Omessa fatturazione e dichiarazione IVA, reiterazione e sanzioni
Il quesito odierno riguarda l’omessa fatturazione e omessa presentazione della dichiarazione IVA ed è posto da una società che dal 2016 cura in Italia aste immobiliari fornendo servizi relativi all’organizzazione delle relative vendite verso privati e verso altri soggetti passivi, domiciliata all’estero e registrata ai fini IVA in Italia mediante nomina di rappresentante fiscale da aprile 2023. In riferimento ai servizi resi, la società precisa di non essere parte del contratto di compravendita, che sarà perfezionato dal venditore
(proprietario dell’immobile) e dall’acquirente. Secondo la normativa IVA dell’Unione europea e italiana , i servizi resi da si qualificano ai fini IVA come relativi a beni immobili, in quanto strettamente connessi al bene immobile ceduto, per cui la società avrebbe dovuto addebitare l’IVA italiana relativa ai servizi d’asta per gli immobili ubicati in Italia resi a clienti privati e a soggetti passivi non stabiliti nel nostro Paese.
Considerato che l’istante non ha dichiarato ai fini dell’IVA italiana i servizi svolti dal 2016 fino al momento in cui si è registrata in Italia, intende regolarizzare le violazioni compiute applicando il ravvedimento operoso.
Al fine di quantificare l’importo dovuto per completare la regolarizzazione, la società chiede di chiarire se:
– l’importo dell’IVA da versare è compreso nell’importo totale pattuito e ricevuto;
– la sanzione relativa all’omessa tenuta della contabilità sia da applicare una sola volta per tutte le violazioni compiute;
– la sanzione può essere pagata su base volontaria, anche se è applicabile il ravvedimento operoso versando l’importo di 250 euro per ciascun anno, tenuto conto che l’IVA dovuta sarà regolarizzata tramite ravvedimento operoso della omessa fatturazione.
Gli aspetti già chiariti
Nella risposta 450/2023 l’Agenzia delle entrate ribadisce un paio di principi già oggetto di precedenti documenti di prassi e chiarimenti in materia di ravvedimento e, in particolare:
1) non è consentito avvalersi del cumulo giuridico in sede di ravvedimento operoso, essendo tale possibilità consentita solo agli uffici dell’Amministrazione finanziaria in sede di contestazione della violazione e, quindi, ciascuna violazione commessa va singolarmente ravveduta;
2) la dichiarazione presentata oltre 90 giorni dalla scadenza del termine è da considerare comunque omessa, con la conseguenza che le sanzioni non possono essere spontaneamente regolarizzate mediante l’istituto del ravvedimento operoso.
L’IVA da versare
In base al meccanismo della rivalsa, che permette di addebitare l’imposta nei vari passaggi da soggetto passivo a soggetto passivo sino al consumatore finale, il DPR 633/1972 (articolo 18) prevede che il soggetto che effettua la cessione di beni o prestazione di servizi deve addebitare la relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o al committente; per le operazioni per le quali non è prescritta l’emissione della fattura il prezzo o il corrispettivo si intende comprensivo dell’imposta. Anche in considerazione delle indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia Ue (sentenza 1 luglio 2021, causa C521/19), il prezzo concordato e incassato per il servizio reso, inizialmente non fatturato, va inteso come comprensivo dell’imposta se, come nel caso in questione, il cessionario/committente non può esercitare la relativa detrazione trattandosi di un soggetto non residente.
Violazioni degli obblighi relativi alla contabilità
L’articolo 9 del D.lgs. 471/1997 prevede la sanzione amministrativa da 1.000 a 8.000 euro, che in determinate circostanza può essere ridotta fino alla metà del minimo, mentre è applicata in misura doppia se vengono accertate evasioni dei tributi diretti e dell’IVA complessivamente superiori, nell’esercizio, a 50.000 euro. Fermo restando che la sanzione è da considerarsi unica per le scritture/documenti che non sono tenuti e conservati nel rispetto della legge, altrettanto non può dirsi per la ripetizione in vari periodi d’imposta, sia per la indicata impossibilità del cumulo giuridico, sia perché le violazioni si configurano di anno in anno ( nella risposta si legge che “sarebbe ad esempio impossibile considerare unitariamente una fattura che doveva essere emessa, e poi conservata, nel 2017 con altra del 2021”). La società potrà dunque regolarizzare la propria posizione con il versamento di una sanzione ridotta per ciascun periodo d’imposta sanato.
