ECONOMIA FISCALITA

Nuovo Rapporto, vecchio risultato: in Italia pochi pagano le tasse per molti

E’ stata pubblicata la settima edizione dell’Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate 2020, “Dichiarazioni dei redditi ai fini IRPEF 2018 per importi, tipologia di contribuenti e territori e analisi delle imposte dirette”, realizzato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali nell’ambito dell’attività

di monitoraggio dell’andamento spesa pubblica. L’Osservatorio – che estrae i dati dal database messo a disposizione dal Dipartimento delle Finanze del Mef e dall’Istat per la popolazione residente – analizza le dichiarazioni individuali dei redditi IRPEF e quelle societarie relative all’IRAP per capire la reale situazione socio-economica del Paese, delineando la distribuzione dei redditi dichiarati attraverso un’accurata analisi su base annua delle dichiarazioni in riferimento agli ultimi dati disponibili, ovvero i redditi IRPEF del 2018 per le dichiarazioni presentate nel 2019 e quelli IRAP del 2017 dichiarati nel 2018. Per scattare una fotografia il più possibile fedele alla realtà, inoltre, l’analisi dell’Osservatorio include anche le principali imposte dirette e indirette (IRES, TASI, IMU e IVA): per l’IRPEF l’analisi dei redditi è suddivisa per tipologie di contribuenti (dipendenti, autonomi, pensionati e altri dichiaranti), per scaglioni di reddito e per Regione, con anche la ripartizione territoriale delle addizionali regionali e comunali, mentre per l’IRAP troviamo la distribuzione dell’imposta per singola Regione. Sono state inoltre elaborate tabelle e indicatori che tracciano la distribuzione dei redditi dichiarati e l’imposta versata totale pro capite, sia per contribuenti che per cittadini, suddivisi per fasce di reddito.

Una mole di dati significativa, quindi, della quale noi ovviamente proveremo a sintetizzare alcuni aspetti.

La Costituzione, l’evasione e la Storia

Quanto emerge dal puntuale quadro delineato nel rapporto è la palese, costante, ma purtroppo immancabile e reiterata violazione dell’art. 53 della Costituzione italiana, che così recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. E quindi, eccoci di nuovo a parlare di evasione fiscale.

Nella prefazione di un libro edito da Sperling & Kupfer nel 2000 e curato da chi scrive – “Come pagare meno tasse senza evadere il Fisco” – Giorgio Benvenuto, allora Presidente della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, scriveva: “Non bisogna mai seminare allarmismi ingiustificati, ma rileggendo la Storia sono numerosi gli episodi che riguardano rivolte nate per motivi fiscali. Le varie insurrezioni napoletane per la tassa sul macinato o quella di Perugia del 1537 per la tassa sul sale sono solo alcuni esempi delle insofferenze dei cittadini per quelle che ritenevano, a ragione, vere e proprie vessazioni”. Era il 2000 e prendeva vita lo Statuto dei diritti del contribuente, una legge (la n. 212/2000) fra le meno rispettate. 

Sono passati 20 anni, ma non è cambiato molto…poco rispetto per i diritti, tasse, gabelle, orpelli, adempimenti gravosi e inestricabili, aggravati poi dalla pandemia con un complesso e ritorto mix di ristori, rilanci, proroghe, esenzioni e pagamenti.

Sempre i soliti

Il tutto, però, interessa (colpisce) chi le tasse le paga, e dall’analisi di Itinerari Previdenziali – e da molte altre, negli anni – sembra che non si tratti di tutti i cittadini se, come documenta il Centro Studi, il 13% degli Italiani paga quasi il 60% delle imposte.

Il nostro è un Paese “strano”, se pensiamo che è vero, siamo ai primi posti nel mondo per il livello della pressione fiscale ma siamo anche al primo posto in Europa per possesso di abitazioni, autoveicoli, telefoni, e al secondo posto per animali da compagnia; questi dati “sembrerebbero” non in linea con quanto emerge dalle dichiarazioni dei redditi: per non parlare, poi, dei dati Istat relativi al gioco d’azzardo, ai 140.000 luoghi di giochi e scommesse, alle macchinette da gioco (anche qui, primo posto in Europa) in 85.000 esercizi commerciali, perché se l’IRPEF totale vale 171,6 miliardi, solo per il gioco d’azzardo legale e illegale gli italiani spendono tra 127 e 147 miliardi.

Nel rapporto si legge che “… L’analisi dei dati delle dichiarazioni dei redditi ci dice poi molte cose che spesso media, politica e molte organizzazioni intermedie non vogliono sentirsi dire: si afferma spesso che siamo un Paese oppresso dalle tasse e che va ridotta la pressione fiscale. È vero! Ma si dimentica di dire che a pagarle è solo il 40% della popolazione che ne versa oltre il 91%, mentre il 60% non solo non le paga, ma è anche totalmente a carico della collettività a partire dalla spesa sanitaria per ben 54 miliardi a carico di chi paga le tasse”.

I numeri dell’analisi dicono che 36 milioni di cittadini non versano le tasse: poco più di 8 milioni di persone, quelli che dichiarano i redditi più alti (il 13,07% della popolazione) pagano quasi il 60%, mentre oltre 26 milioni (il 44% della popolazione) paga meno del 3% dell’IRPEF.

L’Osservatorio evidenzia come tutto ciò significa che anche per le pensioni, la sanità, l’assistenza, sono pochi a sostenere il peso e sono troppi quelli che mancano all’appello e che, ancora una volta, nessuno pensa seriamente come combattere e contrastare l’evasione e recuperare a tassazione cifre spropositate.

Come si “spende” l’IRPEF

I dati IRPEF del 2018 dicono che gli abitanti erano 60.359.000, i dichiaranti 41.372.581 e quelli che hanno pagato almeno 1 euro di IRPEF 31.155.444: da questi numeri, secondo Itinerari Previdenziali, “possiamo dedurre che 29.201.948 Italiani, il 48,38% del totale, non ha redditi, è a carico di qualcuno e quindi non paga nulla di IRPEF”.

Il rapporto compie un interessante excursus, partendo dai contribuenti conosciuti dall’Agenzia delle entrate perché presentano la dichiarazione, per arrivare a come viene utilizzato il denaro che questi pagano, e questa è la destinazione delle tasse versate nel 2018:

il 21%  per finanziare le pensioni;

il 20% per la sanità;

l’11% per l’istruzione;

l’8,9% per la difesa, l’ordine pubblico e la sicurezza;

il 6% per l’economia e il lavoro;,

il 4,8% per i trasporti;

il 2,4% per la protezione dell’ambiente

il 2,2% per la cultura e allo sport.

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