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Costi energetici, le decisioni rimandate a dicembre. Nel corso del recente Consiglio Ue del 21 e 22 ottobre i Capi di governo non hanno trovato l’accordo sulle misure per fronteggiare e contenere nell’immediato l’aumento dei prezzi dell’energia, che ha fatto impennare i costi in tutto il
mondo. Tra le soluzioni discusse, anche la necessità di acquisti collettivi di energia e uno stoccaggio integrato con le scorte strategiche di gas. Non è invece stata trovata la risposta alla crisi dei prezzi, pur essendo stata riconosciuta l’urgenza di mettere in pratica le misure prospettate dalla Commissione europea: taglio delle bollette, sostegni alle famiglie, aiuti di Stato per le aziende e sgravi fiscali mirati. Per affrontare il caro energia, che potrebbe ostacolare il consolidarsi della ripresa post pandemia, occorrerebbe un mix di misure immediate che possano limitare le ricadute su famiglie e imprese, oltre a interventi a medio termine per assicurare una maggiore flessibilità e resilienza al sistema energetico europeo. Tra le prime, sussidi ai consumatori attraverso buoni o sconti in bolletta, proroghe di pagamento delle bollette, misure per evitare che le utenze vengano staccate, imposte più basse per le famiglie bisognose, aiuti a industrie e imprese, accordi di compravendita di energia da fonti rinnovabili. Tra gli interventi a medio termine, un potenziamento degli investimenti nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica, maggiore agilità per aste e procedure di autorizzazione delle rinnovabili, aumento della capacità di stoccaggio dell’energia, miglioramento dell’uso e del funzionamento dello stoccaggio di gas in Europa, ecc. L’obiettivo a lunga scadenza resta la transizione all’energia pulita. Nelle conclusioni i 27 leader, rimandando la questione a dicembre, hanno chiesto alla Commissione di predisporre uno studio sul funzionamento del mercato del gas e dell’elettricità e sul mercato degli Ets, il sistema per lo scambio di quote emissione di gas a effetto serra.
Dalla Commissione proposta di proroga al 30 giugno 2022 degli aiuti di Stato. I Paesi membri hanno ricevuto dalla Commissione europea un progetto di proposta per il prolungamento dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2022 delle regole straordinarie sugli aiuti di Stato, adottate nel marzo 2020 per contrastare i danni economici prodotti dall’emergenza sanitaria. L’obiettivo è di evitare che venga meno il sostegno finora assicurato alle aziende che ancora scontano gli effetti della crisi attraverso una rimozione progressiva e ordinata degli aiuti, che tenga conto delle diverse modalità e livello della ripresa nei vari Paesi. Sempre nel conteso del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato, la Commissione ha suggerito due altre misure a favore delle piccole e medie imprese, da continuare a utilizzare anche dopo il 30 giugno 2022: sostegno agli investimenti per una ripresa sostenibile, con anche elementi di salvaguardia per evitare distorsioni indebite della concorrenza; supporto alla possibilità di pagamento per mobilitare fondi e investimenti privati a favore di Pmi, che spesso dipendono dai prestiti bancari per i finanziamenti e potrebbero risultare ancora più indebitate dopo la crisi.
Turismo, cultura e commercio, decontribuzione fino al 31 dicembre. L’esonero contributivo previsto dal Dl 73/2021 (sostegni-bis) è stato approvato dalla Commissione europea in base alla normativa Ue in materia di aiuti di Stato: la misura è stata valutata adeguata, proporzionata e necessaria. Il provvedimento è indirizzato a sostegno dei datori di lavoro privati di comparti particolarmente colpiti dalle ricadute economiche dell’emergenza sanitaria, come quelli del turismo, del commercio, cultura e spettacolo. Si tratta, in pratica, di uno stanziamento di 868 milioni di euro per lo sgravio delle quote di contribuzione previdenziale dovute dal 25 maggio al 31 dicembre 2021, che non si estende ai premi e contributi dovuti all’INAIL. Tra le condizioni previste, non si può superare il doppio delle ore di integrazione salariale fruite nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2021 ed è vietato licenziare dipendenti fino al 31 dicembre 2021, altrimenti scatta la revoca del beneficio e la impossibilità di presentare domanda di integrazione salariale.

Ai cittadini di Paesi terzi con permesso lavoro spetta l’assegno di natalità e maternità. Il rifiuto dell’Inps di riconoscere il pagamento degli assegni di natalità e di maternità, impugnato da alcuni cittadini di Paesi terzi titolari di un permesso unico di lavoro in Italia, ha portato la nostra Corte costituzionale a chiamare in causa la Corte di giustizia dell’Unione europea. L’Istituto previdenziale aveva motivato il rifiuto del bonus bebé con l’assenza dei requisiti stabiliti dalla legge 190/2014, in base alla quale per ricevere l’assegno i cittadini di Paesi terzi devono essere titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo. I giudici europei hanno invece stabilito che anche i ricorrenti hanno diritto di beneficiare degli assegni previsti dalla normativa italiana, e non soltanto i titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo. Secondo i giudici italiani il divieto di discriminazioni e la tutela della maternità e dell’infanzia, garantiti dalla nostra Costituzione, vanno interpretati tenendo conto del diritto di accesso alle prestazioni sociali riconosciuto dall’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione e del diritto alla parità di trattamento in materia di sicurezza sociale accordato ai lavoratori di Paesi terzi dalla direttiva 2011/98.