News dall’Europa
Bce, i tassi di interesse scendono di un quarto di punto, -0,25%. Nel mese di ottobre 2022, inflazione al 10,6%, a settembre 2023 al 5,2% e oggi al 2,6%. E dopo nove mesi di tassi di interesse invariati, come anticipato dagli esperti, nella riunione del 6 giugno il Consiglio direttivo della Bce, dopo una valutazione aggiornata delle prospettive di inflazione – diminuita di 2,5 punti percentuali – ha deciso di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento. Il tasso sui rifinanziamenti principali, quindi,
scende quindi dal 4,50 al 4,25%, quello sui depositi dal 4 al 3,75%, e quello sui prestiti marginali dal 4,75 al 4,50%. Secondo le ultime proiezioni dell’Eurosistema, ci sarà comunque un aumento dell’inflazione, prevista al 2,5% nel 2024, al 2,2% nel 2025 e all’1,9% nel 2026, ma anche della crescita economica (+0,9% nel 2024, +1,4% nel 2025 e +1,6% nel 2026). Nella stessa riunione è stata confermata la riduzione di 7,5 miliardi di euro al mese degli acquisti di titoli di Stato nell’ambito del Pepp (Pandemic Emergency Purchase Programme). Per le prossime azioni sui tassi, la Banca centrale europea si baserà “sulla sua valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”. Comunque, nonostante i recenti progressi, per gran parte del 2025 l’inflazione si manterrà al di sopra dell’obiettivo dichiarato del 2%.
Il Consiglio ha adottato la riforma delle regole di bilancio. Il quadro di governance economica dell’Unione è un insieme di norme comuni per le politiche di bilancio ed economiche nazionali, che si applicano a tutti i Paesi membri. Si tratta di un pilastro fondamentale, che mira a individuare e correggere gli squilibri economici che potrebbero indebolire le economie nazionali o incidere su altri Paesi Ue attraverso ricadute transfrontaliere. L’obiettivo generale della riforma è ridurre i rapporti debito/PIL e i disavanzi in modo graduale, duraturo e favorevole alla crescita, proteggendo le riforme e gli investimenti in settori strategici come il digitale, l’ecologia o la difesa. L’obiettivo principale è assicurare finanze pubbliche sane e sostenibili, promuovendo nel contempo una crescita sostenibile e inclusiva in tutti gli Stati membri attraverso riforme e investimenti. In un comunicato stampa dello scorso 29 aprile si legge che in base alle nuove norme, tutti gli Stati membri saranno invitati a elaborare un piano nazionale strutturale di bilancio di medio termine che copra un periodo di 4-5 anni, a seconda della durata della legislatura nazionale, con l’impegno a seguire un percorso pluriennale della spesa pubblica netta. Aumentano l’attenzione sulle riforme strutturali e gli investimenti per stimolare la crescita e la creazione di posti di lavoro in tutta l’Unione europea. Inoltre, la riforma aggiorna la procedura per i disavanzi eccessivi: la procedura per i disavanzi eccessivi basata sul disavanzo rimane invariata, mentre la procedura per i disavanzi eccessivi basata sul debito tiene conto del funzionamento del nuovo quadro pluriennale.
Corte di giustizia, non compatibili gli obblighi italiani imposti alle piattaforme online. Gli Stati membri devono rispettare il principio di reciproco riconoscimento e non possono limitare la libera prestazione dei servizi: “L’Italia non può imporre a fornitori di tali servizi stabiliti in altri Stati membri obblighi supplementari che, pur essendo richiesti per l’esercizio di detti servizi in tale Paese, non sono previsti nello Stato membro in cui sono stabiliti”. Il principio della libera prestazione dei servizi è alla base di una serie di sentenze con le quali la Corte di giustizia dell’Unione europea ha considerato non compatibili con le norme unionali gli obblighi di trasparenza imposti tra il 2020 e il 2021 dall’Italia alle aziende del commercio elettronico, restringendone il raggio d’azione: tra queste Google, Expedia, Airbnb e Amazon, che hanno presentato un ricorso congiunto. Tali obblighi aggiuntivi non possono essere applicati agli operatori dell’e-commerce con sede in un Paese dell’Unione dove non sono previsti. Si tratta dell’obbligo di iscrizione in un registro dell’Agcom, che implica la trasmissione periodica di un documento sulla situazione economica, l’invio di informazioni dettagliate e il pagamento di un contributo. Secondo la direttiva sul commercio elettronico è il Paese membro di origine della società che fornisce i servizi a regolamentarne la prestazione.
Si riduce l’elenco dei paradisi fiscali 2024. La classifica dei Paesi considerati non cooperativi sul fronte fiscale tiene conto di tre parametri: la trasparenza fiscale, la tassazione equilibrata e l’applicazione delle norme Ocse sul trasferimento dei profitti da un Paese all’altro. Fino al 2016 le operazioni effettuate con aziende residenti o domiciliate in uno dei Paesi inclusi nell’elenco black list imponeva l’invio di una comunicazione all’Agenzia delle entrate, obbligo eliminato dal 2017 (Dl 193/2016). In una recente riunione il Consiglio Ue ha cancellato quattro Paesi dall’elenco dei Paesi inseriti nella black list, che hanno avviato riforme per il miglioramento della governance fiscale: Bahamas, Belize, Seychelles, isole Turks e Caicos. La lista dell’Agenzia delle entrate viene aggiornata costantemente e l’ultima versione include: Anguilla, Antigua e Barbuda, Fiji, Guam, Palau, Panama, Russia, Samoa, Samoa Americane, Trinidad e Tobago, US Virgin Islands,Vanuatu.
Benefici sociali, parità di trattamento tra lavoratore frontaliero e residente. Un cittadino belga con un minore in affidamento, che lavora in Lussemburgo e risiede in Belgio con lo status di lavoratore frontaliero, per gli assegni familiari dipende dal regime lussemburghese, che nel 2017 gli ha revocato tali assegni per l’assenza di un legame di filiazione diretto (legittimo, naturale o adottivo). La Corte di cassazione lussemburghese chiede se, applicando condizioni di attribuzione diverse a seconda che il lavoratore sia residente o meno, le norme del codice della previdenza sociale lussemburghese configurino una discriminazione indiretta. Secondo la Corte di giustizia Ue si tratta di una differenza di trattamento, che configura una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza, contraria al diritto dell’Unione (sentenza 16 maggio 2024, causa C-27/23).