CASSAZIONE

Lo sgravio parziale non porta all’annullamento integrale della cartella

Tributi – II.DD. – IVA – Cartella esattoriale – Requisiti – Questioni – Art. 111 Cost. – Giusto processo – Artt.  47, CDFUE e 6, CEDU – Rideterminazione del credito erariale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30410 del 17 ottobre 2022, intervenendo in un caso di riduzione della pretesa erariale seguente a una decisione del giudice, ha ricordato che in tale ipotesi non è indispensabile l’emissione di una nuova cartella con la nuova indicazione dell’importo rettificato. Gli Ermellini hanno così formulato, seguendo la vigente giurisprudenza e nel rispetto dei principi del giusto processo, la seguente convinzione: “… la mera riduzione quantitativa del credito erariale da parte del giudice tributario non comporta la necessità per l’ente di rinnovare l’iscrizione a ruolo, poiché la minor somma spettante per effetto della decisione è comunque già compresa nel ruolo formato, sicché l’Ufficio ben può adeguare ‘sua sponte’ la richiesta di pagamento in conformità all’accertamento del dovuto operato in sede giurisdizionale, purché ciò non si risolva in un atto di nuova e/o diversa imposizione”. Lo sgravio parziale, secondo questa conferma della Suprema Corte, dunque, non porta necessariamente all’annullamento integrale della cartella. In sostanza, il giudice avrà la facoltà di ridurre l’importo della riscossione per un valore corrispondente a quello sgravato, ma non potrà annullare interamente l’atto impositivo, che per questa ragione resta valido nella parte restante: di conseguenza non sarà necessario provvedere all’emissione di una nuova cartella di pagamento se il giudice tributario ha deciso per la riduzione della pretesa erariale e l’Amministrazione finanziaria ha proceduto a una riduzione del credito.

Come è d’altronde noto, alla base di questa interpretazione, come peraltro viene ricordato nella pronuncia in commento, insiste il fatto che il processo tributario è un giudizio di impugnazione ma anche di merito, in quanto la decisione del giudice prende il posto sia della dichiarazione del contribuente, sia dell’accertamento compiuto dal Fisco.

Al riguardo appare opportuno, per chiarezza, ricordare la precedente sentenza della S.C., la n. 39660/2021, nella quale era stato enunciato il seguente principio: “… In ragione della natura di impugnazione-merito del processo tributario, e del rispetto dei principi del giusto processo diretti a contenere i tempi della giustizia di cui agli artt.111 Cost., 47 CDFUE (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) e 6 CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo), il giudice, adito in una causa di impugnazione di cartella di pagamento, ove sia accertata l’esistenza di un titolo giudiziale definitivo che abbia ridotto la pretesa impositiva originariamente contenuta nell’avviso di accertamento presupposto, con conseguente insussistenza parziale, rispetto alle originarie pretese, del suo presupposto legittimante, non può invalidare “in toto” la cartella, ma è tenuto a ricondurre la stessa nella misura corretta, annullandola solo nella parte non avente più titolo nell’accertamento originario”.

Anche in precedenza la Suprema Corte si era in questo modo orientata, come emerge dalla pronunzia n. 16370/2012, che affermava che il rinnovo della notifica non comportava l’emissione di una nuova cartella di pagamento in quanto i caratteri di unicità e non duplicità non venivano alterati. Gli Ermellini, occupandosi nello specifico del rapporto tra notificazione e atto notificando, affermavano, sulla base di uno stabile orientamento (Cass. n. 4760/2009 e n. 19854/2004), che: “… la mancanza della notificazione di un atto amministrativo d’imposizione tributaria non influisce sulla sua esistenza” in quanto “gli atti amministrativi d’imposizione tributaria sono sottoposti ad un regime procedimentale, che, pur nelle sue peculiarità rispetto a quello generale dell’atto amministrativo, lascia ben distinta la fase di decisione, o di perfezione dell’atto, rispetto alla fase integrativa della sua efficacia”.

