Notifica agli irreperibili: il messo notificatore deve completare le ricerche nel Comune del domicilio fiscale
Tributi – Cartella di pagamento – Messo notificatore – Attività accertatrice – Notifica – Irreperibilità relativa del destinatario – Irreperibilità assoluta – Vizio di notifica – Nullità della notifica
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11827 del 18 giugno 2020 è intervenuta nuovamente in materia di notificazione degli atti tributari per affermare il seguente principio di diritto: “… nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tal fine compiute né con quali espressioni verbali ed in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche, purché emerga chiaramente che le ricerche sono state effettuate, che sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame”. In altre parole, e secondo quanto affermato dalla vigente giurisprudenza, se il tentativo di consegnare la cartella di pagamento non è andato a buon fine la notifica può dirsi perfezionata ai sensi dell’art. 60 del DPR 600/73 (irreperibilità assoluta) solamente se dalla relata emerge chiaramente che il messo ha ricercato il contribuente, non soltanto presso l’indirizzo indicato nell’atto, ma nell’intero Comune di appartenenza.
Notificare, giuridicamente parlando, significa “portare a conoscenza”, e quando si parla di atti tributari, ovvero di atti impositivi emessi per la riscossione di imposte, tasse, contributi, con la notifica viene portato a conoscenza un obbligo di pagamento entro un termine ben preciso, scaturito da un accertamento o da un inadempimento del debitore.
Come regola generale il procedimento di notificazione, le cui forme e modalità sono dettagliatamente fissate dalla legge, si sostanzia in una serie di attività il cui fine è quello di determinare la “conoscenza legale” di un atto in capo a un soggetto specificamente individuato. Si fa riferimento alla conoscenza “legale” perché, ai fini della validità della notifica, è sufficiente che l’atto sia entrato nella sfera di conoscibilità del destinatario dopo che siano state osservate tutte le formalità stabilite dalla legge, a prescindere dalla effettiva ricezione e quindi dalla conoscenza “effettiva” del contenuto dell’atto stesso da parte del destinatario (cfr. Cassazione, n. 8076/2017 e sezioni unite, n. 14916/2016).
La norma di notifica della cartella esattoriale (DPR 602/73, art. 26) rimanda a sua volta all’art. 60 del DPR 600/73, intrecciando di fatto tra loro le regole di notifica degli atti giudiziari e di quelli tributari, con alcune differenze per questi ultimi. Anche il codice della strada, per la notifica dei verbali delle multe, rimanda al codice di procedura civile e alle normative di notifica postale (D.lgs. 285/92, art. 201), così come la legge sulle sanzioni amministrative rimanda al codice di procedura civile (Legge 689/81, art.14).
Tipicamente, la notifica avviene nelle mani proprie del destinatario e in questo caso può avvenire ovunque, oppure presso il suo domicilio fiscale coincidente con la residenza o l’ufficio o eletto presso terzi. Sarà opportuno allora meglio definire il quadro normativo di riferimento e cosa si intenda per irreperibilità assoluta e irreperibilità relativa.
La questione prende in considerazione il coordinamento di tre disposizioni normative: l’articolo 26, comma 4, DPR 602/73, relativo alla Notificazione della cartella di pagamento; l’articolo 60, comma 1, lett. e), DPR 600/73, inerente alle Notificazioni; l’articolo 140 c.p.c. per la Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia.
L’irreperibilità assoluta si verifica quando non si conosca in quale Comune risieda il destinatario; l’irreperibilità relativa, invece, quando siano noti residenza e indirizzo del destinatario, ma la notifica non sia avvenuta perché costui non sia stato rinvenuto, o per mancanza, incapacità o rifiuto di altri soggetti legittimati alla ricezione dell’atto.
L’art. 60 riferito, che in prima battuta richiama le norme del codice di procedura civile, prevede, alla lettera e), che qualora nel Comune in cui deve eseguirsi la notificazione non vi siano l’abitazione, l’ufficio o l’azienda del contribuente, l’avviso di deposito prescritto dall’art. 140 c.p.c. venga affisso in busta chiusa e sigillata nell’albo del Comune: la notificazione si considera eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello dell’affissione.
