Opposizione a cartella di pagamento: la competenza è del giudice tributario
Tributi – IVA e IRPEF – Pretesa tributaria – Cartella di pagamento – Contenzioso – Diritto – Giurisdizione tributaria – Giurisdizione ordinaria – Discrimine – TAR – Conflitto negativo
Le SS.UU. della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1394 del 18 gennaio 2022, sono intervenute per chiarire la questione relativa al discrimine fra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria, per sancire la corretta demarcazione fra i due ordinamenti, affermando che la doglianza avanzata dal contribuente, quando è di pertinenza alla legittimità e alla validità della cartella di pagamento, resta riconducibile all’esistenza stessa della pretesa fiscale, che è riservata alla cognizione del giudice tributario, come anche quelle relative alla prescrizione del credito tributario IVA e IRPEF maturate anteriormente all’emissione della cartella.
In definitiva, il conflitto negativo esaminato sollevato dal giudice ordinario è stato risolto dichiarando la giurisdizione del giudice tributario.
All’uopo si è esaminata concretamente la disciplina, di cui al combinato disposto del D.lgs. n. 546/1992, art. 2 e del DPR n. 602/1973, artt. 49 e segg., in particolare dell’art. 57 di quest’ultimo, come emendato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 114/2018, nonché facendo pieno riferimento agli ultimi principi enunciati dalla giurisprudenza dalle stesse Sezioni Unite in materia, fornendo quindi anche il seguente principio di diritto: “… Nel sistema del combinato disposto del D.lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 49 e segg., ed in particolare dell’art. 57 di quest’ultimo, come emendato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 114 del 2018, il discrimine fra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria in ordine all’attuazione della pretesa tributaria che si sia manifestata con un atto esecutivo va fissato nei termini seguenti:a) alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione con cui si reagisce di fronte all’atto esecutivo adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati e, dunque, rilevanti sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, sia avvenuta in modo inesistente o sia avvenuta in modo nullo, e ciò, tanto se si tratti di fatti inerenti ai profili di forma e di contenuto degli atti in cui è espressa la pretesa, quanto se si tratti di fatti inerenti all’esistenza ed al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, cioè di fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa (con l’avvertenza, in questo secondo caso, che, se dedotta una situazione di nullità, mancanza, inesistenza di detta notifica, essa non si assuma rilevante ai fini della verificazione del fatto dedotto); b) alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione delle questioni inerenti alla forma e dunque alla legittimità formale dell’atto esecutivo come tale, sia se esso fosse conseguito ad una valida notifica della cartella o dell’intimazione, non contestate come tali, sia se fosse conseguito in situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notificazione di tali atti (non deducendosi come vizio dell’atto esecutivo tale situazione), nonché dei fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata in executivis successivi al momento della valida notifica della cartella o dell’intimazione, o successivi – nell’ipotesi di nullità, mancanza o inesistenza della detta notifica – all’atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione (e dunque avesse legittimato ad impugnarli davanti alla giurisdizione tributaria)”. Orbene, la doglianza proposta dal contribuente nel giudizio attivato dal C. concerne indiscutibilmente la legittimità e validità della cartella di pagamento – le quali tutte sono riconducibili all’esistenza stessa della pretesa fiscale, riservata alla cognizione del giudice tributario in forza dell’art.2, comma 1, d.lgs. n. 546/1992 -cfr. Cass. S.U., 16 dicembre 2020 n. 28709, Cass. S.U., 20 luglio 2021 n. 20693 e, da ultimo, Cass. S.U., 28 luglio 2021 n. 21642- come anche la questione relativa alla prescrizione del credito tributario -IVA e IRPEF- maturate anteriormente all’emissione della cartella”.
In estrema sintesi, per le fattispecie delle pretese di competenza della giurisdizione tributaria giova richiamare che tale fatto è attribuibile al ricorso tempestivo contro cartella e/o intimazione di pagamento che, ovviamente, non siano state frutto di un avviso o atto tributario prodromico non impugnato e resosi definitivo. Altra situazione riferibile al giudice tributario riguarda l’opposizione di un atto esecutivo che è successivo alla cartella esattoriale invalidamente notificate. Per quanto riguarda la giurisdizione ordinaria, il giudice massimo richiama le cause di estinzione dell’obbligazioni contemporanee o postume intervenute durante l’esecuzione già iniziata.
Secondo il massimo Collegio di legittimità, dunque, il confine fra giurisdizione tributaria e ordinaria in ordine all’attuazione della pretesa tributaria che si manifesta con un atto esecutivo, va fissato lasciando alla giurisdizione tributaria la competenza di ogni questione con cui si reagisce di fronte all’atto esecutivo, rilevante sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, sia avvenuta in modo inesistente o sia avvenuta in modo nullo. Questo, sia nel caso in cui si tratti di fatti inerenti ai profili di forma e di contenuto degli atti in cui è espressa la pretesa, sia se si tratti di fatti inerenti all’esistenza e al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, vale a dire di fatti costitutivi, modificativi o impeditivi di essa.
