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Il Regolamento per il Recovery plan.  E’ stato pubblicato di recente sulla Gazzetta ufficiale della Ue il Regolamento che crea ufficialmente il “dispositivo per la ripresa e la resilienza”, in pratica un sistema a punti in

grado di valutare il Recovery plan. La scadenza per la presentazione, da parte degli Stati membri, dei piani per la ripresa (che potrebbero essere presentati insieme al proprio programma nazionale di riforma) è fissata al 30 aprile. L’insieme dei criteri stabiliti nel Regolamento forniscono all’esecutivo Ue gli strumenti per valutare pertinenza, efficacia, efficienza e coerenza del piano proposto, che deve prevedere, oltre a quello economico, anche l’impatto anche ambientale e sociale atteso.  La Commissione valuta i piani per la ripresa e gli eventuali relativi aggiornamenti entro due mesi dalla loro presentazione. Il Consiglio approva la valutazione dei piani, assegnando il contributo allo Stato membro il cui piano rispetti i criteri di valutazione. Lo schema a punti contenuto nel Regolamento prevede che degli 11 voti previsti, almeno 8 devono essere “A”, altrimenti il piano viene bocciato.

La Commissione estende lo split payment fino al 30 giugno 2023. Partite IVA e imprese continueranno a versare l’IVA seguendo il meccanismo dello split payment per altri trenta mesi.  Un comunicato stampa del Ministero dell’Economia informa che la Commissione europea ha adottato la proposta del Consiglio che estende fino al 30 giugno 2023 l’autorizzazione concessa all’Italia per l’applicazione della scissione dei pagamenti (split payment): una misura speciale di deroga a quanto previsto, in materia di IVA, dalla direttiva 2006/112/CE. E’ stata quindi accolta la richiesta, trasmessa dall’Italia, di un’ulteriore deroga dell’applicazione come misura anti-evasione.

Lo split payment continuerà ad applicarsi quindi fino al 30 giugno 2023 alle operazioni effettuate nei confronti di Pubbliche amministrazioni e altri enti e società, in base a quanto stabilito dall’art. 17-ter del DPR 633/1972.

Lotta alle frodi, approvato il decreto attuativo.Con il D.lgs. 75/2020 è stata recepita nel nostro ordinamento la Direttiva (UE) 2017/1371, (direttiva Pif, Protezione Interessi Finanziari) del 5 luglio 2017, che ha lo scopo di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea. Il decreto ha l’obiettivo di armonizzare il diritto penale degli Stati membri e prevede modifiche alla disciplina di diversi reati nell’ambito della lotta contro le frodi nel settore finanziario. Tra le principali novità troviamo l’ampliamento della responsabilità amministrativa delle società per reati tributari per le tipologie compiute dalle persone fisiche nel loro interesse o vantaggio: per i reati tributari caratterizzati dall’elemento della transnazionalità e da un’IVA evasa non inferiore a 10 milioni di euro, sono punibili, oltre alle ipotesi di delitto consumato, anche quelle di delitto tentato; nel novero dei reati fiscali per i quali è considerata responsabile anche la società vengono inseriti i delitti di omessa e infedele dichiarazione e di indebita compensazione; la responsabilità delle società viene estesa anche ai casi di frode nelle pubbliche forniture e in agricoltura e al reato di contrabbando, con una sanzione variabile a seconda che venga superato o meno il limite di 100.000 euro; tra i delitti contro la Pubblica amministrazione dei quali possono rispondere le società sono inclusi il peculato e l’abuso d’ufficio. Modifiche anche per alcuni tipi di corruzione: per la sottrazione di denaro o utilità al bilancio Ue o ad altri organismi europei con danno oltre 100.000 euro la pena massima aumenta fino a 4 anni di reclusione e la punibilità, in caso di pericolo per gli interessi finanziari dell’Unione, viene estesa ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio di Paesi extra Ue.

Il soggetto passivo IVA secondo la Corte di giustizia Ue. Il caso è quello della collaborazione tra due persone fisiche con un contratto di partenariato ai fini della costruzione di un immobile residenziale e si basa sulla nozione di soggetto passivo, ai fini della determinazione del debitore dell’IVA. Nella sentenza relativa alla causa C-312/19 la Corte chiarisce che una persona fisica che ha concluso con un’altra un contratto di attività congiunta privo di personalità giuridica, in base al quale la prima persona può legittimamente operare in nome di entrambi i partner: se questa agisce da sola e in nome proprio nei rapporti con i terzi in atti che costituiscono l’attività economica della collaborazione, deve essere considerata come soggetto passivo e come l’unica tenuta a versare l’IVA dovuta, nei limiti in cui agisce per conto proprio o per conto terzi in qualità di commissionario. In proposito la Corte ricorda che l’art. 9, paragrafo 1, della Direttiva 2006/112 considera soggetto passivo “…chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Si considera attività economica ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate…”. I giudici europei rilevano che nonostante una clausola del contratto designasse l’interessato come la persona che nei rapporti con i terzi agiva in nome di entrambi i partner, in alcune operazioni questi interveniva da solo, senza indicare l’identità del partner o la collaborazione, il che rende assai probabile che i destinatari delle cessioni non conoscessero l’esistenza di un partner. L’interessato, quindi, ha agito in nome e per conto proprio, assumendosi da solo il rischio economico connesso alle operazioni compiute.

I consumatori potranno intraprendere azioni collettive. In alcuni Stati membri i consumatori possono intentare azioni collettive, ora questa possibilità viene estesa a tutti i paesi dell’Unione. E’ stata infatti approvata in via definitiva dal Parlamento una normativa volta a migliorare il funzionamento del mercato interno eliminando le pratiche illegali e facilitando l’accesso alla giustizia per i consumatori, che permetterà a gruppi di consumatori di intraprendere azioni collettive, grazie all’introduzione di un modello armonizzato di azione rappresentativa che fornisce ai consumatori una protezione contro le violazioni del diritto comunitario, i danni collettivi e il rischio di azioni legali abusive. Gli Stati membri dovranno istituire un meccanismo procedurale che permetta agli enti legittimati – associazioni dei consumatori, organismi pubblici – di avviare azioni rappresentative di natura inibitoria (cessazione o divieto) o risarcitoria (compensazione). L’avvio di azioni giudiziarie transfrontaliere deve rispettare gli stessi criteri in tutta l’Unione da parte degli enti legittimati, che dovranno assicurare un certo livello di stabilità, rispondere della propria attività pubblica e dimostrare l’assenza dello scopo di lucro. In caso di azioni nazionali gli enti dovranno rispettare i criteri stabiliti dalla normativa nazionale. Le azioni collettive potranno riguardare la protezione dei dati personali, i servizi finanziari, viaggi e turismo, energia e telecomunicazioni. Il principio “chi perde paga”, che obbliga la parte soccombente a rimborsare le spese legali sostenute a quella vittoriosa, fungerà da tutela contro azioni legali abusive. Gli Stati membri hanno 24 mesi per recepire la direttiva nel loro diritto nazionale, e altri 6 mesi per applicarla.

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