Omessa dichiarazione IVA
In caso di omessa presentazione della dichiarazione, il versamento integrale delle relative imposte comporta l’applicazione della sanzione fissa di 250 euro soltanto nel caso in cui tale versamento sia stato effettuato entro 90 giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione della dichiarazione. Scaduto tale termine, anche se l’imposta è stata pagata, si applica la sanzione dal 120 al 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di euro 250, ovvero dal 60 al 120% con un minimo di 200 euro, se la dichiarazione omessa è presentata entro il termine di presentazione di quella relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui si abbia avuto formale conoscenza. La sanzione per omessa dichiarazione Iva assorbe quella per l’omesso versamento dell’imposta.
In primo luogo, per quanto riguarda l’importo IVA da versare, l’Agenzia evidenzia il meccanismo della “rivalsa”, per garantire che l’imposta sul valore aggiunto gravi unicamente sul consumatore finale. Si tratta del meccanismo che consente di addebitare l’imposta nei vari passaggi da soggetto passivo a soggetto passivo sino al consumatore finale, il quale rimane, in ultimo, inciso dalla stessa.
Dopo aver richiamato quanto previsto dal decreto IVA e le indicazioni fornite dalla Corte di giustizia europea , l’Agenzia sottolinea che il prezzo concordato per il servizio reso, inizialmente non fatturato, va inteso come comprensivo dell’imposta nel caso in cui il cessionario/committente non possa esercitare la relativa detrazione e al netto dell’IVA in caso contrario (quando il cessionario/committente è un soggetto passivo d’imposta).
Violazioni degli obblighi di contabilità
Per quanto riguarda le violazioni degli obblighi di contabilità, il documento riepiloga le sanzioni applicabili, da 1.000 a 8.000 euro, secondo quanto previsto all’articolo 9 del decreto legislativo n. 471/1997, confermando l’unica penalità per le scritture/documenti che non sono tenuti e poi conservati nel rispetto della legge. Discorso a parte, però, in caso di ripetizione del comportamento tra i vari periodi d’imposta. Questo perché non è possibile, come anticipato, ricorrere al cumulo giuridico e dato che le violazioni si configurano di anno in anno. Per regolarizzare, dunque, sarà necessario istituire i libri e i registri necessari ed emettere le fatture per le operazioni effettuate, a cui si aggiunge il pagamento della sanzione richiamata in precedenza ridotta con ravvedimento operoso per ciascun periodo d’imposta sanato.
Per quanto riguarda la tardiva dichiarazione di inizio o variazione attività, inoltre, l’Agenzia specifica che, anche se spontanea, la violazione è sempre sanzionabile secondo quanto previsto dall’articolo 5, comma 6, del Dlgs n. 471/1997, e può essere ridotta a un quinto del minimo se la dichiarazione è presentata entro 30 giorni dall’invito dell’ufficio a regolarizzare. Per evitare tale esito è possibile avvalersi del ravvedimento operoso.
Omessa fatturazione e dichiarazione IVA: come regolarizzare e quali sanzioni si applicano
L’Agenzia delle Entrate ribadisce come versamenti e presentazione della dichiarazione IVA rappresentano i cardini su cui si fonda il sistema fiscale italiano ed il connesso apparato di controllo, richiamando le diverse norme sanzionatorie del D.lgs. n. 471/1997.
Pertanto, un contribuente che voglia regolarizzare una propria precedente omissione, per ciascun periodo d’imposta, dovrebbe:
– emettere le fatture mancanti. La data di emissione da riportare sul documento sarà quella di emissione mentre quella dell’operazione corrisponde al giorno dell’incasso del corrispettivo per il servizio reso;
– comunicare i dati delle liquidazioni periodiche omesse (a meno che la regolarizzazione non avvenga direttamente con la dichiarazione annuale o successivamente alla sua presentazione);
– presentare la relativa dichiarazione IVA (che va considerata comunque formalmente omessa, se successiva al novantesimo giorno dalla scadenza del termine di presentazione) e versare l’imposta eventualmente dovuta oltre interessi.
A questo si aggiunge il pagamento delle sanzioni previste per:
– omessa fatturazione e registrazione, pari al 90 per cento dell’imposta non fatturata con un minimo di 500 euro per ciascun documento;
– omessa comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche, minimo di 500 euro per ognuna;
– omesso versamento dell’IVA dovuta, 30 per cento di ogni importo non versato;
– omessa presentazione della dichiarazione, 120 per cento dell’ammontare del tributo dovuto per il periodo d’imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto essere oggetto di dichiarazione, con un minimo di 250 euro.
Per le prime tre violazioni è possibile applicabile il ravvedimento operoso.
In caso di omessa presentazione della dichiarazione, invece, il versamento integrale delle relative imposte comporta l’applicazione della sanzione prevista dall’articolo 5, comma 1, del D.lgs. n. 471/1997 solo se tale versamento è stato effettuato entro il termine di 90 giorni dalla scadenza del termine ordinariamente previsto per la presentazione della dichiarazione.