CASSAZIONE

Nullità delle cartelle di pagamento: casi e giurisprudenza

La giurisprudenza prevede una serie di casi di nullità delle cartelle di pagamento che risultano prive di determinati requisiti e a tal proposito possiamo citare, tra gli altri, un pronunciamento della Commissione Tributaria Provinciale di Milano,

che con la sentenza n. 166/38/2008 ha stabilito l’obbligatorietà dell’indicazione del responsabile del procedimento nelle cartelle di pagamento recanti ruoli consegnati dopo il 1° giugno 2008: in caso di assenza di tale indicazione, il contribuente può chiedere che venga dichiarata la loro nullità.

Ma prima di effettuare una trattazione particolareggiata dei vari casi di nullità delle cartelle – uno dei quali è descritto in un altro articolo pubblicato su questo numero, N.d.A. – ci sembra doveroso rifarsi alla legge 27 luglio 2000, n. 212, lo Statuto dei diritti del contribuente, che all’art. 7, comma 1, sancisce che gli atti emanati dall’Amministrazione finanziaria devono essere “motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento a un altro atto, questo deve essere allegato ali ‘atto che lo richiama.
Inoltre, nel comma 2 del medesimo art. 7 si legge che gli atti “dell’Amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare:

  1. l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito ali ‘atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento;
  2. l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela;
  3. le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili”.

I termini di notificaScreenshot 2014-11-23 14_17_48

A seconda del fatto che la cartella esattoriale scaturisca dall’attività di liquidazione (art. 36-bis, D.P.R. n. 600/1973) o di controllo formale (art. 36-ter, D.P.R. n. 600/1973) della dichiarazione dei redditi, sono previsti precisi termini di notifica.
Le cartelle esattoriali, a pena di decadenza, devono essere notificate al contribuente da parte del concessionario entro le seguenti scadenze temporali:

  • per gli importi risultanti a seguito dell’attività di liquidazione, la notifica deve essere effettuata entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Esempio: in caso di dichiarazione presentata nel 2010 (periodo d’imposta 2009), la cartella emessa per importi iscritti a ruolo a seguito di liquidazione deve essere notificata entro il 31 dicembre 2013.
  • per gli importi risultanti a seguito dell’attività di controllo formale, la notifica deve essere effettuata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Esempio: in caso di dichiarazione presentata sempre nel 2010, la cartella emessa per importi iscritti a ruolo a seguito di controllo formale la cartella deve essere notificata entro il 31 dicembre 2014.

La cartella deve essere di facile comprensione

Please_Stop_Working_So_HardIn riferimento ai contenuti del citato art. 7, legge 212/2000, la Commissione Tributaria Provinciale di Torino con una sentenza ha disposto che la cartella esattoriale deve essere di facile comprensione, altrimenti è da considerare nulla. In particolare, i giudici piemontesi hanno dichiarato nulla una cartella “criptica e di difficile comprensione”, in quanto lesiva dei diritti del contribuente e quindi passibile di annullamento. In particolare, la cartella di pagamento emessa a seguito di un controllo automatizzato deve essere conforme ai corretti principi, oltre che alla corretta notificazione, pena la sua nullità. La Commissione tributaria di Torino ha annullato la cartella e accolto il ricorso del contribuente per i seguenti motivi:

  • mancata comunicazione dell’esito della liquidazione, sotto forma di avviso bonario, peraltro prevista dall’art. 36, comma 3, D.P.R. n. 600/1973;
  • mancata indicazione dell’imposta presunta e della relativa motivazione, ai sensi dell’art. 3, legge n. 241/1990 (sulla trasparenza amministrativa);
  • mancata sottoscrizione da parte del titolare dell’ufficio, come previsto dall’art. 12, comma 4, D.P.R. n. 602/1973, e dall’art. 3, D.L.vo 39/1993.