E’ di competenza invece della giurisdizione ordinaria l’autorità nelle questioni collegate alla forma e, quindi, alla legittimità formale dell’atto esecutivo come tale, nonché dei fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata in executivis successivi al momento della valida notifica della cartella o dell’intimazione, o successivi – nell’ipotesi di nullità, mancanza o inesistenza della detta notifica – all’atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione (e, dunque, avesse legittimato a impugnarli davanti alla giurisdizione tributaria).
Si evidenza che la questione era già stata in passato affrontata dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite (n. 14648 del 2017, sez. L. n. 15717 del 2019, sez. 6-1 n. 21483 del 2015), le quali avevano affermato il seguente principio: “Ove in sede di ammissione al passivo sia eccepita dal curatore la prescrizione dei crediti tributari e successivamente alla notifica della cartella di pagamento, la giurisdizione sulla controversia spetta al giudice tributario, da ciò conseguendo in sede fallimentare l’ammissione con riserva del credito in oggetto”. Con una successiva pronuncia, meritevole anch’essa di attenzione, la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sent. n. 34447/2019) ha enunciato un principio di grande interesse, in materia di giurisdizione, osservando che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 114 del 2018, sarebbe del tutto venuto meno il vuoto di tutela che aveva indotto la giurisprudenza a ritenere che le controversie aventi a oggetto questioni e fatti successivi alla notifica della cartella appartenessero alla giurisdizione tributaria.
E, infatti, la richiamata sentenza n. 34447/2019 ha nei fatti dichiarato l’illegittimità costituzionale del DPR n. 602/1973, art. 57, comma 1, lett. a (come sostituito dal D.lgs. n. 46/1999, art. 16) nella parte in cui prevede che nelle controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui al DPR n. 602/1973, art. 50, non sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c. Dunque, alla luce della dichiarata incostituzionalità della disposizione normativa testé richiamata, sono oggi ammesse le opposizioni all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.
Perciò la richiamata disposizione, secondo gli Ermellini, fa venire meno la giurisdizione esclusiva delle Commissioni Tributarie in relazione a tutti gli atti successivi alla notifica della cartella esattoriale, con la conseguenza che la notifica della cartella di pagamento non impugnata e/o impugnata con esiti sfavorevoli dal contribuente segna il consolidamento della pretesa fiscale nel merito, nonché il passaggio alla giurisdizione ordinaria circa l’analisi di ulteriori vizi che esulano dal merito della pretesa.
In buona sostanza, le Sezioni Unite con questa importante pronuncia si discostano nettamente dalla precedente giurisprudenza che, ricordiamo, affermava che era “… il giudice tributario, la cui giurisdizione si estende a ‘tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere o specie’ (D.lgs. n. 546 del 1992, art. 2), l’unico giudice competente a decidere ogni controversia relativa all’an e al quantum del tributo dovuto, ivi compresa la prescrizione del credito tributario maturata successivamente alla formazione del titolo esecutivo racchiuso nella cartella esattoriale” (Cass. SU n. 23832 del 2007, richiamata da SU n. 14648 del 2017 e n. 8770 del 2016), osservando che l’art. 2 del D.lgs. n. 546/1992, art. 2, come sostituito dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12, comma 2, prevede che “restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 50”.
Infine con l‘ordinanza n. 7822 del 14 aprile 2020, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno fornito altri importanti principi di diritto in ordine all’individuazione della giurisdizione competente – tributaria o ordinaria – in caso di plurime domande legate da un nesso di subordinazione.
Secondo i giudici di legittimità la giurisdizione è strettamente collegata alla domanda proposta, quindi per il supremo consesso “… invero, giova ricordare che secondo la giurisprudenza di queste Sezioni Unite la cognizione appartiene al giudice tributario con riferimento ai fatti incidenti sulla pretesa fiscale verificatisi fino alla notifica della cartella di pagamento, ovvero fino al pignoramento, in caso di notifica invalida della stessa, invece rimanendo devoluta al giudice ordinario la cognizione sulle questioni inerenti la legittimità formale del pignoramento, a prescindere dalla notifica della cartella, nonché la cognizione con riferimento ai fatti incidenti sulla pretesa fiscale verificatisi dopo la notifica della cartella e comunque una volta che l’esecuzione tributaria sia stata avviata”.
In particolar modo, l’art. 2 del D.lgs. n. 546/1992 esclude dalla competenza di merito delle Commissioni Tributarie tutte le questioni riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata, successivi alla notificazione della cartella di pagamento. Le predette limitazioni sono però compensate dalla previsione dell’art. 19 del D.lgs. n. 546/1992, recante un elenco suscettibile di interpretazione estensiva di atti impugnabili innanzi al giudice tributario.
