CASSAZIONE

Obbligo del contraddittorio per i tributi “armonizzati”

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 21071 dell’11 settembre 2017, ha statuito che solo per i tributi armonizzati c’è un obbligo di contraddittorio preventivo all’emissione dell’atto la cui violazione comporta la nullità, a condizione che il contribuente enunci le ragioni che avrebbe potuto far valere. Infatti, il contraddittorio ha una generale applicazione nelle materie armonizzate, principalmente IVA e dogane, mentre al di fuori di questi settori troverebbe applicazione solo nei casi espressamente previsti.

La pronuncia si è orientata sulla base della dirimente pronunzia emessa a Sezioni Unite, la n. 24823/2015, che ha aggiunto un necessario chiarimento sulla annosa questione della rilevanza del principio del contraddittorio precontenzioso in materia tributaria e ha in parte risolto la questione relativa alla necessità, nelle cosiddette “indagini a tavolino”, del contraddittorio preventivo.

Si affermava che il contraddittorio ha una generale applicazione nelle materie armonizzate (IVA e dogane, principalmente), mentre al di fuori di questi settori avrebbe applicazione solo nei casi espressamente previsti e solo se il contribuente non avanzi una eccezione “vuota” o “abusiva”: ciò implica non solo che il contribuente che eccepisce il difetto del contraddittorio debba dimostrare di aver ragione, ma che deve inoltre dimostrare che nel contraddittorio avrebbe esposto delle difese che, anche se non fondate, non erano “vane e vuote”.

In sostanza si affermava che nell’ordinamento tributario nazionale non esiste un principio generale, nemmeno derivante dai precetti costituzionali, che impone all’Amministrazione finanziaria un obbligo generalizzato circa l’instaurazione del preventivo contraddittorio con il contribuente (in senso contrario si veda Cassazione, Sezioni Unite, n. 19667/2014).

Solamente per i tributi “armonizzati” sussiste tale obbligo a un preventivo contraddittorio, perché sancito dalla norme della Comunità Europea.

Allora, nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato l’esigenza del preventivo contraddittorio tra le parti prima dell’emissione di un avviso di accertamento solo per i tributi armonizzabili, ma ha altresì aggiunto un ulteriore presupposto.

Precisamente, gli Ermellini hanno voluto insistere sul fatto che “… il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa”, ribadendo nella sostanza quanto espresso nella sentenza SS. UU. n. 24823 del 9/12/2015.

Orbene, la Suprema Corte, con la sentenza n. 21071/2017 ha confermato l’esigenza del preventivo contraddittorio tra le parti prima dell’emissione di un avviso di accertamento, solo per i tributi armonizzabili, ma ha altresì aggiunto un ulteriore presupposto.

I Supremi Giudici hanno quindi accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate che aveva impugnato la sentenza favorevole al contribuente della CTR di Napoli, stabilendo che “… Va infatti ribadito che ‘In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione Finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi armonizzati, mentre per quelli non armonizzati non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito’ (Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637604 – 01). Nei casi di specie si tratta di accertamenti per reddito di partecipazione societaria ‘derivato’ da un accertamento societario – riguardante l’IRAP e l’IVA – di tipo induttivo ‘misto’ ossia basato non solo e comunque non principalmente sullo scostamento dallo studio di settore, ma anche ed essenzialmente sulla antieconomicità manifesta della gestione aziendale della società verificata. Quindi le liti – odiernamente riunite – hanno come oggetto sia tributi non armonizzati (IRPEF-IRAP) sia un tributo armonizzato (IVA) e procedure accertative per le quali la legge non prevede espressamente, in linea generale, l’obbligo del contraddittorio endo procedimentale con il contribuente. Le sentenze impugnate sono pertanto palesemente difformi da detto principio di diritto in relazione all’IRAP ed all’IRPEF, mentre per quanto riguarda l’IVA quella emessa nel procedimento n. 22342/2016 se ne discosta parzialmente, non avendo affatto indagato il tema, fattuale/meritale, della ‘non pretestuosità’ dell’opposizione della società contribuente (c.d. ‘prova di resistenza’). I ricorsi devono dunque essere accolti, con cassazione delle sentenze impugnate e rinvio al giudice a quo per nuovo esame”.

 

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza n. 21071 dell’11 settembre 2017

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato nel procedimento n. 878/2016 che:

Con sentenza in data 1 giugno 2015 la Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva l’appello proposto da P.R. avverso la sentenza n. 12373/13/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRPEF 2009. La CTR osservava in particolare che “ragione più liquida” di accoglimento del gravame era il difetto di contraddittorio endoprocedimentale in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo un motivo unico.

