CASSAZIONE

Non si fonda l’accertamento sul solo elenco dei rifiuti smaltiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7022 del 21 marzo 2018, ha stabilito che in sede di verifica e in presenza di una contabilità ordinaria è adeguato, ai fini dell’accertamento, che gli operatori applichino la cosiddetta “media ponderata” in presenza di tipologie diverse di beni commercializzati dall’impresa: diversamente, per l’ufficio, è difficile utilizzare la presunzione prevista dall’art. 39, DPR 600/73, in ordine alla presenza di indizi gravi precisi e concordanti che il giudice, con una valutazione analitica, può disconoscere.

Nel caso in esame non è quindi sufficiente a fondare l’accertamento il riscontro delle batterie smaltite rispetto a quelle vendute. Il dato, estrapolato da un contesto più articolato, può essere considerato come un semplice elemento, privo dei requisiti di gravità, precisione e concordanza che non può di per sé fondare la rettifica dell’ufficio. La valutazione delle prove spetta al giudice di merito, che deve adeguatamente motivare gli elementi su cui ha fondato la propria decisione.

E’ peraltro indubitabile, quindi, che l’art. 2729 c.c. stabilisce che le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice [116 c.p.c.], il quale deve ammettere solo presunzioni gravi, precise e concordanti.

Difatti, è vero che al giudice di merito è devoluta la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c. per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, ma tale giudizio è soggetto al controllo di legittimità se risulti che, nel violare i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice non abbia fatto buon uso del materiale indiziario disponibile, negando o attribuendo valore a singoli elementi, senza una valutazione di sintesi (Cass., ord. n. 10973/2017, Cass., sent. n. 1715/2007). La Suprema Corte, tuttavia, ha affermato parecchie volte che compete alla stessa, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo della corretta applicazione dei principi contenuti nell’art. 2729 c.c. alla fattispecie concreta. Quanto all’utilizzo degli indizi, si è sovente affermato che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge debbano ricavarsi dalla loro valutazione complessiva, in un giudizio globale e non atomistico (ciascuno potendo essere insufficiente), ancorché preceduto dall’esame di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato nel quale un indizio rafforza e, a un tempo, trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (tra le più recenti, Cass., sent. n. 12002/2017; Cass., ord. n. 5374/2017).

Tornando al caso di specie, l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento induttivo a un contribuente operante nel settore dell’elettrotecnica, per il recupero a tassazione della maggiore imposta rilevata in seguito a un accesso presso la sede. In particolare, l’Ufficio basava la pretesa fiscale sulla differenza numerica riscontrata tra le batterie acquistate e quelle smaltite; le ultime erano in numero superiore e questo, secondo i funzionari dell’Agenzia, provava il maggior reddito non dichiarato. Dopo l’iniziale iter processuale, i giudici di appello ritenevano illegittima la pretesa tributaria, poiché basata su elementi che non costituivano delle presunzioni idonee al punto di superare i dati contenuti nella contabilità formalmente in ordine del contribuente.

Le unità eliminate non potevano corrispondere esattamente a quelle vendute in sostituzione.

Gli Ermellini, nel confermare quanto sostenuto dai giudici in appello, concludevano che “…La giurisprudenza di legittimità ha tracciato il corretto procedimento logico del giudice di merito nella valutazione degli indizi, in particolare affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ancorché preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (tra le più recenti cfr. Cass., sent. n. 12002/2017; Cass., ord. n. 5374/2017). Ciò che rileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, salvo l’ampio diritto del contribuente a fornire la prova contraria. Occorre allora verificare se nella sentenza gravata sia stato fatto buon governo dei principi appena esposti. La ricorrente ritiene che ci si trovi dinanzi ad indizi idonei alla costituzione della prova presuntiva richiesta dall’art. 2729 c.c. e dall’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e lamenta che la sentenza avrebbe riconosciuto una contabilità formalmente in ordine (1° motivo) laddove così non era.