Dunque, la questione della notifica della cartella esattoriale segna un passaggio dirimente ai fini della giurisdizione, determinando il sorgere della giurisdizione del giudice ordinario, l’unico competente a giudicare dei fatti successivamente intervenuti, estintivi e modificativi del credito tributario cristallizzato nella cartella.
Tanto premesso, vediamo che nella vicenda in esame un contribuente si era rivolto al Tribunale per promuovere opposizione avverso una cartella di pagamento notificatagli dalla Riscossione, relativa ad alcune pretese tributarie per l’IVA e l’IRPEF, desumendo l’intervenuta prescrizione dei crediti e la nullità della cartella per mancanza della firma digitale e della certificazione di autenticità e conformità della notifica effettuata a mezzo pec.
Il Tribunale adito aveva declinato la propria giurisdizione in favore del giudice amministrativo, innanzi al quale l’opponente aveva tempestivamente riassunto il giudizio. Il Tar sollevava la questione innanzi alle Sezioni Unite, sospendendo il giudizio in attesa della decisione sostenendo la giurisdizione del giudice tributario. La Suprema Corte, ribadendo la competenza del giudice tributario nel caso in esame, ha offerto il seguente principio di diritto: “… Nel sistema del combinato disposto del D.lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 49 e segg., ed in particolare dell’art. 57 di quest’ultimo, come emendato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 114 del 2018, il discrimine fra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria in ordine all’attuazione della pretesa tributaria che si sia manifestata con un atto esecutivo va fissato nei termini seguenti: a) alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione con cui si reagisce di fronte all’atto esecutivo adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati e, dunque, rilevanti sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, sia avvenuta in modo inesistente o sia avvenuta in modo nullo, e ciò, tanto se si tratti di fatti inerenti ai profili di forma e di contenuto degli atti in cui è espressa la pretesa, quanto se si tratti di fatti inerenti all’esistenza ed al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, cioè di fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa (con l’avvertenza, in questo secondo caso, che, se dedotta una situazione di nullità, mancanza, inesistenza di detta notifica, essa non si assuma rilevante ai fini della verificazione del fatto dedotto); b) alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione delle questioni inerenti alla forma e dunque alla legittimità formale dell’atto esecutivo come tale, sia se esso fosse conseguito ad una valida notifica della cartella o dell’intimazione, non contestate come tali, sia se fosse conseguito in situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notificazione di tali atti (non deducendosi come vizio dell’atto esecutivo tale situazione), nonché dei fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata in executivis successivi al momento della valida notifica della cartella o dell’intimazione, o successivi – nell’ipotesi di nullità, mancanza o inesistenza della detta notifica – all’atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione (e dunque avesse legittimato ad impugnarli davanti alla giurisdizione tributaria)”. Orbene, la doglianza proposta dal contribuente nel giudizio attivato dal C. concerne indiscutibilmente la legittimità e validità della cartella di pagamento – le quali tutte sono riconducibili all’esistenza stessa della pretesa fiscale, riservata alla cognizione del giudice tributario in forza dell’art.2, comma 1, d.lgs. n. 546/1992 -cfr. Cass. S.U., 16 dicembre 2020 n. 28709, Cass. S.U., 20 luglio 2021 n. 20693 e, da ultimo, Cass. S.U., 28 luglio 2021 n. 21642- come anche la questione relativa alla prescrizione del credito tributario -IVA e IRPEF- maturate anteriormente all’emissione della cartella”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 18 gennaio 2022, n. 1394
sul ricorso 13144-2021 per regolamento di giurisdizione proposto d’ufficio dal:
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA, con ordinanza n. 974/2021 depositata il 13/05/2021 nella causa tra:
C. N.;
– ricorrente non costituito in questa fase –
contro ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;
– resistente non costituita in questa fase –
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/12/2021 dal Consigliere ROBERTO GIOVANNI CONTI;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale STANISLAO DE MATTEIS, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, risolvendo il sollevato conflitto negativo, dichiarino la giurisdizione del giudice tributario.
Fatti e ragioni della decisione
C. N. proponeva innanzi al Tribunale di Castrovillari opposizione avverso la cartella di pagamento notificatagli il 6 marzo 2019 dall’Agenzia delle entrate-Riscossione di Cosenza in relazione a pretese tributarie a titolo di IVA e IRPEF, deducendo l’intervenuta prescrizione dei crediti e la nullità della cartella per mancanza della firma digitale e della certificazione di autenticità e conformità della notifica effettuata a mezzo pec.
Il Tribunale adito, nel contraddittorio con l’Agenzia delle entrate- Riscossione, declinava la propria giurisdizione in favore del giudice amministrativo, innanzi al quale il C. riassumeva tempestivamente il giudizio.
