CASSAZIONE

Legittima la cartella di pagamento notificata via PEC in formato Pdf e senza la firma digitale

Tributi -PEC- Notificazione – Intimazione di pagamento – Mancanza della firma digitale – Domicilio digitale – Sanatoria – Raggiungimento dello scopo – Fattispecie

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 39513 del 13 dicembre 2021 con la quale ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate, ha confermato che è perfettamente legittima la notifica della cartella di pagamento in copia per immagini su supporto informatico del documento in originale cartaceo, la c.d. “copia informatica”, anche se effettuata nel solo formato Pdf e non in quello Pdf/A o .p7m previsti dal codice dell’amministrazione digitale CAD).

In realtà, sin dal 2006 il CNIPA, organismo all’epoca competente, e la società titolare del marchio Adobe (Pdf), avevano sottoscritto un protocollo che riconosceva il formato Pdf valido per la firma digitale, così come definita dal CAD che attende ad alcuni tipi di sotto-formato: quello di maggior interesse per la Pubblica amministrazione resta il Pdf/A, in quanto è stato sviluppato con l’obiettivo specifico di rendere possibile la conservazione a lungo termine dei vari documenti su supporto digitale.

La Firma Digitale Qualificata è richiesta quando si vuole attribuire al documento il massimo valore legale della transazione, rendendolo opponibile nei confronti di terzi e non solo delle parti direttamente coinvolte. Comunque, la firma digitale può essere apposta in modalità diverse, ad esempio la firma PAdES (Pdf) può essere apposta solo su documenti Pdf e può essere verificata da qualsiasi lettore di file pdf (es. Acrobat Reader), mentre la firma CAdES (.p7m) permette di firmare documenti di vario genere – pdf, file di testo, fogli di calcolo, immagini – e può essere verificata solo da specifici programmi di lettura di firme.

La questione, appare ictu oculi di massima importanza dal punto di vista fiscale, visto che nel tempo si sono registrati molti casi di contenzioso tributario, con pronunzie delle Commissioni preposte, che negavano la validità delle cartelle esattoriali notificate a mezzo Pec di cui l’allegato  era formato con estensione Pdf e non .p7m. I giudici tributari, sia provinciali che regionali, condividevano così la convinzione che il documento informatico su cui è apposta la firma digitale deve essere protetto nelle oggettive caratteristiche di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità, oltre a consentire l’identificazione della paternità dell’atto, tali da renderne valida la notifica a mezzo Pec.

In mancanza di tali requisiti, reputavano i giudici, non c’era nessuna certezza legale che l’atto inviato telematicamente fosse identico al provvedimento in originale e che esso fosse giunto integro al suo destinatario: pertanto, l’atto non era ritenuto pienamente idoneo a manifestare la volontà dell’Amministrazione di incidere nella sfera del destinatario.

La Cassazione, intervenuta sulla questione, formò una consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto (v. ex multis Cass. S.U. sent. n. 10266/18), affermando che, indipendentemente dall’estensione assunta dal documento firmato digitalmente, “le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES, sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni .p7m e .pdf”.

Concetto questo che è stato ribadito con altre pronunzie, tutte che affermavano che la notifica a mezzo Pec “… non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso” (Cass. n. 30948/2019). Interpretazione, questa, confermata anche dalla Cass. n. 6417/2019, che specificava inoltre che non vi era alcuna norma che imponeva che la copia della cartella, notificata su supporto informatico, debba necessariamente avere apposta la firma digitale. In definitiva i Supremi giudici, nel processo civile di legittimità hanno dichiarato che devono ritenersi validi gli atti sottoscritti con entrambi i formati di firma digitale.

Secondo gli Ermellini il problema è nato dal fatto che la firma digitale PAdES – cioè un file con la normale estensione pdf – può essere aperta con i tradizionali programmi di lettura, mentre per aprire l’estensione .p7m di CAdES serve un’applicazione apposita.

E’ per questo che, secondo un filone della giurisprudenza, potrebbe risultare sempre indispensabile l’estensione .p7m come garanzia dell’unica autenticità del file, cioè dell’apposizione della firma digitale al file in cui il documento informatico originale è stato formato.

La Cassazione allora ha ricordato, riallacciandosi al diritto dell’Unione europea secondo cui le firme digitale di tipo CAdES oppure di tipo PAdES (ovverosia in Pdf) sono equivalenti e devono essere riconosciute e convalidate dai Paesi membri, senza eccezioni. In altri termini, al fine di garantire una disciplina uniforme della firma digitale nell’Ue sono stati adottati degli standard europei mediante il cosiddetto regolamento eIDAS che impone agli Stati Membri di riconoscere le firme digitali apposte secondo determinati standard tra i quali figurano sia quello CAdES s che quello PAdES. 

Poi, anche per la normativa nazionale la struttura del documento firmato può essere indifferentemente CAdES o PAdES: in entrambi gli standard il certificato di firma è inserito nella busta crittografica e quest’ultima, anche se generata con la firma PAdES, contiene sempre il documento, le evidenze informatiche e i certificati prescritti, il che consente tutte le verifiche del caso, anche secondo il diritto eurounitario.  

In realtà non ci sono in dottrina e prassi elementi certi per ritenere che il formato CAdES (.p7m) sia più affidabile del formato PAdES (Pdf) che, anzi, nel processo amministrativo telematico è stato adottato in forma esclusiva per ragioni legali alla piattaforma interna. Afferma infatti la S.C. nella citata pronunzia Cass. n. 30948/2019: “Riguardo al processo civile, l’art. 12 del decreto dirigenziale del 16 aprile 2014 (contenente le Specifiche tecniche previste dall’art. 34 d.m. 21 febbraio 2011 n. 44), stabilisce, al primo comma, che “L’atto del processo in forma di documento informatico, da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario, rispetta i seguenti requisiti: a) è in formato PDF; b) è privo di elementi attivi; c) è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini; d) è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna secondo la struttura riportata ai commi seguenti; e) è corredato da un file in formato XML, che contiene le informazioni strutturate nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo, e che rispetta gli XSD riportati nell’Allegato 5; esso è denominato DatiAtto.xml ed è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata”. Indi, al secondo comma, precisa: “La struttura del documento firmato è PAdES-BES (o PAdES Part 3) o CAdES-BES; il certificato di firma è inserito nella busta crittografica; è fatto divieto di inserire nella busta crittografica le informazioni di revoca riguardanti il certificato del firmatario. La modalità di apposizione della firma digitale o della firma elettronica qualificata è del tipo “firme multiple indipendenti” o “parallele”, e prevede che uno o più soggetti firmino, ognuno con la propria chiave privata, lo stesso documento (o contenuto della busta). L’ordine di apposizione delle firme dei firmatari non è significativo e un’alterazione dell’ordinamento delle firme non pregiudica la validità della busta crittografica; nel caso del formato CAdES il file generato si presenta con un’unica estensione p7m. Il meccanismo qui descritto è valido sia per l’apposizione di una firma singola che per l’apposizione di firme multiple”. Dunque, secondo la normativa nazionale, la struttura del documento firmato può essere indifferentemente PAdES o CAdES. Il certificato di firma è inserito nella busta crittografica, che è pacificamente presente in entrambi gli standards abilitati (www.agid.gov.it/sites/defaultifiles/linee guida/firme multiple.pdf)”.

La Corte di Cassazione ha poi anche affermato che la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio Pec un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”). Tale ultima modalità è stata utilizzata dal Concessionario della riscossione nella vicenda affrontata dalla Cassazione (Ordinanza n. 39513/2021) nella quale il Concessionario aveva provveduto a inserire nel messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico in formato Pdf realizzato in precedenza mediante la copia per immagini di una cartella di pagamento cartacea.

In conclusione vale l’interpretazione affermata dalle Sezioni Unite (Cass. n. 23620/2018) che avevano affermato il principio che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità, se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato, così, il raggiungimento dello scopo legale.

Tanto premesso e tornando al caso de quo, una società contribuente aveva impugnato l’intimazione di pagamento criticando l’inesistenza e l’irregolarità della notifica ricorrendo alla giustizia tributaria, che in sede regionale confermava la giuridica inesistenza delle notifiche effettuate in formato Pdf senza firma digitale, ai sensi dell’art. 24, D.lgs. 2485/2005 (CAD).

Avverso tale sentenza l’Amministrazione fiscale proponeva ricorso sulla base di due motivi.

La Corte di Cassazione, interessata della questione, ha tuttavia rilevato che: “Il dPR n. 68 del 2005, art. 1, lett. f), definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come ‘un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati’. La lett. i-ter), dell’art. 1 del CAD – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c), -, poi, definisce ‘copia per immagine su supporto informatico di documento analogico’ come ‘il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico’, mentre la lett. i-quinquies), dell’art. 1 del medesimo CAD – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c), -, nel definire il ‘duplicato informatico’ parla di ‘documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario’.  Ciò premesso questa Corte ha recentemente affermato che ‘la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. ‘atto nativo digitale’), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. ‘copia informatica’), come è avvenuto pacificamente nel caso di specie, dove il concessionario della riscossione ha provveduto a inserire nel messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico in formato PDF (portable document format) – cioè il noto formato di file usato per creare e trasmettere documenti, attraverso un software comunemente diffuso tra gli utenti telematici – realizzato in precedenza mediante la copia per immagini di una cartella di pagamento composta in origine su carta. Va esclusa, allora, la denunciata illegittimità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica certificata, per la decisiva ragione che era nella sicura facoltà del notificante allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagini di un documento in origine analogico». (cfr Cass. 30948/2019 vedi anche Cass 6417/2019 ) ed ha inoltre precisato che « nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale>>.Si è, infatti, precisato che in tema di riscossione delle imposte, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacché l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione (cfr. Cass. nn. 21290/2018, 26053/2015, 13461/2012). Del resto già le Sezioni Unite avevano affermato il principio che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna dello stesso ha comunque prodotto”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 39513 del 13 dicembre 2021

sul ricorso 5754-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (C.F.13756881002), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro R. – SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE Di L. D.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4051/16/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 03/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.

