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Nuove misure a protezione dei consumatori. Lo scorso 17 aprile il Parlamento europeo ha approvato il “Nuovo accordo per i consumatori”, una serie di misure in grado di assicurare elevati standard di protezione quando si fanno acquisti, di amplificare le protezioni a tutela dei consumatori e di garantire maggiori diritti soprattutto nel digitale.

Le nuove norme, che di fatto si sostanziano nella revisione delle quattro direttive europee vigneti in materia, puntano a migliorare la trasparenza dei mercati online e contrastare le differenze esistenti tra i vari Paesi. Con quello che è stato definito il “new deal per i consumatori” si vuole fare uno scatti in avanti verso l’eguaglianza dei diritti dei cittadini Ue anche rafforzandone la protezione grazie all’introduzione di indennizzi collettivi e all’imposizione di sanzioni più pesanti per le aziende che si macchiano di comportamenti disonesti. I punti salienti sono quattro: maggiore protezione per gli acquisti online, introduzione degli indennizzi collettivi, sanzioni più dissuasive e contrasto al doppio standard qualitativo dei prodotti.

Quando si compra online si deve essere informati in modo chiaro su chi sta vendendo e se si tratta di un commerciante o di un altro consumatore, ai fini di eventuali responsabilità e di quali leggi devono essere applicate. Importante l’incremento della trasparenza sui risultati delle ricerche online, realizzato assicurando agli utenti informazioni puntuali sul posizionamento di un prodotto o servizio nei risultati di ricerca e informandoli sulla presenza di una eventuale campagna a pagamento rispetto all’ordine con cui vengono mostrati i prodotti. Estesi anche i diritti dei consumatori che utilizzano i servizi digitali gratuiti, come i contratti che non richiedono un pagamento in denaro ma che permettono agli esercenti di utilizzare i dati personali dei consumatori, che potranno cancellare i contratti basati sull’uso dei dati personali avvalendosi dello stesso diritto di recesso entro 14 giorni dalla firma. Riguardo agli indennizzi collettivi, se un gruppo di consumatori riceve un danno o un disservizio dallo stesso commerciante, in tutti i Paesi membri sarà possibile essere rappresentati da un’organizzazione no profit, diversa per ogni Stato e stabilita dai singoli Stati membri, che agirà a nome dell’intero gruppo di consumatori e potrà chiedere un indennizzo, un rimborso, una sostituzione o una riparazione. Il diritto di richiedere un indennizzo in denaro o di chiudere un contratto in caso di pratiche sleali, sarà unificato e reso uguale in tutta l’Unione (mentre oggi cambia da Paese a Paese. Spesso accade che situazioni che vedono coinvolto (e colpito) un gran numero di cittadini sfuggono a sanzioni appropriate: il loro inasprimento mira a fornire alle autorità nazionali per i consumatori il potere di prescrivere in maniera armonizzata sanzioni effettivamente dissuasive. Fra le attività commerciali disoneste, come è emerso da ricerche nel settore dell’industria alimentare, si segnala il marketing di prodotti con lo stesso marchio e confezione ma di composizione differente, aspetto del quale il consumatore spesso non è a conoscenza e che concretizza una situazione ingannevole: le nuove norme andranno ad aggiornare la direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Dopo l’approvazione del Consiglio, la direttiva dovrà essere recepita nella legislazione nazionale degli Stati membri entro due anni dalla sua entrata in vigore.

Brexit, la decisione slitta ancora. Il Consiglio europeo ha raggiunto un compromesso e ha concesso una ulteriore proroga di sei mesi alla Gran Bretagna per uscire dall’Europa: la nuova scadenza della Brexit è fissata al prossimo 31 ottobre e fino a quella data il Paese sarà un membro dell’Unione europea a pieno titolo, con tutti i diritti e doveri, come dimostra la partecipazione alle elezioni europee.

Una sentenza impone il rispetto dei limiti dell’orario di lavoro. Una recente sentenza della Corte di giustizia europea impone a tutti i Paesi membri  di dare garanzia che i datori di lavoro diano vita a idonei e necessari sistemi volti a far rispettare i limiti legali sull’orario di lavoro. In soldoni, le aziende dell’Unione europea devono creare un sistema che registri le ore di lavoro giornaliero dei loro dipendenti (nel 2019…). Secondo la Corte, per garantire i diritti dei lavoratori ai sensi della direttiva Ue sull’orario di lavoro e della Carta dei diritti fondamentali, gli Stati membri devono pretendere l’istituzione, da parte dei datori di lavoro, di un sistema imparziale, attendibile e accessibile che permetta di determinare con precisione il tempo di lavoro giornaliero di ciascun lavoratore.

Gli scambi commerciali con gli Stati Uniti e il deficit con la Cina. Eurostat comunica che rispetto al 2018 il deficit nei commerci internazionali di beni dell’Unione europea è passato dai 9,6 miliardi di gennaio-marzo 2018, ai 24 del 2019, con una riduzione negli equilibri tra esportazioni e importazioni con gli altri paesi extra-Ue. Nel periodo gennaio-marzo il rapporto con gli Stati Uniti è stato caratterizzato da una crescita delle importazioni doppia rispetto alle esportazioni, con il saldo commerciale che varia dal 36,6% nello stesso periodo del 2018 al 33,9% del 2019, a sfavore dell’Unione. In aumento anche il deficit con la Cina, dalla quale si importa circa il doppio rispetto a quanto si esporta.

Zona euro: Pil, lavoro e bilancia commerciale. Nel primo trimestre 2019 il Pil della zona euro sale dello 0,4% e nella Ue dello 0,5%. Eurostat comunica che rispetto al primo trimestre 2018, il Pil è cresciuto, rispettivamente, dell’1,2% nella zona euro e dell’1,5% nella Ue. Nello stesso periodoaumenta dello 0,3% il numero degli occupati nella zona euro e nella Ue: rispetto al primo trimestre 2018 l’occupazione è salita dell’1,3% nella zona euro e dell’1,1% nella Ue. Risulta in calo, anche al di là delle stime, la bilancia commerciale della zona euro, che a marzo registra poco meno di 18 miliardi di euro contro i 19,4 attesi.

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