Resiste con controricorso il contribuente.

Rilevato nel procedimento n. 1317/2016 che:

Con sentenza in data 1 giugno 2015 la Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva l’appello proposto da L.S. avverso la sentenza n. 12372/13/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRPEF 2009. La CTR osservava in particolare che “ragione più liquida” di accoglimento del gravame era il difetto di contraddittorio endoprocedimentale in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo un motivo unico.

Resiste con controricorso la contribuente.

Rilevato nel procedimento n. 22343/2016 che:

Con sentenza in data 25 settembre 2015 la Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva l’appello proposto dalla Officina Fiat P. sas di R.P. avverso la sentenza n. 12374/13/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRAP, IVA 2009. La CTR osservava in particolare che doveva considerarsi assorbente ragione di accoglimento del gravame il – pacifico – difetto di contraddittorio endoprocedimentale in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12 espressamente richiamando le analoghe decisioni emesse dalla Commissione stessa nelle controversie riguardanti i redditi di partecipazione imputati per trasparenza ai soci della appellante.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione 1’ Agenzia delle Entrate deducendo un motivo unico.

Resiste con controricorso la società contribuente.

Ritenuto preliminarmente che i tre giudizi indicati in epigrafe vadano riuniti, dovendosi per un verso ribadire che “L’IRAP è imposta assimilabile all’ILOR, in quanto essa ha carattere reale, non è deducibile dalle imposte sui redditi ed è proporzionale, potendosi, altresì, trarre profili comuni alle due imposte dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 17, comma 1, e art. 44. Ne consegue che, essendo l’IRAP imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, sussiste il litisconsorzio necessario dei soci medesimi nel giudizio di accertamento dell’IRAP dovuta dalla società” (Sez. U -, Sentenza n. 13452 del 29/05/2017, Rv. 644364 – 01), ma per altro verso che “Nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: (1) identità oggettiva quanto a “causa petendi” dei ricorsi; (2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; (3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; (4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost. , comma 2, e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio” (Sez. 5, Sentenza n. 3830 del 18/02/2010, Rv. 611765 – 01) ed essendosi sostanzialmente verificate le condizioni indicate nel principio di diritto di cui al secondo arresto giurisprudenziale citato, in particolare avendo il giudice tributario di appello deciso gli appelli del P. e della L. nella stessa udienza dello stesso Collegio, quello della Officina Fiat P. sas di R.P. in un’udienza di poco successiva di diverso Collegio, ma con espresso richiamo e condivisione delle sentenze emesse nei confronti dei soci della società contribuente medesima.

Considerato che:

Con l’unico motivo pressoché identicamente dedotto – ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 – in tutti e tre i procedimenti l’Agenzia Fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione di plurime disposizioni legislative, poiché la CTR ha statuito la nullità degli avvisi di accertamento impugnati per difetto del contradditorio endoprocedimentale.

La censura è fondata.

Va infatti ribadito che “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione Finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito” (Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637604 – 01).

Nei casi di specie si tratta di accertamenti per reddito di partecipazione societaria “derivato” da un accertamento societario -riguardante l’IRAP e l’IVA – di tipo induttivo “misto” ossia basato non solo e comunque non principalmente sullo scostamento dallo studio di settore, ma anche ed essenzialmente sulla antieconomicità manifesta della gestione aziendale della società verificata.

Quindi le liti – odiernamente riunite – hanno come oggetto sia tributi “non armonizzati” (IRPEF-IRAP) sia un tributo “armonizzato” (IVA) e procedure accertative per le quali la legge non prevede espressamente, in linea generale, l’obbligo del contraddittorio endo procedimentale con il contribuente.

Le sentenze impugnate sono pertanto palesemente difformi da detto principio di diritto in relazione all’IRAP ed all’IRPEF, mentre per quanto riguarda l’IVA quella emessa nel procedimento n. 22342/2016 se ne discosta parzialmente, non avendo affatto indagato il tema, fattuale/meritale, della “non pretestuosità” dell’opposizione della società contribuente (c.d. “prova di resistenza”).

I ricorsi devono dunque essere accolti, con cassazione delle sentenze impugnate e rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

P.Q.M.

La Corte accoglie i ricorsi riuniti, cassa le sentenze impugnate e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2017

Depositato in Cancelleria l’11 settembre 2017

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