CASSAZIONE

Nullo l’avviso di accertamento notificato alla società incorporata

Imposte e tasse – IRES, IRAP e IVA – Società incorporata –  Cancellazione di società dal registro delle imprese – Estinzione della società – Conseguenze – Notifica avviso di accertamento in data successiva all’estinzione – Ammissibilità –Esclusione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24579 del 9 agosto 2022, intervenendo in merito agli effetti sulla notifica della pretesa impositiva a una società incorporata, estinta e cancellata dal Registro delle imprese, ha dichiarato che la notifica di un atto impositivo alla società incorporata, estinta e cancellata dal Registro delle imprese, è nulla. L’assenza di soggettività impedisce l’autonoma legittimazione processuale attiva e passiva. In realtà, sempre in tema di notifica degli atti tributari la Corte di Cassazione ha più volte affermato che, a seguito dell’estinzione della società, l’atto impositivo o esecutivo intestato alla società estinta debba essere notificato ai soci, anche collettivamente ed impersonalmente presso l’ultimo domicilio della società.

Nel caso di specie, la notificazione dell’avviso di accertamento ad una società già estinta, in quanto cancellata dal registro delle imprese a seguito di incorporazione, è nulla.

In precedenza sulla base di questi enunciati principi, la Corte a SS.UU. con la sent. n. 321970/2021, aveva  già enunciato sull’argomento il seguente principio di diritto: “… la prosecuzione dei rapporti giuridici nel soggetto unificato fonda la legittimazione attiva dell’incorporante ad agire e proseguire nella tutela dei diritti e la sua legittimazione passiva a subire e difendersi avverso le pretese altrui, con riguardo ai rapporti originariamente facenti capo alla società incorporata; viceversa quest’ultima, non mantenendo la propria soggettività dopo l’avvenuta fusione e la cancellazione dal registro delle imprese, neppure vanta una propria autonoma legittimazione processuale attiva o passiva”. In definitiva, secondo tale interpretazione ancora vigente, l’assenza di soggettività impedisce l’autonoma legittimazione processuale attiva e passiva. La società incorporata, infatti, non mantenendo la propria soggettività dopo l’avvenuta fusione e la cancellazione dal Registro delle imprese, non vanta una propria autonoma legittimazione processuale attiva o passiva: attraverso l’operazione di fusione due o più società si concentrano in una sola e ciò può avvenire attraverso la costituzione di una nuova società o per incorporazione di una o più società assorbite da quella incorporante.

Anche nel recente passato (sentenza n. 1448/2019 della C.T.R. Palermo sez. staccata di Catania) la giurisprudenza tributaria aveva fornito una valida interpretazione in merito agli effetti giuridici di un atto impositivo notificato a una società estinta, ribadendo che l’avviso di accertamento a questa notificato non produce alcun effetto, affermando specificatamente che “…l’appello proposto è inammissibile in quanto proposto da una società estinta già in epoca anteriore alla notifica dell’avviso di accertamento e, come tale, priva ab origine della capacità processuale. Nel caso di specie ricorre un insanabile e originario vizio del processo che giustamente è stato dichiarato dal giudice di primo grado. La cancellazione della società dal Registro delle imprese la priva, infatti, della legittimazione ad causam sia ai fini della proposizione del giudizio sia ai fini della sua prosecuzione”.

Da non dimenticare, innanzitutto, che in un recente passato, a seguito dell’avvenuta riforma del diritto societario, era prassi diffusa da parte dell’Agenzia delle entrate notificare atti ai soci ma intestati alla società estinta. La stessa Agenzia, con la circ. 31/E del 2014, difese tale interpretazione perché si applicasse anche alle estinzioni societarie precedenti al 13/12/2014.

In seguito la Cassazione, con una serie di pronunzie (Sent. n. 19142/2016; n. 18385/2015 e n. 6743/2015) affermò invece che la notifica a una società estinta in epoca precedente all’entrata in vigore dell’art. 28, comma 4 del D.lgs. 175//2014, che prevedeva il differimento di 5 anni dell’efficacia dell’estinzione della società, non era applicabile retroattivamente ex art. 3 della legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente).