Si può facilmente notare che la disposizione non richiama l’intera disciplina contenuta nell’art.140 c.p.c., ma solo l’avviso di deposito che, secondo quest’ultima norma, deve essere affisso alla porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda. Nel caso disciplinato dall’art. 60, però, non essendoci nel Comune nessuno dei tre luoghi previsti dall’art. 140 c.p.c., il deposito della copia dell’atto va fatto in Comune e l’avviso di deposito si affigge nell’albo del Comune. Nonostante il richiamo fatto all’art. 140 c.p.c. (che, come già detto, disciplina il caso dell’irreperibilità relativa), è abbastanza evidente che l’art. 60 disciplina il caso dell’irreperibilità assoluta.
Ciò, tra l’altro, è stato chiarito da più sentenze della Cassazione (ex multis Cass. n. 28698/2008), che ha interpretato la suddetta norma come riferita esclusivamente all’irreperibilità assoluta. Quindi, per gli atti di accertamento possiamo definire che se l’irreperibilità è di tipo “relativo” trova applicazione l’art.140 c.p.c., dato il richiamo agli artt. 137 e seguenti del c.p.c. fatto dallo stesso art. 60 al primo comma, mentre se invece è di tipo “assoluto”, la procedura sarà quella descritta dall’articolo stesso.
Per quanto riguarda le cartelle di pagamento, l’art. 26 del DPR 602/73 stabilisce che nei casi previsti dall’art.140 c.p.c. la notificazione debba essere effettuata ai sensi dell’art. 60, DPR 600/73, con l’unica modifica che la notificazione si considera eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito è affisso nell’albo del Comune.
In sostanza, quindi, ai sensi di questa diposizione, nel caso in cui sussista un’irreperibilità meramente “relativa” del destinatario, ossia nei casi previsti dall’art.140 c.p.c., la cartella di pagamento va notificata non applicando l’art. 140 stesso, ma con le formalità previste per la notificazione degli atti di accertamento a destinatari “assolutamente” irreperibili, come previsto dalla lett. e), comma 1, art. 60, del DPR 600/73, nonostante il domicilio fiscale sia noto ed effettivo.
Quindi, in pratica, sia nei casi di irreperibilità assoluta che in quelli di irreperibilità relativa, la notificazione risulta validamente eseguita anche in assenza dell’affissione del relativo avviso alla porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e della comunicazione del deposito tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. Da sottolineare anche l’intervento in materia della Corte Costituzionale, che con la Sentenza 22 novembre 2012, n. 258, ha affermato che: “Pertanto, nonostante che il domicilio fiscale sia noto ed effettivo, non sono necessarie, per la validità della notificazione della cartella, né l’affissione dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, né la comunicazione del deposito mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento”.
Da quanto esposto finora emerge che nella medesima ipotesi di irreperibilità “relativa” del destinatario (cioè, nei casi previsti dall’art. 140 c.p.c.), la notificazione si esegue con modalità diverse a seconda dell’atto da notificare: se si tratta di un atto di accertamento si applicano le modalità previste dall’art. 140 c.p.c. (il deposito dell’atto nella casa comunale viene comunicato al destinatario sia con l’affissione di un avviso alla porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda, sia con l’invio di una lettera raccomandata con avviso di ricevimento); se si tratta di una cartella di pagamento si applicano, invece, le modalità previste dalla lettera e) del primo comma, art. 60, del DPR 600/73 (il deposito dell’atto nella casa comunale viene comunicato solo con l’affissione all’albo del Comune).
