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Cartelle, rottamazione, saldo e stralcio: si paga entro il 10 dicembre. Dal 19 maggio 2020, data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge 34/2020 – il decreto Rilancio –

sono in vigore misure aggiuntive varate per contrastare la pandemia. In tema fisco, tra le misure adottate la ripresa dei versamenti tributari e contributivi, l’esonero dai versamenti IRAP relativi al saldo 2019 e la prima rata di acconto 2020, spettante a imprenditori e lavoratori autonomi con ricavi o compensi inferiori a 250 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019. Per quanto riguarda cartelle di pagamento, rate 2020 della rottamazione-ter e del saldo e stralcio e avvisi bonari, i versamenti non effettuati nei termini stabiliti potranno essere eseguiti entro il 10 dicembre, senza alcuna penalità e mantenendo le agevolazioni previste. E’ inoltre possibile rateizzare i debiti dei piani di pagamento d rottamazioni-ter o saldo e stralcio decaduti per mancato versamento delle rate con scadenza nel 2019.

Nel Cura Italia i chiarimenti sulla fatturazione elettronica. Tra i vari documenti di prassi emanati dalle Entrate per rispondere ai dubbi derivanti dalle misure fiscali introdotte dal Governo nel corso dell’emergenza sanitaria, la corposa circolare 8/E del 3 aprile tratta di fatturazione elettronica in termini di inserimento nel fruire della sospensione degli adempimenti stabilita dal Dl 18/2020 (Cura Italia), nel periodo compreso tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020, che era collegato all’attività svolta e/o al volume di ricavi dichiarato. In particolare, per le fatture l’Agenzia ha spiegato che in ogni caso l’emissione del documento, analogico o elettronico che sia, essendo destinato a una controparte contrattuale, è funzionale all’esercizio, tra l’altro, della detrazione IVA e non potrà essere oggetto dalla sospensione prevista dal Dl 18/2020: l’Agenzia afferma però che in certi casi resta possibile la facoltà di applicare la previsione dell’art. 6, comma 5, del D.lgs. 472/1997, in base al quale “Non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore”.

Gli eredi possono presentare il 730 (ma soltanto uno). Fino allo scorso anno gli eredi di una persona deceduta l’anno prima erano tenuti – perché previsto dalla norma – a presentare il modello Redditi persone fisiche anche se il de cuius era titolare di redditi che potevano essere indicati nel modello 730. Una delle novità del 730/2020 è, invece, la possibilità per gli eredi del contribuente deceduto nel 2019 (o entro il 30 settembre 2020) di presentare il modello semplificato, sempreché la persona deceduta abbia percepito lo scorso anno redditi di lavoro dipendente, di pensione e/o taluni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Non si può però consegnare il 730 (la cui scadenza è slittata al 30 settembre) al sostituto d’imposta del de cuius o dell’erede, deve necessariamente essere presentato telematicamente all’Agenzia delle entrate, a un Caf oppure a un professionista abilitato. L’accesso alla dichiarazione precompilata per conto del deceduto è consentita a un solo erede, per cui il primo che accede blocca gli altri.

E’ nullo l’accertamento privo in avvio dei documenti. La mancata allegazione o enunciazione degli elementi, quindi dei documenti, in base ai quali un ufficio tributario emette un avviso di accertamento ne comporta la nullità, che non può essere sanata da una eventuale integrazione in appello. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una recente sentenza, la n. 7649 del 2 aprile 2020. E’ stato infatti accolto il ricorso di una S.r.l. che eccepiva, nell’atto impositivo emesso dall’ufficio, la carenza di elementi attestanti il maggior valore degli immobili acquistati, rilevando che gli elementi utilizzati per arrivare alla determinazione di tale valore non erano stati allegati, né enunciati, questioni confermate anche dalla consulenza tecnica. L’Agenzia delle entrate integrava i documenti mancanti in sede di presentazione dell’appello, sostenendo che nel processo tributario è ammesso il deposito di documenti dalle parti anche in appello, a condizione che siano già esistenti nel giudizio di primo grado. Gli Ermellini accoglievano il ricorso della società sentenziando che l’ufficio non aveva trasgredito una norma processuale, ma aveva violato l’obbligo di motivare gli atti impositivi basando la sua azione su motivazioni carenti di elementi probatori, senza aver reso noti gli elementi concreti che avevano condotto alla diversa stima di valore. L’integrazione dei documenti solo in fase di giudizio di appello non è ammissibile e comporta la nullità dell’atto di accertamento.

Bonus giardini anche nel 2020. E’ stata confermata la misura che permette di utilizzare il cosiddetto bonus giardini anche nel 2020, con le stesse regole valide lo scorso anno, ovvero la detrazione dall’IRPEF del 36% delle spese sostenute (fino a un massimo di 5.000 euro per unità immobiliare) per i lavori di sistemazione a verde degli edifici condominiali (introdotta dalla legge di stabilità 2018). Anche per questa detrazione, la spesa deve essere sostenuta dal proprietario dell’immobile (o dal titolare di altro titolo abitativo), il pagamento va effettuato con strumenti tracciabili e deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo. Lo sconto fiscale si applica per i seguenti interventi: sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi; realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili; spese di progettazione e manutenzione connesse all’esecuzione degli interventi ivi indicati. La detrazione spetta anche per i lavori eseguiti sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali, sempre con il limite di 5.000 euro per unità immobiliare a uso abitativo: in questo caso il bonus compete al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile, purché sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi. L’agevolazione si applica soltanto alle unità abitative, dunque non in caso di lavori in immobili con diversa destinazione e questo vale anche per il condominio: la detrazione spetta solo per le unità immobiliari utilizzate a scopo abitativo, non come uffici o negozi.

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