ECONOMIA

Lavoro irregolare, affitti in nero, dichiarazioni infedeli, tasse troppo alte… quanto si evade…

In una news del 6 gennaio 2018, l’Ufficio Studi Cgia affronta – e non certo per la prima volta – il tema dell’evasione elaborando gli ultimi dati Istat disponibili, riferiti al 2015 e contenuto nel report “L’economia non osservata nei conti nazionali”, presentato nello scorso mese di ottobre.

La prima notizia può apparire positiva ma lo è solo in parte, perché pur a fronte di una diminuzione di oltre 6 miliardi di euro rispetto all’anno precedente, dalla non corretta dichiarazione dei redditi risultano oltre 93 miliardi di euro di imponibile evaso ascrivibili direttamente a imprese e partite IVA: il settore con la maggiore propensione all’evasione risulta essere quello dei servizi professionali (attività legali, studi di architettura e di ingegneria, altre attività professionali e tecniche e servizi veterinari). In sostanza, l’evasione attribuibile alle aziende equivale al 45% dell’ammontare complessivo del valore aggiunto generato dall’economia sommersa, che supera di poco i 207 miliardi di euro di imponibile nascosto al Fisco, ai quali corrisponde una evasione di imposta, stimata dall’Ufficio studi della Cgia, di circa 114 miliardi di euro l’anno. Un’altra consistente porzione (il 37%) è imputabile al lavoro irregolare, con un valore aggiunto di oltre 77 miliardi e, infine, circa il 18% è riconducibile ad affitti in nero e attività illegali, quindi prostituzione, traffico di stupefacenti e contrabbando di tabacco (circa 37 miliardi).

Secondo i dati Istat l’incidenza della sottodichiarazione del reddito di impresa sul valore prodotto dalle libere professioni è la più elevata fra tutti i settori oggetto del rapporto (16,2%); seguono il commercio all’ingrosso e al dettaglio, trasporti, alloggi e ristorazione (12,8%) e costruzioni (12,3%). Più basso il rischio evasione rilevato nei servizi alle persone (8,8%), produzione di beni alimentari e di consumo (7,7%), istruzione e sanità (3,9%), altri servizi alle imprese (2,8%), produzione di beni di investimento (2,3%) e produzione di beni intermedi, energia e rifiuti (0,5%).

Secondo Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi, c’è solo una cosa da fare, “… Pagare meno per pagare tutti, Riducendo il peso del prelievo fiscale e rimuovendo i numerosi ostacoli burocratici che condizionano chi ogni giorno fa impresa. Perseguire gli evasori seriali ma senza fare di tutta l’erba un fascio, perché esiste anche un’evasione di sopravvivenza, decisamente aumentata con la crisi, che non pagando le imposte ha consentito negli ultimi anni la salvaguardia della continuità aziendale e dei posti di lavoro”.

 

La ripartizione geografica

La maggiore percentuale del valore aggiunto sottodichiarato si rileva al Sud (7,6%), seguito dal Centro (6,5%), il Nordest (6%) e il Nordovest (5,4%). Il Molise è la regione con la quota più elevata (8,4%), seguono Umbria, Marche e Puglia (8,3%), Campania (7,7%), Abruzzo e Calabria (7,6%), Sicilia e Toscana (7,3%), mentre le regioni con un minor rischio di evasione sono il Friuli Venezia Giulia (5,8%), Lazio (5,3%), Lombardia (5%) e le Province autonome di Trento (4,9%) e Bolzano (3,9%). Le dichiarazioni del Segretario della Cgia, Renato Mason, sono in linea con quelle del coordinatore Zabeo: “È verosimile ipotizzare che con meno tasse da pagare si registrerebbe una decisa emersione di base imponibile tale da consentire al nostro fisco di concentrare le attività di contrasto nei confronti dei comportamenti fiscali più insidiosi, quelli praticati dalle grandi imprese e da molte multinazionali che hanno spostato le sedi fiscali nei Paesi con una marcata fiscalità di vantaggio”.

 

Lo studio del Senato

Dati analoghi a quelli dell’Istat sono contenuti in uno studio incentrato sull’IRPEF, condotto dall’Ufficio Valutazione Impatto del Senato con il Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e pubblicato sul sito del Senato. Cambiano i numeri – oltre 132 miliardi di redditi IRPEF occultati – ma non la sostanza, visto che risulta che a evadere di più le tasse sono i i titolari di partita IVA e chi affitta in nero.

Secondo i tecnici del Senato “… il tasso di evasione IRPEF risulta doppio rispetto alle stime perché gli Italiani mentono sui redditi”. La verità sui propri redditi viene nascosta anche nelle rilevazioni statistiche, “sottostimandoli nel timore che si possano stabilire collegamenti con quanto hanno dichiarato al fisco”: sono gli effetti della sottodichiarazione, fenomeno emerso anche in questo studio e che risulta in crescita, dal quale peraltro emerge la conferma che a evadere di più sono i titolari di redditi d’impresa e di lavoro autonomo – tasso di sottodichiarazione stimato del 23% – e di redditi di locazione (tasso stimato, 44%).

Dall’ultimo Def risulta per i redditi da lavoro autonomo da locazione si parla di mancati introiti per circa 33 miliardi di euro, con un tasso di evasione del 37% per i redditi da lavoro autonomo e impresa e del 65% per la locazione di case, uffici ecc. Riguardo le partite IVA anche un rapporto del Ministero dell’Economia del 2016 presentava esiti analoghi: chi dichiara redditi annui compresi fra 20.000 e 26.000 euro, ne nasconde oltre 13.000, mentre chi denuncia più di 75.000 euro, ne occulta più di 30.000. La ripartizione territoriale appare omogenea, un po’ più alta nel Meridione. Le percentuali sono basse per i redditi di lavoro dipendente (3% al Centro, 3,3% al Sud), mentre per imprenditori e autonomi si passa al 37% del Centro ed al 42% del Sud; per chi affitta immobili sono del 62% al Centro e del 71% al Sud.

 

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