Gli Ermellini, in particolare con la sentenza n. 6743/2015, conclusero per la irretroattività della disposizione, precisando che: “… Occorre preliminarmente rilevare d’ufficio (la questione è stata prospettata dal Collegio nella discussione pubblica) che il ricorso è inammissibile, perché la ricorrente s.n.c. ha instaurato il giudizio in primo grado quando era già estinta..- Va ricordato in proposito che questa Corte, a partire dalle pronunce a sezioni unite n. 4060, n. 4061 e n. 4062 del 2010, ha affermato il principio secondo cui, per effetto della riforma societaria di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese delle società di persone ne comporta (con efficacia dichiarativa e facoltà della prova contraria consistente nella dimostrazione della prosecuzione dell’attività sociale) l’estinzione, con il conseguente venir meno della loro capacità e soggettività; e ciò a decorrere dalla cancellazione, se successiva al 1 gennaio 2004 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 6 del 2003), ovvero a decorrere dal 1 gennaio 2004, se anteriore. Tale principio (fatto derivare dal sistema della riforma, indipendentemente dal fatto che l’art. 2312 cod. civ., relativo alla cancellazione della s.n.c., a differenza dell’art. 2495 c.c., relativo alla cancellazione delle società di capitali, non è stato modificato) è stato più volte ribadito, con la specificazione che alla cancellazione segue un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo (sezioni unite, n. 6070, n. 6071 e n. 6072 del 2013; per le applicazioni da parte delle sezioni semplici, v., ex plurimis, Cass. n. 1677, n. 9110 e n. 12796 del 2012; n. 24955 del 2013)”. […] “… Poiché l’impugnazione davanti alla CTP risulta proposta successivamente al 1 gennaio 2004, data nella quale si era prodotto l’effetto estintivo della società di persone, il giudice di primo grado avrebbe dovuto rilevare il difetto di capacità della società e, quindi, l’improponibilità del ricorso stesso. Occorre pertanto – ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, secondo periodo, – cassare senza rinvio l’impugnata sentenza, perché la causa non poteva essere proposta. 2.- Sulle conclusioni ora raggiunte non incide lo ius superveniens costituito dal D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4, entrato in vigore il 13 dicembre 2014 ed emesso in attuazione della Legge di delegazione n. 23 del 2014, artt. 1 e 7. Occorre infatti rilevare che, a parte ogni altra considerazione, tale disposizione (secondo cui: “4. Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 c.c. ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese”), non si applica alla fattispecie di causa. Per giustificare tale conclusione, è necessario procedere ad un sommario esame sia del contenuto della norma, sia, in particolare, della sua efficacia temporale”.

Del resto, diversamente opinando, la possibile efficacia retroattiva si trasformerebbe per gli uffici in una sanatoria in relazione ad atti notificati a società già estinte per le quali la richiesta di cancellazione e l’estinzione siano intervenute anteriormente al 13/12/2014.

Escludendo quindi che il Legislatore delegato abbia voluto sanare le irregolarità commesse in passato dagli uffici, l’unica possibile conclusione è che la norma possa avere validità solo per il futuro.

Nello specifico caso di fusione per incorporazione, la giurisprudenza della Corte ha ritenuto che la legittimazione attiva e passiva della società incorporata non venisse meno a seguito della fusione, costituente una semplice vicenda evolutiva – modificativa del rapporto – salva la cancellazione dal Registro delle imprese della società incorporata (Cass. n. 32208 del 10/12/2019; n. 3820 del 15/02/2013; e n. 14177 del 24/05/2019).

Si segnala anche la voce dissonante di un recente arresto delle Sezioni Unite della Corte, che modificando il precedente orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 32208 del 10/12/2019 e n. 3820 del 15/02/2013) ha ritenuto, invece, che la legittimazione spetti unicamente al soggetto incorporante e che la società incorporata, essendosi estinta, non è più legittimata a ricevere la notificazione, enunciando il seguente principio di diritto: “… la prosecuzione dei rapporti giuridici nel soggetto unificato fonda la legittimazione attiva dell’incorporante ad agire e proseguire nella tutela dei diritti e la sua legittimazione passiva a subire e difendersi avverso le pretese altrui, con riguardo ai rapporti originariamente facenti capo alla società incorporata; viceversa quest’ultima, non mantenendo la propria soggettività dopo l’avvenuta fusione e la cancellazione dal registro delle imprese, neppure vanta una propria autonoma legittimazione processuale attiva o passiva” (Cass. SS. UU. n. 21970 del 30/07/2021).

La giuridica inesistenza della società di capitali esclude in radice la possibilità della instaurazione rispetto alla medesima di un rapporto tributario per la evidente carenza del relativo soggetto passivo, il quale costituisce elemento essenziale del rapporto in quanto è la fonte della capacità contributiva che l’art. 53, primo comma, della Costituzione correla inscindibilmente alla potestà di imposizione.

Dalla giuridica impossibilità della configurazione del rapporto tributario discende, quindi, la insanabile nullità dell’atto impositivo che la Agenzia delle entrate emetta a carico della persona giuridica inesistente, al pari della persona fisica deceduta.

In conclusione la Cassazione, come peraltro ha anche recentemente evidenziato con la sentenza n. 12842/2021, ai sensi dell’art. 384, primo comma, cod. proc. civ., ha enunciato il seguente principio di diritto: “… È affetto da nullità insanabile l’atto impositivo emesso a carico di una società di capitali, dopo la cancellazione della persona giuridica dal registro della imprese”. 

