CASSAZIONE

Notifica nulla se consegnata a persona estranea e occasionalmente presente

Tributi – Indagini finanziarie – Avviso di accertamento – Notifica – Persona diversa dal destinatario – Presenza occasionale – Nullità dell’atto – Irregolarità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9371 del 4 aprile 2019, in tema di notifica degli atti tributari ha affermato che è nulla la notifica di un atto consegnato a una persona dichiaratasi “amica” del destinatario, in quanto si presume che sia un soggetto presente sul posto solamente in via occasionale e transitoria.

I giudici, in buona sostanza, vogliono far capire che il punto rilevante ai fini della notifica non insiste nell’eventuale legame di sangue o anagrafico, quanto nell’esistenza di un rapporto sostanziale, anche di natura provvisoria o precaria, tra consegnatario e destinatario dell’atto, che facciano ragionevolmente presumere che il secondo soggetto venga reso edotto dal primo dell’eseguita notificazione.

Ricordiamo che la nutrita giurisprudenza sulla materia ha più volte ricordato che la notifica degli avvisi di accertamento non solo è un requisito di giuridica esistenza e di perfezionamento degli atti, e quindi una condizione integrativa d’efficacia, ma anche che quando la notifica viene effettuata nelle mani di una persona diversa dal destinatario dell’atto, questa può reputarsi valida solo se accade presso la residenza di quest’ultimo, come ci viene ricordato dalla Cassazione con le pronunzie n. 14361/18 e 16499/2016.

In particolare e per quanto ci riguarda, proprio quest’ultima ricorda che ai fini della regolarità della notificazione eseguita nel domicilio del destinatario a mani di “persona di famiglia” (parente o affine) ivi reperita, non occorre che il consegnatario sia anche convivente, salva la prova contraria dell’occasionalità della presenza di questi all’indirizzo dell’interessato.

In diverse circostanze, però, la presunzione di convivenza non opera e l’atto va notificato al destinatario, “pena la nullità della notifica”, come peraltro disciplinato dall’art. 160 c.p.c. che la prevede quando “… non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva la applicazione degli artt. 156 e 157 c.p.c.”.

La norma citata prevede espressamente che la notifica è nulla quando non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è stata fatta o sulla data.

Quando si tratta di  consegnare gli atti tributari al contribuente si applicano le stesse regole previste dal codice di procedura civile. In particolare, è stabilito che se il notificatore non trova il destinatario per sua momentanea assenza può consegnare la raccomandata a uno dei soggetti di seguito indicati e nel seguente ordine: persona di famiglia che conviva, anche temporaneamente, con il destinatario; persona addetta alla casa; persona al servizio del destinatario; se mancanti i precedenti, al portiere dello stabile o a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, è comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario.

Secondo la Cassazione il mancato rispetto di tale ordine delle persone cui è possibile consegnare il piego in assenza del destinatario è causa di nullità sanabile della notifica (ex multis Cass. sent. n. 8896/2007 e n. 9836/1994.)  La stessa Corte, con la Sentenza n. 14534  del 6 giugno 2018, è tornata sull’argomento sottolineando nuovamente che la notifica di un atto è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, di modo che l’identificazione del notificatore assume rilevanza solo quando è in discussione la competenza dell’ufficio che ha eseguito la notificazione.

L’evoluzione della giurisprudenza sulla questione merita un piccolo approfondimento proprio a partire dal 2016, quando le Sezioni Unite della Corte di Cassazione affermarono alcuni importanti principi in tema di notificazione di atti giudiziari che brevemente riassumiamo.

Con la pronuncia n. 14916 del 20 luglio 2016 è stato individuato il discrimine tra nullità e inesistenza della notifica. Partendo dal dato normativo, dunque dagli artt. 160 e 156 c.p.c. (a mente del quale “Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge. Può tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo. La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”), i giudici di legittimità hanno rilevato che in tema di notificazione la legge non contempla la categoria della inesistenza, sicché essa deve essere definita in termini assolutamente rigorosi, ossia confinata a ipotesi talmente radicali da non essere nemmeno stata presa in considerazione dal legislatore. L’inesistenza, in altre parole, non può essere considerata un vizio dell’atto più grave della nullità, ma una categoria nella quale ricomprendere ciò che non può nemmeno essere considerato un atto e, dunque, i casi nei quali vi è totale mancanza materiale dell’atto o un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto.

Atteso che la notificazione costituisce una sequenza di atti integranti un procedimento articolato in fasi, il cui scopo è quello di provocare la presa di conoscenza di un atto da parte del destinatario attraverso la certezza legale che esso sia entrato nella sua sfera di conoscibilità, riveste fondamentale importanza, per le Sezioni Unite, il principio recato dal comma 3 dell’art. 156 c.p.c., stando al quale il raggiungimento dello scopo dell’atto impedisce di predicarne la nullità, con la conseguenza che, laddove vi sia un atto riconoscibile come notificazione, qualunque vizio a esso attinente deve, giocoforza, ricadere nell’ambito della nullità.