In realtà non vi è alcun passaggio della pronuncia impugnata nella quale il giudice regionale tributario abbia affermato che la contabilità fosse formalmente in ordine; la motivazione invece esamina proprio alcuni elementi sui quali l’Amministrazione ha sostenuto gli esiti del suo accertamento per evidenziarne l’inconsistenza. Si afferma in particolare che <<In presenza di contabilità ordinaria il Legislatore pretende sussistere presunzioni gravi, precise e concordanti perché possano venire contrastati i dati dichiarati dal contribuente. L’accertamento sulla scorta del quale è stato elevato l’avviso contestato non pare cristallizzare alcuna presunzione. Non è tale la differenza tra batterie per autoveicoli acquistate e vendute atteso che il riferimento dei Funzionari è relativo alla sola annualità in contestazione apparendo affatto normale che, così come invece il contribuente ha chiarito senza venire sconfessato, per ciascun anno sono state vendute batterie acquistate anche e soprattutto precedentemente, sì che il dato non costituisce affatto prova di omessa contabilizzazione. L’eliminazione di rifiuti speciali non prova che tutte le unità eliminate corrispondano a prodotti venduti in sostituzione atteso che nell’anno 2003 le batterie eliminate sono state quantificate in oltre 1100 pezzi mentre quelle acquistate sono state circa 500 e quelle vendute poco meno. Non risulta ché i verificatori abbiano applicato nello loro contabilizzazione la cosiddetta media ponderata in presenza di tipologie diverse per costituzione e prezzi di articoli commercializzati (esemplificativamente antifurti, batterie, bloccasterzi)…. Conclusivamente, non pare fondato su elementi certi e inconfutabili l’avviso oggetto di impugnativa. Dunque il giudice del merito ha esaminato con attenzione gli indizi assunti dalla Amministrazione e, nella sequenza della loro elencazione, ha individuato l’inconsistenza degli stessi, spezzando pertanto, con una valutazione ampia ed analitica, la pretesa unitarietà degli stessi per carenza di gravità, precisione e concordanza. Ha formulato dunque un giudizio di valore privo di contraddizioni, nel rispetto dei principi enucleabili dagli artt. 2729 e 2697 c.c. Quanto al merito, nella formazione del suo convincimento non si evince alcun salto logico, alcuna imprecisione del giudice d’appello, bensì la corretta applicazione dei canoni interpretativi cui è ricorso nell’esercizio del suo prudente apprezzamento; in conclusione alcuna censura può essere sollevata sulla motivazione della sentenza e sulla applicazione dei parametri normativi di riferimento”.

 

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 21 marzo 2018, n. 7022

Rilevato che:

l’Agenzia delle Entrate, con due motivi, ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 38/01/11, depositata il 24.03.2011 dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia;

ha riferito che a seguito dell’accesso presso l’esercizio di riparazione di impianti elettrici e alimentazione di autoveicoli di Romeo Giovanni si accertava l’omessa contabilizzazione di prestazioni e vendite per complessivi € 41.470,58. Seguiva la notifica dell’avviso di accertamento n. RJN01T1010082006 relativa all’anno d’imposta 2003 per il recupero dell’imposta evasa;

nel conseguente contenzioso la Commissione Tributaria Provinciale di Palermo rigettava il ricorso del contribuente ma la Commissione Regionale, con la sentenza ora impugnata, riformava la sentenza annullando l’atto impositivo.

Avverso questa pronuncia L’Agenzia censura:

con il primo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 39 del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per avere errato la C.T.R. nel ritenere che, in presenza di contabilità formalmente in ordine, gli elementi raccolti non perfezionassero presunzioni idonee alla prova;

con il secondo motivo, in subordine, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., per l’erroneità del percorso logico seguito dal giudice d’appello;

chiedeva pertanto la cassazione della sentenza.

Il contribuente non si costituiva.

Considerato che

I due motivi di ricorso possono essere trattati unitariamente poiché riguardano la medesima questione, il malgoverno del materiale probatorio da parte del giudice di merito, anche ai fini del rispetto del principio distributivo dell’onere della prova.

L’Agenzia lamenta che la CTR della Sicilia, riformando la sentenza della CTP, ha ritenuto privo di riscontri presuntivi gravi, precisi e concordanti l’accertamento induttivo, con recupero a tassazione dei ricavi così ricostruiti.