Tanto premesso e tornando alla vicenda processuale che ci occupa, l’Agenzia aveva notificato a una società per azioni una cartella di pagamento, relativa a IRES, IRAP e IVA, per l’anno d’imposta 2004. La cartella riguardava una società la società E. S.p.a. che era stata incorporata in data 3/1/2007 in EUT. S.p.a. L’Agenzia delle entrate aveva notificato una cartella di pagamento alla società Beta, però dichiarata nulla dalla C.T.P. in ragione della mancata prova della notificazione dell’avviso di accertamento presupposto. La notificazione era stata fatta nei confronti della società Beta successivamente alla sua estinzione, a seguito di fusione per incorporazione nella società Iota.  L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza dinanzi alla C.T.R. che confermava la nullità della cartella. L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza con ricorso in Cassazione.  La Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso presentato dall’Avvocatura erariale, ribadendo che: “…  Costituisce circostanza pacifica che l’avviso di accertamento è stato notificato a E. s.p.a., già incorporata in EUT. in data antecedente alla notificazione dell’atto impositivo, con conseguente cancellazione ed estinzione della predetta società.  Ciò premesso, questa Corte ha più volte affermato –sia in tema di notifica della cartella di pagamento intestata alla società (Cass. n. 30736 del 29/10/2021; Cass. n. 24793 del 05/11/2020; Cass. n. 31037 del 28/12/2017), sia in materia di imputazione ai soci del reddito della società per trasparenza (Cass. n. 16365 del 30/07/2020; Cass. n. 23534 del 20/09/2019), sia, infine, con riferimento specifico all’atto impositivo (Cass. n. 30536 del 28/07/2021; Cass. n. 25487 del 12/10/2018) – che, a seguito dell’estinzione della società, l’atto impositivo o esecutivo intestato alla società estinta debba essere notificato ai soci, anche collettivamente ed impersonalmente presso l’ultimo domicilio della società, analogamente a quanto previsto dall’art. 65, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, per il caso di morte del debitore.  Invero, a seguito dell’estinzione della società, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali (cfr. Cass. S.U. n. 6070 del 12/03/2013).  Nello specifico caso di fusione per incorporazione, la giurisprudenza di questa Corte si era attestata nel senso di ritenere che la legittimazione attiva e passiva della società incorporata non venisse meno a seguito della fusione, costituente una semplice vicenda evolutiva – modificativa del rapporto, salva la cancellazione dal registro delle imprese della società incorporata (Cass. n. 32208 del 10/12/2019; Cass. n. 3820 del 15/02/2013; si veda, altresì, con qualche distinguo, Cass. n. 14177 del 24/05/2019). Un recente arresto delle Sezioni Unite di questa Corte, modificando il precedente orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 32208 del 10/12/2019; Cass. n. 3820 del 15/02/2013), ha ritenuto, invece, che la legittimazione spetti unicamente al soggetto incorporante e che la società incorporata, essendosi estinta, non è più legittimata a ricevere la notificazione. È stato, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: «la prosecuzione dei rapporti giuridici nel soggetto unificato fonda la legittimazione attiva dell’incorporante ad agire e proseguire nella tutela dei diritti e la sua legittimazione passiva a subire e difendersi avverso le pretese altrui, con riguardo ai rapporti originariamente facenti capo alla società incorporata; viceversa quest’ultima, non mantenendo la propria soggettività dopo l’avvenuta fusione e la cancellazione dal registro delle imprese, neppure vanta una propria autonoma legittimazione processuale attiva o passiva» (Cass. S.U. n. 21970 del 30/07/2021).  Nel caso di specie, la notificazione dell’avviso di accertamento ad una società già estinta, in quanto cancellata a seguito di incorporazione, è nulla e implica la sostanziale correttezza della sentenza della CTR, che ha confermato la sentenza di primo grado in ragione della omessa notificazione dell’atto presupposto a soggetto passivamente non legittimato. In conclusione, il ricorso va rigettato”.

Corte di Cassazione – Sentenza 9 agosto 2022, n. 24579

sul ricorso iscritto al n. 26812/2013 R.G. proposto da Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

–ricorrente –

contro EUT. s.p.a. in amministrazione straordinaria, in persona dei Commissari straordinari pro tempore; –intimata – e nei confronti di Equitalia Centro s.p.a., in persona del legale rappresentate pro tempore; –intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 83/19/12, depositata il 9 ottobre 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’11 gennaio 2022 dal Cons. Giacomo Maria Nonno. Vista la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Roberto Mucci, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso. Udito l’avv. Alessandro Maddalo per la ricorrente.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 83/19/12 del 09/10/2012 la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna (di seguito CTR) ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bologna (di seguito CTP) n. 78/17/09, la quale aveva accolto il ricorso di EUT. s.p.a., poi in amministrazione straordinaria (di seguito EUT.), nei confronti di una cartella di pagamento relativa ad IRES, IRAP e IVA concernenti l’anno d’imposta 2004.

