’illegittimità del procedimento di emissione della cartella alla stregua del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 36 bis ed alla dedotta violazione del diritto al contraddittorio endoprocedimentale, sono entrambi fondati non risultando da parte della CTR alcuna valutazione su tali doglianze.

Il terzo motivo di ricorso, che invece prospetta l’omesso esame della domanda, per la prima volta proposta in appello, tendente ad ottenere l’eliminazione delle sanzioni applicate per incertezza normativa, è invece inammissibile.

Ed invero, in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme fiscali, sussiste il potere del giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni, anche in sede di legittimità, per errore sulla norma tributaria, in caso di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della stessa, solo in presenza di una domanda del contribuente formulata nei modi e nei termini processuali appropriati, che non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di appello o nel giudizio di legittimità -cfr. Cass. n. 14402/2016 -. La domanda di riduzione delle sanzioni per obiettiva incertezza formulata, per stessa ammissione della parte ricorrente, in grado di appello, era dunque tardiva e inammissibile, sicché la ricorrente difetta di interesse sulla decisione della questione.

Il quarto motivo di ricorso è inammissibile. Ed invero, la parte ricorrente censura la decisione impugnata sostenendo che la CTR avrebbe riconosciuto la debenza dell’IRAP sulle somme percepite dal commercialista per effetto dell’attività di sindaco dallo stesso espletata in ragione della riconosciuta esistenza di beni strumentali. Ora, tale censura non coglie la ratio della decisione che, secondo la CTR, riposa nel fatto che anche per l’espletamento di siffatta attività il contribuente aveva utilizzato conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione e che lo stesso non aveva assolto l’onere di dimostrare che non si avvaleva di un’organizzazione autonoma. Così facendo, infatti, la CTR si è peraltro uniformata alla giurisprudenza di questa Corte, alla cui stregua in tema di IRAP, non ha diritto al rimborso di imposta il dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, allorchè non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame, per il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sul contribuente – cfr. Cass. n. 3434 del 05/03/2012 -. Principi ai quali si è pienamente conformato il giudice di merito e che non hanno costituito oggetto di impugnazione da parte del contribuente.

Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, inammissibili il terzo ed il quarto, la sentenza impugnata va cassata per quanto di ragione, con rinvio ad altra sezione della CTR Veneto anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c. accoglie i primi due motivi di ricorso, inammissibili il terzo e il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Veneto anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle sezione sesta civile, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2017

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