La sentenza odierna si segnala per il rigore delle argomentazioni giuridiche rispetto a una vicenda fattualmente complessa, proponendosi come esempio indicativo per la valutazione probatoria delle risultanze della relata di notifica, strumento mediante il quale (articolo 148, c.p.c.) l’agente notificatore “certifica l’avvenuta notificazione” datando e sottoscrivendo la stessa in calce all’originale e alla copia dell’atto. In tema di notificazione di atti tributari con le modalità indicate, rispettivamente, si fa riferimento agli articoli 140 del codice di procedura civile e all’art. 60, primo comma, lettera e), del DPR 600/73, ricordando però che esse sono alternative e si escludono a vicenda. Nel primo caso, infatti, il destinatario è solo “momentaneamente assente” dal luogo in cui lo stesso, comunque, risiede. Nell’altro, invece, si realizza una ipotesi di “irreperibilità assoluta” perché l’agente notificatore non è in grado di reperire il destinatario della notificazione che, dalle notizie acquisite all’atto della notifica, risulta trasferito in luogo sconosciuto.
In questo modo, del resto, si è espressa la Cassazione con la sentenza 28698/2008, riconoscendo corretta la notifica eseguita con la procedura cosiddetta degli “irreperibili” nei confronti di un soggetto sconosciuto all’indirizzo risultante all’ufficio impositore.
La disciplina delle notifiche, in buona sostanza, è ispirata a un rapporto di soggezione del contribuente rispetto all’Amministrazione finanziaria, che legittimamente non può ogni volta mettersi a rintracciare il destinatario.
In termini generali può procedere alla notifica un ufficiale giudiziario, un messo comunale o un messo speciale autorizzato dall’ufficio. Non a caso il legislatore è più volte intervenuto per definire una figura professionale adatta allo scopo, come nel caso della Legge 296/2006 (Finanziaria 2007), che ha istituito il ruolo dei messi notificatori disponendo che gli stessi siano nominati tra i dipendenti dell’Amministrazione comunale o provinciale, nonché tra soggetti che, per qualifica professionale, esperienza, capacità e affidabilità, forniscono idonea garanzia del corretto svolgimento delle funzioni assegnate, previa, in ogni caso, la partecipazione ad apposito corso di formazione e qualificazione, organizzato a cura dell’Ente locale e il superamento di un esame di idoneità.
Del resto quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi, nella circostanza, non è stato ivi rinvenuto, va effettuata secondo la disciplina di cui al citato art. 60, quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché sconosciuto all’indirizzo indicato: a tale accertamento il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che questi non abbia mutato indirizzo nell’ambito dello stesso Comune.
Qualora, invece, nel luogo in cui la notificazione deve essere eseguita non è possibile attuare la consegna perché il destinatario risulta temporaneamente assente e non si rinvenga neppure un altro possibile consegnatario, occorre attivare il procedimento disciplinato dall’articolo 140, c.p.c. (cfr Cassazione, 19958, 11452, 6514 e 1742, tutte del 2018).
In queste ipotesi l’ufficiale notificatore deve provvedere (cfr Cassazione, 29678, 27432 e 26165, tutte del 2017) al deposito della copia dell’atto da notificare “nella casa del Comune dove la notificazione deve eseguirsi”, all’affissione di un avviso di tale deposito, in busta chiusa e sigillata, alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e a notiziare quest’ultimo dell’avvenuto deposito dell’atto presso la casa comunale, a mezzo raccomandata “informativa” con avviso di ricevimento.
Questa notifica, in linea generale, si considera perfezionata per il notificante con il compimento dell’ultimo dei descritti adempimenti, ossia con la spedizione della “raccomandata informativa”.
Per il destinatario, secondo quanto statuito dalla Corte Costituzionale con sentenza 3/2010, la notifica si perfeziona invece o decorsi dieci giorni dalla spedizione di detta raccomandata o, se antecedente a tale momento, con il ricevimento della stessa oppure al ritiro del piego presso la casa comunale (cfr Cassazione, 23498, 20571, 20287, 19958 e 12754, tutte del 2018).
Quindi il procedimento notificatorio, ove siano state rispettate le prescrizioni di legge, deve necessariamente perfezionarsi nei confronti del destinatario, anche quando questi per sua inerzia consapevole o anche soltanto per negligenza, non provveda al ritiro dell’atto che lo riguarda e che, proprio in ragione dell’osservanza del relativo regime legale, è entrato nella sua sfera di conoscibilità.
