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News dall’Italia

Spesa pubblica, i costi continuano a lievitare. La Pubblica amministrazione costa sempre di più. Quando sentiamo parlare di spesa pubblica dobbiamo pensare ai miliardi di euro che lo Stato  centrale e le sue articolazioni periferiche,

le Regioni e gli Enti locali spendono ogni anno per l’energia, i mezzi di trasporto, la formazione del personale, i macchinari, la cancelleria, la manutenzione ordinaria, ecc. Bene, anzi, male, perché uno studio della Cgia di Mestre informa che negli ultimi 5 anni i consumi sono aumentati del 5%. Eppure, tra il 2010 e il 2014 la dinamica delle uscite per questo tipo di spesa si era praticamente fermata, ma dopo la fase più critica dei conti pubblici è tornata a crescere, arrivando a toccare, nel 2018, quota 100,2 miliardi. Negli ultimi 5 anni +8,5 miliardi, con l’inflazione che nello stesso periodo è aumentata del 2%. Sfavorevole il confronto con i principali Paesi dell’Unione europea: nel 2017, a fronte di una media dell’area dell’euro del 5,1%, la Pa italiana ha speso, per i consumi intermedi, il 5,5% del Pil: la Spagna il 5%, la Francia il 4,9% e la Germania il 4,8%. La “parte del leone”, in senso negativo, la recita la Sanità con circa 34 miliardi e un +39,8% nel periodo 2017-2017.

INPS, in calo i pensionati, non la spesa. Dai dati forniti dall’Osservatorio INPS sulle pensioni relativi al 2018 si apprende che l’ammontare complessivo della spesa per le pensioni tocca quota 293,3 miliardi di euro, che sono poco meno di 6 milioni i pensionati italiani il cui assegno mensile è al di sotto dei 1.000 euro e che sono 285.000 quelli che percepiscono oltre 5.000 euro al mese. Risultano in lieve calo i beneficiari, pari al 16 milioni (-0,2% rispetto al 2017).

Tassa rifiuti, si paga di più al Sud. Interessante l’indagine della Onlus Cittadinanzattiva sui costi sostenuti dai cittadini nel 2019 per lo smaltimento dei rifiuti, dalla quale risulta che mediamente costa 300 euro: e allora troviamo i 351 euro che si pagano al Sud contro i 299 del Centro e i 258 euro che si pagano al Nord. Ma la media è data dai costi sostenuti in tutto il territorio, dove (ovviamente) si registrano differenze significative. Il campione di riferimento è una famiglia di tre persone proprietaria di una casa di 100 metri quadri. L’elaborazione dell’Osservatorio prezzi e tariffe rivela che la regione in cui si paga di più è la Campania con 421 euro, seguita da Sicilia (394), Puglia (373), Sardegna (345) e Liguria (333); quella dove si paga meno è il Trentino Alto Adige (190 euro), seguito da Molise (219), Basilicata (221), Friuli Venezia Giulia (228) e Veneto (234). A livello di città, la più cara risulta Catania con 504 euro, poi Cagliari (490), Trapani (475), Benevento (471) Salerno (467) e Napoli (455); la più economica è  Potenza, dove la tassa costa 121 euro, seguita da  Udine (167), Belluno (168), Pordenone (181), Vibo Valentia (184) e Isernia (185).

I controlli anti-evasione violano la privacy. Antonello Soro, il Garante della concorrenza e del mercato, punta il dito contro la norma inserita nel Ddl di bilancio per contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale, che favorisce l’osmosi delle banche dati dell’Anagrafe tributaria con l’archivio dei rapporti finanziari. La nuova misura permette all’Agenzia delle Entrate di utilizzare tecnologie e collegamenti con gli altri database per trovare profili di rischio utili a scovare posizioni da controllare. Secondo Soro, troppi poteri al Fisco e alla Guardia di Finanza, a scapito di alcuni diritti in materia di tutela dei dati personali e anche di alcuni di quelli previsti dalla legge 212/2000, lo Statuto del Contribuente, problematica segnalata alla commissione Bilancio del Senato. Sotto accusa, tra l’altro, anche l’evasometro 2020, il nuovo strumento contro l’evasione fiscale: secondo il Garante utilizzare soltanto le banche dati per individuare i profili di rischio potrebbe erroneamente delineare la capacità contributiva di un contribuente, per cui all’uso degli algoritmi dovrebbe essere abbinato un intervento umano a tutela dei diritti dei contribuenti. In assenza di correzioni, i contribuenti non potrebbero rettificare dati sbagliati, il che sarebbe un danno anche per la stessa Agenzia delle entrate, poiché potrebbe condurre a “condotte illecite, esponendo, così, l’amministrazione finanziaria a ingenti richieste risarcitorie oltre che a sanzioni amministrative rilevanti”. Soro sottolinea che l’incrocio delle varie banche dati del Fisco è già previsto dal decreto legge 201/2011, ma si oppone al ricordo alla “pseudonimizzazione” dei dati dei contribuenti, un anonimato temporaneo che non fa perdere, però, la qualifica di “dati personali”, considerato che si riferiscono comunque a persone fisiche identificabili.

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