Correzione di errori materiali e contestazione di agevolazioni fiscali

La Corte di Cassazione, con una sentenza della Sezione tributaria, ha sancito che il diritto del contribuente di accedere a determinate agevolazioni in materia fiscale non può essere contestato dall’Amministrazione finanziaria in sede di correzione degli errori materiali della dichiarazione. Ciò equivale a dire che nell’ambito dell’attività di liquidazione delle imposte sui redditi, l’Agenzia delle Entrate non può contestare al contribuente il diritto di beneficiare di una particolare agevolazione fiscale attraverso la procedura di correzione degli errori materiali della dichiarazione, procedura che si limita a un controllo formale e che impedisce qualsiasi valutazione giuridica della dichiarazione stessa.
L’attività di controllo effettuata degli uffici locali delle Entrate sulle dichiarazioni dei contribuenti segue due direttrici, un controllo automatico e un controllo formale. In entrambi i casi, prima di procedere all’eventuale iscrizione a ruolo di imposte a seguito della liquidazione delle dichiarazioni dei redditi, dei controlli effettuati sui versamenti e dei controlli formali, il contribuente deve essere informato e invitato a fornire chiarimenti o a presentare i documenti ritenuti necessari. Nell’ipotesi in cui dall’attività di controllo emerga una maggiore imposta a debito rispetto a quella calcolata e indicata nella dichiarazione, infatti, prima dell’invio della cartella esattoriale al contribuente viene inviato un avviso bonario, una comunicazione recante l’indicazione delle maggiori somme dovute con l’applicazione delle relative sanzioni e interessi. In questi casi, al contribuente che regolarizza la propria posizione entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso bonario è riconosciuta la possibilità di pagare una sanzione ridotta. Gli avvisi bonari vengono inviati dall’Agenzia delle Entrate nell’ambito di tre differenti tipologie di attività degli uffici:

  • il controllo automatico;
  • il controllo formale;
  • la liquidazione dei redditi assoggettati a tassazione separata.

Il controllo automatico è disciplinato dagli articoli 36-bis, D.P.R. n. 600/1973 per le imposte sui redditi, e 54-bis, D.P.R. n. 633/1972 per l’IVA.
Le comunicazioni scaturite dal controllo automatico possono comprovare la correttezza della dichiarazione o l’eventuale presenza di errori: si parla, rispettivamente, di comunicazione di regolarità o di richiesta di chiarimenti. In quest’ultimo caso il ricevimento della richiesta consente al contribuente di versare gli importi indicati con l’applicazione di sanzioni generalmente ridotte al 10% invece del rituale 30%, per i versamenti effettuati oltre i termini, oppure di rappresentare all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate le motivazioni ritenute alla base dell’infondatezza degli addebiti.
Il controllo automatico della dichiarazione può essere seguito da quello formale, effettuato in base a quanto previsto dall’art. 36-ter, D.P.R. n. 600/1973: in questo caso l’ufficio procede alla verifica della conformità dei dati esposti in dichiarazione alla documentazione in possesso del contribuente, che è stato in precedenza invitato dall’ufficio stesso a esibire o inviare i documenti attestanti la veridicità di quanto dichiarato. Il controllo formale consente, infatti, di:

  • escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d’acconto;
  • escludere in tutto o in parte le detrazioni d’imposta e le deduzioni dal reddito non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o ai dati in possesso dell’Agenzia;
  • determinare i crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti;

liquidazione– liquidare la maggiore imposta e i maggiori contributi dovuti sull’ammontare complessivo dei redditi risultanti da più dichiarazioni o certificazioni relative allo stesso anno e allo stesso contribuente.
Può accadere che all’invito non segua alcuna risposta o che la documentazione trasmessa non risulti tale da attestare la correttezza dei dati esposti: in questi casi il contribuente riceve una comunicazione contenente gli esiti del controllo formale e la richiesta degli importi dovuti.