Perché ciò avvenga è necessario, secondo quanto precisato dalla sentenza, che vi siano i seguenti elementi costitutivi imprescindibili: un’attività di trasmissione, che deve essere svolta da un soggetto qualificato, dotato in base alla legge della possibilità giuridica di compiere l’attività stessa, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; una fase di consegna, intesa come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento, in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita, di modo che restano esclusi soltanto i casi nei quali l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente e la notifica debba, in questo modo, reputarsi meramente tentata, ma non compiuta.

Poiché la presenza di detti requisiti – definiti ”strutturali” – va ritenuta idonea ai fini della riconoscibilità dell’atto come notificazione, essendo sufficienti a integrarne la fattispecie legale minima e rendendo qualificabile l’attività svolta come atto appartenente al tipo previsto dalla legge, solamente la loro mancanza può dar luogo all’inesistenza della notificazione, mentre i vizi attinenti a tali elementi strutturali (per esempio, la mancanza di collegamento o di riferimento tra il luogo della consegna dell’atto e il destinatario), comunque presenti, comportano la mera nullità, sanabile con effetto ex tunc attraverso la costituzione dell’intimato o la rinnovazione dell’atto.

Sempre in tema di invalidità della notificazione le Sezioni Unite, con la sentenza n. 18121 del 14 settembre 2016, hanno affermato il principio per cui la mancanza di alcune pagine nella copia dell’atto di impugnazione notificato non determina l’inammissibilità del gravame, ma costituisce un vizio di notifica dell’atto, sanabile con efficacia ex tunc vuoi mediante la notificazione di una nuova copia integrale dello stesso, su iniziativa della parte o entro un termine fissato dal giudice, vuoi per effetto della costituzione in giudizio della controparte.

La Corte di Cassazione ha infatti evidenziato che il codice di rito non fornisce una nozione generale di inammissibilità delle impugnazioni, ma disciplina singole ipotesi, accomunate dalla difformità dell’atto rispetto al modello legale, che non ricorre in caso di notifica di un atto di impugnazione mancante di alcune pagine. In questo senso, dunque, è stata accordata la preferenza a quell’orientamento che, in tali casi, ravvisa un vizio del procedimento notificatorio e non dell’atto e, conseguentemente, la possibilità di una sua sanatoria ex tunc mediante la rinnovazione della notificazione, posto che diversamente si finirebbe con l’applicare la grave sanzione dell’inammissibilità al di fuori delle fattispecie espressamente contemplate dalla legge, in una situazione nella quale è certamente configurabile il potere di impugnazione.

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 7665 del 18 aprile 2016, hanno ancora precisato che l’eccezione di nullità della notificazione per vizi formali, fondata sulla violazione delle regole dettate dalla relativa normativa non può essere accolta, sulla scorta del principio sancito dall’art. 156 c.p.c., qualora l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia nondimeno venuto a conoscenza del destinatario, con conseguente raggiungimento dello scopo perseguito, tanto più se la parte lamenti un mero vizio procedimentale senza addurre alcuno specifico pregiudizio al diritto di difesa (posto che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione della compromissione del diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione).

In ultimo, sempre in  tema di notifiche, rammentiamo che anche i casi di inesistenza della notifica sono specificamente indicati dal legislatore e sono, pertanto, tassativi e limitati alle ipotesi previste. In particolare, la categoria dell’inesistenza è riconducibile non solo ai casi di totale mancanza dell’atto che deve essere notificato, ma anche nei casi in cui l’attività di notificazione sia priva degli elementi costitutivi essenziali a qualificare come notificazione un determinato atto (Cass.  sentenza n. 26601/2018 ).

Tanto premesso e tornando al caso di specie, un contribuente poneva ricorso presso la competente Commissione Tributaria Regionale contro l’Agenzia delle Entrate che aveva posto il fermo amministrativo su un  veicolo di proprietà dello stesso contribuente. I giudici aditi ne accoglievano le ragioni, ma solo in parte, ritenendo corrette le procedure di notifica effettuate con la consegna a mani di persona qualificatasi come “amica” del contribuente.

Da qui il ricorso in Cassazione.

