DIRITTO LAVORO

Medico convenzionato e sussistenza di autonoma organizzazione: si valuta volta per volta

La risoluzione n 82 /E del 28 settembre 2016 verte sull’attività di medico in regime di convenzione, ma di fatto risponde alla possibilità di accertare le concrete modalità di esercizio dell’attività svolta per accertare la sussistenza di un’autonoma organizzazione ai fini IRAP nell’ambito dell’istituto dell’interpello.

In una istanza presentata all’Agenzia delle Entrate, un medico comunica di svolgere la propria attività di medico in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale e dichiara che la disponibilità del proprio studio “risponde alle caratteristiche indicate dall’art. 22 dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina del rapporto con i medici di medicina generale”, evidenziando, inoltre, che l’attività viene svolta senza elementi di organizzazione, poiché non si avvale di personale dipendente o assimilato e utilizza beni strumentali di modesta entità che, come riportato nei registri dei cespiti che viene allegato all’istanza, sono costituiti da mobili, arredi, computer e stampante, condizionatore d’aria, automobile e altra attrezzatura di modesto valore. Dopo aver citato il concetto di autonoma organizzazione recato dall’art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997 e dalle circolari n. 141/1998 e n. 28/E del 2010, chiede se, in presenza delle caratteristiche indicate nel citato art. 22 dell’Accordo Collettivo Nazionale, sia da escludere la presenza di una autonoma organizzazione ai fini IRAP.

Nella soluzione dallo stesso prospettata, il professionista, ritenendo non sussistente un’autonoma organizzazione, sostiene di non essere soggetto passivo ai fini dell’imposta sulle attività produttive, “con conseguente esonero dai relativi obblighi dichiarativi e di versamento”.

La risoluzione 82/E

La risposta dell’Agenzia è contenuta nella risoluzione n. 82 del 28/9/2016, nella quale si evidenzia in premessa che l’art. 1 del decreto legislativo n. 156/2015 ha introdotto rilevanti modifiche alla disciplina dell’interpello, contenuta nell’art. 11 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000).

Nello specifico, in base al comma 1, lett. a), dell’art. 11, il contribuente può rivolgere istanza all’Amministrazione finanziaria al fine di ricevere un parere riguardante un caso concreto e personale con riferimento all’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza, non solo sulla corretta interpretazione di tali disposizioni ma anche sulla corretta qualificazione della casistica oggetto dell’interpello.

Le circolari 9/2016 e 28/2010

La disciplina sostanziale e procedurale” degli interpelli è alla base dei chiarimenti forniti con la circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, emanata a seguito delle novità introdotte dal citato decreto legislativo n. 156/2015.

E’ stato evidenziato, in particolare, che con la previsione di un interpello ordinario di tipo “qualificatorio”, è stata riconosciuta “la vocazione espansiva dell’interpello ordinario esplicitando l’applicabilità dell’istituto anche ai casi in cui oggetto di obiettiva incertezza non è la norma tributaria in quanto tale ma la qualificazione giuridico-tributaria della fattispecie prospettata dal contribuente che ha dubbi sulla qualificazione del fatto e, dunque, sull’applicazione della norma, più che sull’interpretazione della medesima”.

Sempre nella circolare 9/E, inoltre, al fine di inquadrare meglio l’ambito applicativo del nuovo interpello, si fa riferimento a due passaggi della relazione illustrativa al decreto legislativo n. 156, che permettono di desumere la volontà del legislatore di:

– conferire all’obiettiva incertezza, in qualità di presupposto applicativo dell’interpello qualificatorio, “una connotazione particolare o in termini di ‘peculiarità’ e non ricorrenza delle fattispecie o in termini di complessità”;

– escludere dall’area dell’interpello tutte quelle ipotesi che, in coerenza con la natura e le finalità dell’istituto e con le regole istruttorie di lavorazione delle istanze, sono contraddistinte “da una spiccata ed ineliminabile rilevanza dei profili fattuali riscontrabili dalla stessa amministrazione finanziaria ma solo in sede di accertamento; si tratta, in altre parole, di tutte quelle fattispecie in cui, più che rilevare l’aspetto qualificatorio, rileva il mero appuramento del fatto (cd. accertamenti di fatto)”.

Con specifico riferimento all’attività di medico di medicina generale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, nella circolare n. 28/E del 2010 le Entrate hanno precisato che “si deve ritenere che la stretta disponibilità dello studio attrezzato così come previsto dalla convenzione non possa essere considerata di per sé indice di esistenza dell’autonoma organizzazione per i medici di medicina generale. In altri termini, lo studio e le attrezzature previste in convenzione possono essere considerate il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività da parte del medico, mentre l’esistenza dell’autonoma organizzazione è configurabile, ex adverso, in presenza di elementi che superano lo standard previsto dalla convenzione e che devono essere pertanto valutati volta per volta”.

La verifica della sussistenza di un’autonoma organizzazione ai fini IRAP, come nel caso presentato dal medico istante, non può quindi essere effettuata mediante la sola e semplice valutazione della documentazione prodotta in sede di interpello: è necessario, invece, accertare le concrete modalità di esercizio dell’attività svolta “attraverso un esame fattuale”, che non può certo realizzarsi nell’ambito dell’istituto dell’interpello.

Il parere delle Entrate

L’Agenzia conclude asserendo che, riguardo al quesito prospettato, “in questa sede non può che rinviare alle indicazioni fornite con la richiamata circolare n. 28/E del 2010”, ribadendo, dunque, che l’esistenza dell’autonoma organizzazione richiede la presenza di elementi che devono essere valutati volta per volta.

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