Tanto premesso e tornando all’odierna pronuncia, l’agente di Riscossione adiva in Cassazione dopo il negativo esito incassato dai giudici tributari, che avevano rilevato la fondatezza del ricorso del contribuente che aveva prospettato vizio di notifica della cartella di pagamento, la cui notifica era stata eseguita presso un indirizzo (errato) diverso da quello risultante dai registri anagrafici ove, in assenza del destinatario, il messo notificatore aveva proceduto al deposito dell’atto presso la casa comunale, ritenendo (erroneamente) in tal modo completato il procedimento notificatorio, e trattandosi, invece, di una ipotesi di irreperibilità relativa – e non assoluta – del contribuente, “la notifica andava effettuata, a pena di invalidità, secondo il rito previsto dall’art. 140 cod.proc.civ.”
La Suprema Corte non ha ritenuto corretto l’operato dell’Amministrazione in quanto: “… Il primo motivo di ricorso, improntato alla violazione dell’art. 39 c.p.c., è infondato. La litispendenza presuppone la identità sia dei soggetti che dell’oggetto delle due cause contemporaneamente pendenti, ciò che nella specie di causa non si è realizzato, atteso che nel processo promosso avanti alla CTP di Lecce, conclusosi con la sentenza n. 121/22/13 della CTR della Puglia, aveva ad oggetto l’impugnazione di un provvedimento (iscrizione di ipoteca) del tutto diverso ed autonomo rispetto a quello (intimazione di pagamento) impugnato avanti alla medesima CTP di Lecce e conclusosi con la sentenza n. 1899/22/15 della CTR della Puglia (Cass. n. 29631/2019 e 11046/2012). Il secondo motivo è improntato alla violazione delle disposizioni disciplinanti la notifica della prodromica cartella di pagamento e si incentra sul dedotto errore contenuto nella sentenza del Giudice di appello, che avrebbe deciso sulla base di “un falso presupposto di fatto, facendo ritenere un fatto documentalmente escluso come un fatto documentalmente provato.”.
L’errore di cui trattasi, però, si risolve non in una falsa percezione della realtà, ipotesi altrimenti prevista dall’art. 395 c.p.c. come motivo di revocazione, ma piuttosto in un difettoso esame, da parte del giudice di merito, di specifici elementi probatori idonei a fornire la rappresentazione di un fatto decisivo e controverso, oggetto appunto di accertamento giudiziale. Ad ogni modo, anche detta doglianza è infondata poiché, secondo l’interpretazione costante di questa Corte di legittimità (Cass. n. 6911/2017; n. 24260/2014; n. 16696/2013; n. 14030/2011; n. 3426/2010; n. 15856/2009; n.7067/2008 ) con riguardo alla notificazione degli atti di accertamento, il combinato disposto dell’art. 137 e 140 c.p.c. e dell’art. 60, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973, se il destinatario dell’atto di accertamento è temporaneamente assente dal suo domicilio fiscale e se non è possibile consegnare l’atto per irreperibilità, incapacità o rifiuto delle persone legittimate alla ricezione, cioè nel caso di irreperibilità c.d. “relativa”, la notifica si perfeziona con il compimento delle attività stabilite dall’art. 140 c.p.c., richiamato dall’art. 60, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973. In tal caso debbono essere effettuati il deposito di copia dell’atto nella casa del Comune in cui la notificazione deve eseguirsi, l’affissione dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione e dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e la comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, dell’avvenuto deposito nella casa comunale dell’atto di accertamento; la notifica si ha, poi, per perfezionata al ricevimento della lettera raccomandata informativa o, comunque, con il decorso del termine di dieci giorni dalla data di spedizione di tale raccomandata (Cass. n. 11057/2018). E’ stato, inoltre, affermato che anche ove la notifica sia avvenuta nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c., prima della sentenza della Corte Cost. n. 3 del 2010, ai fini della regolarità della stessa è comunque necessaria la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata spedita a compimento delle formalità previste dalla indicata disposizione, stante l’efficacia retroattiva delle pronunce additive della Corte Costituzionale (Cass. n. 10519/2019). Le modalità di notificazione dell’atto di accertamento previste dall’art. 60 comma 1, lett. e), dpr 600/73 sono invece applicabili nella – diversa – ipotesi di “irreperibilità assoluta” del destinatario e per il relativo perfezionamento occorrono il deposito di copia dell’atto di accertamento, da parte del notificatore, nella casa comunale, l’affissione dell’avviso di deposito nell’albo del medesimo comune, il decorso del termine di otto giorni dalla data di affissione nell’albo comunale. In caso di irreperibilità assoluta del destinatario è impossibile l’invio della raccomandata informativa dell’avvenuto deposito nella casa comunale sicché, in tal caso, tale ulteriore adempimento, prescritto per il caso di irreperibilità relativa, non è richiesto e la notifica si perfeziona nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione nell’albo comunale. Dunque la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, nel sistema delineato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, va effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 c.p.c. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi, nella circostanza, non è stato ivi rinvenuto, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’art. 60 cit., lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché sconosciuto all’indirizzo indicato. A tale accertamento il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che questi non abbia mutato indirizzo nell’ambito dello stesso Comune. Invero è stato affermato che la disciplina della notificazione dell’accertamento regolata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, non ricalca quella del codice di procedura civile, essendo ispirata ad un rapporto di soggezione del contribuente al potere impositivo dell’amministrazione finanziarla; ciò implica che in caso di impossibilità di notificazione presso il domicilio fiscale, l’ufficio è tenuto ad effettuare ricerche nel comune dove è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune, ma non è tenuto all’espletamento di nuove ulteriori ricerche (Cass. n. 25272/2014; n. 17064/2006; n. 906/2002; n. 8071/1995). Da tali considerazioni discende che è illegittima la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi effettuata ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973, laddove il messo notificatore abbia attestato la sola irreperibilità del destinatario senza ulteriore indicazione delle ricerche compiute per verificare che il trasferimento non fosse un mero mutamento di indirizzo all’interno dello stesso comune, dovendosi procedere secondo le modalità di cui all’art. 140 c. p. c. quando non risulti un’irreperibilità assoluta del notificato all’indirizzo conosciuto ( cfr. Cass. n. 24260/2014 ).
In altri termini, il messo notificatore, prima di procedere alla notifica, deve effettuare nel Comune del domicilio fiscale del contribuente le ricerche volte a verificare la sussistenza dei presupposti per operare la scelta, tra le due citate possibili opzioni, del procedimento notificatorio onde accertare che il mancato rinvenimento del destinatario dell’atto sia dovuto ad irreperibilità relativa ovvero ad irreperibilità assoluta in quanto nel Comune, già sede del domicilio fiscale, il contribuente non ha più né abitazione, né ufficio o azienda e, quindi, mancano dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto. Nel caso di specie, la relata redatta dal messo il 19 luglio 2001 attesta che la notifica è stata eseguita con il rito degli irreperibili (risulta barrata la relativa casella) al civico n. 42 , con deposito casa comunale, e null’altro. La giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass. n. 19958/2018, n. 20425/2007 e n 19958/2018) ha costantemente affermato, in tema di notifica degli atti impositivi, che la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi dell’art. 60, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973, presuppone non solo che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto, ma anche che dalla relata si evinca con chiarezza l’effettivo compimento delle relative ricerche. L’operato del messo notificatore, pertanto, non risulta improntato al pieno rispetto delle regole innanzi esposte atteso che, secondo quanto acclarato dalla CTR sulla scorta della documentazione in atti, il superamento della presunzione derivante dai dati anagrafici non può sic et simpliciter ritenersi superata dalla – mera – assenza del destinatario dell’atto, ancorché attestata sulla base di ripetuti accessi effettuati in occasione dei precedenti tentativi di notifica (la CTP aveva stigmatizzato la condotta del contribuente in quanto “tendente a sottrarsi al pagamento dei debiti d’imposta”), assenza non altrimenti qualificabile in difetto di ulteriori informazioni acquisite all’atto della notifica, da cui risulti il trasferimento in luogo sconosciuto, sulla scorta della previa acquisizione di notizie e/o del previo espletamento di ricerche. Va, infatti, ribadito il principio per cui “nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tal fine compiute né con quali espressioni verbali ed in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche, purché emerga chiaramente che le ricerche sono state effettuate, che sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame” (Cass. 20425/2007)”.