L’avviso di mora non preceduto da notifica della cartella

La Corte di Cassazione, con un’altra sentenza ha reiterato la illegittimità dell’avviso di mora non preceduto dalla notifica della cartella di pagamento. L’assenza di notifica della cartella determina un vizio la cui rilevanza non è esclusa dalla possibilità, per il contribuente, di esercitare il proprio diritto di difesa a seguito della notifica dell’avviso di mora, riconoscendogli il diritto di contestare la pretesa tributaria emessa nei suoi confronti. Di conseguenza, il contribuente può impugnare l’avviso di mora chiedendone la nullità per omessa notifica dell’atto principale.
Al riguardo, con la circolare 17 luglio 2008, n. 51/E, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che nelle liti riguardanti esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, l’agente della riscossione – e non l’Amministrazione finanziaria – è legittimato passivo a ricevere il ricorso del contribuente, anche ai sensi di quanto stabilito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza 25/7/2007, n. 16412, che ha individuato nell’agente della riscossione o nell’ente creditore il soggetto legittimato passivo in caso di impugnazione di avviso di mora non preceduto da cartella di pagamento.

Accertamento IVA e decadenza dell’iscrizione a ruolo

Una sentenza della Cassazione, Sezione tributaria, ha disposto che l’Amministrazione finanziaria decade dal potere impositivo quando iscrive a ruolo la somma riportata da un avviso di rettifica IVA oltre la scadenza del 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo.

Le notifiche tributarie in caso di variazione di residenza                                                  

In tema di notifiche fiscali nei casi di cambiamento della residenza del contribuente, assume rilievo una pronuncia della Corte di Cassazione. Alla luce dei principi enunciati da una sentenza della Corte Costituzionale, nel periodo precedente al 4 luglio 2006 – data di entrata in vigore del D.L. 223/2006, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 – le notifiche di carattere tributario eseguite presso la “vecchia” residenza, sia pure nei 60 giorni successivi al trasferimento, dovevano essere considerate “radicalmente nulle”. In base a tale sentenza, le variazioni dell’indirizzo del contribuente avevano effetto immediato e non dal 60° giorno successivo.
A partire dal 4 luglio 2006, invece, le notifiche in questione possono essere eseguite presso la ex residenza nei 30 giorni successivi al trasferimento, come previsto dal nuovo termine dilatorio introdotto, appunto, dal DL 223/2006.

Per la notifica della cartella esattoriale occorre la relata

Una Commissione Tributaria Provinciale ha disposto che i semplici riferimenti di date riportati sugli estratti di ruolo in cui risulterebbero avvenute le notifiche non possono essere ritenuti elementi probatori.
Il decisivo elemento di prova che un atto amministrativo sia stato notificato al contribuente destinatario è l’avviso di ricevimento, debitamente firmato sia dal ricevente o da altra persona convivente, sia dal soggetto che ha lo ha materialmente consegnato.

Società cancellata “d’ufficio”, è nulla la notifica della cartella

Un caso particolare: la notifica di due cartelle per diritto annuale Camera di Commercio al liquidatore, residente in un altro Comune, di una società posta in liquidazione per cessata attività, ma per la quale non si era provveduto alla conseguente cancellazione presso la Camera di Commercio.
A tale proposito, anche sulla base della giurisprudenza (tra la altre, Corte di Cassazione, 20/2/2006, n.3618), è stato rilevato che la consegna del plico al legale rappresentante della società irreperibile è consentita solo nel caso in cui il rappresentante sia domiciliato nello stesso Comune in cui ha sede la società stessa.
Per tale ragione la notifica delle cartelle di pagamento è da considerare nulla per violazione delle disposizioni “circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia” (art. 160, codice di procedura civile) e, nel caso in questione, risulta illegittima la pretesa impositiva della Camera di Commercio.
Ai sensi dell’art. 2490 del codice civile, dunque, si stabilisce che allorché per oltre 3 anni consecutivi i liquidatori non depositano il bilancio annuale, “la società è cancellata d’ufficio dal registro delle imprese”. Tale disposto è apparso appropriato “sia per ritenere che la perdurante iscrizione è frutto di omissione della stessa Camera di commercio, la quale non ha avviato il procedimento di cancellazione d’ufficio; sia per contestare il presupposto dell’imposizione, costituito dalla (errata) iscrizione della società nel registro delle imprese (articolo 18, comma 3, della legge 29 dicembre 1993, n. 580)”.

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