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La Banca centrale acquista titoli per altri 600 miliardi. Fino a giugno del 2021 la Bce acquisterà nuovi titoli pubblici e privati per un importo vicino a quello già deliberato all’inizio della pandemia e reinvestirà quelli già

acquistati per tutto il 2022, al fine di condurre l’Europa, sostenendola, fuori dalle secche della recessione. Dopo il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea, la Presidente Christine Lagarde ha dichiarato che stiamo vivendo un crollo dell’economia senza precedenti, come il calo della crescita nel secondo trimestre 2020, per cui è indispensabile, oltre che cruciale, il sostegno che deve essere offerto dalla politica fiscale e monetaria. Questo secondo intervento in termini di liquidità deliberato in maniera unanime dai 19 Governatori dell’eurozona, massiccio quanto il primo, deve essere considerato la risposta alla tanto discussa sentenza della Corte costituzionale tedesca ed alle prese di posizione nettamente contrarie di alcuni Paesi nordici (che hanno visto la recentissima uscita della Danimarca dal gruppo dei falchi). Le ripercussioni causate dall’emergenza Covid-19 sono sotto gli occhi di tutti e decisamente negative: le stime di crescita della Bce per l’Eurozona, quest’anno, parlano di un Pil 2020 a -8,7% e di una ripresa a +5,2% nel 2021 e +3,3% nel 2022. Lo stesso dicasi per le stime sull’inflazione per l’anno in corso: 0,3% (da +1,1%), 0,8% per il 2021 e 1,3% nel 2022, si paventa il rischio deflazione. Queste le ragioni che hanno indotto la Lagarde a decidere “di utilizzare nel modo più efficiente, efficace e flessibile gli strumenti che abbiamo a disposizione al momento”. Ed ecco, quindi, il Recovery Plan, “dedicato a supportare le regioni e i settori più colpiti dalla pandemia e per rafforzare il mercato unico e sostenere una ripresa di lungo periodo”. Intanto, la Bce “continuerà a garantire il necessario accomodamento monetario”, come la decisione di aumentare di 600 miliardi, fino 1.350 miliardi, l’importo del Pandemic Emergency Purchase Programme (Pepp), della cui flessibilità la Banca centrale farà pieno uso e il cui termine previsto oltrepassa la fine del 2020 e arriva a tutto giugno 2021. Inoltre, sono rimasti invariati i tassi d’interesse invariati, con il tasso di rifinanziamento principale (Refi) fermo allo 0%, quello sui prestiti marginali allo 0,25% e quello sui depositi a -0,50%. Gli acquisti nell’ambito del programma di acquisto di attivi (il Quantitative easing di Mario Draghi) continueranno al ritmo mensile di 20 miliardi di euro.

Il Mes secondo Gentiloni. Il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, in un’intervista a Radio 24 ha dichiarato che i prestiti di Sure, Bei e Mes, sono “particolarmente vantaggiosi per Paesi che normalmente hanno un tasso di interesse più alto” quando vanno a raccogliere i soldi sul mercato. Se la Germania ha bisogno di un prestito per la spesa sanitaria, afferma Gentiloni, li rastrella sui mercati “con tassi di interesse addirittura migliori rispetto a quelli del Mes, che sono vicini a zero”.

Le emissioni si sono ridotte del 25% negli ultimi 30 anni. Dai dati ufficiali trasmessi allo United Nations Framework Convention on Climate Change, si apprende che il peso delle emissioni Ue di anidride carbonica per ogni euro prodotto dall’economia, dal 1990 al 2018, si è più che dimezzato. In termini numerici, per ogni euro generato dall’economia i Paesi membri hanno emesso 277 grammi di CO2, mentre nel 1990 i grammi erano ben 582: l’economia europea, dunque, ha potuto continuare a crescere senza però aumentare le emissioni, che sono invece diminuite soprattutto in conseguenza delle trasformazioni realizzate nei settori energetico e del riscaldamento, considerato che le emissioni derivanti dalla combustione del carbone hanno registrato quasi 50 milioni di tonnellate in meno. Inoltre, dopo quattro anni consecutivi di aumenti, nel 2018 è rimasto stabile l’inquinamento da gas serra causato dal trasporto stradale. I dati trasmessi esaminati per ciascun Paese mostrano che Germania e Inghilterra hanno svolto il ruolo più rilevante sulla diminuzione complessiva delle emissioni di gas serra nel periodo compreso fra 1990 e 2018. Si deve a loro oltre il 50% della riduzione totale dell’Unione europea: Inghilterra -41,8%, Germania -31,3% e -18,9% in Francia. Nell’anno dal 2017 al 2018 le emissioni di anidride carbonica sono calate del 2,3%, mentre nel periodo dal 1990 al 2018 la riduzione ha toccato il 25,2%: negli stessi periodi, in Italia la riduzione di CO2 è stata, rispettivamente, dello 0,9% e del 17,2%. Nel periodo 2017-2018 i Paesi che hanno maggiormente tagliato le emissioni di gas serra sono stati la Bulgaria (-6,3%) e la Croazia (-5%). Ma ci sono anche dei Paesi che hanno aumentato le emissioni: la Spagna +15,5% (45 milioni di tonnellate di anidride carbonica in più nel 2018 rispetto al 1990), in testa Cipro (+55%) e, a seguire, Portogallo (+15%), Irlanda (+9,9%) e Austria (+0,6%).

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