Corte di Cassazione – Sentenza 18 giugno 2020, n. 11827
sul ricorso 29793-2015 proposto da:
EQUITALIA SUD SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA PINETA SACCHETTI 482, presso lo studio dell’avvocato EMANUELA VERGINE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA ROSARIA SAVOIA giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro L. G. A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. AVEZZANA 3, presso studio dell’avvocato PAOLO GRASSI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMILIANO NICODEMO giusta delega in calce;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1895/2015 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di LECCE, depositata il 14/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/02/2020 dal Consigliere Dott. ORONZO DE NASI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STANISLAO DE MATTEIS che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato VERGINE per delega dell’Avvocato SAVOIA che si riporta agli atti;
udito per il controricorrente l’Avvocato NICODEMO LUCA per delega dell’Avvocato NICODEMO MASSIMILIANO che si riporta agli atti.
Fatti di causa
Equitalia Sud s.p.a., già Equitalia Lecce s.p.a., propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 1895/22/15, depositata il 14/9/2015, che ha accolto l’appello di G.A.L. e riformato la decisione di primo grado con la quale era stata dichiarata la legittimità della impugnata intimazione di pagamento, emessa dall’Agente della riscossione in forza di prodromica cartella di pagamento, in quanto quest’ultima era stata ritualmente notificata.
Il Giudice di appello rilevava la fondatezza del gravame del contribuente ricorrendo il prospettato vizio di notifica della predetta cartella di pagamento, la cui notifica era stata eseguita “in data 19/6/2001 presso un indirizzo (errato) diverso da quello risultante dai registri anagrafici – Via L. 140, anziché Via L. 42 C. di Lecce, (vds certificato di residenza storico del Comune di C.) ove, in assenza del destinatario, il messo notificatore ha proceduto al deposito dell’atto presso la casa comunale, ritenendo (erroneamente) in tal modo completato il procedimento notificatorio”, e trattandosi, invece, di una ipotesi di irreperibilità relativa – e non assoluta – del contribuente “la notifica andava effettuata, a pena di invalidità, secondo il rito previsto dall’art. 140 cod.proc.civ., ovvero, nel rispetto delle tre prescritte formalità:
– deposito della copia dell’atto nella casa del comune dove la notifica deve eseguirsi
– affissione dell’avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario
– notizia del deposito al destinatario mediante raccomandata con avviso di ricevimento.”
Resiste il contribuente con controricorso; il P.G. ha depositato conclusioni scritte.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione dell’art. 39 c.p.c. e del principio del ne bis in idem, essendo stata la questione concernente la ritualità notifica della cartella di pagamento n. 059200200110151416308000 già decisa dalla CTP di Lecce, in altro giudizio, con sentenza confermata in appello dalla CTR della Puglia, con sentenza n. 121/22/13, trattandosi di medesima causa.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 140, 143 c.p.c., 60, comma 1, lett. e), d.p.r. n. 600 del 1973, giacché la CTR non ha considerato che la ritualità della notificazione della cartella di pagamento discende dal fatto che il messo notificatore, come si ricava dalla semplice lettura della relata di notificazione versata in atti (riprodotta per autosufficienza a pag. 16 e 17 del ricorso), redatta in data 19/7/2001, aveva constatato che il contribuente non abitava né domiciliava alla Via L. n. 42, in C. di Lecce (ovvero presso la casa dei genitori), ove il L. aveva mantenuto la propria residenza anagrafica, che non si era recato “in Via L. 140”, come erroneamente riportato nella impugnata sentenza di appello (erronea sarebbe anche la data del 19/6/2001 riportata in sentenza), e dunque trattandosi di residenza “fittizia”, che del tutto rituale era il successivo deposito del plico presso la Casa Comunale, secondo il rito degli irreperibili.
