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News dall’Europa

La nuova Raccomandazione sul reddito minimo di base.  Lo scorso 30 gennaio è stata adottata dal Consiglio Ue la nuova Raccomandazione per gli Stati Membri riguardante il reddito minimo di base nell’Unione, che sostituisce (ma sulla quale si basa) la raccomandazione 92/441/CEE del Consiglio, recante i criteri standard in tema di risorse e prestazioni di

protezione sociale. L’obiettivo è di assicurare a tutti i cittadini un reddito minimo proporzionato e di offrire prestazioni economiche o assistenziali in grado di combattere e ridurre due gravi fenomeni, la povertà e l’esclusione sociale. In sostanza, la Raccomandazione prevede un reddito minimo stabilito per legge ma conforme al diritto nazionale e il coinvolgimento di tutti gli attori interessati, al fine di bilanciare i casi di livelli salariali troppo bassi causati anche da fattori quali l’impennata dei prezzi e l’inflazione. Nel documento si sollecita, inoltre, la promozione della parità di genere e dell’autonomia economica di donne, giovani e persone disabili, con la possibilità di fornire un sostegno alle famiglie. Il Consiglio indica il 2030 come scadenza temporale raccomandata ai Paesi membri per il raggiungimento dell’obiettivo, con aggiornamenti periodici alla normativa nazionale che garantiscano i livelli minimi indicati.  

Entro il 2023 lo Sportello unico digitale europeo. Il Regolamento europeo 2018/1724 ha dato il via al Single Digital Gateway, lo Sportello unico digitale europeo, iniziativa in base alla quale dal 2021 i cittadini e le imprese dell’Unione che intendono muoversi liberamente nel mercato unico hanno la disponibilità di un unico punto di accesso alle informazioni sul portale Your Europe. L’obiettivo è di standardizzare a livello europeo l’accesso a determinati servizi attraverso informazioni di qualità e canali di assistenza, in attuazione del Regolamento che, in un’ottica di evoluzione dello sportello prevede, entro il 2023, la possibilità di gestire online oltre 20 procedure amministrative.

Un altro aumento (previsto) per i tassi d’interesse. I tassi d’interesse sono saliti di altri 50 punti base, confermando quelle che erano previsioni e attese: con effetto dall’8 febbraio 2023 i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali e marginale e sui depositi presso la Banca centrale passeranno, rispettivamente, al 3%, al 3,25% e al 2,5%. Nel comunicato stampa del Consiglio direttivo si legge che la Banca centrale europea continuerà ad aumentarli in misura significativa a un ritmo costante, mantenendoli su livelli sufficientemente restrittivi e tali da favorire un efficace contrasto all’inflazione e un tempestivo ritorno al “vecchio” obiettivo del 2% nel medio termine, procedendo sulla base dei dati macroeconomici. E’ già previsto, infatti, un ulteriore aumento di altri 50 punti base a marzo, in occasione della prossima riunione di politica monetaria. Il Consiglio direttivo della Bce ha ribadito l’intenzione di continuare a reinvestire integralmente il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del Programma di acquisto di attività (PAA) fino alla fine di febbraio 2023 e ha inoltre stabilito le modalità di riduzione del portafoglio, che sarà in media di 15 miliardi di euro al mese, dall’inizio di marzo alla fine di giugno, dopo di che verrà determinato nel corso del tempo. Rispetto, invece, al Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), il Consiglio direttivo intende reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza almeno fino a tutto il 2024.

Accordo sulla global minimum tax per le multinazionali. L’8 ottobre 2021, 137 Paesi – che rappresentano circa il 90% del Pil complessivo – del quadro inclusivo dell’OCSE/G20 sull’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili hanno raggiunto un accordo storico sulla riforma della tassazione internazionale e su un dettagliato piano di attuazione. La riforma delle norme in materia di tassazione internazionale delle società si fonda su due pilastri. Il primo riguarda il nuovo sistema di attribuzione dei diritti di imposizione delle maggiori imprese multinazionali ai Paesi in cui sono realizzati gli utili, e non solo dove hanno la sede legale; il secondo – sancito in una direttiva Ue adottata all’unanimità con il voto favorevole di tutti gli Stati membri – comprende norme volte a ridurre le possibilità di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili, così che i maggiori gruppi multinazionali versino un’aliquota minima di imposta sulle società. In un comunicato stampa diffuso a dicembre dal Consiglio Ue si legge che i Paesi membri hanno raggiunto un’intesa di massima volta ad attuare a livello europeo la componente relativa all’imposizione minima della riforma in materia di tassazione internazionale dell’OCSE (secondo pilastro). Nell’Unione europea saranno quindi applicate le norme concordate a livello internazionale in materia di imposizione equa ed effettiva per i gruppi multinazionali e l’attuazione della riforma fiscale globale parte proprio da questo secondo pilastro. Nella Gazzetta Ufficiale europea è stata pubblicata la direttiva n. 2022/2523 del 14 dicembre 2022, volta a garantire un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali di imprese e i gruppi nazionali su larga scala nell’Unione. L’utile dei grandi gruppi multinazionali e nazionali o delle imprese di grandi dimensioni con fatturato annuo complessivo pari ad almeno 750 milioni di euro sarà assoggettato a un’aliquota d’imposta che non potrà essere inferiore al 15%. Le nuove norme ridurranno il rischio di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili e garantiranno il pagamento dell’aliquota minima globale. La direttiva, che dovrà essere recepita nelle legislazioni nazionali degli Stati membri entro il 31 dicembre 2023, garantisce inoltre una tassazione effettiva nei casi in cui la sede di una società madre si trovi in Paesi extra UE con bassa imposizione che non applicano norme equivalenti. L’OCSE stima maggiori entrate fiscali per 150 miliardi di dollari l’anno con la tassazione minima globale e una riassegnazione di oltre 125 miliardi di dollari ai territori nei quali sono stati prodotti, che si tradurranno in grandi benefici soprattutto per i Paesi in via di sviluppo.