Ora, è pacifico che competa alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo della corretta applicazione dei principi contenuti nell’art. 2729 c.c. alla fattispecie concreta, poiché se è devoluto al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c., valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tale giudizio è soggetto al controllo di legittimità se risulti che, violando i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice non abbia fatto buon uso del materiale indiziario disponibile, negando o attribuendo valore a singoli elementi, senza una valutazione di sintesi (cfr. Cass., ord. n. 10973/2017, Cass., sent. n. 1715/2007).

Ebbene, quanto all’utilizzo degli indizi, mentre la gravità, precisione e concordanza degli stessi permette di acquisire una prova presuntiva che, anche sola, è sufficiente nel processo tributario a sostenere i fatti fiscalmente rilevanti, accertarti dalla amministrazione (Cass., sent. n. 1575/2007), quando manca tale convergenza qualificante è necessario disporre di ulteriori elementi per la costituzione della prova.

La giurisprudenza di legittimità ha tracciato il corretto procedimento logico del giudice di merito nella valutazione degli indizi, in particolare affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ancorché preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (tra le più recenti cfr. Cass., sent. n. 12002/2017; Cass., ord. n. 5374/2017). Ciò che rileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, salvo l’ampio diritto del contribuente a fornire la prova contraria.

Occorre allora verificare se nella sentenza gravata sia stato fatto buon governo dei principi appena esposti.

La ricorrente ritiene che ci si trovi dinanzi ad indizi idonei alla costituzione della prova presuntiva richiesta dall’art. 2729 c.c. e dall’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e lamenta che la sentenza avrebbe riconosciuto una contabilità formalmente in ordine (1° motivo) laddove così non era.

In realtà non vi è alcun passaggio della pronuncia impugnata nella quale il giudice regionale tributario abbia affermato che la contabilità fosse formalmente in ordine; la motivazione invece esamina proprio alcuni elementi sui quali l’Amministrazione ha sostenuto gli esiti del suo accertamento per evidenziarne l’inconsistenza. Si afferma in particolare che <<In presenza di contabilità ordinaria il Legislatore pretende sussistere presunzioni gravi, precise e concordanti perché possano venire contrastati i dati dichiarati dal contribuente. L’accertamento sulla scorta del quale è stato elevato l’avviso contestato non pare cristallizzare alcuna presunzione. Non è tale la differenza tra batterie per autoveicoli acquistate e vendute atteso che il riferimento dei Funzionari è relativo alla sola annualità in contestazione apparendo affatto normale che, così come invece il contribuente ha chiarito senza venire sconfessato, per ciascun anno sono state vendute batterie acquistate anche e soprattutto precedentemente, sì che il dato non costituisce affatto prova di omessa contabilizzazione. L’eliminazione di rifiuti speciali non prova che tutte le unità eliminate corrispondano a prodotti venduti in sostituzione atteso che nell’anno 2003 le batterie eliminate sono state quantificate in oltre 1100 pezzi mentre quelle acquistate sono state circa 500 e quelle vendute poco meno. Non risulta ché i verificatori abbiano applicato nello loro contabilizzazione la cosiddetta media ponderata in presenza di tipologie diverse per costituzione e prezzi di articoli commercializzati (esemplificativamente antifurti, batterie, bloccasterzi)….Conclusivamente, non pare fondato su elementi certi e inconfutabili l’avviso oggetto di impugnativa.

Dunque il giudice del merito ha esaminato con attenzione gli indizi assunti dalla Amministrazione e, nella sequenza della loro elencazione, ha individuato l’inconsistenza degli stessi, spezzando pertanto, con una valutazione ampia ed analitica, la pretesa unitarietà degli stessi per carenza di gravità, precisione e concordanza. Ha formulato dunque un giudizio di valore privo di contraddizioni, nel rispetto dei principi enucleabili dagli artt. 2729 e 2697 c.c. Quanto al merito, nella formazione del suo convincimento non si evince alcun salto logico, alcuna imprecisione del giudice d’appello, bensì la corretta applicazione dei canoni interpretativi cui è ricorso nell’esercizio del suo prudente apprezzamento;

in conclusione alcuna censura può essere sollevata sulla motivazione della sentenza e sulla applicazione dei parametri normativi di riferimento.

Considerato che

il ricorso va pertanto rigettato mentre nulla va disposto in ordine alle spese per la mancata costituzione del contribuente;

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

 

 

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