Il primo motivo di ricorso, improntato alla violazione dell’art. 39 c.p.c., è infondato.
La litispendenza presuppone la identità sia dei soggetti che dell’oggetto delle due cause contemporaneamente pendenti, ciò che nella specie di causa non si è realizzato, atteso che nel processo promosso avanti alla CTP di Lecce, conclusosi con la sentenza n. 121/22/13 della CTR della Puglia, aveva ad oggetto l’impugnazione di un provvedimento (iscrizione di ipoteca) del tutto diverso ed autonomo rispetto a quello (intimazione di pagamento) impugnato avanti alla medesima CTP di Lecce e conclusosi con la sentenza n. 1899/22/15 della CTR della Puglia (Cass. n. 29631/2019 e 11046/2012).
Il secondo motivo è improntato alla violazione delle disposizioni disciplinanti la notifica della prodromica cartella di pagamento e si incentra sul dedotto errore contenuto nella sentenza del Giudice di appello, che avrebbe deciso sulla base di “un falso presupposto di fatto, facendo ritenere un fatto documentalmente escluso come un fatto documentalmente provato.”.
L’errore di cui trattasi, però, si risolve non in una falsa percezione della realtà, ipotesi altrimenti prevista dall’art. 395 c.p.c. come motivo di revocazione, ma piuttosto in un difettoso esame, da parte del giudice di merito, di specifici elementi probatori idonei a fornire la rappresentazione di un fatto decisivo e controverso, oggetto appunto di accertamento giudiziale.
Ad ogni modo, anche detta doglianza è infondata poiché, secondo l’interpretazione costante di questa Corte di legittimità (Cass. n. 6911/2017; n. 24260/2014; n. 16696/2013; n. 14030/2011; n. 3426/2010; n. 15856/2009; n.7067/2008 ) con riguardo alla notificazione degli atti di accertamento, il combinato disposto dell’art. 137 e 140 c.p.c. e dell’art. 60, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973, se il destinatario dell’atto di accertamento è temporaneamente assente dal suo domicilio fiscale e se non è possibile consegnare l’atto per irreperibilità, incapacità o rifiuto delle persone legittimate alla ricezione, cioè nel caso di irreperibilità c.d. “relativa”, la notifica si perfeziona con il compimento delle attività stabilite dall’art. 140 c.p.c., richiamato dall’art. 60, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973.
In tal caso debbono essere effettuati il deposito di copia dell’atto nella casa del Comune in cui la notificazione deve eseguirsi, l’affissione dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione e dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e la comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, dell’avvenuto deposito nella casa comunale dell’atto di accertamento; la notifica si ha, poi, per perfezionata al ricevimento della lettera raccomandata informativa o, comunque, con il decorso del termine di dieci giorni dalla data di spedizione di tale raccomandata (Cass. n. 11057/2018).
E’ stato, inoltre, affermato che anche ove la notifica sia avvenuta nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c., prima della sentenza della Corte Cost. n. 3 del 2010, ai fini della regolarità della stessa è comunque necessaria la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata spedita a compimento delle formalità previste dalla indicata disposizione, stante l’efficacia retroattiva delle pronunce additive della Corte Costituzionale (Cass. n. 10519/2019).
Le modalità di notificazione dell’atto di accertamento previste dall’art. 60 comma 1, lett. e), dpr 600/73 sono invece applicabili nella – diversa – ipotesi di “irreperibilità assoluta” del destinatario e per il relativo perfezionamento occorrono il deposito di copia dell’atto di accertamento, da parte del notificatore, nella casa comunale, l’affissione dell’avviso di deposito nell’albo del medesimo comune, il decorso del termine di otto giorni dalla data di affissione nell’albo comunale.