Giova ricordare, a tal proposito, che il giudice tributario ha dichiarato inesistente e/o nulla non già la cartella o il ruolo “individuale” in essa racchiuso, ma soltanto la notificazione della stessa, ovverosia non l’atto (cartella di pagamento) in sé ma l’attività di trasmissione di tale atto al destinatario. Ne consegue che l’inesistenza della notificazione non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocabilmente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso all’ufficio per adottare e notificare il provvedimento amministrativo tributario. Inoltre,anche l’Ufficio finanziario può autonomamente adeguare la richiesta di pagamento in conformità all’accertamento del dovuto operato in sede giurisdizionale, senza reiterare l’iscrizione a ruolo, purché ciò non si risolva in un atto di nuova e/o diversa imposizione.   Tanto premesso e tornando alla vicenda sottoposta all’attenzione della Suprema Corte, essa ha inizio quando una società contribuente, ricevuta una cartella di pagamento per imposte dirette e IVA, proponeva ricorso alla giustizia tributaria, che però veniva respinto in entrambi i gradi di merito. La CTR, in particolare, aveva sottolineato l’insussistenza dei denunciati vizi formali della cartella di pagamento e della sua notificazione e la correzione dell’errore di calcolo da parte dell’ufficio. Avverso la decisione del giudice d’appello la società proponeva ricorso per cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 15, 1° comma, del DPR 602/1973 da parte dei giudici di appello nel ritenere che l’Amministrazione finanziaria avesse legittimamente corretto il proprio errore di calcolo contenuto nella cartella con l’emissione di un nuovo ruolo, senza annullamento della cartella impugnata. La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo e ha rigettato il ricorso della società, confermando che la mera riduzione quantitativa del credito erariale da parte del giudice tributario non comporta per l’Erario la necessità di rinnovare l’iscrizione a ruolo. Gli Ermellini hanno dunque motivato le ragioni affermando invece che: “…con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto che l’Amministrazione finanziaria abbia legittimamente emendato il proprio errore di calcolo contenuto nella cartella con la emissione di un nuovo ruolo, senza annullamento della cartella impugnata;  il motivo è infondato;. secondo la giurisprudenza di questa Corte «la mera riduzione quantitativa del credito erariale da parte del giudice tributario non comporta la necessità per l’ente di rinnovare l’iscrizione a ruolo, poiché la minor somma spettante per effetto della decisione è comunque già compresa nel ruolo formato, sicché l’Ufficio ben può adeguare “sua sponte” la richiesta di pagamento in conformità all’accertamento del dovuto operato in sede giurisdizionale, purché ciò non si risolva in un atto di nuova e/o diversa imposizione» (Cass. n. 14547 del 28/05/2019; sottende il medesimo principio Cass. n. 22804 del 09/11/2015 in materia di riduzione di iscrizione ipotecaria);  nel caso di specie, la CTR dà atto che vi è stata una integrazione della precedente iscrizione a ruolo con ridefinizione della pretesa tributaria, sottintendendo che non sia necessario l’annullamento della cartella di pagamento e l’emissione di una nuova cartella; indipendentemente dal tenore della motivazione del giudice di appello, si deve comunque ritenere che l’Amministrazione finanziaria abbia legittimamente ridotto le proprie pretese di cui alla cartella impugnata in ragione della nuova iscrizione a ruolo, senza necessità di annullare la cartella precedentemente emessa e di emettere una nuova cartella di pagamento; in conclusione, il ricorso va rigettato; nulla per le spese in ragione della mancata costituzione in giudizio di AE ed Equitalia”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 17 ottobre 2022, n. 30410

sul ricorso iscritto al n. 16359/2014R.G. proposto da :

La C. EN. S.r.l., già C. d’H. S. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Donizetti n. 7, presso lo studio dell’avv. Daniela Giamportone, rappresentata e difesa dell’avv. Fabrizio Di Maria giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, ed Equitalia Nord S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimate –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 97/04/13, depositata il 18 dicembre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 febbraio 2022 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

RILEVATO CHE

1. Con la sentenza n. 9 7/0 4/13 del 18/12/2013, la Commissione tributaria regionale della Liguria (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto da C. d’H. S. S.r.l., oggi La C. EN. S.r.l. (di seguito La C.), avverso la sentenza n. 260/05/12 della Commissione tributaria provinciale di Genova (di seguito CTP ), che aveva respinto il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di una cartella di pagamento per imposte dirette ed IVA relative agli anni d’imposta 2006 e 2007;

1.1. la CTR respingeva l’appello di La Corte evidenziando :

a) l’insussistenza dei denunciati vizi formali della cartella di pagamento e della sua notificazione;

b) la correzione dell’errore di calcolo da parte dell’Ufficio.

2. La Corte impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi;

3. l’Agenzia delle entrate (di seguito AE) e Equitalia Nord S.p.a. (di seguito Equitalia) non si costituivano in giudizio e restavano, pertanto, intimate.

CONSIDERATO CHE

1. Con il primo motivo di ricorso la Corte deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art.112 cod. proc. civ. e la conseguente nullità della sentenza e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.

1.1 In particolare, la CTR avrebbe:

a) pronunciato una sentenza del tutto carente sotto il profilo motivazionale, essendosi limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata;

b) omesso l’esame Cons. est. G.M. Nonno e la motivazione con riferimento alla congruità della motivazione dell’atto impugnato;

c) motivato apparentemente o sbrigativamente con riferimento all’obbligo di sottoscrizione e indicazione del responsabile del procedimento;

1.2 il motivo va complessivamente disatteso;

1.3 con riferimento al rilievo sub a), concernente il complessivo difetto di motivazione della sentenza impugnata, il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato;

1.3.1 la censura è inammissibile nella parte in cui si contesta, in maniera assolutamente generica, l’assenza di motivazione della sentenza (che, invece, sussiste sia graficamente che sostanzialmente);

1.3.2 la censura è infondata nella parte in cui si contesta la legittimità della motivazione per relationem alla sentenza di primo grado, la quale è ammissibile qualora – come nel caso di specie – le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (cfr. Cass. S.U. n. 642 del 16/01/2015);

1.4 con riferimento al rilievo sub b), con il quale si assume il difetto di motivazione della cartella impugnata, notificata mancante di alcune pagine, la censura è inammissibile per difetto di autosufficienza;

