ECONOMIA

Obblighi contributivi, reato penale o amministrativo. La Cassazione dà ragione all’INPS

Con il Messaggio n. 437 del 31 gennaio 2018, l’INPS fornisce dei chiarimenti in merito alla depenalizzazione delle ipotesi di reato in materia di lavoro e previdenza obbligatoria, indicando il periodo annuo di riferimento per il calcolo del limite di omesso versamento delle ritenute previdenziali, confermando i criteri per determinare l’importo complessivo superiore a 10.000 euro annui.

Il decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 – attuativo della legge 67/2014 – in vigore dal 6 febbraio 2016, ha regolamentato la depenalizzazione di numerose ipotesi di reato in materia di lavoro e previdenza obbligatoria, prevedendone la trasformazione in illeciti amministrativi.

In ambito previdenziale, la depenalizzazione ha riguardato, in particolare, l’art. 2, comma 1-bis, del decreto legge 463/1983, convertito dalla legge 638/1983, sostituito quindi dall’art. 3, comma 6, del decreto legislativo 8/2016, che sancisce quanto segue: “1-bis. L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione”.

La norma ha parzialmente depenalizzato il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali, introducendo una distinzione collegata al valore dell’omissione compiuta dal datore di lavoro: per i casi di omessi versamenti di importo superiore a 10.000 euro annui è stata prevista la sanzione penale della reclusione fino a tre anni, congiunta alla multa fino a 1.032 euro. Per le ipotesi, invece, di omessi versamenti di importo inferiore a tale limite, nei confronti del datore di lavoro si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro.

 

L’anno civile

Con la circolare n. 121 del 2016 l’Istituto previdenziale ha specificato che l’arco temporale da considerare per il controllo sul corretto adempimento degli obblighi contributivi, riguardo alla determinazione dell’importo di 10.000 annui individuati come soglia per identificare la fattispecie di illecito penale o amministrativo, è quello compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre di ogni anno (anno civile).

In proposito è stato chiarito che i versamenti che concorrono al raggiungimento del limite di 10.000 euro annui sono quelli che vanno dal mese di dicembre dell’anno precedente all’annualità considerata (da versare entro il 16 gennaio) fino a quelli relativi al mese di novembre dell’annualità considerata (da versare entro il 16 dicembre): in questo modo modo l’innesco del procedimento di contestazione dell’omesso versamento delle ritenute è assoggettato a un processo di consuntivazione necessario per quantificare il valore complessivo dell’omissione.

 

INPS Vs Ispettorato del Lavoro

Questo chiarimento giunge a seguito della diatriba sorta sul modo di considerare le mensilità per calcolare il tetto dei 10.000 euro fra INPS e Ispettorato del Lavoro, che ha reso necessario giungere all’interpretazione, da parte della Corte di Cassazione, della norma relativa alla depenalizzazione reati fiscali relativa ai versamenti contributivi prevista dal D.lgs. 8/2016.

Rispetto a tale previsione l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nello stabilire le indicazioni per il personale ispettivo, è intervenuto superando i chiarimenti sull’individuazione del parametro annuo forniti dal Ministero del Lavoro (Direzione generale per l’Attività Ispettiva) con la nota n. 9099 del 3 maggio 2016 e fatte proprie dall’INPS nella citata circolare n. 121/2016.

L’Ispettorato, infatti, con una nota di settembre 2017, anche rifacendosi ai contenuti espressi nella pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. Pen. n. 39882/2017, ha specificato che la verifica dell’eventuale omissione del versamento delle ritenute deve essere effettuata in base al criterio della competenza contributiva, ossia facendo riferimento al periodo che intercorre dalla scadenza del primo versamento dell’anno contributivo dovuto relativo al mese di gennaio (16 febbraio) sino alla scadenza dell’ultimo, relativo al mese di dicembre (16 gennaio dell’anno successivo).

Alla luce della difformità da quanto, invece, sostenuto dall’INPS, la questione interpretativa concernente la corretta determinazione dell’importo complessivo superiore ai 10.000 euro annui, rilevante per il raggiungimento della soglia di punibilità, è stata quindi rimessa alle Sezioni Unite Penali della Suprema Corte, che con l’informazione provvisoria n. 1, N.R.G. 27599/2017 del 18 gennaio 2018, hanno specificato che nell’individuazione dell’importo annuo si deve fare riferimento alle mensilità di scadenza dei versamenti contributivi, quindi: periodo 16 gennaio – 16 dicembre, relativo alle retribuzioni corrisposte, rispettivamente, nel periodo dicembre dell’anno precedente e novembre dell’anno in corso.

La Corte di Cassazione ha dunque dato ragione all’INPS, che continuerà ad applicare il criterio sopra descritto: restano quindi confermate, pertanto, le indicazioni formulate dall’Istituto previdenziale.

 

 

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