Il TAR della Calabria, all’udienza di discussione del 4 maggio 2021, con ordinanza n.974/2021, pubblicata il 13.5.2021, ha sollevato conflitto negativo di giurisdizione innanzi a queste Sezioni Unite ed ha sospeso il giudizio in attesa della decisione, rilevando che la giurisdizione spetterebbe al giudice tributario.
Il Procuratore generale, nelle conclusioni assunte il 30 luglio 2021, si è espresso nel senso di risolvere il conflitto dichiarando la giurisdizione del giudice tributario.
Il suddetto conflitto negativo, ritualmente proposto dal TAR della Calabria alla prima udienza di trattazione nel merito -cfr. Cass. S.U. 15 maggio 2017 n.11988 – va risolto dichiarando la giurisdizione del giudice tributario. Ed invero, giova ricordare che secondo la giurisprudenza di queste Sezioni Unite la cognizione appartiene al giudice tributario con riferimento ai fatti incidenti sulla pretesa fiscale verificatisi fino alla notifica della cartella di pagamento, ovvero fino al pignoramento, in caso di notifica invalida della stessa, invece rimanendo devoluta al giudice ordinario la cognizione sulle questioni inerenti la legittimità formale del pignoramento, a prescindere dalla notifica della cartella, nonché la cognizione con riferimento ai fatti incidenti sulla pretesa fiscale verificatisi dopo la notifica della cartella e comunque una volta che l’esecuzione tributaria sia stata avviata – Cass. S.U., 14 aprile 2020, n.7822-.
A tali conclusioni queste Sezioni Unite sono giunte valorizzando la portata additiva della sentenza della Corte costituzionale n.114/2018, con la quale la Consulta ha ritenuto che in relazione alla portata dell’art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992, la linea di confine fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione tributaria è costituita dalla notifica della cartella esattoriale, tenuto conto di quanto previsto dall’art.50 d.P.R. n.602/1973, sicché le questioni insorgenti fino a tale momento restano devolute alla giurisdizione tributaria. In base a tali premesse, queste S.U. hanno affermato il seguente principio di diritto: “Nel sistema del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 49 e segg., ed in particolare dell’art. 57 di quest’ultimo, come emendato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 114 del 2018, il discrimine fra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria in ordine all’attuazione della pretesa tributaria che si sia manifestata con un atto esecutivo va fissato nei termini seguenti:
a) alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione con cui si reagisce di fronte all’atto esecutivo adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati e, dunque, rilevanti sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, sia avvenuta in modo inesistente o sia avvenuta in modo nullo, e ciò, tanto se si tratti di fatti inerenti ai profili di forma e di contenuto degli atti in cui è espressa la pretesa, quanto se si tratti di fatti inerenti all’esistenza ed al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, cioè di fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa (con l’avvertenza, in questo secondo caso, che, se dedotta una situazione di nullità, mancanza, inesistenza di detta notifica, essa non si assuma rilevante ai fini della verificazione del fatto dedotto);
b) alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione delle questioni inerenti alla forma e dunque alla legittimità formale dell’atto esecutivo come tale, sia se esso fosse conseguito ad una valida notifica della cartella o dell’intimazione, non contestate come tali, sia se fosse conseguito in situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notificazione di tali atti (non deducendosi come vizio dell’atto esecutivo tale situazione), nonché dei fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata in executivis successivi al momento della valida notifica della cartella o dell’intimazione, o successivi – nell’ipotesi di nullità, mancanza o inesistenza della detta notifica – all’atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione (e dunque avesse legittimato ad impugnarli davanti alla giurisdizione tributaria)”. Orbene, la doglianza proposta dal contribuente nel giudizio attivato dal C. concerne indiscutibilmente la legittimità e validità della cartella di pagamento – le quali tutte sono riconducibili all’esistenza stessa della pretesa fiscale, riservata alla cognizione del giudice tributario in forza dell’art.2, comma 1, d.lgs. n. 546/1992 -cfr. Cass. S.U., 16 dicembre 2020 n. 28709, Cass. S.U., 20 luglio 2021 n. 20693 e, da ultimo, Cass. S.U., 28 luglio 2021 n. 21642- come anche la questione relativa alla prescrizione del credito tributario -IVA e IRPEF- maturate anteriormente all’emissione della cartella.
Non può che conseguirne la giurisdizione del giudice tributario.
Non vi è luogo a statuire sulle spese, trattandosi di conflitto di giurisdizione sollevato d’ufficio nel quale le parti non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
PQM
Dichiara la giurisdizione del giudice tributario, dinanzi al quale rimette le parti. Così deciso il 7 dicembre 2021 innanzi alle Sezioni Unite in Roma