1.4.1 in primo luogo, non è stato trascritto né allegato il ricorso di primo grado, sicché non è possibile valutare l’effettiva proposizione della censura in primo grado negli stessi termini con i quali è stata proposta in grado di appello e ribadita in sede di legittimità;

1.4.2 secondariamente, la società contribuente assume il difetto di motivazione di una cartella di pagamento che sarebbe stata notificata carente di talune pagine (e che, invece, la CTR ritiene completa di tutti gli elementi richiesti dalla legge), ma non trascrive né allega la cartella medesima, sicché questa Corte non è in grado di valutare l’effettiva portata della censura;

1.5 con riferimento al rilievo sub c), il motivo è inammissibile;

1.5.1 posto che, per espressa ammissione della ricorrente, la CTR si è pronunciata sul punto, va rilevato, in primo luogo, che il vizio motivazionale non può essere proposto in cassazione presenza di una doppia conforme di merito (Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014);

1.5.2 secondariamente, l’eccezione di nullità della cartella di pagamento per difetto di requisiti essenziali, quali la firma e l’indicazione del responsabile del procedimento (ritenuti mancanti dalla CTR, ma non vizianti la legittimità dell’atto), integra una violazione di legge e non già un vizio del procedimento o di motivazione, per come prospettati da La Corte.

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione o la falsa applicazione degli artt. 140, 145 e 156 cod. proc. civ., dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la nullità della sentenza in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e l’omesso esame di fatti decisivi e controversi in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ;

2.1 in buona sostanza, si contesta la nullità della notificazione:

a) perché l’atto notificato sarebbe incompleto e inidoneo al raggiungimento dello scopo;

b) perché la notificazione sarebbe avvenuta in luogo diverso dalla sede legale;

c) perché la raccomandata informativa sarebbe stata inviata a un semplice procuratore del legale rappresentante della società;

d) per omesso deposito degli originali o degli equipollenti delle relate di notifica;

2.2 con il terzo motivo di ricorso si contesta l’omessa pronuncia su fatti decisivi e controversi, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., con specifico riferimento a quanto già rilevato con il secondo motivo, sub a);

2.3 con il quinto motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e l’omesso esame su fatti decisivi e controversi, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere la CTR del tutto omesso di pronunciarsi o di motivare sulle censure concernenti:

e) la collocazione della relata di notificazione;

f) la motivazione dell’atto impugnato;

2.3 il rilievo sub a) di cui al secondo motivo di ricorso, il rilievo di cui al terzo motivo di ricorso e il rilievo sub f) di cui al quinto motivo di ricorso sono inammissibili per difetto di autosufficienza, non essendo stata trascritta e allegata la cartella di pagamento di cui si assume l’incompletezza, a fronte di una motivazione della CTR che ritiene tale cartella completa di tutti gli elementi previsti dalla legge;

2.4 i rilievi sub b), c) e d) di cui al secondo motivo di ricorso e il rilievo sub e) di cui al quinto motivo di ricorso sono infondati in quanto si contesta la nullità della notifica di una cartella di pagamento tempestivamente impugnata, con conseguente raggiungimento dello scopo della notifica ai sensi dell’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., indipendentemente dalla eventuale nullità della notificazione (cfr. Cass. n. 27561 del 30/10/2018).

3. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto che l’Amministrazione finanziaria abbia legittimamente emendato il proprio errore di calcolo contenuto nella cartella con la emissione di un nuovo ruolo, senza annullamento della cartella impugnata;

3.1 il motivo è infondato;

3.2 secondo la giurisprudenza di questa Corte «la mera riduzione quantitativa del credito erariale da parte del giudice tributario non comporta la necessità per l’ente di rinnovare l’iscrizione a ruolo, poiché la minor somma spettante per effetto della decisione è comunque già compresa nel ruolo formato, sicché l’Ufficio ben può adeguare “sua sponte” la richiesta di pagamento in conformità all’accertamento del dovuto operato in sede giurisdizionale, purché ciò non si risolva in un atto di nuova e/o diversa imposizione» (Cass. n. 14547 del 28/05/2019; sottende il medesimo principio Cass. n. 22804 del 09/11/2015 in materia di riduzione di iscrizione ipotecaria);

3.3 nel caso di specie, la CTR dà atto che vi è stata una integrazione della precedente iscrizione a ruolo con ridefinizione della pretesa tributaria, sottintendendo che non sia necessario l’annullamento della cartella di pagamento e l’emissione di una nuova cartella;

3.4 indipendentemente dal tenore della motivazione del giudice di appello, si deve comunque ritenere che l’Amministrazione finanziaria abbia legittimamente ridotto le proprie pretese di cui alla cartella impugnata in ragione della nuova iscrizione a ruolo, senza necessità di annullare la cartella precedentemente emessa e di emettere una nuova cartella di pagamento.

4. In conclusione, il ricorso va rigettato; nulla per le spese in ragione della mancata costituzione in giudizio di AE ed Equitalia;

4.1 poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto –ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

P.Q.M

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma il 23 febbraio 2022

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