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Sette pensioni su dieci meno di 1.000 euro. Gli ultimi dati elaborati dall’Inps nell’Osservatorio sulle pensioni dicono che nel 2018 l’Istituto ha erogato poco meno di 18 milioni di pensioni private, quasi 13 milioni delle quali (il 70,8%) sono inferiori a 1.000 euro: il dato più inquietante, però, riguarda le donne, che sono addirittura l’86,6%! Oltre il 62% delle pensioni è inferiore a 750 euro, per le donne è il 75,5%. Anche se complessivamente sono state erogate circa 143.000 pensioni in meno rispetto a un anno fa, il loro valore è aumentato dell’1,57% (200,5 miliardi). Nel 2017 c’è stato un exploit per le pensioni anticipate rispetto all’età di vecchiaia: oltre 160.000 lavoratori privati sono usciti dal mondo del lavoro con almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne), il 25,35% in più rispetto ai quasi 128.000 del 2016.

Redditi dichiarati: 10 miliardi in più nel 2016, ma dati “preoccupanti”. Il Ministero dell’Economia ha pubblicato i dati sulle dichiarazioni IRPEF presentate nel 2017 per l’anno 2016: valore medio 20.940 euro, +1,2% rispetto al 2015. Sono stati dichiarati complessivamente 843 miliardi di euro, in aumento di 10 miliardi (sempre rispetto al 2015). Nonostante ciò, gli esperti definiscono questi dati “preoccupanti”. Perché oltre 10 milioni di Italiani hanno un’imposta netta pari a zero, quasi la metà (il 45%) si trova nella fascia da zero a 15.000 euro, il 50% dichiara tra 15 e 50.000 euro e il 5,3% dichiara più di 50.000 euro: quelli con redditi superiori a 300.000 sono soltanto lo 0,1% del totale (35.000 cittadini). Il reddito medio più alto si ha in Lombardia (24.750 euro), 23.450 euro nella Provincia autonoma di Bolzano: in Calabria il reddito medio più basso (14.950 euro). Nel primo trimestre 2018, secondo l’Osservatorio statistico sul reddito di inclusione (Rei, elaborato da INPS e Ministero del Lavoro) quasi 900.000 cittadini hanno beneficiato di misure di contrasto alla povertà: 7 su 10 risiedono al Sud (Campania, Sicilia e Calabria): reddito di inclusione per circa 317.000 persone (110.000 famiglie) e sostegno di inclusione attiva (Sia) per altre 48.000 (119.000 famiglie).

 

Parametri più rigorosi per le imprese edili. Le nuove norme tecniche sulle costruzioni, introdotte dal decreto del Ministero delle Infrastrutture 17/1/2018 in vigore dal 22 marzo 2018, aggiornano quelle previste dal Dm 14/1/2008 modificando e semplificando le regole da applicare per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle costruzioni. Le imprese edilizie devono rispettare requisiti più stringenti di sicurezza per gli edifici esistenti e nuove norme tecniche per le costruzioni. Per gli interventi effettuati su edifici esistenti, il progetto e la valutazione della sicurezza devono attestare che gli interventi non riducono i livelli di sicurezza preesistenti, mentre per gli edifici nuovi, per la riduzione del rischio sismico si confermano gli standard precedenti e vengono introdotti nuovi coefficienti minimi di sicurezza per i miglioramenti statici. Previste nuove specifiche per le prove di carico, con particolare attenzione per quelle su strutture prefabbricate e ponti. E’ prevista una fase transitoria per i progetti già in essere, con la possibilità, in alcuni casi, di applicare le norme previgenti fino alla fine dei lavori e al loro collaudo statico, che riguarda in particolare: 1) le opere pubbliche o di pubblica utilità in corso di esecuzione, i contratti pubblici di lavori già affidati e i progetti definitivi o esecutivi già affidati prima del 22 marzo, purché i lavori siano consegnati entro 5 anni dalla data di entrata in vigore delle norme tecniche per le costruzioni; 2) le opere private, se le opere strutturali sono in corso di esecuzione o se è già stato depositato il progetto esecutivo presso i competenti uffici prima del 22 marzo.

Le udienze si possono rinviare anche con un fax. Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza 10793 del 12 marzo. Sono valide le richieste di rinvio trasmesse alla Cancelleria del giudice competente via fax dal legale che non può presentarsi all’udienza per un legittimo impedimento. La Suprema Corte, nel considerare valido questo sistema di trasmissione, ha riaffermato che soltanto l’invio al numero della Cancelleria del giudice procedente ne garantisce l’ammissibilità: non sono invece considerate regolari le richieste di rinvio per legittimo impedimento del difensore (o dell’imputato) trasmesse ad altri numeri di fax del centralino dell’ufficio giudiziario. L’invio della richiesta con questo sistema non implica, per il legale, che debba accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice: basta dimostrare che il giudice sia stato messo nella condizione di conoscere tempestivamente dell’esistenza dell’istanza.

 

 

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