Il ricorso del contribuente è stato accolto dalla Corte di Cassazione, che nel merito ha evidenziato che “… l’unico motivo di ricorso proposto dal contribuente è manifestamente fondato; i che invero, la giurisprudenza di legittimità ha ampliato il concetto di persona di famiglia, alla quale legittimamente poter consegnare l’atto da notificare, ricomprendendo in esso non solo i parenti, ma anche gli affini, escludendo che la persona di famiglia debba necessariamente convivere col notificatario e ritenendo, infine, che la qualità di persona di famiglia o di addetto alla casa, all’ufficio od all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume “iuris tantum” dalle dichiarazioni recepite dal messo notificatore nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed in particolare la prova dell’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità sopra indicate, ovvero l’occasionalità della presenza in loco del consegnatario; che, in applicazione di detti principi, non può ritenersi valida la notifica fatta nelle mani di una persona qualificatasi come “amica”, in quanto il rapporto amicale è cosa diversa dal rapporto di parentela, né la persona amica è qualificabile come addetta alla casa; che, pertanto, la consegna dell’atto da notificare, fatta nelle mani di tale “EMILI Giorgia, amica” non è assistita dalla presunzione di consegna e non realizza la fattispecie notificatoria, con conseguente nullità della notifica, essendo da presumere che la persona “amica” sia un soggetto presente sul posto solo in via occasionale e transeunte (cfr., in termini, Cass. n. 2705 del 2014; Cass. n. 7211 del 2016);

Corte di Cassazione – Ordinanza 4 aprile 2019, n. 9371

Sul ricorso 8326-2018 proposto da:

V. M., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO MESSICO, 7, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO TOZZI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE 13756881002;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5121/11/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA, depositata il 07/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE CAPOZZI.

RILEVATO:

che con la sentenza indicata in epigrafe la CTR del Lazio ha accolto parzialmente l’appello di V. M. e avverso una sentenza della CTP di Roma, di accoglimento parziale di un ricorso da lui proposto avverso un preavviso di fermo amministrativo; che la CTR aveva in particolare ritenuto illegittima la notifica di una delle tre cartelle sottese al preavviso di fermo impugnato, ritenendo invece legittima la notifica della altre due cartelle, sebbene effettuata nelle mani di persona qualificatasi come “amica”;

CONSIDERATO:

che il ricorso per cassazione del contribuente è affidato ad un unico motivo, con il quale è stato dedotto error in iudicando e violazione e falsa applicazione degli artt. 139 cod. proc. civ. e 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto l’art. 139 cod. proc. civ. specificamente dispone che, in caso di assenza del destinatario, la notifica può essere lasciata a persona di famiglia o addetta alla casa od all’ufficio e, nella specie, dalla relata di notifica era emerso che il plico era stato consegnato a tale EMILI Giorgia, espressamente indicata come semplice amica del destinatario e quindi persona inidonea, come tale, a ricevere l’atto da notificare, in quanto non equiparabile a persona di famiglia;

né il rapporto di amicizia consentiva di ritenere la persona convivente con il destinatario; che l’intimata Agenzia delle entrate riscossione non ha presentato controdeduzioni;

che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

che l’unico motivo di ricorso proposto dal contribuente è manifestamente fondato; i che invero, la giurisprudenza di legittimità ha ampliato il concetto di persona di famiglia, alla quale legittimamente poter consegnare l’atto da notificare, ricomprendendo in esso non solo i parenti, ma anche gli affini, escludendo che la persona di famiglia debba necessariamente convivere col notificatario e ritenendo, infine, che la qualità di persona di famiglia o di addetto alla casa, all’ufficio od all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume “iuris tantum” dalle dichiarazioni recepite dal messo notificatore nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed in particolare la prova dell’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità sopra indicate, ovvero l’occasionalità della presenza in loco del consegnatario;

che, in applicazione di detti principi, non può ritenersi valida la notifica fatta nelle mani di una persona qualificatasi come “amica”, in quanto il rapporto amicale è cosa diversa dal rapporto di parentela, né la persona amica è qualificabile come addetta alla casa; che, pertanto, la consegna dell’atto da notificare, fatta nelle mani di tale “EMILI Giorgia, amica” non è assistita dalla presunzione di consegna e non realizza la fattispecie notificatoria, con conseguente nullità della notifica, essendo da presumere che la persona “amica” sia un soggetto presente sul posto solo in via occasionale e transeunte (cfr., in termini, Cass. n. 2705 del 2014; Cass. n. 7211 del 2016);

che il ricorso in esame va quindi accolto;

che, non essendo necessarie ulteriori indagini, la controversia può essere definita nel merito ex art. 384 comma 2, accogliendo il ricorso introduttivo del contribuente; che, tenuto conto dell’alternativo esito della controversia, appare equo compensare fra le parti le spese del giudizio di merito, mentre l’Agenzia delle entrate riscossione va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, quantificate come in dispositivo;

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente; compensa fra le parti le spese del merito e condanna l’Agenzia delle entrate riscossione al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, quantificate in C 3.000,00, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15% ed agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Alessandro TOZZI, antistatario.  Così deciso in Roma il 12 febbraio 2019.

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