Operazioni esenti o non imponibili, la sanzione per errata fatturazione IVA
L’Agenzia delle entrate ha ricevuto richieste di chiarimenti riguardanti l’ambito applicativo delle disposizioni previste dall’art. 6 del decreto legislativo 471/1997 (Violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette a IVA), riguardo alla detraibilità dell’IVA applicata erroneamente a fronte di un’operazione effettivamente esente o non imponibile.
In particolare, il comma 6 stabilisce che chi conteggia illegittimamente in detrazione l’imposta assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa, è soggetto alla sanzione amministrativa del 90% del suo importo; in caso di applicazione dell’IVA in misura superiore a quella effettiva, erroneamente pagata dal cedente/prestatore, fermo restando il diritto del cessionario/committente alla detrazione (articoli 19 e seguenti del 633/1972), il committente è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro.
La restituzione dell’imposta è esclusa se il versamento è avvenuto in un contesto di frode fiscale.
Cassazione e Corte di giustizia Ue
L’ambito applicativo del citato art. 6, D.lgs. 471/1997 è l’oggetto della risoluzione n. 52/2021, nella quale si legge che sulla questione si è anche pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24289 del 3 novembre 2020.
Gli Ermellini hanno chiarito che il cessionario/committente non ha diritto alla detrazione dell’IVA erroneamente corrisposta relativamente a un’operazione non imponibile o esente; il diritto alla detrazione spetta solo se l’errore commesso dal cedente/prestatore riguarda l’applicazione di un’aliquota maggiore rispetto a quella dovuta.
Nel merito la Cassazione ha infatti affermato che, come si desume dal tenore letterale della norma in questione, la stessa si applica soltanto in relazione alle operazioni imponibili, nei casi in cui sia stata corrisposta l’IVA in base a un’aliquota superiore a quella effettivamente dovuta e non anche in riferimento alle ipotesi di operazioni non imponibili.
E ribadisce che la norma si applica unicamente alla diversa ipotesi in cui, a seguito di un’operazione imponibile, l’IVA sia stata erroneamente corrisposta in base a un’aliquota maggiore rispetto a quella realmente dovuta.
Al riguardo, la Cassazione ha ricordato la giurisprudenza della Corte di giustizia europea, in base alla quale l’esercizio del diritto di detrazione è limitato alle imposte corrispondenti a un’operazione soggetta all’IVA e versate in quanto dovute.
Due diverse condotte illecite
In considerazione dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, l’Agenzia distingue due tipologie di condotte illecite, per ciascuna delle quali sono previste due diverse sanzioni:
– una sanzione fissa, compresa fra 250 e 10.000 euro, per il cessionario/committente in caso di applicazione dell’IVA in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente/prestatore, fermo restando il diritto del committente alla detrazione;
– una sanzione pari al 90% dell’ammontare della detrazione illegittimamente eseguita dal cessionario/committente negli altri casi in cui l’imposta è stata assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa. Secondo le Entrate, quindi, nel caso in cui il committente abbia pagato al prestatore – e quindi, di conseguenza, abbia detratto – l’IVA che gli è stata addebitata per errore in fattura, pur trattandosi di operazioni esenti o non imponibili, deve essere dunque applicata la sanzione proporzionale, previo recupero dell’IVA indebitamente detratta.