FISCALITA

Pensione estera e regime forfetario: cause di esclusione

Nella richiesta oggetto di chiarimenti, che riguarda l’interpretazione della disciplina del regime dei forfetari e, nello specifico, delle relative cause di esclusione, il contribuente afferma di essere residente in un paese dell’Unione europea, di voler aprire una partita IVA in Italia e che in caso di apertura di partita IVA provvederebbe contestualmente a stabilire la residenza fiscale in Italia; nell’istanza fa presente di percepire un unico reddito, la pensione per raggiunti limiti di età come ex dipendente della Commissione europea, che è superiore all’importo annuo di 30.000 euro.

Inoltre, evidenzia che gli emolumenti corrisposti ai funzionari della Commissione europea sono esenti da tassazione nazionale negli Stati membri, come disposto dall’articolo 12 del Protocollo n. 7 “Sui privilegi e sulle immunità dell’Unione Europea” allegato al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Oggetto della richiesta è un parere in merito alla sussistenza dei requisiti per l’inizio di un’attività con partita IVA individuale con accesso al regime forfetario agevolato, o se la pensione di vecchiaia in qualità di ex dipendente della Commissione europea costituisce una causa ostativa.

Accesso e cause ostative

Il regime forfetario (legge 190/2014) è rivolto ai contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni in possesso di determinati requisiti. La normativa di riferimento stabilisce che non possono avvalersi di tale regime i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilati eccedenti il limite di 30.000 euro e che la verifica di tale importo è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.

Inoltre, nella circolare 10/E del 2016 è stato chiarito che tale limite non rileva se il rapporto di lavoro dipendente è cessato nel corso dell’anno precedente, sempre che nello stesso anno non sia stato percepito un reddito di pensione che, in quanto assimilato a quello di lavoro dipendente, influisce anche in modo autonomo al raggiungimento della soglia indicata.

Il limite rileva, invece, se nello stesso anno il contribuente ha cessato il rapporto di lavoro dipendente ma ne ha intrapreso uno nuovo, ancora in essere al 31 dicembre: ciò risulta in linea con il fine dell’agevolazione fiscale, volta a incoraggiare il lavoratore rimasto senza lavoro e senza pensione. Inoltre, ai fini della non applicabilità della causa di esclusione in commento si considerano soltanto le cessazioni del rapporto di lavoro intervenute nell’anno precedente a quello di applicazione del regime forfetario.

Compatibilità e importo

Stando ai chiarimenti forniti dalla citata circolare 10/E – si legge nella risposta 311/2023 – l’Agenzia delle entrate ritiene che sono esclusi dalla fruizione del regime agevolato i titolari di redditi riconducibili alla categoria dei redditi di lavoro dipendente e assimilati, ossia i titolari di tali redditi a prescindere dalla loro tassazione in Italia o dall’ammontare delle imposte versate sugli stessi. Considerato, inoltre, il riferimento al limite di 30.000 euro, quello che incide ai fini dell’applicazione di tale causa di esclusione è, quindi, l’esistenza di simili redditi e il loro ammontare.

Nel caso in questione, dunque, l’istante non può accedere al regime forfetario per una duplice motivazione: percepisce una pensione di vecchiaia, che in assenza di indicazioni contrarie da parte sua, deve ritenersi astrattamente riconducibile tra i redditi di lavoro dipendente (articolo 49, comma 2, lettera a, del TUIR), ed eccedente la soglia di 30.000 euro, anche se esente da imposte in Italia per effetto delle disposizioni del citato Protocollo n. 7 allegato al Trattato.

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay