CASSAZIONE

L’evasione di sopravvivenza non è reato se sei in credito con lo Stato

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 49666 del 17 dicembre 2015, ha voluto riaffermare l’interpretazione giurisprudenziale (vedi anche: Corte di Cassazione, sentenza n. 40394, del 30 settembre 2014, N.d.R.)

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con il quale si cerca di definire la spinosa vicenda legata alla cosiddetta evasione di sopravvivenza e più in generale sulle potenzialità future del nostro apparato produttivo, sulla sua capacità di rigenerarsi e durare o sulla necessità di subire un ridimensionamento. Il destino dell’Italia industriale ha rappresentato un leitmotiv delle analisi e dei confronti sul nostro modello economico ancora prima che la crisi intervenisse a renderne più problematiche le prospettive e in un momento come l’attuale la variabile finanziaria connessa alla disponibilità di liquidità e’ molto sentita, per cui la scelta consapevole di non pagare le imposte o tasse può consentire la salvaguardia della continuità aziendale e dei posti di lavoro. E’ quindi un interesse sentito e in qualche modo anche tutelato in giurisprudenza ma che se non ben definito confligge  con le tradizionali forme di regolazione politico-istituzionale e tributarie.

La locuzione evasione fiscale, nell’ambito della scienza delle finanze, indica infatti tutti quei metodi volti a ridurre o eliminare il prelievo fiscale da parte dello Stato sul cittadino contribuente attraverso la violazione di specifiche norme fiscali da parte di quest’ultimo. L’opinione pubblica e le forze politiche in Italia sono da anni piuttosto divise sull’atteggiamento morale nei confronti dell’evasione fiscale. Alcuni ritengono sia un male fisiologico, e persino necessario, o comunque giustificabile in qualche modo. Il punto di vista di molti imprenditori di piccole e medie imprese (PMA) è incline a dover condividere alcune tecniche di neutralizzazione che consistono nel giustificare la propria condotta evasiva imputandola a livelli troppo alti di imposizione fiscale, insostenibili per le proprie attività economico-commerciali destinate al fallimento di fronte alla concorrenza di prezzo di prodotti provenienti da paesi esteri o alle gravi difficoltà finanziarie soprattutto a quelle legate a ritardi nei pagamenti dei clienti, denunciando indirettamente la sostanziale non competitività della propria impresa all’interno del mercato globalizzato. Contrapponendo, come nel caso richiamato, la dimensione etica della sopravvivenza a quello della pura evasione fiscale, molti imprenditori spesso sono costretti a scegliere tra pagare le tasse e chiudere perché i soldi dovuti all’Erario sono gli unici a disposizione per tenere in vita l’azienda o tentare un estremo rilancio non versando le imposte, a cominciare dall’Iva, sperando di restare commercialmente in vita ancora un po’.

Nella situazione delineata nella sentenza, la Cassazione ha annullato un’ordinanza del tribunale di Pescara che aveva disposto il sequestro preventivo dei beni personali e aziendali di un manager di una azienda del settore costruzioni, messo sotto indagine per omesso versamento dell’Iva e facendogli rischiare il fallimento. Situazione forse anche paradossale perché, come risulta dagli atti, nonostante i reiterati interventi in Equitalia per cercare una soluzione di compromesso o di rateizzazione, l’imprenditore su cui gravava un sequestro preventivo per un mancato versamento IVA pari a 170 mila euro, riceveva sempre risposte negative nonostante vantasse crediti per lavori eseguiti per conto della P.A., di quasi 3 milioni e 900 mila euro non ancora saldati per il cronico ritardo che affligge le Amministrazioni pubbliche.

La Cassazione ha ritenuto di dover precisare che tutti gli elementi posti a discarico dal ricorrente sono stati ignorati dal Tribunale, e riconoscendo la fondatezza del ricorso ha chiarito che: “ … Deve essere ricordato che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione di sequestro preventivo è ammesso solo per la violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia in quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativi posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza (così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv. 239692). Il controllo operato dai giudici di legittimità, in sintesi, investe la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (in tal senso, Sez. 6, n. 3529 dell’1/2/1999, Sabatini, Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104)… Orbene, nel caso di specie, a fronte di una argomentata censura avanzata dal ricorrente innanzi al Tribunale del riesame, corredata da ampie allegazioni documentali, l’ordinanza impugnata si è limitata a riassumere gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, citando ampi stralci motivazionali delle decisioni di questa Corte in materia di sequestro preventivo nei reati tributari ed alle problematiche di liquidità. Invero, un tema omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, la giurisprudenza di legittimità ha affermato la necessità che risulti il soggetto obbligato al pagamento abbia adottato tutte le iniziative per corrispondere al pagamento e che la crisi di liquidità non sia allo stesso imputabile, per renderlo esente da responsabilità per insussistenza del profilo soggettivo del reato (cfr. Sez. 3, n. 2614 del 6/11/2013, Salibene, Rv. 258595). Peraltro in seguito la giurisprudenza ha sottolineato la necessità che venga esaminata la sussistenza (e nel caso di misure cautelari reali, per la sussistenza del fumus delicti) dell’elemento psicologico del reato, costituito dal dolo della condotta omissiva tipizzata (pagamento del debito IVA nei termini previsti dalla legge) (in tal senso Sez. 3, n. 15176 del 6/2/2014, Iaquinangelo, non mass. e Sez. 3, n. 40352 del 16/7/2015, Dorio, non mass.) che non può che esigere quale presupposto l’esistenza concreta della possibilità di adempiere il pagamento”.

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