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L’aiuto italiano per il sisma è in linea con la Ue. Con un comunicato stampa la Commissione europea ha affermato che il regime di aiuto a sostegno degli investimenti nelle Regioni colpite dai terremoti del 2016 e del 2017 (poco meno di 44 milioni di euro per il periodo 2018-2020) è in linea con le norme dell’Unione in materia di aiuti di Stato e aiuterà la ripresa economica dell’Italia centrale senza falsare indebitamente la concorrenza nel mercato unico. La Commissaria responsabile per la Concorrenza, Margrethe Vestager, ha dichiarato che la misura è idonea a sostenere le imprese colpite e le persone che vivono nei Regioni. Il regime di aiuto italiano mira ad attenuare i danni economici e sociali subiti nei 140 comuni in Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo, che hanno subito forte calo del PIL, pesante perdita di posti di lavoro, riduzione dell’attività economica di oltre il 50% e diminuzione significativa del fatturato delle imprese rispetto ai livelli precedenti al terremoto. L’aiuto assume la forma di un credito d’imposta per tutte le imprese che effettuano investimenti iniziali nella zona e per le grandi imprese si limiterà a un aiuto per la costituzione di una nuova impresa, la diversificazione dell’attività di un’impresa o l’acquisizione degli attivi di un’impresa che ha chiuso. La durata, il budget e la portata geografica limitata hanno portato la Commissione a stabilire che il regime di aiuto, che contribuirà in misura proporzionata alla promozione dello sviluppo economico e della ripresa nell’Italia centrale, è in linea con le norme dell’Ue in materia di aiuti di Stato. L’Unione sostiene già la ricostruzione delle zone colpite attraverso diverse misure collegate alla compensazione per i danni causati dai terremoti: in particolare, è stato approvato un tasso di cofinanziamento eccezionale del 95% per finanziare le operazioni di ricostruzione con il Fondo europeo di sviluppo regionale. La Commissione ha proposto un aiuto finanziario per le regioni colpite pari a 1,2 miliardi di € provenienti dal Fondo di solidarietà dell’Ue, l’importo più alto mai concesso a un Paese.

Bce, Draghi: “Stimoli ancora necessari, mancano segnali da inflazione”. In occasione della riunione del Consiglio direttivo Mario Draghi ha dichiarato che l’economia dell’eurozona, anche se a livello più moderato, continua a crescere, ma in un panorama internazionale caratterizzato da spinte al protezionismo restano necessari gli stimoli della Banca Centrale, che ha lasciato invariati i tassi di interesse. Il tasso principale resta fermo allo 0%, quello sui prestiti marginali allo 0,25% e quello sui depositi a -0,40% e sono confermate anche le linee guida del programma di Quantitiative Easing, con gli acquisti di titoli che continueranno fino a settembre sempre per 30 miliardi di euro al mese e anche oltre, se servirà, perché l’inflazione è ancora al di sotto dell’obiettivo dichiarato del 2%. Confermata, quindi, la linea emersa nel corso del vertice del Fondo monetario, quando il Presidente della Bce aveva affermato che il supporto della leva monetaria andava mantenuto e manovrato con “pazienza, perseveranza e prudenza”, perché “gli sviluppi positivi dell’area euro non sono indipendenti dalla ripresa globale”.

Cresce l’occupazione nell’eurozona. In base ai dati Ocse il tasso di occupazione nell’eurozona nell’ultimo trimestre del 2017 registra una lieve crescita (+0,3%) e sale dell’1,1% rispetto all’anno precedente; si riduce il tasso di disoccupazione per Grecia, Spagna e Italia, dove il tasso di occupazione, che nell’area Ocse è cresciuto dello 0,2% al 68%, ha invece avuto un incremento dello 0,8% al 58,2% rispetto allo stesso periodo del 2017.

Cuneo fiscale, solo in Belgio e Germania pesa più che in Italia. Nel rapporto “Taxing Wages” l’Ocse ha rilevato che il nostro Paese è terza tra i Paesi membri Ocse per il peso del cuneo fiscale sul costo del lavoro, dato dalla differenza fra il costo del lavoro sostenuto dal datore di lavoro e il corrispondente reddito netto del lavoratore. Dal rapporto emerge che in Italia nel 2017, a fronte di una media Ocse del 35,9%, le tasse e i contributi sociali a carico di lavoratore e datore di lavoro arrivavano al 47,7% per un lavoratore single (- 0,09% rispetto al 2016). Ci superano il Belgio con il 53,7% e la Germania, che è vicina al 50%: per le famiglie di 4 persone con un unico titolare di reddito il cuneo scende al 38,6%, contro la media Ocse del 26,1%. Il rapporto analizza il periodo dal 2000 al 2017, nel quale è aumentato, oltre che in Italia, anche in Grecia, Portogallo e Stati Uniti, mentre si è ridotto in Olanda, Norvegia e Lettonia. Nel nostro Paese la parte più consistente del costo del lavoro è rappresentata dai contributi complessivamente a carico del datore del lavoro, il 24% contro il 7,2% a carico del lavoratore, mentre la tassa sui redditi incide per il 16,5%.

Indice prezzi al consumo al di sotto delle stime. Eurostat rende noto che nell’eurozona il dato relativo all’indice dei prezzi al consumo cresce dell’1,3% su base annua, ma gli esperti si aspettavano di meglio, visto il +1,4% della rilevazione precedente.

 

 

 

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