In caso di irreperibilità assoluta del destinatario è impossibile l’invio della raccomandata informativa dell’avvenuto deposito nella casa comunale sicché, in tal caso, tale ulteriore adempimento, prescritto per il caso di irreperibilità relativa, non è richiesto e la notifica si perfeziona nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione nell’albo comunale.
Dunque la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, nel sistema delineato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, va effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 c.p.c. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi, nella circostanza, non è stato ivi rinvenuto, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’art. 60 cit., lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché sconosciuto all’indirizzo indicato.
A tale accertamento il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che questi non abbia mutato indirizzo nell’ambito dello stesso Comune.
Invero è stato affermato che la disciplina della notificazione dell’accertamento regolata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, non ricalca quella del codice di procedura civile, essendo ispirata ad un rapporto di soggezione del contribuente al potere impositivo dell’amministrazione finanziarla; ciò implica che in caso di impossibilità di notificazione presso il domicilio fiscale, l’ufficio è tenuto ad effettuare ricerche nel comune dove è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune, ma non è tenuto all’espletamento di nuove ulteriori ricerche (Cass. n. 25272/2014; n. 17064/2006; n. 906/2002; n. 8071/1995).
Da tali considerazioni discende che è illegittima la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi effettuata ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973, laddove il messo notificatore abbia attestato la sola irreperibilità del destinatario senza ulteriore indicazione delle ricerche compiute per verificare che il trasferimento non fosse un mero mutamento di indirizzo all’interno dello stesso comune, dovendosi procedere secondo le modalità di cui all’art. 140 c. p. c. quando non risulti un’irreperibilità assoluta del notificato all’indirizzo conosciuto ( cfr. Cass. n. 24260/2014 ).
In altri termini, il messo notificatore, prima di procedere alla notifica, deve effettuare nel Comune del domicilio fiscale del contribuente le ricerche volte a verificare la sussistenza dei presupposti per operare la scelta, tra le due citate possibili opzioni, del procedimento notificatorio onde accertare che il mancato rinvenimento del destinatario dell’atto sia dovuto ad irreperibilità relativa ovvero ad irreperibilità assoluta in quanto nel Comune, già sede del domicilio fiscale, il contribuente non ha più né abitazione, né ufficio o azienda e, quindi, mancano dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto.
Nel caso di specie, la relata redatta dal messo il 19 luglio 2001 attesta che la notifica è stata eseguita con il rito degli irreperibili (risulta barrata la relativa casella) al civico n. 42 , con deposito casa comunale, e null’altro.
La giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass. n. 19958/2018, n. 20425/2007 e n 19958/2018) ha costantemente affermato, in tema di notifica degli atti impositivi, che la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi dell’art. 60, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973, presuppone non solo che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto, ma anche che dalla relata si evinca con chiarezza l’effettivo compimento delle relative ricerche.
L’operato del messo notificatore, pertanto, non risulta improntato al pieno rispetto delle regole innanzi esposte atteso che, secondo quanto acclarato dalla CTR sulla scorta della documentazione in atti, il superamento della presunzione derivante dai dati anagrafici non può sic et simpliciter ritenersi superata dalla – mera – assenza del destinatario dell’atto, ancorché attestata sulla base di ripetuti accessi effettuati in occasione dei precedenti tentativi di notifica (la CTP aveva stigmatizzato la condotta del contribuente in quanto “tendente a sottrarsi al pagamento dei debiti d’imposta”), assenza non altrimenti qualificabile in difetto di ulteriori informazioni acquisite all’atto della notifica, da cui risulti il trasferimento in luogo sconosciuto, sulla scorta della previa acquisizione di notizie e/o del previo espletamento di ricerche.
Va, infatti, ribadito il principio per cui “nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tal fine compiute né con quali espressioni verbali ed in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche, purché emerga chiaramente che le ricerche sono state effettuate, che sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame” (Cass. 20425/2007).
Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al contribuente le spese processuali che liquida in euro 1.9000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 febbraio 2020.