RILEVATO CHE

1.La soc. R. sas di L. D. e C. impugnava l’intimazione di pagamento relativa a 32 cartelle di pagamento, di cui 8, concernenti pretese erariali, emesse da Equitalia Servizi di Riscossione (oggi Agenzia delle Entrate- Riscossioni), eccependo l’inesistenza e l’irregolarità della notifica degli atti esattivi ed assumendo, nel merito, il difetto di motivazione degli atti, l’omessa allegazione degli atti e la mancata esplicitazione dei criteri di calcolo degli interessi.

2.La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, in parziale accoglimento del ricorso, annullava, per quanto di interesse in questa sede, quattro cartelle per omesso deposito della ricevuta di consegna della notificazioni a mezzo pec.

3.Sull’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate-Riscossioni, in ordine alle sfavorevoli statuizioni, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello rilevando la giuridica inesistenza delle notifiche effettuate in formato “pdf” senza la firma digitale ai sensi dell’art. 24 d.lvo 2485/2005 (CAD).

4 Avverso la sentenza ha proposto ricorso la contribuente sulla base due motivi motivo.

L’intimata non si è costituita.

5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

CONSIDERATO CHE

1.Con il primo motivo denuncia l’Agenzia delle Entrate Riscossioni la violazione e falsa applicazione degli artt. 25, comma 2, e 26, comma 2, dPR 602/73 e degli artt. 4,5,6 e 11 del dPR 68/2005, nonché dell’art. 2697 cc in relazione all’art. 360 10 comma nr 3 cpc per aver l’impugnata sentenza erroneamente dichiarato l’invalidità e/o l’inesistenza della notifica delle cartelle di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica secondo quanto previsto dalla normativa vigente.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 160 e 156 cpc in relazione all’art. 360 1° comma nr. 3 cpc, per non avere i giudici di seconde cure ritenuto operante la sanatoria costituita dal raggiungimento dello scopo.

2 Il primo motivo è fondato con assorbimento del secondo.

2.1 La CTR ha accertato che la cartella esattoriale è stata notificata a mezzo del servizio di posta elettronica certificata, modalità di partecipazione dell’atto consentita ai sensi del combinato disposto di cui agli arti. 26 2° comma dPR 602/73 e del richiamato art. 60 7° comma dPR 600/73.

2.2 I giudici di secondo grado hanno ritenuto l’inesistenza di tale forma di notifica:

a) per essere stata compiuta in estensione pdf, anziché p7m, atteso che soltanto quest’ultima estensione garantisce l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico e, quanto alla firma digitale, l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto;

b) per mancanza di firma digitale sul documento informatico notificato in pdf.

2.3 Il dPR n. 68 del 2005, art. 1, lett. f), definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come <<un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati». La lett. i-ter), dell’art. 1 del CAD – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c), -, poi, definisce <<copia per immagine su supporto informatico di documento analogico» come <<il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico», mentre la lett. i-quinquies), dell’art. 1 del medesimo CAD – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c), -, nel definire il <<duplicato informatico» parla di «documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario».

2.4 Ciò premesso questa Corte ha recentemente affermato che « la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”), come è avvenuto pacificamente nel caso di specie, dove il concessionario della riscossione ha provveduto a inserire nel messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico in formato PDF (portable document format) – cioè il noto formato di file usato per creare e trasmettere documenti, attraverso un software comunemente diffuso tra gli utenti telematici -, realizzato in precedenza mediante la copia per immagini dí una cartella di pagamento composta in origine su carta.

Va esclusa, allora, la denunciata illegittimità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica certificata, per la decisiva ragione che era nella sicura facoltà del notificante allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagini di un documento in origine analogico».( cfr Cass. 30948/2019 vedi anche Cass 6417/2019) ed ha inoltre precisato che « nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale>>.

Si è, infatti, precisato che in tema di riscossione delle imposte, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacché l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione (cfr. Cass. nn. 21290/2018, 26053/2015, 13461/2012)

2.5 Del resto già le Sezioni Unite avevano affermato il principio che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna dello stesso ha comunque prodotto

PQM

La Corte, accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso, in Roma, nella Camera di Consiglio del 16 settembre 2021.

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