FISCALITA IVA LAVORO

Partita IVA cessata e autofattura elettronica, quando è possibile

Il curatore fallimentare di una società, in sede di estinzione del debito maturato dalla società stessa nei confronti di un professionista deceduto come stabilito nel piano di riparto approvato dal giudice delegato, ha chiesto l’emissione della fattura per il pagamento del compenso

professionale agli eredi, che tuttavia non possono farlo perché la partita IVA del professionista defunto risulta cessata. Il curatore, quindi, decide di attenersi ai contenuti della risposta 52/E del 12 febbraio 2020 per assolvere a quello che ritiene sia suo obbligo, ovvero emettere un’autofattura, anche per evitare le sanzioni previste.

Poiché dal 1° gennaio 2019 è obbligatoria la fatturazione elettronica, e ritenendo che l’assenza di una partita IVA attiva del professionista impedisca l’emissione dell’autofattura attraverso il Sistema di Interscambio, chiede quale sia la modalità da utilizzare.

Il momento di chiusura dell’attività professionale

Con la circolare 11/E del 2007 l’Agenzia delle entrate ha già chiarito che l’attività di un professionista non si può considerare cessata fino alla chiusura di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici non ancora conclusi, in particolare di quelli riguardanti crediti direttamente collegati allo svolgimento dell’attività professionale.

E’ stato poi specificato, con la risoluzione 232/E del 2009, che per un professionista la cessazione dell’attività non coincide con il momento in cui egli smette di effettuare prestazioni professionali ma con quello, successivo, in cui conclude i rapporti professionali fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali. Fino a quando il professionista, che non intenda anticipare la fatturazione rispetto al momento di incasso del corrispettivo, non realizza la riscossione dei crediti – il cui introito sia ritenuto ragionevolmente possibile perché, ad esempio, non è scaduto il termine di prescrizione sancito dal Codice civile – l’attività professionale non si può considerare cessata.

Queste conclusioni hanno trovato conferma nella recente risoluzione 34/E del 2019, dove si precisa che in presenza di fatture da incassare o prestazioni da fatturare gli eredi non possono chiudere la partita IVA del professionista defunto fino a quando non viene incassata l’ultimo onorario, “salvo anticipare la fatturazione delle prestazioni rese dal de cuius”.

La cessazione anticipata della partita IVA

E proprio la violazione delle indicazioni di prassi sopra citate, quindi una partita IVA cessata anticipatamente, è l’oggetto della risposta 163/E dell’8 marzo 2021, nella quale è stato chiarito che chi opera per conto del cedente/prestatore mantiene l’obbligo di emettere la fattura riaprendo a posteriori una nuova partita IVA e di eseguire i successivi adempimenti, mentre la parte debitrice, solo a fronte dell’omessa fatturazione, dovrà ricorrere, come forma di regolarizzazione, alla emissione dell’autofattura da parte del cessionario/committente, con conseguente versamento dell’imposta all’erario (art. 6, comma 8, D.lgs. 471/1997). Tale disposizione “è incardinata, infatti, nel sistema sanzionatorio ed ha natura eccezionale, presupponendo l’inadempienza del cedente/prestatore”.

L’obbligo di regolarizzare compete al curatore

Nell’interpello presentato, vista la chiusura anticipata della partita IVA e il successivo immobilismo degli eredi, nonostante la richiesta del curatore di emettere la fattura, scatta l’obbligo per quest’ultimo di regolarizzare l’operazione secondo la norma citata (art. 6, comma 8, D.lgs. 471/1997), in base alla quale chi ha acquistato beni o servizi senza emettere fattura nei termini di legge è punito, salva la responsabilità del cedente o del commissionario, con sanzione amministrativa pari al 100% dell’imposta, con un minimo di 250 euro:la situazione può essere regolarizzata, se non ha ricevuto la fattura, entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione, presentando all’ufficio competente, dopo aver pagato l’imposta, entro il trentesimo giorno successivo un documento in duplice copia dal quale risultino le indicazioni relative alla fatturazione.

Fattura elettronica, Anagrafe tributaria e SdI

L’Agenzia evidenzia che nella Faq n. 17 del 27 novembre 2018 ha spiegato che una fattura elettronica con una IVA (o codice fiscale) del committente inesistente in Anagrafe tributaria viene scartata dal SdI, in quanto non conforme a quanto previsto dall’art. 21, DPR 633/1972. Nel caso, invece, cui la fattura elettronica riporti una partita IVA cessata o un codice fiscale di un soggetto deceduto ma entrambi esistenti in Anagrafe tributaria, il SdI non scarta la fattura, che sarà correttamente emessa ai fini fiscali e le Entrate potranno eventualmente effettuare controlli successivi per appurare la veridicità dell’operazione.

Con la successiva Faq 136 del 19 luglio 2019 è stato chiarito che se la fattura elettronica viene compilata con una partita IVA esistente in AT ma cessata alla data indicata, la fattura elettronica viene scartata.

Non più di 5 anni dalla cessazione

Quando il soggetto obbligato a emettere l’autofattura è il cessionario/committente, mentre il destinatario è il cedente/prestatore, è necessario che sia attiva la partita IVA del primo, ma non anche quella del destinatario: ciò significa che è possibile indicare nel campo “cedente/prestatore” una partita IVA non più esistente alla data di emissione del documento, purché non sia cessata da più di 5 anni. In questo caso il SdI non scarta la fattura, che si considera correttamente emessa ai fini fiscali. Nel caso in questione – oggetto della risposta 344 del 14 maggio 2021 – l’Agenzia afferma che se la partita IVA del cedente/prestatore non è cessata da più di 5 anni il curatore potrà emettere un’autofattura elettronica tramite SdI; in caso contrario dovrà emettere un’autofattura cartacea e versare all’erario l’IVA relativa al compenso pagato (come prescritto dal citato art. 6, D.lgs. 471), dopo di che agli eredi andrà versato il corrispettivo al netto dell’imposta.

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