1.1. Come si evince anche dalla sentenza della CTR, la cartella di pagamento riguardava la società Regulus S.p.a., incorporata in data 03/01/2007 in E. s.p.a., a sua volta incorporata in data 19/10/2007 in EUT. ed è stata dichiarata nulla dalla CTP in ragione della mancata prova della notificazione dell’avviso di accertamento presupposto.

1.2. La CTR respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate evidenziando che la notificazione dell’avviso di accertamento era stata effettuata nei confronti di E. s.p.a. in data 15/02/2008 e, quindi, successivamente alla sua estinzione a seguito di fusione per incorporazione, con conseguente inesistenza della stessa, in quanto effettuata nei confronti di soggetto inesistente.

2. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.

3. EUT. ed Equitalia Centro s.p.a. non si costituivano in giudizio, restando pertanto intimate.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate si duole della violazione dell’art. 2504-bis cod. civ., dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto l’invalidità della notificazione dell’avviso di accertamento a E. S.p.a., società incorporante Regulus S.p.a. e incorporata in EUT. in data antecedente alla menzionata notifica.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. Costituisce circostanza pacifica che l’avviso di accertamento è stato notificato a E. S.p.a., già incorporata in EUT. in data antecedente alla notificazione dell’atto impositivo, con conseguente cancellazione ed estinzione della predetta società.

1.3. Ciò premesso, questa Corte ha più volte affermato –sia in tema di notifica della cartella di pagamento intestata alla società (Cass. n. 30736 del 29/10/2021; Cass. n. 24793 del 05/11/2020; Cass. n. 31037 del 28/12/2017), sia in materia di imputazione ai soci del reddito della società per trasparenza (Cass. n. 16365 del 30/07/2020; Cass. n. 23534 del 20/09/2019), sia, infine, con riferimento specifico all’atto impositivo (Cass. n. 30536 del 28/07/2021; Cass. n. 25487 del 12/10/2018) – che, a seguito dell’estinzione della società, l’atto impositivo o esecutivo intestato alla società estinta debba essere notificato ai soci, anche collettivamente ed impersonalmente presso l’ultimo domicilio della società, analogamente a quanto previsto dall’art. 65, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, per il caso di morte del debitore.

1.3.1. Invero, a seguito dell’estinzione della società, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali (cfr. Cass. S.U. n. 6070 del 12/03/2013).

1.3.2. Nello specifico caso di fusione per incorporazione, la giurisprudenza di questa Corte si era attestata nel senso di ritenere che la legittimazione attiva e passiva della società incorporata non venisse meno a seguito della fusione, costituente una semplice vicenda evolutiva – modificativa del rapporto, salva la cancellazione dal registro delle imprese della società incorporata (Cass. n. 32208 del 10/12/2019; Cass. n. 3820 del 15/02/2013; si veda, altresì, con qualche distinguo, Cass. n. 14177 del 24/05/2019).

1.3.3. Un recente arresto delle Sezioni Unite di questa Corte, modificando il precedente orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 32208 del 10/12/2019; Cass. n. 3820 del 15/02/2013), ha ritenuto, invece, che la legittimazione spetti unicamente al soggetto incorporante e che la società incorporata, essendosi estinta, non è più legittimata a ricevere la notificazione. È stato, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: «la prosecuzione dei rapporti giuridici nel soggetto unificato fonda la legittimazione attiva dell’incorporante ad agire e proseguire nella tutela dei diritti e la sua legittimazione passiva a subire e difendersi avverso le pretese altrui, con riguardo ai rapporti originariamente facenti capo alla società incorporata; viceversa quest’ultima, non mantenendo la propria soggettività dopo l’avvenuta fusione e la cancellazione dal registro delle imprese, neppure vanta una propria autonoma legittimazione processuale attiva o passiva» (Cass. S.U. n. 21970 del 30/07/2021).

1.4. Nel caso di specie, la notificazione dell’avviso di accertamento ad una società già estinta, in quanto cancellata a seguito di incorporazione, è nulla e implica la sostanziale correttezza della sentenza della CTR, che ha confermato la sentenza di primo grado in ragione della omessa notificazione dell’atto presupposto a soggetto passivamente non legittimato.

2. In conclusione, il ricorso va rigettato.

2.1. Nulla per le spese in ragione della mancata costituzione in giudizio delle parti intimate.

2.2. Il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa, ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile, disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare – ai sensi dell’art. 1 3, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. n. 5955 del 14/03/2014; Cass. n. 23514 del 05/11/2014; Cass. n. 1778 del 29/01/2016).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma l’11 gennaio 2022

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