Recessione invernale, le previsioni della Bce. Nell’ultimo bollettino economico della Banca centrale si legge che l’economia dell’area euro potrebbe trovarsi in una situazione di recessione breve e di leggera entità, con previsioni di un arretramento dell’economia nel quarto trimestre del 2022 e nel primo del 2023. Tra i motivi, la crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina, l’indebolimento dell’attività economica mondiale, il rialzo generalizzato dei prezzi (+8,4% a fine 2022) e le condizioni di finanziamento più restrittive. In compenso, giungono segnali positivi dal fronte dell’occupazione, che è cresciuta dello 0,3% nel terzo trimestre e, dalla disoccupazione, che a ottobre registra un nuovo minimo storico del 6,5%. E’ ritenuto positivo anche il calo dello spread nonostante il rialzo dei tassi di interesse.

La Corte di giustizia sull’accesso pubblico ai dati sulla titolarità effettiva. Nelle cause C-37/20 la Corte di giustizia europea ha stabilito che i registri dei titolari effettivi non potranno essere più pubblici perché ledono la sfera privata dell’individuo: l’accesso del pubblico alle informazioni sulla titolarità effettiva, secondo la Corte, costituisce una grave ingerenza nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Grazie alle informazioni messe a disposizione del pubblico, che possono essere liberamente consultate ma anche conservate e diffuse, un numero potenzialmente illimitato di persone può informarsi sulla situazione materiale e finanziaria del titolare effettivo. A seguito della sentenza, le Camere di commercio di Olanda e Lussemburgo hanno immediatamente chiuso l’accesso pubblico alle informazioni contenute nei registri dei titolari effettivi. Nessuna ricaduta per l’Italia, dove il registro dei titolari effettivi non è ancora attivo, in mancanza dei decreti che prescrivono le modalità di accesso alle informazioni.

Estesi gli obblighi di rendicontazione societaria di sostenibilità. E’ stata pubblicata nella a Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 16 dicembre 2022 la nuova Direttiva del Parlamento e del Consiglio europeo, relativa alla rendicontazione societaria di sostenibilità. In sostanza, la Direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) amplia gli obblighi di rendicontazione di sostenibilità a tutte le aziende di grandi dimensioni e a tutte quelle con valori mobiliari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati, incluse dunque anche le Pmi, mentre vengono escluse le microimprese. Si tratta, in pratica, di un atto di trasparenza su questioni anche ambientali e sociali delle imprese, che di fatto costituisce un aiuto nella valutazione dei risultati non finanziari delle grandi imprese per tutti i soggetti interessati, dai responsabili politici ai consumatori, dagli investitori alle organizzazioni della società civile. Nella rendicontazione di sostenibilità devono essere inseriti dati e notizie tali in grado di spiegare l’impatto dell’impresa sulle questioni di sostenibilità e in quale modo tali questioni incidono sulla situazione dell’azienda e sui suoi risultati. Le imprese in questione devono comunicare informazioni sulle risorse immateriali essenziali, illustrare in che modo il modello aziendale dipende fondamentalmente da tali risorse e come queste rappresentano una fonte di creazione del valore per l’azienda. Tra le informazioni richieste: una breve descrizione del modello, della strategia e delle politiche aziendali rispetto ai rischi sulle questioni di sostenibilità; le opportunità e i piani a garanzia della compatibilità con il percorso verso un’economia sostenibile; le modalità attuative della strategia rispetto alla sostenibilità; la descrizione degli obiettivi. La Commissione europea dovrà adottare i principi di rendicontazione di sostenibilità entro il 30 giugno 2024.

Venture capital e imprenditoria sociale, il decreto che recepisce le disposizioni Ue. Il decreto legislativo 113/2022 contiene le norme di adeguamento della normativa italiana alle disposizioni del Regolamento (UE) n. 345/2013 relativo ai fondi europei per il venture capital (EuVECA) e il Regolamento (UE) n. 346/2013 relativo ai fondi europei per l’imprenditoria sociale (EuSEF). I procedimenti di registrazione dei gestori e dei fondi sono stati distinti a livello europeo. Il citato decreto 113, che modifica il precedente D.lgs. 58/1998, stabilisce le regole per il riconoscimento degli enti gestori dei fondi per l’imprenditoria sociale e l’utilizzo e commercializzazione delle risorse. Prevede inoltre per la Banca d’Italia e la Consob, in qualità di Autorità nazionali competenti, il dovere di collaborare, anche mediante scambio di informazioni, con le Autorità competenti dei Paesi membri nei quali i fondi EuVECA o EuSEF vengono commercializzati, oltre che nell’attuazione degli obblighi di vigilanza. In particolare alla Banca d’Italia compete, tra l’altro, adottare le misure previste in relazione a specifiche violazioni della disciplina da parte dei gestori, quali il mancato adempimento alle disposizioni sulla composizione del portafoglio, la registrazione ottenuta presentando dichiarazioni false, la ripetuta omissione degli obblighi previsti in tema di relazione annuale, ecc. La Consob viene invece individuata come l’Autorità competente ad adottare le misure opportune, tra l’altro, nei casi in cui, ad esempio, il gestore del fondo commercializza le quote e le azioni a investitori non professionali oppure utilizza la denominazione EuVECA o EuSEF per la commercializzazione di fondi non istituiti nel territorio di uno Stato membro, ecc.

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